Lavoratori stranieri: quanti
sono, cosa fanno.
Sono
poco meno di 3 milioni i lavoratori immigrati occupati nel nostro Paese nel
2008: per la precisione, 2.796.000 secondo il Dossier Caritas/Migrantes 2009,
un po’ di più secondo il rapporto annuale Inail che ne conta
3.266.000, comprendendo anche parasubordinati e artigiani. REDS - Febbraio
2010.
Una popolazione numerosa e in aumento, dunque, che rappresenta
la fetta più grande della popolazione immigrata nel nostro Paese, giunta
nel 2008 a poco più di 4 milioni (4.330.000, contando anche le presenze
regolari che non si sono ancora registrate). Fin qui, le cifre sembrano delineare una situazione di integrazione
e stabilità.
L’81,95% degli immigrati regolarmente presenti in Italia è quindi
occupato, solo il 6% disoccupato: per le donne, le percentuali diventano rispettivamente
52,8% e 11,9%.
I settori che maggiormente assorbono i lavoratori stranieri sono i servizi
(54,5%) e l’industria (33,6%), seguiti da agricoltura e pesca (7,7%).
Per quanto riguarda l’inquadramento contrattuale, sempre secondo la
Caritas/Migrantes, l’84,85% ha un contratto da dipendente, per lo più
a tempo indeterminato, mentre il lavoro autonomo è prevalente solo
nella comunità cinese.
Sono in aumento i lavoratori atipici: 18.000 tra co.co.co e occasionali, 231.000
in formazione e lavoro, apprendistato, interinali o in somministrazione.
Ma ci sono altri dati che tracciano i contorni della discriminazione e della
disparità. Uno per tutti: i livelli retributivi. Secondo i dati Inps,
la retribuzione media nel 2004 per un iscritto straniero era di 10.042 euro
l’anno, pari a meno di 900 euro al mese: ovvero, il 36,4% in meno rispetto
alla media delle retribuzione dei dipendenti.
Inoltre, pur potendo vantare in molti casi titoli di studio alti, tre quarti
degli immigrati svolgono la professione operaia o altri lavori non qualificati:
il 73,4%, per la precisione, contro il 32,9% degli italiani.
Un discorso a parte meriterebbe il settore del pubblico impiego, dal quale
la maggior parte degli immigrati è escluso a priori: per poter accedere
ai concorsi pubblici, è infatti richiesta la cittadinanza italiana.
Una disposizione che fa discutere, ma che fa leva su due testi normativi:
il DPR 10/01/1957 n. 3 e il Dpcm n. 174 del 772/1994.
La questione è stata recentemente risollevata, dopo la sentenza “rivoluzionaria”
del Tribunale di Milano, che nel luglio scorso ha dato ragione al cittadino
marocchino Mohamed Hailoua, che aveva sporto denuncia all’Atm per aver
respinto la sua richiesta di assunzione proprio per mancanze del requisito
della cittadinanza. Il Tribunale, definendo la decisine dell’azienda
una “disparità di trattamento”, ha costretto l’Atm,
a rimuovere questo requisito dalle proprie offerte di assunzione.
La vicenda di Hailoua getta luce su un altro aspetto del rapporto degli immigrati
con il lavoro: la crescita della coscienza dei propri diritti. Un aspetto
evidenziato dal numero degli stranieri iscritti ai sindacati: 923.587 nel
2008, secondo l’elaborazione dati dell’Inail da parte della Caritas.
In testa tra gli immigrati la Cisl, con 332.561 iscritti, seguita da Cgil
(297.591) e Uil (190.078).