Israele elegge Ariel Sharon.
Ariel Sharon, la cui incursione del 28 settembre 2000 nel santuario di Al Aqsa ha scatenato l'inizio dell'attuale crisi che ha finora condotto alla morte di centinaia di palestinesi e al ferimento di almeno altri 12.000, è stato eletto Primo Ministro di Israele. In questo articolo tradotto da LAW la biografia di questo criminale, uno dei responsabili, tra l'altro, del massacro di Sabra e Chatila. Marzo 2001.

Ariel Sharon, la cui incursione del 28settembre 2000 nel santuario di Al Aqsa, con almeno 1.000 soldati e ufficiali armati, ha scatenato l'inizio dell'attuale crisi che ha finora condotto alla morte di centinaia di palestinesi ed al ferimento di almeno altri 12.000, è stato eletto da una schiacciante maggioranza Primo Ministro di Israele.
Rivolgendosi ai suoi sostenitori, Sharon ha dichiarato: "Il paese ha intrapreso un nuovo cammino, un cammino di pace e di unità interna, ed assunto un impegno per una pace autentica con gli arabi". Ha invitato il Partito Laburista ad entrare nel suo governo "in un'autentica alleanza per la sicurezza e la pace."
L'appello alla 'pace' di Sharon, da molti descritto come un brutale guerrafondaio, responsabile della morte di decine di migliaia di civili palestinesi e libanesi, può apparire ironico. Vale la pena ricordare come la cosiddetta campagna per la "Pacificazione di Gaza" nel 1971 significò repressione e brutalità spietate, la demolizione di migliaia di case palestinesi nei campi profughi di Gaza e l'arresto e la deportazione nel deserto del Sinai, in Giordania o Libano di parecchie migliaia di palestinesi. Nel 1982, come Ministro della Difesa, Sharon fu il principale architetto dell'operazione "Pace per la Galilea": l'invasione del Libano che ha causato la morte di decine di migliaia di civili e ha lasciato circa un milione di senzatetto.
Da giovane Sharon intraprese la carriera militare, partecipando ai combattimenti di Israeli Haganah, alla testa di unità speciali specializzate in raids oltre le linee nemiche e costringendo i palestinesi ad una fuga di massa dalle proprie case. Nell'agosto del 1953 fondò e diresse l'infame Unità 101, che si macchiò di una serie di spedizioni del terrore lungo il confine israeliano e nei campi profughi, nei villaggi e negli accampamenti beduini. Nello stesso settembre guidò personalmente l'Unità 101 in un attacco contro i beduini nella zona smilitarizzata di Al Auja (una giuntura di 145 km quadrati alla frontiera occidentale di Negev-Sinai), uccidendo un numero imprecisato di persone.
14 ottobre 1953: Sharon guida ancora l'Unità 101 in un attacco al villaggio di Qibya in Giordania. Sotto il suo comando, i soldati israeliani si muovono nel villaggio facendo saltare edifici, irrompendo da porte e finestre con armi automatiche e tirando bombe a mano, uccidendo 69 civili (soprattutto donne e bambini). In seguito il nostro dichiarò di aver creduto che le case demolite fossero disabitate, ma secondo l'osservatore delle Nazioni Unite che ispezionò la scena "veniva raccontata continuamente la stessa storia: la porta scheggiata dai proiettili, il corpo disteso sulla soglia, a indicare che gli abitanti erano stati costretti a restare dentro mentre le loro case venivano fatte saltare in aria sopra di loro".
Il 18 ottobre 1953 il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti rilasciò un comunicato esprimendo "il più profondo cordoglio alle famiglie di coloro che hanno perso la vita" a Qibya, e sostenendo che "i responsabili avrebbero dovuto rendere conto e che bisognava prendere misure efficaci per evitare tali incidenti nel futuro" (Bollettino del Dipartimento di Stato, 26 Ott., 1953, p. 552).
Il 20 ottobre 1953, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite decise all'unanimità di esaminare le recenti violazioni degli Accordi sull'Armistizio Generale e in particolare sull'attacco a Qibya. Il General Maggiore Vagn Bennike, capo del personale dell'Organizzione per la Supervisione della Tregua delle NU, dichiarò che il 15 ottobre una commissione d'inchiesta delle NU era partita per Qibya, dove l'Acting Chairman della Commissione Mista per l'Armistizio aveva trovato fra i 30 e i 40 edifici completamente distrutti. Quando l'Acting Chairman lasciò Qibya, 27 corpi erano stati estratti dalle macerie.
La Risoluzione 101 del Consiglio di Sicurezza delle NU, adottata il 24 novembre 1953 (con l'astensione di Libano e USSR), considerò l'attacco a Qibya una violazione delle clausole del cessate il fuoco della Risoluzione 54 del Servizio di Sicurezza delle NU (1948) e in contrasto con gli obblighi delle parti secondo l'Accordo di Armistizio Generale tra Israele e Giordania e la Carta delle NU, ed espresse "la più profonda censura all'azione".
Nel 1955 Sharon fu censurato per aver dato supporto logistico a giovani israeliani che attuavano casuali sanguinose azioni di vendetta contro i beduini in risposta agli attacchi arabi contro gli insediamenti israeliani.
Durante la crisi di Suez del 1956 Sharon, all'epoca comandante di una brigata di paracadustisti, inviò truppe di parà nel Mitala Pass nel Deserto del Sinai. Quattro fra i suoi ufficiali più giovani l'accusarono di aver mandato uomini a morire solo per la sua gloria; il comandante perse i favori di Moshe Dayan e venne sospeso per motivi disciplinari.

