Perché Arafat ha dimenticato le armi dei deboli?
Un'analisi critica delle debolezze della direzione palestinese nella lotta contro il sionismo: "Quand'é che noi, come popolo, assumeremo la nostra responsabilità per ciò che dopotutto é nostro e smetteremo di contare su leader che non hanno più idea di ciò che stanno facendo?". Di Edward Said. Luglio 2001.


Un anno fa Bill Clinton convocò un incontro tra le leadership di Israele e della Palestina nel rifugio presidenziale di Camp David per portare a termine un accordo di pace, dal momento che pensava che le due parti fossero pronte per un tale passo. Metto in evidenza il ruolo di Clinton in tutto questo perché è caratteristico di un uomo sul quale i Palestinesi avevano riposto le loro speranze, lo avevano guardato come un eroe a Ramallah e a Gaza, lo avevano assecondato ad ogni occasione, quell'uomo che spingeva l'uno verso l'altro i due nemici, unendoli per decenni in una lotta sconvolgente solo per poter dire, per i propri fini egoisitici, di essere stato l'artefice di un accordo storico. Yasser Arafat non voleva andare. Ehud Barak é andato principalmente per strappare ai Palestinesi la promessa che questi avrebbero messo fine al conflitto e, cosa ancora più importante, che avrebbero rinunciato alle loro pretese contro Israele (compreso il diritto dei rifugiati a rientrare) una volta che il processo di Oslo si fosse concluso. Clinton è sempre stato, primo, un opportunista, secondo, un sionista e terzo un maldestro politico. I Palestinesi erano la parte più debole; erano guidati male e impreparati. Clinton pensava che poiché il suo incarico (e quello di Barak) stava terminando, poteva organizzare una cerimonia per la pace basata sulla capitolazione dei Palestinesi, una cerimonia che avrebbe incoronato per sempre la sua presidenza, cancellando il ricordo di Monica Lewinsky e lo scandalo in via di sviluppo di Marc Rich.

Ovviamente questo grande progetto fallì completamente. Perfino le fonti americane, di recente, hanno sostenuto pubblicamente la tesi palestinese che "la generosa offerta" di Barak non era né un'offerta né tantomeno un'offerta generosa. Robert Malley, un membro del Consiglio Nazionale di Sicurezza della Casa Bianca, ha pubblicato un resoconto di ciò che é accaduto che, sebbene sia critico verso le tattiche palestinesi durante il summit di Camp David, mostra chiaramente che Israele non pensava minimamente ad offrire ciò che richiedevano le legittime aspirazioni nazionali dei Palestinesi.

Ma il resoconto di Malley risale al luglio 2001, un anno dopo la fine del summit di Camp David e dopo che la ben organizzata macchina di propaganda israeliana aveva diffuso la voce che Arafat aveva tragicamente rifiutato l'offerta migliore che Israele potesse fare. Queste voci furono sostenute dai discorsi di Clinton, secondo il quale Barak era coraggioso e Arafat creava solo malcontento. E questa tesi é stata largamente diffusa, creando un danno immenso per la causa palestinese. E' stata del tutto trascurata l'osservazione fatta da un tirapiedi dell'informazione israeliana che dopo Camp David e Taba, nessun Palestinese ha avuto un ruolo consistente nel dare una versione palestinese della debacle. Così, Israele ha avuto il campo tutto per sé, con risultati nello sfruttamento e in reazioni violente che sono virtualmente incalcolabili.

Ero ben consapevole del danno arrecato all'Intifada dall'immagine che Israele aveva dato di se stessa, come se fosse una sostenitrice della pace rifiutata lo scorso autunno e inverno. Ho telefonato ad alcuni membri dell'entourage di Arafat per dire loro che aprissero gli occhi urgentemente al loro leader sul fatto che Israele stava usando il silenzio dei Palestinesi, sostenendo che il silenzio fosse l'equivalente verbale della violenza palestinese. Mi é giunta voce che Arafat é stato risoluto, che ha rifiutato di rivolgersi al suo popolo, ad Israele o al mondo, senza dubbio sperando che il fato o i suoi miracolosi poteri di non-comunicazione, avrebbero neutralizzato la campagna di disinformazione israeliana. In ogni caso il mio appello non ha avuto effetto. Arafat e i suoi numerosi tirapiedi sono rimasti inattivi, non hanno capito e, naturalmente, sono restati silenziosi.

Prima di tutto dobbiamo biasimare noi stessi. Né la nostra leadership né i nostri intellettuali sembrano avere capito che nemmeno una coraggiosa insurrezione anticolonialista può spiegare da sola le sue ragioni e che quello che noi (e gli altri Arabi) consideriamo il nostro diritto alla resistenza può essere visto da Israele come terrorismo e violenza senza principi. Nel frattempo Israele ha convinto il mondo a dimenticare la sua violenta occupazione e la sua punizione terroristica collettiva contro il popolo palestinese - per non parlare della sua interminabile pulizia etnica.

