Sulle
orme del processo di Oslo.
Sul
processo di pace israelo-palestinese, dedicato in parte alla situazione dei
prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane non ancora liberati. Le manifestazioni
della metà di maggio che hanno portato alla morte di sette palestinesi
e al ferimento di più di mille hanno avuto come causa scatenante proprio
la mancata liberazione dei prigionieri politici. Di Joel Beinin, Professore
di Storia del Medio Oriente, Università di Stanford, da Merip.
Giugno 2000.
Le manifestazioni della metà di maggio
che hanno portato alla morte di sette palestinesi e al ferimento di più
di mille hanno avuto come causa scatenante proprio la mancata liberazione
dei prigionieri politici.
A proposito di questi scontri va detto che nell'ultima settimana i servizi
di sicurezza dell'Autorità Palestinese hanno arrestato diversi militanti
che fanno riferimento al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina
e/o che avevano partecipato ai funerali di una delle vittime degli scontri
avvenuti il 20 maggio.
Durante l'incontro con il Presidente delle Autorità Palestinese Yasir
Arafat, avvenuto il 23 settembre, il presidente Clinton ha risposto in questo
modo ad un giornalista che gli aveva chiesto se gli sarebbe piaciuto essere
il presidente degli Stati Uniti che dava il suo aiuto alla costituzione di
uno stato palestinese "la questione dello stato deve essere risolta durante
i
negoziati sullo status permanente che sono appena iniziati. Ovviamente io
penso che le due parti raggiungeranno un accordo su questo punto, altrimenti
non si potrà parlare di vero accordo" (New York Times, 24 settembre
1999).
Alcuni giorni dopo, durante i suoi primi tre mesi di lavoro, il neo-governo
israeliano capeggiato dal primo Ministro Ehud Barak ha cercato delle sovvenzioni
per la costruzione di 2.600 nuove unità abitative in diversi insediamenti
nel West Bank.
Il precedente governo di Benjamin Netanyahu aveva autorizzato la costruzione
di "solo" 3.000 nuove case all'anno. L'evasività del presidente
Clinton e la veloce costruzione di insediamenti
nel West Bank dimostrano la vera natura dei negoziati sullo status finale
che sono ora in corso tra Israele e le Autorità Palestinesi.
Durante la sua recente visita a Washington, Ehud Barak ha elaborato una strategia
più concreta per i negoziati: ha rimosso gli Stati Uniti dal ruolo
di mediatore attivo tra Israele e Palestina, mentre ha approfondito l'alleanza
strategica tra Israele e gli Stati Uniti. Tutto ciò non é stato
difficile da realizzare, dal momento che questo é stato il ruolo preferito
di tutti i governi americani dalla conferenza di Madrid del 1991.
L'intransigenza e le prevaricazioni del precedente Primo Ministro Benyamin
Netanyahu hanno costretto il presidente Clinton a rivestire un ruolo più
attivo nei negoziati tra Palestina e Israele, in modo da preservare i risultati
del processo di Oslo che sostanzialmente hanno aumentato l'influenza diplomatica
americana nel Medio Oriente. Lo scorso ottobre Clinton ha personalmente convocato
una conferenza a Wye, dove ha costretto Netanyahu ad assicurare dei negoziati
che il leader di Israele probabilmente non voleva.
Il gruppo negoziatore per la Palestina ha considerato questo intervento americano
come un grande risultato. Gli Stati Uniti e i Palestinesi erano tatticamente
uniti nel sostenere la continuazione del processo di Oslo.
Il governo di Israele ha sospeso lo sviluppo dell'accordo di Wye dopo che
solo il 2%, rispetto al 13.1% stabilito, del West Bank era stato ceduto alle
Autorità Palestinesi e non ha voluto continuare il processo.
Durante i sei mesi tra il congelamento del processo di Oslo e le elezioni
di Barak come Primo Ministro, Clinton ha promesso ad Arafat che avrebbe rivestito
un ruolo più attivo nei negoziati, qualora fosse stata necessaria per
raggiungere un accordo.
Sicuramente Ehud Barak vuole raggiungere un accordo con i Palestinesi. Il
memorandum di Sharm al-Shaykh sottoscritto dalle due parti il 4 settembre
si propone di definire una dichiarazione di principi per un accordo sullo
status finale entro Febbraio 2000 e di giungere ad un accordo completo entro
settembre 2000.