1971: La "pacificazione" di Gaza.
Sotto il titolo eufemistico di "Pacificazione di Gaza", Sharon impose una brutale politica di repressione, facendo esplodere case, spianando al suolo ampi tratti di campi profughi, imponendo severe punizioni collettive e imprigionando centinaia di giovani palestinesi. Molti civili vennero uccisi o ingiustamente imprigionati, le loro case demolite e l'intera area trasformata, di fatto, in una prigione. Nel 1972 Sharon diede le dimissioni dall'esercito, ma dopo aver contribuito a formare il Partito Likud nel 1973, venne nuovamente chiamato alle armi allo scoppio della guerra dell'ottobre 1973, durante la quale guidò un'incursione oltre il Canale di Suez, oltre le linee egiziane. A dicembre venne eletto nel Knesset, ma rassegnò le dimissioni l'anno successivo.
Nel 1977 il partito Likud vince le elezioni politiche sotto Begin. Sharon partecipa al primo governo di Begin come Ministro dell'Agricoltura responsabile degli insediamenti: si distingue come fanatico sostenitore del movimento religioso Gush Emunim e come uno dei principali artefici del boom degli insediamenti, finalizzato in parte a prevenire la costituzione di uno stato palestinese nei territori occupati.
Nel giugno 1981 la campagna di colonizzazione fu uno dei cardini della rielezione del Likud, e a Sharon venne attribuito il merito di un veloce e permanente progresso grazie alla capillare presenza israeliana nella West Bank. A questo punto Begin lo nominò Ministro della Difesa.

1982: "Pace in galilea".
Come Ministro della Difesa Sharon fu la mente dell'invasione israeliana in Libano nel 1982, che ribattezzò "Pace in Galilea": nel complesso, un'operazione che causò la morte di molte migliaia di civili e creò quasi mezzo milione di senzatetto. Il 5 giugno 1982 inviò decine di migliaia di soldati israeliani oltre il confine per aprirsi la strada con le armi fino alla costa libanese. Alla fine Beirut fu occupata e pesanti bombardamenti aerei, da mare a da terra, devastarono una sostanziale parte del Libano. Alla fine di luglio il governo libanese affermò che almeno 14.000 persone erano state uccise ­ oltre il 90% dei quali erano civili disarmati ­ e oltre il doppio gravemente feriti. Il 12 agosto restò famoso come il Giovedì nero dopo che un massiccio bombardamento dell'artiglieria durato circa 11 ore uccise circa 500 civili libanesi e palestinesi.
Dopo tre mesi di guerra, l'inviato statunitense Philip Habib facilitò l'accordo secondo il quale l'OLP avrebbe evacuato da Beirut i suoi combattenti a condizione di una protezione internazionale dei civili palestinesi e libanesi nella regione e a patto che Israele non fosse entrata a Beirut.
Tuttavia, due giorni dopo il ritiro delle forze di protezione, Sharon iniziò una ulteriore avanzata verso Beirut, assediando i campi lungo la strada. Il 15 settembre 1982 Beirut fu invasa, e Ariel Sharon dichiarò che ciò era necessario per permettere la dislocazione di 2000 combattenti palestinesi rimasti nella città. Sharon affidò il compito di epurare i campi alla Falange (una forza libanese armata direttamente da Israele sin dai tempi della guerra civile libanese nel 1975).