Eppure abbiamo peggiorato le cose permettendo all'incapace Arafat di dire e disdire come gli pare sulla questione della violenza. Qualsiasi documento sui diritti umani che sia mai stato siglato, riconosce il diritto di un popolo di resistere all'occupazione militare, alla distruzione delle proprie case e proprietà e all'esproprio delle terre per costruirci degli insediamenti. Arafat e i suoi consiglieri sembrano non aver capito che quando hanno accettato ciecamente i termini del discorso unilaterale di Israele su terrore e violenza - sul piano del discorso politico -, in sostanza hanno rinunciato al loro diritto alla resistenza. Invece di dire chiaramente che ogni rinuncia alla resistenza doveva essere accompagnata dalla sottoscrizione da parte di Israele di un'uguale rinuncia all'occupazione, il popolo palestinese é stato reso vulnerabile, per responsabilità della sua leadership, di fronte alle accuse di terrore e violenza. Qualsiasi cosa Israele facesse diventava ritorsione. Qualsiasi cosa facessero i Palestinesi veniva considerata o violenza o terrore oppure (di solito) entrambe. Il risultato era disgustoso: un criminale di guerra come Sharon che denunciava la violenza palestinese.

Un'altra conseguenza dell'inettitudine palestinese è stata che il governo ha tirato dalla sua parte i cosiddetti attivisti di pace israeliani, trasformando quel triste gruppo di sostenitori dei campi in alleati silenziosi del lamentoso governo retto da Sharon. I pochi Israeliani coraggiosi e di saldi principi come alcuni dei Nuovi Storici-- Jeff Halper, Michel Warschavsky e i loro gruppi -- sono un'eccezione. Quante volte abbiamo sentito i "pacifisti" ufficiali lamentare il loro "disappunto" per l' "ingratitudine" e la violenza palestinese? Quante volte invece qualcuno ha ricordato loro che hanno il compito di spingere i loro governi a porre fine all'occupazione e non di (come hanno sempre fatto) impartire lezioni ad un popolo occupato sulla propria magnanimità e le proprie speranze disattese? Quale francese mai, neppure il più reazionario, sarebbe stato tollerante nel 1944 di fronte alle preghiere dei tedeschi di essere "ragionevoli" verso la loro occupazione della Francia? Ovviamente nessuno. Ma noi abbiamo tollerato le insolenti pretese di pace di Israele, i proclami su quanto sia stato "generoso" Barak, senza ricordare ad Israele che ognuno dei suoi leader é stato un assassino o un oppressore degli Arabi dal 1948 ad oggi. Ben-Gurion presiedeva la Nakba; Eshkol fu responsabile delle conquiste del 1967; Begin fu responsabile di Deir Yassin e del Libano; Rabin fu responsabile dello scoppio della prima Intifada e prima di questo dell'evacuazione di 60.000 civili palestinesi disarmati da Ramleh e Lydda nel 1948; Peres fu responsabile della distruzione di Qana; Barak ha personalmente preso parte all'assassinio di leader palestinesi; Sharon ha condotto il massacro di Qibya ed é responsabile di Sabra e Shatila. Il vero ruolo del pacifismo in Israele é di fare quello che non ha mai seriamente fatto; cioé riconoscere tutto questo e prevenire ulteriori violenze da parte dell'esercito e dell'aereonautica israeliani contro un popolo diseredato, senza uno stato; e non quello di dare consigli facili e gratuiti ai Palestinesi o di esprimere le proprie speranze e disappunto al popolo che Israele ha oppresso per più di mezzo secolo.

Ma una volta che la leadership palestinese ha rinunciato ai suoi principi e si è illusa di essere una grande potenza capace di giocare al gioco delle nazioni, ha attirato su di sé il destino di essere una nazione debole, senza né la sovranità né il potere di rafforzare le proprie posizioni e le proprie tattiche. Il signor Arafat é ipnotizzato, con la sua convinzione di essere un presidente in carica che vola da Parigi a Londra, a Beijing, al Cairo, da una visita di stato senza senso ad un'altra, tanto che alla fine ha dimenticato che le armi, i deboli e i senza patria non possono sparire e che sono i suoi principi e la sua gente. Occupare e difendere all'infinito gli elevati territori della morale; continuare a dire la verità e ricordare al mondo quello che é il quadro storico completo; sostenere il diritto legale alla resistenza e alla restituzione; mobilitare gente ovunque invece di apparire in sintonia con i voleri di Chirac e Blair; non dipendere né dai media né da Israele, ma contare su se stessi per dire la verità. I leader palestinesi hanno dimenticato tutto questo, prima ad Oslo e poi ancora a Camp David. Quand'é che noi, come popolo, assumeremo la nostra responsabilità per ciò che dopotutto é nostro e smetteremo di contare su leader che non hanno più idea di ciò che stanno facendo?