Il presidente Clinton spera di presiedere alla firma di un accordo tra Israele
e Palestina prima che finisca il suo mandato, ma senza correre rischi politici
(o meglio quello di Ilary).
L'affermazione di Clinton sullo stato della Palestina indica che lui accetterà
qualsiasi accordo raggiunto tra Israele e Palestina. Considerando l'alleanza
tra Israele e gli Stati Uniti, la capacità molto limitata degli stati
arabi di influenzare la riuscita dei negoziati, il forte potere di Israele
nei confronti dei Palestinesi, è chiaro che Israele avrà mano
libera e cercherà di forzare i Palestinesi ad accettare un accordo
molto lontano dal loro obiettivo più volte ribadito di diventare uno
stato indipendente in tutto il West Bank e la striscia di Gaza con Gerusalemme
est come capitale.
Ehud Barak ha ripetutamente annunciato con forza che le posizioni di Israele
durante i negoziati respingono gli obiettivi prefissati dai Palestinesi. Prima
della ripresa dei colloqui sullo status finale il governo ha dato istruzioni
al gruppo israeliano responsabile dei negoziati sulla "linea rossa"
che avrebbero dovuto osservare: Israele non ritornerà ai confini del
1967;
Gerusalemme unita é la capitale eterna di Israele; non ci sarà
nessun esercito straniero a ovest del fiume Giordano; la maggior parte degli
insediamenti di coloni israeliani rimarrà sotto la sovranità
di Israele. (Comunicato del Gabinetto Israeliano, 14 Settembre 1999)
In aggiunta a Gerusalemme est nei suoi confini politici, estesi unilateralmente
da Israele, Barak ha in mente di annettere le parti più importanti
del West Bank: l'area tra Gerusalemme e Ma`aleh Adumim, un vasto insediamento
sulla strada per Gerico; le aree verso sud ovest (il blocco di Etzion) e verso
nord ovest di Gerusalemme (concentrate a Giv`at Zeéev); e una zona
del nord del West Bank a est di Qalqilya il cui insediamento maggiore è
quello di Ariel (nome molto appropriato dopo il precedente Ministro della
Difesa e degli Esteri Sharon).
Molti lavori di edilizia iniziati grazie all'approvazione del governo di Barak
sono stati effettuati in questi quattro blocchi di insediamenti.
Prima di lasciare il suo incarico, il governo di Netanyahu ha esteso l'area
di Ma`aleh Adumim, anticipando la sua annessione. Il 6 ottobre l'Alta Corte
di Giustizia di Israele ha rimandato un'udienza dove doveva essere discussa
una petizione che si opponeva a questa azione.
B'Tselem, l'organizzazione israeliana per i diritti umani, ha recentemente
emesso un rapporto intitolato "Sulla strada per l'annessione: le violazioni
dei diritti umani dovuti alla formazione e dall'espansione dell'insediamento
di Ma`aleh Adumim"
B' Tselem dichiara che Israele ha violato la legge internazionale espropriando
terre, distruggendo case, deportando i Palestinesi e creando un sistema di
segregazione abitativa.
Mentre nessuno é in grado di predire con ragionevolezza i dettagli
dell'accordo sullo status finale o se mai ne venga raggiunto uno, l'esame
del processo che risulta dal memorandum di Sharm al-Shaykh da un idea del
lavoro e dell'approccio del team di Barak ai negoziati.
Gli accordi di Oslo prevedono che Israele rilascerà i prigionieri palestinesi
che hanno commesso crimini politici e contro la sicurezza di Israele prima
del 13 settembre 1993, la data della firma della Dichiarazione dei Principi
di Israele e Palestina.
Israele ha rilasciato circa 8.000 prigionieri.
A Wye, Netanyahu era d'accordo a rilasciare 750 dei circa 2.850 prigionieri
palestinesi ancora in mano ad Israele. Circa 600 di questi erano criminali
comuni e per il resto si trattava diprigionieri per reati contro la sicurezza,
la maggior di questi membri delle organizzazioni dell'OLP che hanno rifiutato
gli accordi di Oslo o membri di HAMAS o del Jihad islamico o quelli considerati
come "aventi le mani sporche di sangue israeliano", accusati singolarmente
di responsabilità in omicidio o offesa grave ad Israele.