Sabra & Shatila
Il massacro dei campi a Shabra e Shatila ebbe luogo tra le 18.00 del 16 settembre 1982 e le 08.00 del 18 settembre, in un'area sotto il controllo dell'esercito israeliano. Le truppe di Sharon, dopo aver tenuto i campi sotto assedio, permisero ai falangisti di entrare. Fari israeliani illuminavano i campi, mentre il personale dell'esercito israeliano osservava dai binocoli le squadre della morte dilagare liberamente nei campi. Famiglie intere vennero trucidate, molti vennero stuprati e torturati prima di essere uccisi. Così tanti corpi vennero ammassati sui camion e portati via, o sepolti in tombe di massa, che il numero totale delle vittime non si saprà mai, ma le fonti palestinesi danno una stima di almeno 2000 vittime. In seguito all'indignazione internazionale, Israele costituì una commissione d'inchiesta ufficiale guidata dal capo della Corte Suprema Giudice Kahan. La commissione (Final Report della Commissione d'Inchiesta sui Fatti nei Campi Rifugiati a Beirut, 7 febbraio 1983, presieduta da Yitzhak Kahan, Presidente della Corte Suprema di Israele) lo dichiarò indirettamente responsabile dei massacri di Shabra & Shatila visto che non si mosse per prevenirli, costringendolo a dare le dimissioni dal Ministero della Difesa.
Estratti dal Rapporto Kahan:
"E' impossibile giustificare l'indifferenza del Ministro della Difesa rispetto al pericolo di un massacro inoltre, il Ministro della Difesa possedeva anche speciali rapporti dai suoi non certo irrilevanti incontri con i capi falangisti Il senso di un tale pericolo avrebbe dovuto risiedere nella coscienza di ogni persona di buon senso vicina a questo problema Era dovere del Ministro della Difesa prendere in seria considerazione la possibilità che i falangisti commettessero atrocità e che era necessario prevenire tale eventualità come obbligo umanitario Riguardo alla [sua] responsabilità, è sufficiente affermare che egli non impartì alcun ordine al IDF perché adottassero misure idonee. Analogamente, nei suoi incontri con i leader falangisti, non fece alcun tentativo per far loro presente quanto fosse grave il pericolo che i loro uomini commettessero massacri. [] Va imputata al Ministro della Difesa la responsabilità di aver trascurato il pericolo di atti di vendetta e spargimenti di sangue da parte dei falangisti contro la popolazione dei campi profughi, e di non aver tenuto conto di questo pericolo quando decise di far entrare i falangisti nei campi. In aggiunta, va imputata al Ministro della Difesa la responsabilità di non aver ordinato appropriate misure per prevenire o ridurre il pericolo di massacri come condizione per l'entrata dei falangisti nei campi. Tali errori costituiscono il mancato adempimento di un obbligo per il quale il Ministro della Difesa è stato posto sotto accusa."
La commissione d'inchiesta trovò "sconcertante che il Ministro della Difesa non informò in alcun modo l'allora Primo Ministro [Menachim Begin] della decisione di far entrare i falangisti nei campi."

Sommario
Le autorità israeliane e la comunità internazionale devono assumersi le proprie responsabilità, investigare accuratamente e procedere contro Ariel Sharon per il suo coinvolgimento in questi massacri o in altri crimini, poiché l'articolo 146 della IV Convenzione di Ginevra del 1949 afferma che l'Alta parte Contraente "avrà l'obbligo di perseguire persone accusate di aver commesso, o di aver ordinato che fossero commesse" gravi violazioni alla Convenzione e "condurrà tali persone, a prescindere dalla loro nazionalità, a risponderne di fronte ai propri tribunali.
L'articolo 147 della Convenzione afferma che le gravi violazioni citate nell'Articolo 146 includono l'omicidio volontario, la tortura o il trattamento inumano, compreso il causare deliberatamente grandi sofferenze o serie ferite al corpo o alla salute la deportazione illegale o il trasferimento o il confinamento illegale di una persona protetta o la deliberata sottrazione ad una persona protetta dei diritti di un giusto e regolare processo prescritto dalla presente Convenzione; il prendere ostaggi e la distruzione di massa e l'appropriazione di proprietà, non giustificata da necessità militari e realizzata illegalmente."