Sosteniamo la lotta per l'indipendenza del popolo Palestinese!
Posizione della redazione di REDS sulla Palestina. Novembre 2000.

1. La rivolta del popolo palestinese è stata causata dalla frustrazione di un "processo di pace" che non ha portato ad alcun serio passo avanti nelle condizioni di vita della gente e del suo diritto all'autodeterminazione. In questi giorni di oblio sulle cause storiche di questa rivolta siamo costretti a ricordare che la Cisgiordania e Gaza sono territori occupati militarmente da Israele da più di 30 anni e che per questo è stata ripetutamente condannata dall'ONU senza che ciò abbia mai comportato alcun serio intervento da parte delle grandi potenze, sempre leste, quando a loro conviene, a difendere la "legalità internazionale". Così come ci vediamo costretti a ricordare che lo stesso territorio di Israele è stato sottratto ai palestinesi con la forza nella prima vasta operazione di pulizia etnica compiuta in questo dopoguerra: tra il '48 e il '49. La rivolta del popolo palestinese si configura come una guerra di liberazione per l'indipendenza nazionale. Come tale va sostenuta senza riserve dal movimento operaio, dalla sinistra, dai democratici.

2. La presente intifada è di importanza superiore rispetto a quella scoppiata a metà degli anni ottanta. Essa parte dalla consapevolezza che nessun serio passo in avanti potrà essere concluso senza modificare i rapporti di forza sul terreno tra il popolo oppresso palestinese e i colonizzatori sionisti. E' qualitativamente diversa perché vede mobilitati anche i palestinesi di Israele, un milione, che pur essendo formalmente cittadini israeliani, vengono pesantemente discriminati. Ciò è emerso dolorosamente in tutta la sua chiarezza quando, per reprimere le manifestazioni di strada dei palestinesi israeliani che non avevano nulla di violento (non più dei blocchi di camionisti che hanno paralizzato la Francia), il governo israeliano non ha esitato ad usare gli elicotteri e a sparare sulla folla di concittadini, causando decine di morti e feriti.

3. Assistiamo con rabbia al doppiopesismo dei nostri mass media. La morte, pur terribile e ingiusta, di due soldati israeliani infiltratisi in territorio palestinese ha suscitato lo "sdegno collettivo", quando 130 morti palestinesi in sole due settimane di rivolta non hanno commosso nessuno. Tutti trovano naturale che siano causati dalle "violenze" dei palestinesi, quando i palestinesi sono le uniche vittime di questa violenza. L'assassinio di bambini viene giustificata attribuendone la colpa agli stessi palestinesi che manderebbero avanti i loro figli come scudi. I nostri mass media dimostrano tutto il loro razzismo nei confronti degli arabi: l'Occidente considera gli ebrei d'Israele come la propria avanguardia nella terra degli "infedeli", come fossero i nuovi crociati. Che ipocrisia, se si pensa che è lo stesso Occidente responsabile di due millenni di antisemitismo militante! Vale forse la pena ricordare che la Shoah è avvenuta nella civilissima Europa, non certo nei Paesi arabi dove gli ebrei da sempre erano vissuti senza dover patire alcun pogrom. I nostri mass media confondono volentieri antisemitismo e antisionismo. Il primo è un sentimento razzista, non a caso bandiera di tutti i gruppi fascisti, contro il quale non si deve mai smettere di lottare. Il secondo è l'ideologia della colonizzazione ebraica, che ha armato la mente di coloro che hanno cacciato i palestinesi dalle loro terre.

4. L'attuale situazione è stata determinata anche dalle insufficienze delle rappresentanze politiche palestinesi. Da una parte le forze islamiche integraliste che combinano atti di terrorismo (con cui si esclude l'attivismo delle masse e si provocano vittime innocenti) e una pratica di tipo assistenziale che tende a escludere le donne come potenziale alleato della lotta di liberazione. Dall'altra Al Fatah e il suo leader Arafat che hanno promosso un "processo di pace" che ha come sbocco la creazione non di un vero stato indipendente, ma di un territorio sotto tutela e ricatto permanente di Israele, unitamente a pesantissime concessioni territoriali e non (l'abbandono della causa del ritorno dei profughi). Nei territori dell' "Autorità Palestinese" troppo spesso ha regnato l'arbitrio e la corruzione. Ma Arafat è stato costretto con le spalle al muro da Israele che, approfittando della passività delle masse palestinesi stimolata e voluta da lui stesso, voleva fargli accettare ciò che la popolazione non avrebbe mai permesso: la rinuncia a Gerusalemme capitale. Tuttora Arafat mostra tutta la sua ambiguità: mentre sostiene la lotta, ne limita l'estensione e l'intensità, proseguendo i vergognosi contatti con la CIA, tesi a salvaguardare la "sicurezza" di Israele, ma la cui traduzione pratica ha sempre significato repressione per i palestinesi. Speriamo fortemente che la sinistra palestinese da troppi anni sulla difensiva, possa recuperare pienamente la propria capacità di movimento e di attrazione.

5. I palestinesi devono poter costruire un proprio stato con Gerusalemme capitale su tutto il territorio di Gaza e Cisgiordania, senza alcuna condizione. I profughi della pulizia etnica del '48-'49 devono poter far ritorno alle proprie case in Israele ed essere indennizzati di 50 anni di sofferenze nei campi. Le colonie sioniste devono essere smantellate e restituite tutte le fonti d'acqua sequestrate e deviate.

6. La sinistra italiana deve svegliarsi! Dopo le due manifestazioni di Roma e Milano organizzate in fretta i primi giorni della rivolta, si è precipitati nel solito torpore. E' vergognoso che a Milano ad esempio gli unici manifesti di solidarietà con la Palestina siano quelli della Fiamma Tricolore. Appoggiamo con convinzione la manifestazione nazionale a Roma di solidarietà con il popolo palestinese indetta per l'11 novembre e sostenuta dalle forze della sinistra e dall'associazionismo. Chiediamo a queste che compiano ogni sforzo perché l'iniziativa abbia un seguito di massa e segni l'avvio di un lavoro di solidarietà che per troppo tempo è stato interrotto.