Ritratto di un terrorista
incallito: Putin.
A
partire da una serie di considerazioni sulla recente tragedia del teatro Na
Dubrovke di Mosca, Antonio Moscato, docente di Storia contemporanea e di Storia
del movimento operaio dell'Università di Lecce, traccia un profilo
di Putin, della sua ascesa, delle sue nefandezze, delle sue difficoltà.
In appendice una sintesi di storia del colonialismo russo in Cecenia. Da Bandierarossa
news. Ottobre 2002.
Come Putin
ha conquistato il potere Con
il massacro del teatro Na Dubrovke di Mosca Putin non tradisce le sue origini:
questo sbirro formatosi nella NKVD, chiamato da Eltsin alla carica di Primo
ministro nellagosto 1999 al posto di Stepashin (anchesso proveniente
dai servizi segreti, ma bruciato in poco tempo come i suoi tre predecessori)
era riuscito in pochi mesi a conquistarsi una grande popolarità proprio
grazie ad alcuni non troppo misteriosi attentati che avevano colpito edifici
civili a Mosca e in altre città, provocando quasi 300 morti. Gli attentati
non solo non erano stati rivendicati, ma tutte le organizzazioni cecene avevano
smentito ogni coinvolgimento. Grazie
ad essi, in settembre erano ricominciati i bombardamenti russi sulla Cecenia.
Molti commentatori si erano domandati se dietro quelle bombe non ci fossero
stati i servizi segreti. Putin, comunque, ottenne allora il plauso di tutta
lopposizione, compresa quella "comunista", che al massimo gli
rimproverava di non essere abbastanza deciso nel difendere il "sacro suolo
della patria". Nelle grandi città si diffuse e si rafforzò
listerismo contro i caucasici, sospettati in blocco di terrorismo e criminalità.
In
tre mesi i russi ufficialmente caduti in combattimento in Cecenia (a parte quelli
delle guerre precedenti) erano già circa 400, ma secondo il comitato
delle madri dei soldati sarebbero molti di più. Il 25 dicembre il comando
russo lanciò "lattacco finale" a Grozny, provocando oltre
30.000 morti (dieci volte le vittime delle torri gemelle....). Putin volò
con la moglie a trascorrere le feste di fine danno tra i soldati russi
in Cecenia. Proprio
grazie al massacro ceceno, che è stato appoggiato da tutti i partiti
russi, ma di cui si era assunto il merito principale, Putin, che era sconosciuto
alla quasi totalità dei russi appena un anno prima, poté essere
eletto presidente nel marzo 2000 con il 52,64% dei voti (Zjuganov 29,34, Javlinskij
5,84, Tuleev 3,02, Zhirinovskij 2,72, ecc.), liquidando silenziosamente il suo
predecessore Eltsin. Ma in Cecenia la guerra che aveva assicurato di vincere
in poco tempo è continuata. Negli
anni successivi migliaia di soldati e ufficiali russi, e molte decine di migliaia
di ceceni sono caduti in questa guerra, senza che la Cecenia possa essere considerata
domata. E a fianco alle tendenze moderate e sostanzialmente laiche, tra i ceceni
compaiono e si rafforzano quelle integraliste. Non sono "il male"
come le presentano Bush, Sharon e Putin, ma "una conseguenza" del
male, cioè delloppressione, della violenza, della disperazione. Alcuni
dei sopravvissuti alla feroce occupazione si sono rifugiati in altri paesi,
alcuni per convinzione o per prepararsi a riprendere la lotta contro i propri
nemici, altri come mercenari. Ce nerano anche con Bin Laden in Afghanistan,
ma la Cecenia non è lAfghanistan, come daltra parte lAfghanistan,
pur ospitandolo, non era la stessa cosa di Bin Laden. Se
ne occorreva unulteriore dimostrazione, si pensi alle decine di ragazze
e donne combattenti presenti nella formazione che ha occupato il teatro, con
un ruolo ben diverso da quello che il fanatismo integralista dei talebani
assegnava alle donne. Le
"armi non convenzionali" di Putin Contro
Saddam si ripete abitualmente che (anche se gli esperti, compresi gli ex ispettori
dellONU come Scott Ritter lo smentiscono) potrebbe dotarsi di armi non
convenzionali. Invece è più che certo che queste armi le hanno
gli Stati Uniti, Israele, la Russia. Cosa ha usato Putin per liquidare il
disperato tentativo di attirare lattenzione del mondo sulla tragedia
cecena? Un terribile gas, che ha colpito gli ostaggi russi come i combattenti
ceceni. Di fronte al turbamento di quel po di opinione pubblica vagamente
informata che ci può essere in una Russia dove tutti i mass media sono
in poche mani perfino più che da noi, Putin ha fatto dire ai suoi "esperti"
che il gas che ha usato non ha ucciso nessuno (affermazione clamorosamente
smentita dallassenza di fori da arma da fuoco sulla quasi totalità
delle vittime, cecene o russe) e comunque sarebbe di un tipo ammesso dalle
convenzioni internazionali. Anche se fosse vero (ci sono organismi internazionali
disponibili a coprire ogni crimine) cosa cambierebbe? Quel che conta sono
i fatti, il terribile bilancio di vittime innocenti. Autorizzate o no, sono
armi infami, e sono state usate indiscriminatamente anche contro i propri
cittadini presi come ostaggi, sicuramente innocenti. Gli
ostaggi nelle guerre e nei movimenti di liberazione Ma
la barbarie dei ceceni sarebbe provata dal ricorso alla cattura di ostaggi.
