Sharon e il "muro d'acciaio".
Analisi della coalizione al governo in Israele. Le contraddizioni della politica israeliana a partire da un principio storico dell'imperialismo sionista: la dottrina del muro d'acciaio. Di Jeff Halper, da Merip. Marzo 2001.

La coalizione del governo di Sharon, che comprende sia Shimon Peres sia coloro che rifiutano la linea dura, è caratterizzata dalle contraddizioni della distinzione convenzionale tra destra e sinistra nella politica israeliana.
Sono passati sette anni dagli accordi di Oslo ed è chiaro che i leader israeliani non hanno mai preso veramente in considerazione l'idea della realizzazione di uno stato palestinese sovrano, ma hanno pensato solo ad una "pace" che garantisca ai Palestinesi una indipendenza limitata sotto il pieno controllo di Israele. I tre milioni di Palestinesi che vivono nei Territori Occupati costituiscono il maggiore ostacolo che impedisce ad Israele di avere un controllo continuo, dal momento che Israele non può né incorporarli come cittadini né può governare su di loro all'infinito sotto un regime di apartheid sempre più forte. Il processo di Oslo che si è chiuso con il summit di Camp David del 2000 e con gli incontri di Taba a gennaio, ha portato ad un'occupazione con consenso.

Ma quando la politica di occupazione degli insediamenti, della chiusura e del controllo militare non è riuscita a
spezzare la resistenza dei Palestinesi e ha, invece, portato ad una seconda intifada, l'ampio "consenso" moderato di sinistra-centro-destra della politica israeliana ha deciso di rafforzare un'autorità più diretta. Il governo di "unità nazionale" di Sharon rappresenta una chiusura delle fila attorno al bassissimo rifiuto del Sionismo e la chiusura di Israele a sostenere la possibilità di condividere realmente questa terra con i Palestinesi - sia in uno stato che in due stati. Il ruolo del governo di Sharon è quello di creare una tale disperazione tra i Palestinesi che questi supplicheranno per la sopravvivenza. Si sforzerà di infrangere le speranze che hanno i Palestinesi di realizzare uno stato fattibile e sovrano, di sconfigere i Palestinesi una volta per tutte. In quanto a questo, "l'unità nazionale" si rifà ad un importante precedente storico.

LA DOTTRINA DELLA DISPERAZIONE
In un famoso articolo intitolato "Il muro di ferro", pubblicato nel 1923, Ze'ev Jabotinsky articolava un principio fondamentale del movimento sionista: il sionismo deve riuscire a formare uno stato ebreo nell'intera terra di Israele, senza alcun riguardo verso la reazione degli arabi. Jabotinsky aveva capito che i Palestinesi erano un gruppo nazionale con aspirazioni nazionali, ma il sionismo era disposto a garantire loro solo una certa autonomia all'interno di uno stato ebreo che copriva l'intero territorio. Egli sapeva benissimo che questo scopo non poteva essere realizzato senza resistenza. "Ogni popolo indigeno", scriveva Jabotinsky, "opporrà resistenza all'invasione degli stranieri fino a quando vedrà una qualsiasi speranza di liberarsi dal pericolo di un insediamento da parte di estranei. Questo sarà il comportamento degli Arabi fino a quando vedranno un minimo di speranza nell'impedire che la Palestina diventi
terra di Israele". Per Jabotinsky il trucco consisteva nel distruggere quel "barlume di speranza". Secondo la sua dottrina del "muro di ferro", i Palestinesi avrebbero acconsentito ad avere dei limitati diritti civili e nazionali solo dopo che la loro resistenza fosse stata spezzata. "La sola via per un accordo" scriveva Jabotinsky, "è attraverso il muro di ferro, cioè l'insediamento in Palestina di una forza che non verrà influenzata in nessun modo dalle pressioni degli Arabi... Un accordo volontario è impensabile... Noi dobbiamo sospendere i nostri tentativi di insediamento oppure dobbiamo portarli
avanti senza prestare attenzione ai sentimenti degli indigeni. Così gli insediamenti si svilupperanno sotto la protezione di una forza armata che non dipende dalla popolazione locale, dietro un muro di ferro che
non potrà essere abbattuto".

