La morte del processo di Oslo.
Una sintesi del processo che ha portato afli accordi di questi ultimi anni tra israeliani e palestinesi e che spiegano gli scontri di queste settimane avvenuti in un momento molto particolare: in una sitazione generale di totale sfiducia nel processo di pace si sono saldate la lotta per la liberazione dei detenuti politici palestinesi nelle mani di Israele e il ricordo dell'anniversario dell'espulsioni del 1948.
Sono ormai in molti a ritenere che Arafat faticherà non poco a controllare il dissenso interno, anche alla luce del successo degli Hezbollah in Libano che sicuramente darà forza ai gruppi islamici palestinesi.
L'autore, Joel Beinin, é un redattore che ha contribuito al Rapporto sul Medio Oriente ed é professore di Storia del Medio Oriente e Direttore del Programma di Pensiero e Letteratura moderna all'Università di Stanford. Da MERIP. Maggio 2000.

In seguito alla morte del Re Husayn e alla successione di Abdullah II, il governo di Clinton e il Fondo Monetario Internazionale hanno manifestato il loro sostegno al nuovo sovrano della Giordania, impegnandosi a dare 450 milioni di dollari come aiuto oltre ai 225 milioni stanziati dagli Stati Uniti prima di questo anno. Gli Stati Uniti stanno aumentando la loro quota annuale per le Autorità Palestinesi da 100 a 400 milioni di dollari. Israele, al contrario, non riceverà i 1,2 bilioni di dollari che gli erano stati promessi nell'ottobre del 1998 durante il summit di Wye.
Queste misure finanziarie intendono sostenere un processo di pace nel Medio Oriente che non é affatto collassato. La morte di re Husayn, la caduta del governo israeliano di Likud, il programma delle prossime elezioni di Israele e la decisione del Primo Ministro israeliano Netanyahu di congelare l'implementazione agli accordi di Wye hanno fatto in modo che il processo di pace diventasse irrealizzabile nell'immediato futuro. Tutto questo ha generato molta speculazione sulle conseguenze dei cambiamenti politici in Giordania e in Israele riguardo al processo di pace.
Da tutto questo emerge una realtà sotterranea: é sempre sembrato improbabile che il processo di Oslo rappresentasse una soluzione giusta e stabile per il conflitto tra Palestina e Israele.
I negoziati stabiliti nella mozione durante la Conferenza di Madrid del 1991 e nella Dichiarazione dei Principi (Accodi di Oslo) tra Palestina e Israele non sono stati realizzati, perché l'OLP ha improvvisamente deciso di adottare una risoluzione diplomatica del conflitto con Israele. Tale decisione é stata inequivocabilmente presa durante la 19ma sessione del Consiglio Nazionale Palestinese, l'organo più importante dell'OLP, che si é tenuta in Algeria nel Novembre 1988.
L'OLP ha manifestato la sua volontà a negoziare con Israele sia all'inizio che a metà degli anni '70, ma nessun governo di Israele si é mai interessato a verificare le sue intenzioni.
Il collasso dell'Unione Sovietica e l'egemonia indiscussa degli Stati Uniti nel Medio Oriente dopo la guerra del Golfo del 1991 hanno preparato il terreno ai negoziati di Madrid e di Oslo. Il governo di Bush ha cercato di consolidare i suoi obiettivi nella guerra del Golfo. La situazione era matura per raggiungere tali obiettivi, perché l'OLP era politicamente debole e diplomaticamente isolato dato che si opponeva alla guerra degli Stati Uniti contro l'Iraq, sebbene l'OLP non avesse mai sostenuto l'invasione dell'Iraq verso il Kuwait. Inoltre Israele, l'OLP e gli Stati Uniti temevano la crescita del potere delle organizzazioni islamiche radicali, come Hamas e il Jihad Islamico.
L'intifada palestinese, la rivolta popolare contro l'occupazione di Israele che é scoppiata nel dicembre 1987, ha dimostrato che Israele non poteva continuare la sua politica di occupazione a basso costo, iniziata nel 1967.