Non cè dubbio che si tratta di una forma di lotta che coinvolge
sicuramente innocenti. Tuttavia non bisogna dimenticare quante altre forme
di lotta colpiscono prevalentemente i civili: ad esempio i bombardamenti della
capitale cecena, che solo tra il settembre 1999 e il marzo 2000 hanno provocato
30.000 morti. E non sono "cattura di ostaggi" le razzie di civili
fatte dai russi in tutta la Cecenia, dagli USA in Vietnam, dai francesi in
Algeria, dagli italiani in Libia? Daltra
parte, questa forma di lotta, il cui esito non è sempre catastrofico,
è stata utilizzata da molti movimenti di liberazione per attirare lattenzione
sulla propria causa. Ad esempio, i barbudos cubani nel 1958 catturarono
allAvana il grande pilota automobilistico argentino Manuel Fangio, e
anche diversi cittadini statunitensi (imprenditori e tecnici minerari). Le
pressioni internazionali impedirono al dittatore Batista di puntare sulla
linea dura, e gli ostaggi furono quindi liberati in cambio della pubblicazione
di dichiarazioni dei guerriglieri, o della liberazione di prigionieri. In
moltissimi altri casi ci sono state soluzioni non cruente: in primo luogo
pensiamo alloccupazione dellambasciata iraniana a Teheran nel
1979 da parte degli studenti integralisti islamici. Anche se ci furono tentativi
(falliti) di soluzioni violente, alla fine la vicenda si concluse con la liberazione
degli ostaggi (sostanzialmente al prezzo di una grossa perdita di prestigio
degli Stati Uniti, paralizzati non tanto dalle scelte soggettive del presidente
Carter quanto dalla "sindrome del Vietnam"). Anche
il sequestro della nave da crociera Achille Lauro, effettuato da quattro giovanissimi
palestinesi il 7 ottobre 1985, si poteva concludere in modo del tutto incruento.
