Un popolo bisognoso di leadership.
L'estrema
inadeguatezza della direzione Arafat di fronte all'offensiva israeliana. Di
Edward Said. Dalla New Left Review. Traduzione a cura del Comitato
Chiapas "Maribel" di Bergamo. 17 settembre 2001.
La pressione
israeliana sui palestinesi è aumentata ulteriormente perfino nei giorni seguenti
i terribili eventi dell'11 settembre. Raid missilistici sono stati scatenati
sulle città di Jenin, Jerico e Ramallah ed hanno distrutto postazione della
sicurezza, edifici governativi e case di civili. Nel distretto di Beituniya
a Ramallah, alcune granate hanno colpito un bar, una moschea ed una scuola
materna - tutti perfettamente ammessi come "danni collaterali" e scarsamente
menzionati sui mezzi di comunicazione occidentali. Una simile aggressione
israeliana, dopo tutto, è la norma da un anno a questa parte. Sono stati uccisi
oltre 600 palestinesi dall'inizio dell'Intifada di Al-Aqsa - quattro volte
il numero di morti della parte israeliana, e 15.000 feriti - dodici volte
superiore al numero di feriti dell'altra parte. Le Forze Armate Israeliane
regolari hanno sterminato presunti terroristi a volontà, la maggior parte
delle volte uccidendo anche innocenti. Il 7 agosto scorso, quattordici palestinesi
sono stati assassinati dalle truppe israeliane che hanno utilizzato elicotteri
da guerra e missili, per "prevenire" che loro uccidessero degli israeliani,
sebbene almeno due bambini e cinque passanti fosse colpiti, per non parlare
dei molti civili feriti. Forniti di
bombardieri dono degli americani, elicotteri da guerra, innumerevoli carri
armati e missili, una superba marina ed un servizio segreto efficiente, per
non parlare delle sue armi nucleari, Israele opprime un popolo spodestato
senza armamenti o artiglieria, privo di forze aeree - il suo unico patetico
aeroporto di Gaza è controllato da Israele - esercito o marina, o di qualsiasi
istituzione di protezione di un moderno stato. La crudele segregazione da
parte di Israele di 1,3 milioni di persone nella Striscia di Gaza, stipati
come sardine in un ristretto territorio circondato da filo spinato e di quasi
due milioni di persone nell'West Bank - le cui entrate ed uscite sono controllate
dall'Esercito Israeliano - ha pochi analogie nella storia del colonialismo.
Perfino durante il regime dell'apartheid non sono mai stati usati aerei F-16
per bombardare i territori africani, come invece ora fanno contro le città
ed i villaggi palestinesi. Dietro questa
spietata oppressione militare c'è una logica di lungo termine. La distruzione
della società palestinese iniziata nel 1948, con l'espulsione del 68% dei
nativi - di cui 4,5 milioni sono tuttora rifugiati - è continuata per i 34
anni di occupazione dal 1967. Decine di anni di pressione quotidiana su una
popolazione la cui colpa principale è quella di essere lì, sulla strada di
Israele, ha reso la vita impossibile ai palestinesi, costringendoli a cessare
qualsiasi resistenza, o ad andarsene - come hanno fatto in 150.000 verso la
Giordania. I leader della comunità sono stati incarcerati e deportati dal
regime di occupazione, sono stati confiscati piccoli commerci, demolite le
fattorie, chiuse le università, gli studenti esclusi dalle classi. Nessun
agricoltore o imprenditore palestinese può esportare direttamente la sua merce
in qualsiasi paese arabo - i loro prodotti devono passare da Israele, perché
le tasse sono pagate a Israele. In una parola, lo scopo, come ha dichiarato
la ricercatrice americana Sara Roy, è stato 'de-develop' impedire lo sviluppo,
far regredire la società palestinese. Oggi, divisi in circa 63 zone non contigue,
presidiate da 140 insediamenti israeliani con la loro rete stradale bandita
agli arabi, i palestinesi sono stati ridotti ad una massa povera di disoccupati
- il 60% è senza lavoro. Metà della popolazione di Gaza e della West Bank
vive con meno di 2 dollari al giorno. Non possono spostarsi liberamente da
un posto all'altro all'interno dei territori occupati ma devono sopportare
file interminabili ai posti di blocco israeliani, che regolarmente, per ore,
bloccano ed umiliano vecchi, malati, studenti e religiosi. Circa 150.000 ulivi
ed alberi di limoni sono stati estirpati per punizione; 2.000 case demolite;
ampi territori espropriati per permettere l'installazione di coloni - attualmente
sono circa 400.000 - o distrutti per scopi militari. Per quanto
riguarda il "processo di pace" di Oslo, iniziato nel 1993, questo ha semplicemente
riorganizzato l'occupazione, offrendo il 18% dei territori divisi nel 1967
alla corrotta, sul modello di Vichy, Autorità di Arafat, il cui mandato è
stato essenzialmente di polizia e di tassare il suo popolo per conto di Israele.