La classe dirigente di Israele non era favorevole a pagare i costi di un'ulteriore occupazione. Voleva, al contrario, prendere parte alla visione di Shimon Peres di un "Nuovo Medio Oriente" basato sulla distribuzione della merce e dei servizi israeliani sui mercati arabi.
Tutto questo richiedeva una stabilità del conflitto con i Palestinesi.
La Dichiarazione dei Principi di Oslo non é stata un trattato di pace tra Israele e l'OLP. La Dichiarazione stabiliva un processo di negoziati senza un risultato definito. I negoziati dovevano avere luogo entro un periodo temporaneo, durante il quale Israele si doveva ritirare prima da Gaza e Gerico e poi da alcune zone non specificate del West Bank.
In cambio l'OLP riconosceva lo stato di Israele e si impegnava a cooperare alla soppressione del terrorismo. L'Accordo del Cairo del maggio 1994 ha limitato l'ampiezza del ritiro iniziale di Israele di circa il 65% dalla striscia di Gaza, ha definito l'estensione dell'area di Gerico, ha nominato le Autorità Palestinesi come l'organo governante nei territori evacuati e ha inaugurato il periodo temporaneo che é finito il 4 maggio 1999.
Gli Accordi di Taba del settembre 1995 (Oslo II) hanno diviso il West Bank in 3 aree. Israele si é ritirato dall'Area A corrispondente al 3% circa del territorio (le città di Nablus, Jenin, Tulkarem, Qalqilya, Ramallah, Bethlehem e in seguito nel gennaio 1997, dall'80% di Hebron) dando ai Palestinesi il controllo degli affari interni e della sicurezza interna.
Nell'area B che corrispondente al 23% circa del territorio (inclusi circa 440 paesi e i territori circostanti ) i Palestinesi sono responsabili di alcune funzioni municipali, mentre le pattuglie israeliane e palestinesi mantengono la sicurezza interna.
Nell'area C, corrispondente al 74% circa del territorio, inclusi tutti i 145 insediamenti e le nuove zone degli Ebrei a e attorno a Gerusalemme Est, rimane sotto il pieno controllo di Israele.
Le questioni piÌ importanti sono state posticipate ai colloqui finali. L'agenda di questi negoziati include la discussione sulle frontiere e sulla natura dell'entità palestinese, sul destino degli insediamenti e dei coloni di Israele, sullo status di Gerusalemme, sul diritto dei rifugiati palestinesi a ritornare (nel territorio palestinesi o nelle case abbandonate in Israele), sul risarcimento per i rifugiati e sull'uso dell'acqua.
La fase finale piÌ determinante non é ancora iniziata e non sar± completata prima del 4 maggio 1999 come termine definitivo.
Gli Accordi di Wye dell'ottobre 1988 hanno definito un ulteriore ritiro di Israele del 13,1% dall'West Bank. Ma Israele non ha rispettato l'implementazione di questi accordi appena dopo essersi ritirato solo del 2% in piÌ dal West Bank. La campagna elettorale in corso in Israele rende improbabile l'implementazione degli accordi, almeno fino a quando non si formerà un nuovo governo.
Nonostante la visione di Shimon Peres circa i benefici economici del processo di Oslo, dal 1993 le condizioni economiche e sociali nel West Bank e nella striscia di Gaza sono peggiorate. E' stata versata solo la metà circa dei 2,4 bilioni di dollari destinati come aiuti all'estero e promessi alle Autorità Palestinesi durante il periodo temporaneo di 5 anni (é meno di quanto Israele riceve dagli Stati Uniti in un solo anno).
Tra il 1993 e il 1995 in Palestina il Prodotto Interno Lordo pro capite é sceso del 14,2%, da 1,537 dollari a 1,319.
Tra il 1992 e il 1996 quando era attivo il governo laburista di Meretz, la popolazione dei coloni del West Bank é aumentata del 39% fino a 145.000 persone. Solo il 16% di questa crescita é dovuto a un aumento naturale. Il governo ha costruito una fitta rete di circonvallazioni per rifornire facilmente gli insediamenti dei coloni, preparando la maniera di annettere diversi blocchi di insediamenti.