I quattro non dovevano impossessarsi della nave, ma nascondersi tra i turisti
per sbarcare ad Haifa e compiervi un attacco. Una volta scoperti casualmente,
forse per la leggerezza di uno di loro, dovettero tentare unazione praticamente
impossibile a un commando così piccolo: mantenere sotto controllo ben
460 persone, tra cui membri dellequipaggio presumibilmente armati. Ci
fu un solo morto, Leon Klinghoffer, un ammiraglio statunitense che dalla sedia
a rotelle addentò la mano del sequestratore sedicenne che lo spingeva,
e fu ucciso da una raffica di mitra. Su di lui si è scritto che era
stato ucciso proprio perché era ebreo, perché paralitico, ecc.,
mentre al processo fu ricostruita la dinamica di un incidente dovuto prevalentemente
al nervosismo di 4 persone che dovevano tenerne a bada 460. Ma
citiamo questo episodio (periodicamente fin troppo ricordato dalla stampa,
celebrato con film, ecc., mentre un profondo silenzio ha fatto dimenticare
luccisione di ben 73 tra palestinesi e tunisini da parte di un raid
israeliano a Tunisi negli stessi giorni di inizio di ottobre) solo perché,
a parte luccisione di Klinghoffer, dopo tre giorni di sequestro la trattativa
evitò la catastrofe e i quattro si arresero alle autorità egiziane. Viceversa
in troppi altri casi, da Monaco nel 1972 a Bogotà nel 1985, a Waco
negli Stati Uniti (contro una setta religiosa locale) la linea dura e lintervento
delle "teste di cuoio" ha provocato la morte di tutti o quasi gli
ostaggi. e cè soprattutto lincredibile e prolungatissimo
caso peruviano. Il
caso dellambasciata giapponese a Lima Il
18 dicembre 1996 in Perù un commando del MRTA (movimento rivoluzionario
Tupac Amaru, di tendenza guevarista) aveva occupato di sorpresa lambasciata
giapponese durante una festa prendendo centinaia di ostaggi, tra cui le massime
cariche dello Stato, gran parte degli ambasciatori accreditati a Lima, e la
stessa madre del presidente peruviano di origine giapponese Fujimori. Lambasciata
giapponese aveva acquistato grande importanza sotto la presidenza di Fujimori,
soprattutto perché il Giappone è diventato il secondo partner
commerciale del Perù, subito dopo gli Stati Uniti. Il MRTA rilascia
presto per motivi umanitari tutte le persone anziane e malate, tra cui la
madre del presidente. Loccupazione
si protrae a lungo: il presidente peruviano finge di trattare e fa perfino
un viaggio nella repubblica dominicana, per discutere la possibilità
che quel paese offra asilo politico ai ribelli. Il 3 marzo 1997 anche Cuba
offre la sua disponibilità ad accogliere i guerriglieri, che tuttavia
rifiutano di espatriare e continuano a richiedere la liberazione di tutti
prigionieri politici. Il 22 aprile un commando di "teste di cuoio"
sferra un attacco di sorpresa che porta alluccisione di tutti i guerriglieri
e di un ostaggio inviso al presidente: il magistrato Carlos Giusti, che aveva
sempre difeso lindipendenza del potere giudiziario. Per il successo
dellirruzione delle teste di cuoio lambasciata era stata riprodotta
fin nei minimi particolari in una foresta, con la consulenza degli Stati Uniti,
sicché quando sono sbucati da un tunnel sotto lambasciata i militari
sapevano perfettamente come muoversi. Inoltre una parte degli ostaggi aveva
ricevuto il suggerimento di spostarsi nel lato opposto a quello in cui sarebbe
avvenuta lirruzione, grazie a una radio inserita in un immagine sacra
portata dal vescovo di Lima, che i guerriglieri avevano lasciato spesso entrare
nellambasciata per celebrarvi la messa. Le trattative erano servite
solo a guadagnare tempo fino al momento di poter eseguire le condanne a morte
decretate silenziosamente dal presidente Fujimori sia nei confronti degli
ingenui guerriglieri che avevano avuto tante preoccupazioni umanitarie da
rilasciare perfino sua madre perché anziana, sia nei confronti del
magistrato scomodo. Oggi Fujimori è latitante: sta indisturbato in
Giappone, nonostante sia ricercato dalle autorità del Perù per
le immense ruberie e crimini compiuti quando era presidente. Sono
terroristi? Ma
torniamo ai ceceni. Praticamente tutti i giornali, con qualche riflesso sulla
stessa "Liberazione", e con la positiva eccezione di Ettore Mo (che
ha portato sul "Corriere della sera" una commossa testimonianza
sulle sue esperienze cecene), hanno usato sistematicamente il termine "terrorista"
nei confronti dei combattenti ceceni. Eppure si trattava di un atto di guerra,
