Cecenia: la guerra a oltranza.
A sette settimane dall'invasione russa, il punto di vista di Eric Laurent , da Rouge. Novembre 1999.


Sono passate sette settimane da quando le forze armate russe hanno passato la frontiera tra Inguscezia e Cecenia. Presentata come un'operazione limitata nel tempo e negli obiettivi (tesi a stendere un "cordone sanitario" antiterrorismo), l'intervento russo s'è trasformato in una guerra totale estendendosi a tutto il territorio ceceno, e mirando, secondo gli stessi responsabili russi, a riportare con la forza la Cecenia all'interno della Federazione russa. Lo stato maggiore russo continua a dipingere i suoi massacri come operazioni militari "chirurgiche", rivelando una volonta di sterminio sistematica. Allo stesso tempo la durata dei combattimenti e la lentezza dei movimenti delle truppe russe testimoniano la capacità di resistenza dei combattenti ceceni. Di fatto l'armata russa sino a questo momento non può vantare alcun successo militare reale.
Si tratta di una guerra annunciata: gli accordi di Khassaviourt firmati nell'autunno del 1996 non erano dei veri accordi di pace. Ciascuna delle due parti sperava di utilizzare a proprio vantaggio i cinque anni di tempo fissati per definire lo statuto della Cecenia: per i russi si trattava di forzare la Cecenia a reintegrarsi nella Federazione (soprattutto asfissiandola sul piano economico); per i ceceni l'obiettivo era di guadagnare tempo per arrivare ad una indipendenza di fatto. A Mosca il consenso intorno alla guerra è quasi totale. Le bombe esplose a metà settembre nelle città russe (i responsabili di quelle esplosioni sono tuttora sconosciuti e circolano voci insistenti che sostengono la responsabilità dell'FSB, ex KGB) hanno fornito al potere un consenso di massa. In un primo tempo la guerra in Cecenia ha così permesso di spostare i temi della campagna elettorale che erano quelli legati alla fine del regime di Eltsin e di riportare il gioco politico a favore del regime. La totalità delle forze politiche si sono allineate alla guerra ed hanno fatto cadere le loro critiche verso il governo. Questa guerra è relativamente popolare nell'opinione pubblica. Il contrasto è impressionante con la prima guerra in Cecenia quando l'ostilità era maggioritaria. La svolta dell'opinione pubblica si spiega con il martellamento dei mass media e la psicosi degli attentati. Ma questo consenso puramente passivo è la conseguenza indiretta dell'aggravarsi della situazione sociale ed economica.
La disperazione sociale produce un'apatia politica rafforzata da un sentimento di impotenza. Da qui l'idea che solo un uomo "con il pugno di ferro" può aggiustare la situazione. Le forze d'opposizione sono minoritarie. I Comitati delle madri dei soldati sono molto attivi, ma con obiettivi limitati: il rifiuto che dei giovani coscritti servano da carne da cannone e le denunce dei soprusi all'interno dell'esercito. La denuncia della guerra è essenzialmente fatta da persone uscite dal movimento democratico per i diritti umani del periodo sovietico: l'associazione Memorial, il Centro Sacharov, e il settimanale "Khronica Express". Per il loro passato sono portatori di una reale tradizione democratica e sono totalmente estranee alla ideologia grande-russa. Purtroppo si tratta di forze molto deboli la cui audience è limitata a specifici settori intellettuali.
Oggi il governo e il Cremlino si trovano costretti ad affrontare due questioni: la situazione drammatica dei rifugiati e la costituzione di un potere ceceno che possa essere presentato come un interlocutore responsabile. Il potere non può pi accontentarsi di lasciare agire i militari né di negare la catastrofe umanitaria in Cecenia ed Inguscezia. Pertanto diverse forze politiche che in settembre si erano allineate alla guerra, ora cominciano a prendere le distanze. E di fronte al probabile impantanarsi dei militari, all'allontanarsi della prospettiva di una vittoria rapida e all'aumento dei morti di parte russa, l'opinione pubblica, messa di fronte alla catastrofe dei rifugiati ma anche al buco finanziario, potrebbe prendere le distanze dal potere.
I bombardamenti e i numerosissimi raid dell'aviazione hanno fatto diverse migliaia di vittime e creato delle condizioni di vita inumane per tutta la popolazione; la guerra ha provocato un afflusso di massa di rifugiati in Ingusceza, la sola repubblica vicina ad aver lasciato aperte le proprie frontiere. Oggi più di duecentomila persone si trovano in Inguscezia, una delle repubbliche più povere della federazione russa. Recentemente la frontiera è stata di nuovo chiusa (contro la volontà del presidente dell'Inguscezia). La miseria dilaga e l'Inguscezia è incapace di assicurare l'accoglienza dei rifugiati. Le autorità russe si ostinano a negare i problemi desiderosi di mantenere ai margini della questione le Ong e la comunità internazionale. Le condizioni sanitarie sono drammatiche soprattutto con l'avvicinarsi dell'inverno, e il rischio di epidemie è enorme.
Le reazioni ad Ovest sono uguali a quelle che si osservano in Russia. Il dramma della popolazione precipitata nella guerra non ha suscitato altro sino ad oggi che pochissime reazioni nell'opinione pubblica occidentale, nonosante una informazione relativamente puntuale della stampa. E' urgente sviluppare un movimento contro la guerra in Cecenia, chiedendo non solo il cessate il fuoco e il ritiro immediato delle truppe russe, ma anche il diritto per il popolo della Cecenia a decidere in maniera sovrana del proprio destino.