Dopo otto infruttuosi, miseri anni di ulteriori "negoziati", orchestrati da
un gruppo di funzionari statunitensi che comprendeva personaggi delle lobby
di Israele come Martin Indyk e Dennis Ross, ai palestinesi sono stati inflitti
sempre più abusi, sempre più insediamenti, arresti, sofferenze, compreso,
dall'agosto 2001, la "giudaizzazione" di Gerusalemme Est, con la Casa d'Oriente
occupata e svuotata: documenti preziosi, documenti legali sulle terre, mappe,
che Israele ha semplicemente rubato, come fece con gli archivi dell'OLP a
Beirut nel 1982. Questo è stato il risultato della visita gratuitamente arrogante
di Ariel Sharon alla spianata di Al-Sharif a Gerusalemme il 28 settembre 2000,
circondato da 1.000 soldati e guardie messe a disposizione da Ehud Barak -
un'azione unanimemente condannata perfino dal Consiglio di Sicurezza. Poche
ore dopo, come avrebbe potuto prevedere anche un bambino, scoppiò la rivolta
contro la colonizzazione - con otto palestinesi uccisi come prime vittime.
Pochi mesi
dopo Sharon salì al potere principalmente per "sottomettere" i palestinesi
- per dargli una lezione, o liberarsi di loro. Il suo record personale di
killer di arabi risale a 30 anni fa, prima dei massacri di Sabra e Shatila
che compirono le sue forze armate nel 1982, e per i quali è ora sotto inchiesta
presso la corte belga. Ma egli non è pazzo. Ad ogni azione di resistenza palestinese,
le sue forze armate aumentano un poco la pressione, stringono l'assedio, occupano
più territorio, tagliano i rifornimenti, lanciano incursioni più profonde
sulle città palestinesi come Jenin e Ramallah, rendendo la vita ancora più
intollerabile alle vittime dell'occupazione - mentre ad ogni segno di critica,
la sua macchina di propaganda spiega che sta solo "difendendo" se stesso,
"provvedendo alla sicurezza" dei territori e "ristabilendo il controllo" con
l'unico scopo di "prevenire il terrorismo". Sharon ed i suoi beniamini accusano
anche Arafat di essere "l'ideatore del terrorismo, sebbene egli non possa
letteralmente muoversi senza il permesso di Israele, nello stesso tempo dichiarano
di non nutrire conflitti con il popolo palestinese. Che grazia per quella
gente! Con un tale "controllo", perché mai sarebbe necessaria un'invasione
su larga scala, accuratamente pubblicizzata per intimidire i palestinesi?
Negli Stati Uniti, dove Israele ha la sua principale base politica e da cui
ha ricevuto oltre 92 miliardi di dollari di aiuti dal 1967, le vittime palestinesi
non hanno nome e volto, degni appena di una citazione nelle cronache nazionali.
Le cose sono diverse per i morti ebrei. Il terribile costo umano dei suicidi
che si fanno saltare in aria ad Haifa o Gerusalemme, vengono subito spiegati
secondo lo schema consueto. Arafat non ha fatto abbastanza per controllare
i suoi terroristi; le loro odiose minacce a danno "nostro" e del nostro più
forte alleato; Israele deve difendere tenacemente la sua sicurezza. Osservatori
attenti aggiungerebbero: questa gente ha combattuto instancabilmente per centinaia
di anni; c'è stata troppa sofferenza da entrambe le parti, e la violenza deve
essere fermata; il fatto che i palestinesi mandino i loro ragazzi a combattere,
è un altro segno perché Israele debba smetterla. Così, Israele
ha invaso Jenin con bulldozer e carri armati. In America, Israele ha vinto
la battaglia delle pubbliche relazioni così da tanto tempo che potrebbe sembrare
non necessario investire altri milioni di dollari in una campagna di informazione
- utilizzando "star" come Zubin Mehta, Itzhak Perlman e Amos Oz - per migliorare
ulteriormente la sua immagine. Durante una trasmissione televisiva americana,
l'agosto scorso, tra il ministero dell'Autorità Palestinese Nabil Shaath ed
il nuovo leader del Partito Laburista Avraham Burg, portavoce della Knesset,
ha confermato lo schema - e dimostrato, ancora una volta, l'incapacità dell'Autorità
e dei suoi portavoce di sostenere il popolo palestinese. Burg ha potuto snocciolare
una falsità dietro l'altra: che Israele ha sempre voluto la pace; che Israele
fa di tutto per mantenere la calma mentre i terroristi palestinesi - incoraggiati
dall'Autorità di Arafat, che controlla ogni cosa - minaccia di brutali omicidi
i bambini israeliani; che, quale democratico e amante della pace, non vede
una reale volontà di pace palestinese; che la sola differenza tra Shaath e
se stesso è che egli, Burg, è stato in grado di esercitare una certa influenza
di controllo su Sharon mentre Shaath non lo può fare su Arafat. La classica
propaganda - una bugia viene creduta quando viene ripetuta abbastanza spesso
- secondo cui Israele è la vittima dei palestinesi. Shaath ha potuto solo
rispondere con umiliante servilismo alla sua valanga di bugie, continuando
a ripetere che anche i palestinesi vogliono la pace; che chiedono di ritornare
ad Oslo; che stanno cercando di contenersi; che rispettano il Rapporto Mitchell
sponsorizzato da AIPAC (i cui autori principali, Warren Rudman e lo stesso
Mitchell, sono stati tra i membri più pagati della lobby israeliana durante
le loro carriere al Senato). Data la preziosa
opportunità di trovarsi con un ipocrita assassino come Burg, perché gente
come Shaath, Abed Rabbo, Erekat, Ashrawi ed altri non sono capaci semplicemente
di ricordargli che Israele continua a perseverare nei suoi crimini quotidianamente?