non di terrorismo. Perché la Russia può colpire e distruggere
Grozny e quello che resta delle formazioni militari della repubblica cecena
non possono colpire Mosca? Naturalmente
non hanno più aerei o altre armi pesanti, gli rimane solo qualche kalashnikov
e qualche chilo di tritolo. A chi li critica per le forme di lotta scelte
(tra laltro dimenticando che già nelle prime ore delloccupazione
del teatro avevano fatto uscire bambini e malati) potrebbero rispondere come
quegli algerini che durante la lotta di liberazione, a chi chiedeva perché
usavano "mezzi barbari" come le borse della spesa piene di esplosivo
depositate nei bar, dicevano di essere disposti a dare ai francesi le loro
sporte, in cambio degli aerei, degli elicotteri e dei blindati. La stessa
osservazione è stata fatta da un giovane palestinese a proposito delle
cinture esplosive. I
ceceni lottano legittimamente. Negare loro il diritto di lottare per lindipendenza,
significa accettare la logica dellimperialismo, dei difensori dello
status quo. Le
frontiere ingiuste non possono essere intoccabili, e in Europa e nel mondo
non ci sono frontiere giuste: quelle europee sono il risultato di lunghe guerre
e non della consultazione dei popoli; quelle degli altri continenti, il lascito
delle spartizioni tra le potenze coloniali. Daltra parte, negare il
diritto allautodecisione con largomento della lunga durata delloccupazione
è ugualmente inaccettabile: in base ad esso la Polonia non avrebbe
dovuto ottenere lindipendenza nel 1918, e ancor meno la Cecoslovacchia,
che in quanto tale non era mai esistita. Ma questo diritto viene ancor oggi
negato o "dimenticato" anche da gran parte della sinistra. I
comunisti che vogliono essere veramente "rifondatori" devono spazzare
via tutto il giustificazionismo della politica di potenza entrato nella mentalità
e nel vocabolario del PCI durante il lungo periodo staliniano e post-staliniano.
Devono smettere di considerare sacrosanto e immutabile lo status quo,
comprendendo che ogni "ordine" basato sulloppressione di un
popolo in base a presunti "diritti storici" genera inevitabilmente
guerre orribili e porta il mondo sullorlo della barbarie. La
lotta del popolo ceceno dura almeno dal 1770: non si è mai piegato;
ha lottato contro lo zar, suscitando lammirazione di una parte dei suoi
nemici, come il giovane Tolstoj; ha accolto con favore la Rivoluzione dottobre,
ma ha ripreso a ribellarsi contro la russificazione forzata dal periodo di
Stalin ed è stato deportato in massa nellAsia centrale durante
la seconda guerra mondiale, perdendo quasi un terzo della popolazione in quel
tragico contesto. Su questo rinviamo a una ricostruzione storica tratta da
un articolo apparso nel febbraio 2000 su "Bandiera Rossa", che riportiamo
in Appendice. Putin
ha ucciso deliberatamente anche i russi Alcuni
sono stati sorpresi dalla strage di ostaggi, e hanno pensato che le lacrime
di Putin davanti alla TV fossero reali e dovute a un esito imprevisto. Non
è vero. Luccisione degli ostaggi era scontata e non è
affatto una novità. Chi pensa che un governo non può deliberatamente
far morire i propri cittadini è un ingenuo o un ignorante (se ne erano
resi conto anche alcuni degli ostaggi che erano riusciti a mettersi in contatto
telefonicamente con una radio). Di casi del genere ce ne sono stati tantissimi
nel mondo. Se
ne è parlato a proposito dei molti sospetti sulle responsabilità
di chi, dallinterno degli Stati Uniti, potrebbe avere se non
organizzato almeno favorito lattentato alle Twin Towers, allentando
ad esempio intenzionalmente le misure di sicurezza o infiltrando qualche gruppo
terrorista per potenziarne la capacità distruttiva. A chi escludeva
come assurda questa ipotesi, è stato ricordato che cerano molti
precedenti: quello di Pearl Harbour, ad esempio, a cui si fece spesso riferimento
nei commenti del primissimi giorni dopo l11 settembre e che poi nessuno
ha più nominato, quando vari giornali hanno ricordato che i marinai
statunitensi morti a migliaia in quellattacco potevano essere salvati,
dato che da tempo erano stati decifrati i codici della flotta e dellaviazione
giapponese, ma furono lasciati morire da Roosevelt per creare un impatto psicologico
che riducesse lostilità dellopinione pubblica allentrata
degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale. Tra
gli altri precedenti famosi ci fu lesplosione nel 1898 dellincrociatore
statunitense Maine, giunto nel porto dellAvana per una non richiesta