Prima di sospendere lo sviluppo dell'accordo di Wye, il governo di Netanyahu
ha liberato 250 prigionieri. Ma la maggioranza erano criminali e non prigionieri
politici.
Ciò é stato tecnicamente possibile, perché il testo dell'accordo
non specificava quali prigionieri dovessero essere liberati. Molti accordi
tra Israele e Palestina contengono simili ambiguità e i negoziatori
palestinesi apparentemente non hanno capito che devono mettere i puntini sulle
"i" e fare una croce quando scrivono la "t", se si aspettano
che Israele consegni quello che loro pensano sia l'oggetto dell'accordo.
Il numero e il tipo di prigionieri rilasciati é stato considerato così
inaccettabile dai cittadini palestinesi che la casa del negoziatore responsabile
dell'accordo sui prigionieri é stata attaccata dalla folla. Di conseguenza
il gruppo palestinese guidato da Saeb Erekat ha mercanteggiato
duramente con il gruppo di Israele guidato da Gilad Sher per inserire nei
dei punti dell'accordo di Wye il rilascio del maggior numero di prigionieri
politici.
La firma del Memorandum di Sharm al-Shaykh Memorandum é stata rimandata
di diversi giorni, perché i Palestinesi insistevano sul fatto che almeno
400 dei rimanenti prigionieri ancora da liberare dovevano essere prigionieri
politici. Gli Israeliani sostenevano di non avere più di 350 prigionieri
della sicurezza che "non avevano le mani macchiate col sangue di Israele"
Alla fine, il Memorandum di Sharm al-Shaykh Memorandum stipula esattamente
il rilascio di 350 prigionieri della sicurezza, una totale capitolazione da
parte palestinese.
Duecento dovevano essere rilasciati il 9 settembre e altri 150 l'8 ottobre.
Uno dei 200, dovendo scontare ancora poche settimane, ha deciso di rimanere
in prigione per permettere il rilascio di un altro prigioniero. Gli Israeliani
hanno accettato la sua richiesta di non essere rilasciato ma, hanno liberato
solo 199 prigionieri.
La posizione di Israele sul rilascio dei prigionieri sottintende che gli atti
di violenza della resistenza palestinesi sono considerati semplicemente dei
crimini, quando invece gli atti di violenza di Israele in situazioni ufficiali
e non ufficiali sono atti di legittima difesa o nel peggiore dei casi sfortunati
eccessi.
La frase "avere le mani macchiate col sangue di Israele" é
unilaterale e non prende in esame la posizione israeliana. così, ad
esempio, ci sono forti sospetti che Ehud Barak si sia infiltrato a
Beirut, travestito da donna per assassinare i leader dell'OLP nel 1974.
Inoltre i governi di Israele hanno sistematicamente ridotto le condanne o
hanno concesso l'amnistia ai coloni colpevoli di avere ucciso o mutilato dei
Palestinesi. I coloni di Kiryat Arba hanno costruito un reliquiario presso
la tomba di Baruch Goldstein, il responsabile del massacro di 29 palestinesi
innocenti che stavano pregando alla moschea di Ibrahimi /Grotta dei Patriarchi
di Hebron nel 1994.
Se i negoziati sul rilascio dei prigionieri nel memorandum di Sharm al-Shaykh
sono una prova di quello che dovrà succedere, ci possiamo aspettare
che i negoziatori israeliani spingeranno per avere ogni tipo di vantaggio
sui Palestinesi in modo da non concedere niente, nemmeno un prigioniero.
Dato l'equilibrio prevalente di potere e la mancanza di ogni contrappeso nell'alleanza
tra Stati Uniti e Israele e il dominio da parte israeliana, non sussistono
buone circostanze per la creazione di uno stato palestinese del tipo che i
negoziatori palestinesi vorrebbero.
Se si creasse uno stato palestinese, é molto probabile che "Israele
dominerà ancora su tutte le questioni che contano" come ha recentemente
sostenuto Anthony Lewis (New York Times Magazine, 20 giugno 1999.)