A Gerusalemme est la popolazione ebrea é aumentata da 22.000 a 170.000 persone e il governo ha autorizzato il completamento di 10.000 unità abitative iniziate sotto il regime di Likud. Violando la legge internazionale e i principi di Oslo, Yitzhak Rabin e Shimon Peres hanno riaffermato l'annessione da parte di Israele di Gerusalemme est. Secondo il gruppo di Israele che si occupa di diritti umani, B'tselem "Israele viola sistematicamente i diritti umani nei Territori Occupati, gli Accordi di Oslo e i suoi obblighi, venendo meno a quanto previsto dagli accordi internazionali sui diritti umani. (Diritti umani nei Territori Occupati dagli Accordi di Oslo, dicembre 1996).
L'avvento del governo Likud di Benjamin Netanyahu ha intensificato le azioni di Israele che hanno come obiettivo la predeterminazione dello status finale del West Bank.
Nel maggio 1997 Netanyahu ha fatto trapelare una mappa in cui indicava che Likud aveva previsto di consegnare ai Palestinesi il 40% circa del West Bank diviso in 4 aree senza continuità territoriale. Ehud Barak e i leader del Partito Laburista ammettono che non hanno niente in contrario alle linee generali di questa mappa. Propongono di dare ai Palestinesi un ulteriore 10% del West Bank. La differenza tra i laburisti e Likud a proposito del processo di Oslo é di stile più che di sostanza.
Poiché i laburisti si sono confrontati meno e hanno avuto uno stile piÌ dolce, sono riusciti meglio a confiscare le terre ai Palestinesi e a stabilirci degli insediamenti di ebrei.
Anche Yasir Arafat e le Autorità Palestinesi non hanno avuto riguardo per i diritti umani, le procedure democratiche e per la sovranità delle leggi pur di mantenere il proprio potere.
Le Autorità impiegano circa 40.000 persone in almeno 9 diversi apparati per la sicurezza, le cui sfere di competenza e di potere sono volutamente indefinite.
Giornalisti, redattori, attivisti politici e difensori dei diritti umani palestinesi sono stati intimiditi, arrestati e torturati. Almeno dieci prigionieri sono stati uccisi in carcere.
Arafat ignora tutte le risoluzioni del Consiglio Legislativo Palestinese che non sono di suo gradimento e ha posticipato a tempo indeterminato le elezioni municipali, perché ha paura che i suoi candidati favoriti non possano prevalere.
Né Israele, né gli Stati Uniti hanno manifestato preoccupazioni serie circa il carattere non democratico del regime delle Autorità Palestinesi.
Le pratiche non democratiche di Arafat sono considerate utili per controllare coloro che si oppongono al processo di Oslo.
L'elemento principale degli Accordi di Wye, che é ancora operativo, é rappresentato dal lavoro di coordinazione fatto dalla CIA sugli sforzi di sicurezza di Israele e Palestina.
Il processo di Oslo ha conferito ai Palestinesi uno status inferiore per almeno i 5 anni di durata del periodo temporaneo e non ha stabilito nessun meccanismo per evitare che Israele prendesse delle misure unilaterali per estendere il suo dominio illimitatamente.
La Dichiarazione dei Principi non ha specificato la definizione di uno stato palestinese. E' ancora più importante il fatto che non ha richiesto ad Israele di instaurare un rapporto di convivenza con i Palestinesi sulla base di un'uguaglianza di status. I problemi di questi accordi si dovevano risolvere aumentando il capitale di investimento, creando sbocchi sui mercati regionali ed aumentando le opportunità di profitto.
In ogni caso continuano gli insediamenti degli ebrei a Gerusalemme est e nel West Bank, la confisca delle terre e la costruzione di circonvallazioni: tutto questo ha minato la promessa economica di un "Nuovo Medio Oriente".
I confini di potenziali Bantustans palestinesi sono ora visibili chiaramente. Anche se il processo di Oslo continua superando l'impasse presente, le basi territoriali per definire uno stato palestinese capace di esercitare i diritti di sovranità significativa non possono esistere più.