visita di cortesia. Lattentato fu attribuito dal governo degli Stati
Uniti alle autorità spagnole, che negarono e che comunque non ne potevano
ricavare nessun vantaggio. Il dato sospetto è che nella notte in cui
avvenne lesplosione a bordo non cera nessun ufficiale, ma solo
poveri e oscuri marinai, la cui morte fornì il pretesto per la dichiarazione
di guerra degli USA alla Spagna, e la successiva conquista di Cuba, Portorico,
Filippine e Guam. Daltra
parte, in tutti quei casi, come anche in questo, lobiettivo da raggiungere
è giustificare agli occhi dei propri cittadini una guerra già
decisa o da potenziare. E chi prepara una guerra dà per scontato che
in essa moriranno molti soldati del proprio paese. Perché non sacrificarne
alcuni trasformandoli in "detonatore psicologico" o almeno in vittime
che dovrebbero nobilitare una guerra presentandola come un atto di giustizia
e di sacrosanta ritorsione? Ma
non va neppure dimenticato che anche in Italia il terrorismo "nero"
(che non a caso non rivendicava i suoi attentati per farne ricadere la responsabilità
sui nuovi movimenti) ha fatto morire tante vittime innocenti a Piazza Fontana,
alla stazione di Bologna, con numerosi attentati ai treni. Ed era un terrorismo
"nero" solo se si considerano gli esecutori, la manovalanza, ma
era in realtà un "terrorismo di Stato", che voleva creare
un clima favorevole a una dura stretta repressiva. Daltra
parte, abbiamo già ricordato come lo sconosciuto Putin preparò
la sua ascesa combattendo un "pericolo del terrorismo ceceno" che
moltissimi commentatori anche non russi considerarono inventato e organizzato
dai servizi, e che non a caso colpiva a caso innocui condomini. Lo ricordiamo
naturalmente non per insinuare che anche questa volta ci sarebbe stato lo
zampino dei servizi, magari occidentali, come hanno fatto in parecchi, compreso
Giulietto Chiesa e Ramon Mantovani, ma solo per ribadire che tanto cinismo
nel mettere in gioco la via di "sudditi" innocenti non può
stupire in un uomo con quel passato. E sullindifferenza di Putin per
la vita dei russi, basti ricordare che, quando il 12 agosto:del 2000 affondò
il sottomarino nucleare russo "Kursk", per giorni e giorni vennero
rifiutati i soccorsi norvegesi e britannici, e si fornirono notizie false,
mentre Putin rimaneva in vacanza. Solo dopo molti giorni inizieranno le inutili
operazioni di soccorso: i 118 marinai erano tutti morti, ma non nellesplosione
che aveva provocato la catastrofe, bensì nei giorni successivi. Potevano
quindi essere salvati, se ci si fosse preoccupati delle loro vite e non del
"prestigio" della Russia. Putin
in difficoltà Forse
le lacrime di Putin potrebbero essere vere, ma per tuttaltra ragione.
Il successo militare ha parecchie contropartite. Non pochi russi, magari momentaneamente
soddisfatti perché gli odiati ceceni sono stati spazzati via, possono
cominciare a domandarsi a che è servito aver ripreso a freddo la guerra
nel 1999, stracciando larmistizio firmato dal generale Lebed, che aveva
funzionato per tre anni, se oggi i russi non possono stare tranquilli neppure
a Mosca. Gli attentati del 1999 non si erano ripetuti semplicemente perché
erano stati organizzati non dai ceceni, ma dai servizi che volevano lanciare
il loro Putin nella successione a Eltsin. Ma questa è stata unazione
militare vera, un tentativo di un popolo piccolo e martoriato di ottenere
giustizia o almeno attirare lattenzione sulla propria terribile situazione:
dopo questa tragica conclusione sarà ancora più facile trovare
altri uomini e altre donne disposti a sacrificarsi, per ribadire la propria
volontà di indipendenza e per vendicare i caduti. Chi
nel 1999 ha approvato i metodi di Putin in Cecenia, oggi deve riflettere sul
fatto che martoriare un popolo, polverizzarne le città, non impedisce
e anzi moltiplica risposte di questo tipo. Inoltre,
una volta applicati a Mosca i metodi e la logica di Bush e Sharon, diventerà
più complesso spiegare perché la Russia li rifiuta almeno parzialmente
in Iraq e in Palestina: in realtà, essa cerca di differenziarsi da
Bush perché sa che lincendio del Medio Oriente rischia di propagarsi
alle molte decine di milioni di islamici presenti nella CSI e nella stessa
Federazione russa, con effetti ben più terribili di quelli che può
avere la vendetta dei ceceni. Bin
Laden deus ex machina? Putin
ha insinuato spesso che i ceceni si muovono in collegamento con Bin Laden.