Per questo Jabotinsky è spesso considerato una figura estremista; lo storico Avi Shlaim sostiene che la sua dottrina del "muro di ferro" è diventata centrale per l'approccio di Israele verso i Palestinesi. Rivolgendosi all'esecutivo israeliano dopo lo scoppio della rivolta araba del 1936, David Ben-Gurion, il primo Primo Ministro dello stato di Israele e padre del moderno Partito Laburista, ha detto: "In questo momento un accordo totale è, senza dubbio, fuori questione. Solo dopo la piena disperazione degli Arabi, e questa disperazione emergerà non solo dal fallimento del disordine e del tentativo di ribellione, ma anche come conseguenza della nostra crescita nel paese, si potrà far accettare agli Arabi l'esistenza di Israele ebrea heretz". Ben Gurion non solo era d'accordo con Jabotinsky, ma sosteneva che la pace era da prendere in considerazione se combaciava con il programma del sionismo: "Noi non abbiamo bisogno di un accordo per arrivare alla pace nel paese...la pace per noi è uno strumento. Lo scopo è la piena e totale realizzazione del sionismo. Solo per questo noi abbiamo veramente bisogno di un accordo".

LA COALIZZAZIONE DEL MURO DI FERRO
Inserito nel contesto attuale, il lavoro storico di Shlaim ci suggerisce che l'adesione all'idea del muro di ferro potrebbe essere un modo migliore per individuare delle figure politiche, piuttosto che sostenere o opporsi agli accordi di Oslo.
L'analisi di Shlaim dice che potremmo mettere insieme i Laburisti di "Ben-Gurion" -- le vecchie guardie del Partito Laburista, compreso Shimon Peres, che sosteneva la partecipazione al governo di Sharon -- con il Likud, il discendente diretto dei rivisionisti di Jabotinsky e di Menachem Begin. Ciò che li unisce è il fatto di accettare l'approccio del "muro di
ferro" verso il mondo arabo -- e verso i Palestinesi in particolare. Dall'altra parte del muro di ferro ci sono le "colombe" (fautori della pace) sia del partito Laburista sia di Meretz, la sinistra israeliana più radicale e i cittadini palestinesi di Israele. Yitzhak Rabin e Peres sono stati definisti in Israele come "yonetz," un miscuglio ambivalente e confuso di "colomba" e "falco". L'ampia coalizzazione di centro-destra comprende sia il Likud che Peres e la corrente principale dei Laburisti, quest'ultima rappresentata dal ministro della difesa Binyamin Ben Eliezer, un altro generale laburista dell'esercito. "L'unità nazionale" comprende altri settori della società israeliana, come: il partito di Sephardi Shas, altri partiti ortodossi, i partiti degli immigranti russi e l'estrema destra come Rehavam Ze'evi's Moledet che sostiene di "trasferire" i Palestinesi fuori dai Territori Occupati. Il governo di Sharon può radunare 73 voti dai 120 del Knesset -- di più se includiamo alcune fazioni dell'ala di destra che non si sono unite per diverse ragioni. Il blocco Sharon-Peres-Ben Eliezer crede che sia possibile costruire il "muro di ferro" di Jabotinsky. La loro interpretazione della mappa politica li porta, come è successo nel 1993, alla conclusione che i Palestinesi sono sconfitti. Israele ha il supporto quasi totale del Congresso degli Stati Uniti e dei mass-media, così come dell'amministrazione di Bush. Il sostegno degli Stati Uniti rende irrilevante le periodiche proteste degli altri partiti internazionali, compresi l'ONU e l'UE. Queste proteste vengono di fatto vanificate anche dalla dipendenza degli Arabi e dei Paesi musulmani dagli Stati Uniti e dall'Europa, così come dai rilevanti interessi comuni con Israele.