A rilevare il fatto che letteralmente milioni di persone non possono lavorare,
comperare cibo, avere assistenza medica? Che centinaia di persone sono state
uccise, migliaia di case distrutte, decine di migliaia di alberi sradicati,
vaste aree di terra confiscate, che gli insediamenti proseguono - e che tutto
questo durante un "processo di pace"? Per una volta potrebbero parlare come
esseri umani piuttosto che imitazioni di basso livello di Kissinger e Rabin?
Perfino un portavoce normalmente affidabile come Ghassan Khatib sembra essersi
infettato dal virus. Naturalmente è necessario rispondere a questioni su tregue,
accordi ecc.; ma queste persone sono così lontane dall'orrore quotidiano della
Palestina tanto da non poterlo neppure citare? Loro rispondono a domande sul
Piano Mitchell o sulla visita di Powell: fino a che ci sarà un'occupazione
militare della Palestina da parte di Israele, non ci potrà essere pace. La
maggior parte della violenza - carri armati, aerei, missili, posti di blocco,
insediamenti, soldati - arriva da parte israeliana. Nonostante
Israele tenga stretti i Palestinesi, Arafat spera ancora che gli americani
salvino lui ed il suo traballante regime. Ora più che mai, lui e la sua corte
continua ad implorare la protezione americana. Il popolo palestinese merita
di meglio. Dobbiamo dire chiaramente che con Arafat e company al comando non
c'è speranza. Ma che razza di leader è questo, che trascorre l'ultimo anno
grottescamente in visita in Vaticano e Lagos ed altri vari posti, implorando
senza dignità o perfino intelligenza per osservatori immaginari, aiuti arabi,
supporto internazionale, invece di restare vicino alla sua gente e tentare
di aiutarla con forniture di medicinali, organizzazione pratica e reale leadership?
Quello di cui hanno bisogno i palestinesi sono leader che stanno realmente
con e dalla parte del loro popolo, che fanno veramente resistenza sul terreno,
non grassi burocrati che fumano sigari occupati a preservare i propri affari
ed a rinnovare i loro lasciapassare da VIP, che hanno perso qualsiasi traccia
di decenza e credibilità. Arafat è finito. Perché non ammettiamo che egli
non può comandare, ne pianificare, ne adottare un solo provvedimento che faccia
la differenza ad eccezione che per lui ed i suoi amici di Oslo che hanno beneficiato
materialmente della miseria del loro popolo? Tutti i sondaggi indicano che
la sua presenza blocca qualsiasi sviluppo. Noi abbiamo
bisogno di una leadership capace di pensare, progettare e prendere decisioni,
invece di inginocchiarsi davanti al Papa o a George Bush mentre Israele uccide
impunemente la sua gente. I veri leader di un movimento di resistenza rispondono
a bisogni popolari, rispecchiano le realtà sul terreno e si espongono agli
stessi pericoli e difficoltà di tutti quanti. La lotta per la liberazione
dall'occupazione israeliana è dove ogni palestinese resiste. Oslo non può
essere riscaldata o resuscitata come vorrebbero Arafat e company. Quello che
serve adesso sono azioni di massa per sostenere la resistenza e la liberazione,
piuttosto che confondere la gente blaterando di ritornare ad Oslo - chi può
credere a questa folle idea? - o dello stupido Piano Mitchell. Che dire
di Israele, bloccato in una campagna senza futuro, flagellato dalla spietatezza?