Se non ci fosse dietro una terribile tragedia, ci farebbe solo ridere. Se
Bin Laden fosse davvero ancora in grado di muovere schiere di uomini da Mosca
a Bali, dalla Virginia allIraq, allora a maggior ragione ci si potrebbe
domandare a cosa sia servita la guerra in Afghanistan, che Putin da un lato,
il governo cinese dallaltro, hanno approvato per avere via libera nella
repressione delle loro minoranze, presentate come "fondamentaliste islamiche". Anche
da noi i commentatori più cinici negano ogni evidenza, e continuano
a immaginare un grande burattinaio che spingerebbe gli uomini a immolarsi
in nome del trionfo del male (e magari per avere in premio 70 vergini in paradiso).
Analogamente, continuano ad accusare Arafat di essere responsabile di ogni
gesto disperato di un palestinese (i vari Paolo Guzzanti lo facevano esattamente
con le stesse parole nel 1985, dicendo "o è complice dei sequestratori,
o è incapace, in ogni caso va spazzato via"), pretendendo che
il vecchio leader - assediato e umiliato e privato di tutte le infrastrutture
riesca a bloccare gli attentati a Tel Aviv. Per
far passare questa ipotesi poliziesca e inverosimile, devono introdurre, con
laiuto dei devoti di santa Oriana Fallaci che allignano nelle redazioni
dei grandi giornali "indipendenti", un elemento di barbarie profonda
nel senso comune degli italiani, presentando lIslam - che è stato
per molti secoli una regione ben più tollerante del cristianesimo e
che ospitava gli ebrei scacciati dallEuropa - come la religione dellodio
e dellintolleranza; e mettendo in conto ogni lotta di indipendenza al
fattore religioso, fino a pochi anni fa marginalissimo in Cecenia (come in
Palestina) e che poi ha acquistato progressivamente peso solo come elemento
identitario e di consolazione religiosa nelle terribili avversità incontrate.
Ma
questa barbarie del razzismo e dellodio religioso antislamico ha anche
unaltra funzione, oltre a quella di cancellare le responsabilità
degli oppressori nei conflitti odierni: creare il terreno adatto per le nuove
leggi razziali, di cui la Turco-Napolitano prima e poi la Bossi-Fini sono
solo il preannuncio. (Lecce,
27 ottobre 2002) Appendice
Un
po di storia del colonialismo russo nel Caucaso La
Russia ha cominciato i suoi tentativi di penetrazione nel Caucaso addirittura
al tempo di Ivan il Terribile, che nel 1556 era arrivato fino al fiume Terek,
che scorre nelle pianure settentrionali dellattuale Cecenia. Nel 1722
un altro zar, Pietro il Grande, invase per breve tempo il Daghestan, e i suoi
successori nel 1770 riuscirono a occupare la Cecenia, prendendo a pretesto
una richiesta di aiuto da parte dei ceceni occidentali (oggi chiamati ingusci),
che allora erano cristiani. Ma
già tre anni dopo una grande rivolta dei ceceni orientali, da poco
convertiti allIslam, scaccia i russi dalla regione. Per ben diciotto
anni, le truppe russe sono ricacciate indietro da una "guerra santa"
che ha come leader una singolare figura di avventuriero, che si fa chiamare
Mansur Ushurma, ma che è arrivato nel Caucaso come missionario cattolico:
padre Giovan Battista Boetti, un domenicano originario del Monferrato che
a trentanni si era convertito allIslam. I ceceni (a cui si aggiungono
anche altre popolazioni del Caucaso, compresa una parte degli ingusci, diventati
anchessi musulmani per combattere gli invasori) sono convinti che Mansur
abbia il dono dellubiquità, mentre i russi insinuano che per
sostenerlo si serva di un sosia ceceno. Per qualche tempo si forma una confederazione
antirussa che comprende il Daghestan, e a cui si aggregano osseti, cabardini
e circassi, che si scioglie solo dopo la cattura di Mansur, avvenuta nel 1791.
