Della fierezza nazionale
dei grandi-russi.
Lenin,
pubblicato
su Sotsial-Demokrat n.35, dicembre
1914.
Presentiamo
qui uno dei tanti scritti di Lenin tesi a combattere lo spirito patriottardo
diffuso a livello di massa e penetrato anche nella sinistra russa all'inizio
della prima guerra mondiale. Lenin dichiara apertamente di lottare per la sconfitta
del proprio Paese. Ci pare una pubblicazione adeguata in un momento in cui la
frustrazione della militanza di sinistra in Italia é tale per cui settori
anche del nostro partito perseguono una linea politica filorussa (ad esempio
sulla questione cecena) persino ora, in cui il carattere capitalista della Russia
nessuno può più mettere in discussione. Lenin, un russo, e, fino
a prova contraria, un comunista, insegna qui a distinguere oppressi ed oppressori
e a schierarsi sempre nel conflitto etnico contro lo spirito imperiale grande
russo, come contro qualsiasi altra nazionalità dominante. Novembre 1999.
N.B. Il termine "grande-russo" era usato all'epoca per indicare gli
abitanti di lingua russa dell'impero.
Quanto si parla, si discute e si grida oggi a proposito di nazionalità e di patria! I ministri liberali e radicali inglesi, una moltitudine di pubblicisti "progressivi" francesi, una turba di scribacchini ufficiali, cadetti e progressisti russi (e perfino alcuni populisti e "marxisti"): tutti esaltano in mille modi la libertà e l'indipendenza della "patria", la grandezza del principio dell'indipendenza nazionale.
Non si riesce a
distinguere dove finisca il panegirista venale del boia Nicola Romanov, o dei
carnefici dei negri e degli abitanti dell'India, e dove cominci il volgare filisteo,
che segue "la corrente" per ottusità o per mancanza di carattere.
Del resto poco importa saperlo. Ci troviamo dinanzi a una corrente ideologica
larga e molto profonda, le cui origini sono in stretto rapporto con gli interessi
dei signori proprietari fondiari e capitalisti delle nazioni dominanti. Per
la propaganda delle idee utili a queste classi si spendono ogni anno decine
e centinaia di trilioni: il mulino è grande, riceve acqua da ogni parte.
..
Proviamo dunque anche noi, socialdemocratici grandi-russi, a definire il nostro
atteggiamento nei confronti di questa corrente ideologica.
Per noi, rappresentanti della nazione dominante dell'estremo oriente dell'Europa
e di buona parte dell'Asia, sarebbe sconveniente dimenticare l'enorme importanza
della questione nazionale, soprattutto in un paese che giustamente viene chiamato
"prigione di popoli", in un momento in cui nell'estremo oriente dell'Europa
e in Asia il capitalismo risveglia alla vita e alla coscienza molte nazioni
"nuove", piccole e grandi; in un momento in cui la monarchia degli
zar ha chiamato sotto le armi milioni di grandi.russi e di "allogeni"
per "risolvere" varie questioni nazionali secondo gli interessi del
Consiglio della nobiltà unificata.
.
Siamo noi, proletari grandi.russi coscienti, estranei alla fierezza nazionale?
No di certo! Noi amiamo la nostra lingua e la nostra patria.
Noi lavoriamo soprattutto per elevare le masse lavoratrici della nostra patria
(cioè i nove decimi della sua popolazione) alla vita cosciente di democratici
e di socialisti. Per noi è particolarmente penoso vedere e sentire a
quali violenze, a quale oppressione, a quali umiliazioni é sottoposta
la nostra bella patria da parte dei carnefici dello zar, dei nobili e dei capitalisti.
Noi siamo fieri del fatto che queste violenze abbiano suscitato resistenza nel
nostro ambiente, tra i grandi.russi; siamo fieri che da questo ambiente siano
usciti i Radistcev, i decabristi, i rivoluzionari degli anni settanta, che la
classe operaia grande.russa abbia costituito, nel 1905, un possente partito
rivoluzionario di massa e che il mugik grande-russo abbia cominciato, verso
la stessa epoca, a diventare un democratico, ad abbattere il pope e il grande
proprietario fondiario. Noi ricordiamo che mezzo secolo fa il democratico grande-russo
Cenyscevski, che consacrò la sua vita alla causa della rivoluzione, diceva:
" Nazione miserabile, nazione di schiavi, dall'alto in basso, tutti schiavi
". Gli schiavi grandi-russi (schiavi nei confronti della monarchia zarista),
aperti o mascherati, non amano ricordare queste parole. E secondo noi questo
era il linguaggio del vero amor di patria, di un amore che soffre della mancanza
di spirito rivoluzionario tra le masse della popolazione grande-russa. Questo
spirito non esisteva allora. Oggi é ancora debole, ma esiste. Noi siamo
pervasi da un sentimento di fierezza nazionale: la nazione grande-russa ha anch'essa
creato una classe rivoluzionaria, ha anch'essa dimostrato di saper dare all'umanità
dei grandi esempi di lotta per la libertà e per il socialismo, e non
soltanto grandi pogrom, file di forche, camere di tortura, grandi carestie e
un grande servilismo dinanzi ai pope, agli zar, ai grandi proprietari fondiari
e ai capitalisti.