Come disse il poeta e critico irlandese James Cousins nel 1925: qualsiasi
potenza coloniale si troverà ad affrontare le "false ed egoistiche preoccupazioni
che si presentano nella naturale evoluzione del suo stesso spirito nazionale,
e spinta fuori dal sentiero della rettitudine verso la tortuosa scorciatoia
del pensiero, della parola ed dell'azione disonesti, nella difesa artificiosa
di una falsa posizione". Tutti i colonizzatori hanno percorso questa strada,
imparando o non fermandosi davanti a nulla, fino a che alla fine - come Israele
dopo i suoi ventidue anni di occupazione del sud del Libano - abbandonano
i territori lasciando dietro un popolo esausto e paralizzato. Se l'impresa
sionista doveva soddisfare le aspirazioni degli ebrei, perché ha richiesto
così tante vittime di un altro popolo che non ha avuto niente a che fare con
l'esilio degli ebrei e le persecuzioni? Dietro la millanteria e la ferocia
del governo di Sharon, la fiducia in Israele sta crollando. I veri credenti
nel sionismo, nel senso originale del termine, sembrano essere sempre meno.
Un autorevole osservatore israeliano ha così riassunto la scena attuale: "il
sionismo è diventano solo un affare di apparati politici e slogan... Sionismo
oggi? Un rompicapo ideologico in cui tutti, destra, sinistra o centro, secolari,
tradizionalisti o integralisti, possono trovare qualche cosa per giustificare
le proprie passioni del momento. Anche Israele è entrato nell'era del post-sionismo".(1)
Naturalmente, questo non significa che un'improvvisa luce sia scesa sull'opinione
pubblica israeliana. Il lento cambiamento della fede sionista nella sua forma
originale, come un nazionalismo salvifico genuino, ha spesso lasciato dietro
di se qualcosa di peggio - un razzismo sub-ideologico, condito di ostilità
e diffidenza verso gli arabi. Ma questo pozzo di pregiudizi, che sotto di
se nasconde il tronco vuoto e in decomposizione delle dottrine ufficiali,
è molto più facile da strombazzare al mondo come la missione dell'esistenza
di Israele, che il messaggio sionista originale. Quelli che
pensano che la posizione internazionale di Israele è più che mai forte, come
Perry Anderson ha argomentato in questa rivista, sbagliano.(2) Nonostante
gli editoriali o le pagine di opinione della stampa americana siano influenzati
- o, in misura minore quella europea - per non parlare dei notiziari, forse,
i giorni in cui la legittimità del diritto palestinese alla sovranità nazionale
possa essere completamente ignorato sono passati. Molta gente comune europea
ed americana non accettano più il concetto che Israele goda di uno speciale
statuto morale che rende perdonabile la sua politica di persecuzione ed omicidio.
La potenza di occupazione gode di protettori imperiali all'estero. Ma nell'opinione
pubblica mondiale è sempre più più isolata, ed Israele lo sa. Questo spiega
i disperati espedienti a cui sono ricorsi i suoi amici negli Stati Uniti,
alla ricerca di una strada per togliere Israele dall'impasse dei suoi tentativi
di reprimere la nuova Intifada. Edward Luttwak, del Centro di Studi Strategici
ed Internazionali, esulta di fronte "ai progressi della capacità militare"
di Israele che ha permesso alle Forze Speciali Israeliane di eliminare Mustafa
Zibri a Ramallah ed assassinare leader palestinesi a volontà.(3) Graham Fuller,
Vice-Presidente del National Intelligence Council alla CIA, sollecita la costruzione
- letterale - di un Muro di Berlino intorno ai territori occupati, pattugliato
da "forze internazionali", per imprigionare i palestinesi.(4) Thomas Friedman,
columnist del New York Times, opina che "l'unica soluzione per Israele e gli
USA [sic] possa essere invitare la NATO ad occupare il West Bank e Gaza e
dichiarare uno stato palestinese a controllo NATO, tipo il Kossovo e la Bosnia.(5)
Ciò che hanno dimostrato questi schemi brutali e senza senso, era la paura
che Israele stesse perdendo. Una vera leadership palestinese avrebbe dovuto
sapere come dimostrare tutto ciò. I terribili avvenimenti dell'11 settembre,
senza dubbio ora riconfigureranno la geografia politica del mondo Musulmano
ed Arabo in nuovi modi imprevisti e pericolosi - in tutti i sensi. 1) Elie Bamavi,
'Sionismes', in Elie Barnavi and Saul Friediander, Les Juifs et le XXe siècle,
Paris 2000, pp. 229-30.
2) Perry Anderson. 'Scurring towards Bethlehem', NLR 10, July-August 2001.
3) Isreael's Relation is on Targ~~. Los Angeles Times, 30 August 200 I.
4) Build a Berlin Wall in the Middle East', Los Angeles Times , 14August 2001
5) A Way Out of the Middle East Impasse', New York Times 24 August 2001.