Una parte della popolazione viene deportata, e nelle terre migliori vengono
insediate colonie di cosacchi). Da
allora il dominio russo si consolida e dura ininterrottamente fino alla comparsa
degli attuali "terroristi"? Neanche per niente. Già nel 1824
scoppia una rivolta ancora più grande, che porta alla creazione di
un Emirato del Caucaso del Nord sotto la direzione di Imam Shamil. Di fatto
la regione riconquista lindipendenza, che dura fino al 1859 (dopo la
sconfitta nella guerra di Crimea, i russi hanno concentrato tutte le loro
forze per avere se non una rivincita, una compensazione). La vittoria russa
non è facile, tanto è vero che devono riconoscere a Shamil lonore
delle armi e concedergli di ritirarsi (finirà i suoi giorni in esilio
alla Mecca). Una parte degli sconfitti lo segue e si installa nellimpero
ottomano, e altri 25.000 ceceni emigreranno nel 1865 per sfuggire alloppressione
russa; ancora una volta nelle terre dei vinti giungono i cosacchi, che devono
garantire la fedeltà allo zar di quella inquieta regione. Nei
decenni successivi non ci saranno rivolte di analoga ampiezza , ma il ricordo
di quelle precedenti alimenta il nazionalismo. Anche se la scoperta del petrolio
nel 1900 comporta mutamenti sociali importanti, e determina lafflusso
di una classe operaia proveniente dalla Russia o dallAzerbaigian, quando
la rivoluzione dOttobre proclama il diritto allautodecisione e
fa appello a "tutti i lavoratori musulmani della Russia e dellOriente"
a costruire liberamente la loro vita nazionale e rovesciare i predoni e gli
oppressori dei loro paesi, i ceceni sono tra i primi a rispondere costituendo,
già il 15 dicembre 1917, una repubblica autonoma del Caucaso del nord,
che nel maggio successivo proclama la sua indipendenza. Dopo
anni di lotte convulse, a cui partecipano forze turche che occupano per qualche
tempo Azerbaigian e Daghestan, nel febbraio 1920 lesercito islamico
di Huzun Haji risulta determinante per schiacciare - insieme allArmata
rossa le truppe controrivoluzionarie di Denikin. I bolscevichi offrono
a Huzun Haji la carica di muftì della Ciscaucasia, ma dopo la sua morte
provocano una ribellione islamica guidata da Said Bek. Dopo alcuni successi,
gli islamici vengono sconfitti, ma i comunisti, consapevoli di essere odiati
perché appaiono gli eredi della Russia zarista, concedono unampia
amnistia, e riconoscono nuovamente i diritti nazionali dei popoli del Caucaso
del nord. Nel gennaio 1921 viene così costituita a Vladikavkaz una
"Repubblica sovietica autonoma dei popoli montanari", la cui autonomia
è così grande che al suo interno viene applicata la sharia,
la legge islamica. Negli uffici pubblici compare il ritratto dellImam
Shamil. Ai ceceni vengono restituite le terre che erano state confiscate sotto
gli zar e assegnate ai coloni cosacchi. Tuttavia
il progetto leninista viene accantonato subito dopo la morte di Lenin. Già
nel 1924 Stalin (che nel 1921 era stato presente a Vladikavkaz al momento
della sua formazione) scioglie la "Repubblica della montagna", e
inserisce nella Federazione russa le varie nazionalità ridotte al rango
di regioni autonome. Nel
1928 alla lingua cecena, che veniva trascritta usando lalfabeto arabo,
viene imposta la trascrizione in caratteri latini (e poi, successivamente,
in quelli cirillici, nel quadro di una russificazione strisciante). Contemporaneamente
comincia la collettivizzazione forzata dellagricoltura e della pastorizia,
che significa in quelle regioni anche una sedentarizzazione forzata dei nomadi.
Nello stesso anno vengono abolite le scuole coraniche e abolita la sharia.
Nel
1929 esplode una grande rivolta dei ceceni, che viene conclusa lanno
dopo con un armistizio e la concessione di unamnistia. Ma subito dopo
vengono epurati i quadri comunisti indigeni, sostituiti da russi. Lamnistia
viene revocata e gran parte dei capi della rivolta del 1929 vengono fucilati.