Noi siamo pervasi da un sentimento di fierezza nazionale. Ed é proprio
per questo che odiamo particolarmente il nostro passato di schiavitù
(l'epoca in cui i grandi proprietari fondiari conducevano i mugik alla guerra
per soffocare la libertà dell'Ungheria, della Polonia, della Persia,
della Cina) e il nostro presente di schiavi, in cui questi stessi grandi proprietari
fondiari, assecondati dai capitalisti, ci conducono alla guerra per schiacciare
la Polonia e l'Ucraina, per soffocare il movimento democratico in Persia e in
Cina, per accrescere la potenza della banda dei Romanov, dei Bobrinski, dei
Purisckevic, che disonora la nostra dignità nazionale di grandi-russi.
Nessuno è colpevole di essere nato schiavo. Ma lo schiavo al quale non
solo sono estranee le aspirazioni alla libertà, ma che giustifica e dipinge
a colori rosei la sua schiavitù (che chiama, per esempio, " difesa
della patria " dei grandi.russi lo strangolamento della Polonia e dell'Ucraina),
un tale schiavo è un lacchè e un bruto che desta un senso legittimo
di sdegno, di disprezzo e di disgusto.
" Un popolo che opprime altri popoli non può emancipare se stesso
", dicevano Marx ed Engels, i più grandi rappresentanti della democrazia
conseguente del secolo XIX, divenuti gli educatori del proletariato rivoluzionario.
E noi, operai grandi-russi, pervasi da un senso di fierezza nazionale, vogliamo
ad ogni costo una Grande-Russia liberale indipendente, autonoma, democratica,
repubblicana, una Grande.Russia fiera, che stabilisca coi suoi vicini relazioni
basate sul principio umano dell'uguaglianza, e non sul principio feudale dei
privilegi, umiliante per una grande nazione. E appunto perché la vogliamo
tale, noi diciamo: non si può, nel XX secolo, in Europa (anche se nell'estremo
oriente d'Europa), " difendere la patria " se non mettendo in opera
tutti i mezzi rivoluzionari contro la monarchia, i grandi proprietari fondiari
e i capitalisti della propria patria, cioè contro i peggiori nemici del
nostro paese. I grandi-russi non possono " difendere la patria " se
non augurandosi in ogni guerra la disfatta dello zarismo, come minor male per
i nove decimi della popolazione della Grande-Russia. Poiché lo zarismo
non solo opprime economicamente e politicamente questi nove decimi della popolazione,
ma li demoralizza, umilia, disonora, prostituisce, abituandoli ad opprimere
altri popoli, abituandoli a celare il loro obbrobrio sotto una retorica ipocrita,
falsamente patriottica.
Ci si obietterà forse che, oltre lo zarismo e sotto la sua ala, è
sorta e si è già affermata un'altra forza storica, il capitalismo
grande-russo, che compie un'opera progressiva centralizzando e cementando economicamente
vaste regioni. Ma questa obiezione, lungi dal giustificare, accusa ancor più
i nostri socialisti sciovinisti, che bisognerebbe chiamare: socialisti zaristi
di Purisckevic (come Marx chiamava i lassalliani: regi socialisti prussiani).
Ammettiamo persino che la storia dia ragione al capitalismo imperialista grande-russo
contro cento e una piccole nazioni. Questo non è impossibile, poiché
tutta la storia del capitale è fatta di violenza e di rapine, è
una storia scritta col sangue e col fango.
Del resto noi non siamo affatto partigiani assoluti delle piccole nazioni.
Noi siamo indiscutibilmente, a parità di tutte le altre condizioni, per
la centralizzazione, contro l'ideale piccolo-borghese dei rapporti federativi.
Tuttavia, anche in questo caso, non é affar nostro, non è affare
dei democratici - senza parlare dei socialisti - aiutare i Romanov-Bobrinski-Purisckevic
a schiacciare l'Ucraina, ecc. Bismarck ha compiuto a modo suo, coi suoi metodi
junkeriani, un'opera storica progressiva: ma sarebbe stato un bel " marxista
" colui al quale fosse perciò venuto in mente di giustificare un
aiuto dei socialisti a Bismarck! E Bismarck, inoltre, contribuì allo
sviluppo economico unificando i tedeschi dispersi e oppressi da altri popoli.
La prosperità economica ed il rapido sviluppo della Grande-Russia esigono
invece che essa si liberi dalla violenza esercitata dai grandi-russi sugli altri
popoli. I nostri ammiratori dei Bismarck in sedicesimo "autenticamente
russi" dimenticano questa differenza.
In secondo luogo, se la storia decide la questione a favore del capitalismo
imperialista grande-russo, ne risulterà che i compiti socialisti del
proletariato grande-russo, forza motrice principale della rivoluzione comunista
generata dal capitalismo, saranno molto più grandi.
Ora, per la rivoluzione proletaria è necessaria una lunga opera di educazione
degli operai nello spirito della più completa eguaglianza e fratellanza
nazionale. Dal punto di vista, quindi, degli interessi del proletariato grande-russo
s'impone una lunga opera di educazione delle masse nel senso della rivendicazione
più energica, più conseguente, più coraggiosa, più
rivoluzionaria dell'eguaglianza completa delle nazionalità e del diritto
all'autodeterminazione di tutte le nazioni oppresse dai grandi-russi.
..
Marx rimane il nostro modello. Dopo aver vissuto decine d'anni in Inghilterra,
divenuto.a metà inglese, Marx rivendicava la libertà e l'indipendenza
nazionale dell'Irlanda, in nome degli interessi del movimento socialista degli
operai inglesi.
In quanto ai socialisti sciovinisti nostrani, Plekhanov, ecc. ecc. essi si riveleranno,
nell'ipotesi da noi ultimamente esaminata, dei traditori non solo della loro
patria, la Grande-Russia libera e democratica, ma anche dei traditori della
fratellanza proletaria di tutti i popoli della Russia, cioè della causa
del socialismo.