Israele vive in una bolla totalmente protetta. La coalizzazione dell' "unità nazionale" pensa che l'Autorità Palestinese (PA) abbia perso la fiducia del popolo e che sia sull'orlo del collasso. Come nel 1993, la PA sarà utile solo se finalmente si "stabilisce" con Israele. L'idea di Sharon di "insediamento" non include l'88-96% del West Bank, tutta la striscia di Gaza e le sacche di Gerusalemme est -- idee promosse da Barak e Clinton -- ma piuttosto il 42% del West Bank attualmente classificato come Aree A e B, il 60% di Gaza dove ci sono grandi centri di Palestinesi e nessuna delle sacche di Gerusalemme Est. Fino ad ora la via palestinese è l'unica forza effettiva che frena l'approccio del "muro di ferro" --- ed è duramente soffocata.

UN FUTURO DI "UNITA' NAZIONALE"
Poichè il controllo di Israele sui Territori Occupati è virtualmente l'unica base per "l'unità nazionale", non ci deve sorprendere il fatto che il governo di unità nazionale di Sharon non ha un programma politico, se non quello di fare in modo che i Palestinesi si arrendano. Come ha sostenuto Doron Rosenblum, un commentatore di Israele: "Noi non abbiamo mai avuto un governo basato su ragioni pessimistiche come questo: il suo programma è completamente nascosto e sconosciuto ... Non sta facendo nessuna promessa se non quella di "riportare la sicurezza". Ma il governo di Sharon non durerà a lungo. Il governo è lento, è formato da 8 partiti e 26 ministri e la questione finanziaria e altre
questioni nazionali potrebbero causarne il collasso nei prossimi mesi. In ogni caso, le elezioni generali si dovranno tenere entro novembre del 2003. Con l'elezione di Sharon, il Knesset ha abolito anche l'elezione diretta del primo ministro. Israele ritornerà al vecchio sistema, con il quale gli elettori votano solo per le liste di partito e i leader del partito che ha avuto più voti formeranno poi il governo. Questo sistema riporterà la prevalenza del parlamento di due o tre blocchi di partiti (il Laburista, il Likud e forse lo Shas), invece dell'estrema frammentazione degli ultimi due Knesset che hanno minato la stabilità dei governi di Netanyahu e di Barak. Il blocco laburista di sinistra ha di gran lunga meno partner potenziali del blocco Likud-Shas e per questo gli sarà difficile formare un governo nelle elezioni future.
Ma siccome il partito Laburista raccoglie più voti del Likud, sia i laburisti sia Sharon vedono l'abolizione delle elezioni dirette come un modo per fermare il ritorno di Netanyahu al potere. Da tutto questo si possono trarre due conclusioni.
Primo, la maggior parte dei partiti nel Knesset sono favorevoli all'approccio del "muro di ferro" e a fare un'ulteriore repressione verso i Palestinesi. L scorsa settimana, le forze di difesa di Israele hanno isolato Ramallah, l'università di Birzeit e circa 33 villaggi, scavando profonde trincee e fermando i carri armati nelle strade e il comune di Gerusalemme ha annunciato che comincerà a demolire le case dei Palestinesi.

Secondo, anche se il Partito Laburista ha un piano dietro il "muro di ferro", probabilmente non potrà formare un governo che possa fermare in pratica quella politica. Pensiamo che i governi di unità nazionale di Israele si avranno -- formalmente o de facto -- tra qualche tempo. Una pace giusta e duratura non emergerà da Israele; solo le pressioni internazionali possono salvare i Palestinesi dall'essere schiacciati da un muro di ferro.

 

* Jeff Halper è coordinatore del comitato israeliano contro la demolizione delle abitazioni, redattore di "News from Within" ed è professore di antropologia presso l'università Ben-Gurion.