Il risultato è che una nuova rivolta scoppia nel 1931, e dura fino
al 1936. Nel
1934 intanto Cecenia e Inguscezia, sempre senza essere consultate, vengono
raggruppate in una sola repubblica autonoma allinterno della Russia.
La storia degli anni successivi conferma che i ceceni non si rassegnano: nel
1940 scoppia una nuova ribellione, guidata da un comunista indigeno, Hassan
Israilov. Nel
1941, al momento dellaggressione nazista, Hitler, che punta alla conquista
del petrolio del Caucaso e che ha studiato bene le contraddizioni interne
dellUnione Sovietica, lancia un appello ai musulmani a cui offre protezione
(daltra parte un analogo atteggiamento era stato sperimentato nei Balcani,
e nel Vicino e Medio Oriente, in chiave antibritannica). La Germania nazista
ha ereditato anche i legami dellimpero germanico con quello ottomano,
che aveva offerto protezione a un "governo in esilio del Caucaso del
Nord", che continuò a pubblicare per anni a Berlino la sua rivista
"Caucasus". Uno dei suoi redattori, Alì Khan Kantemir, segue
le truppe naziste e organizza un comitato di liberazione a cui partecipa un
generale di origine daghestana, Bicerakhov. Alcune
migliaia di balcari, caraciai, e daghestani si arruolano come volontari nelle
formazioni ausiliare tedesche. Non in Cecenia, dove invece un comunista locale,
Mairbek Sheripov, tenta nuovamente uninsurrezione indipendentista, senza
nessun aiuto dei tedeschi, che non riescono a occupare la Cecenia-Inguscezia.
Ma per Stalin fa lo stesso, e la vendetta colpisce in blocco tutti quei popoli,
senza distinguere tra chi ha collaborato veramente con i nazisti e chi li
ha combattuti nelle formazioni partigiane. Oltre un milione di ceceni, ingusci,
balcari, caraciai, ecc. vengono deportati a partire dal 23 febbraio 1944 in
Asia centrale e in Siberia. Un terzo di essi muore durante il trasporto in
carri bestiame non riscaldati e sigillati. La stessa sorte tocca ai tatari
di Crimea, ai calmucchi e ai meschi di Georgia, e ai tedeschi del Volga, istallati
nella zona da due secoli e che erano stati il pilastro del potere bolscevico
durante la guerra civile. I
ceceni torneranno solo dopo la morte di Stalin, nel 1957, trovando tuttavia
le loro terre e le loro case occupate da altri. Tedeschi, meschi e tatari
hanno dovuto aspettare Gorbaciov per tornare... Non
cè dubbio che i ceceni non si siano mai rassegnati alla dominazione
russa, che anche dopo la fine dello zarismo appariva tale, e che fu codificata
negli ultimi anni di Stalin con la teoria della superiorità conquistata
dalla nazione russa nella "grande guerra patriottica", che le assegnava
il diritto di essere riconosciuta come "guida" dellintera
Unione Sovietica. Al
momento dello sfascio dellURSS, i ceceni, come altri popoli, dal Baltico
allAsia centrale, rivendicano la loro indipendenza, la conquistano facilmente
e la consolidano tra il 1991 e il 1993. In quellanno parte il primo
tentativo di riconquista russa, che si concluderà nel 1996 con un fallimento,
dopo aver provocato danni incalcolabili. Il generale Lebed ha firmato un accordo
che riconosce di fatto lindipendenza della Cecenia, che peraltro, date
le sue dimensioni e la sua integrazione col tessuto economico dellex
URSS, è disposta a realizzare una qualche forma di federazione. Lattuale
attacco, innescato da misteriosi e non rivendicati attentati a Mosca, che
sembrano piuttosto partiti dai servizi segreti di Putin, serve a rialzare
il prestigio di Eltsin e a preparare il passaggio del potere al suo più
giovane collaboratore. Ma serve anche ad ammonire altri popoli della Russia
e della ex Unione Sovietica, che il potere centrale non tollererà secessioni
o ulteriori autonomizzazioni. In nome di che? Dei diritti storici della Russia,
cioè dellaver mantenuto per due secoli sotto il suo tallone di
ferro un popolo indomito. (...) (17/1/2000) (Estratto
da un articolo di Antonio Moscato apparso nel num. 96 di "Bandiera rossa",
febbraio 2000.).