Colonie: istruzioni per l'uso.
E'
necessario capire le colonie per quelle che sono in realta': armi. Di
Gabriel Ash, YellowTimes. Traduzione a cura di Arabcomint.
Giugno 2003.
La lista di umiliazioni di Colin Powell in Israele includeva
una lezione da parte di Ariel Sharon, che gli spiegava perche' Israele non
poteva smetterla di espandere le colonie. Sharon chiese a Powell: "Cosa
vuole, che una donna incinta abortisca solo perche' e' una colona?"
L'immagine di coloni come benevoli civili, che desiderano solo vivere la loro
vita come vogliono, serve agli interessi di Sharon per seppellire la "road-map"
e salvare ancora una volta Israele dalla incombente minaccia della pace. In
effetti, la continua espansione degli insediamenti durante il processo di
Oslo ha gia' "salvato" Israele dalla pace una volta. Dal 1993 al
2001, la popolazione di coloni nei territori palestinesi occupati e' aumentata
del 91%, convincendo i palestinesi che Israele non ha alcuna intenzione di
sgomberare dai Territori occupati.
Quell'immagine, pero', e' falsa. Gli insediamenti della Cisgiordania non sono come i sobborghi del New Jersey. Sono un aspetto fondamentale di cio' che e' unico riguardo Israele. E' dunque necessario capire le colonie per quelle che sono in realta': armi.
I termini ebraici
per "colonie" sono yeshuv e hityashvut. Gli israeliani non applicano
questi termini agli insediamenti dei Territori occupati, ma alle prime colonie:
i kibbutzim ed i moshavim, creati sia prima che dopo il 1948 nelle aree della
Palestina che oggi si chiamano Israele. L'opposto di yeshuv e' deserto, shmamma.
L'uso del termine fa allusione al mito della "vacuita' " della Palestina
creato dall'immaginazione sionista - il deserto in attesa di coloni che lo
facciano germogliare. Questo mito ignora il fatto che i palestinesi vivevano
in Palestina da millenni.
Per contrasto, la parola ebraica usata per descrivere gli insediamenti creati
nei Territori occupati nel 1967 e' hitnakhlut, un termine biblico che significa
approssimativamente "sistemarsi sul proprio patrimonio". Il significato
opposto e nomadismo, vagare nel deserto. Il mutamento nell'uso dei termini
riflette la trasformazione del sionismo da impresa coloniale a fanatismo religioso
dei coloni post-1967.
Un'altra serie di termini usati per descrivere gli insediamenti deriva dal linguaggio militare: avamposto, posto di guardia - Mitzpe, Ma'akhaz, He'akhzut, etc. I primi coloni sionisti vengono spesso definiti "pionieri" in lingua inglese. Invece, il termine ebraico che essi usano, viene nuovamente dal lessico militare: khalutz, che vuol dire ricognitore.
In ogni forma, dunque, le colonie sono ben differenti dalle abitazioni civili. Sono avamposti ed azioni nella guerra di conquista, una guerra concepita, ipocritamente, come guerra contro il deserto (hityashvut), contro gli occupanti abusivi (hitnakhlut) o, piu' onestamente, come guerra per il controllo e la conquista militare. Tutte e tre sono metafore della guerra: civilta' contro natura, proprietari terrieri contro occupanti abusivi, noi contro loro. Il problema e' che cio' che appare come natura e' una civilta' millenaria; i cosiddetti "occupanti abusivi" sono i legittimi proprietari; e "noi" siamo "loro".
Insediarsi vuole anche dire vincere il nomadismo interiore, l'ebreo errante del "discorso europeo antisemita" che permea l'immaginario sionista. L'estrema violenza dei coloni e' anche questione di questa identificazione repressa: un odio verso se' proiettato nell'altro idealizzato.
C'e' ben poco di segreto sugli scopi di questa attivita' di insediamento. Dall'inizio, il sionismo usa un termine militare per la strategia generale di costruire insediamenti: "conquista di nuovo territorio", kibosh ha'adama. Come parte di una campagna militare, le colonie della Cisgiordania seguono un esplicito piano d'attacco con obiettivi e mezzi chiari, scritto su documenti apertamente disponibili: il piano Alon, il piano Drobless, il piano Sharon, il piano dei 100.000, etc.
Come tutte le
azioni militari, gli insediamenti hanno degli obiettivi: Netzert ha come bersaglio
Nazareth, Kiriyat Arba al-Khalil (Hebron), Kedumim Nablus, Ma'ale Adumim ha
come obiettivo la continuita' territoriale tra il nord ed il sud della Cisgiordania,
Ashkelon prende di mira al-Majdal, la citta' palestinese che fu etnicamente
ripulita nel 1950, quando i bollenti spiriti del 1948 si erano dissipati,
e cosi' via.
Gli insediamenti possono occupare una posizione strategica, come la cima di
una collina, una strada, una sorgente d'acqua. Gli insediamenti possono seppellire
le tracce di un antico villaggio palestinese distrutto, possono incunearsi
al centro di una citta' palestinese o a ridosso di essa, bloccandone il potenziale
sviluppo urbano; presso un villaggio, prendendone di mira oliveti e campi
agricoli. Molte colonie hanno come obiettivo le falde acquifere.
Fin dal 1948,
il primo battaglione, mandato in avanscoperta una volta che sia stata decisa
la costruzione di un insediamento, e' costituito da burocrati - disegnatori
di mappe, idrologi, ingegneri civili, avvocati, giudici e funzionari. Il loro
lavoro consiste nel riuscire a capire quale terra possa essere confiscata
ai palestinesi e come distruggere al meglio l'ecologia civile dell'obiettivo.
La terra puo' essere espropriata per uso "pubblico", cioe' per uso
ebraico; oppure puo' essere dichiarata "abbandonata", se e' di proprieta'
di un profugo. Spesso, comunque, l'insediamento nasce come campo militare,
poiche' la "sicurezza" e' la migliore giustificazione legale per
confiscare proprieta' privata palestinese - case, orti, campi. La Brigata
Nakhal e' una speciale unita' paramilitare il cui compito consiste nel fornire
personale ai nuovi insediamenti camuffati da campi militari.Spesso la terra
viene definita "di proprieta' dello stato" allo scopo di respingere
la sfida legale in "commissioni d'appello" militari appositamente
create, che approva senza obiezioni il furto a mano armata. "La terra
dello stato" e' quel territorio che Israele riserva ad esclusivo beneficio
degli ebrei (questo, in pratica, significa "stato ebraico"). Ad
esempio, i contratti d'affitto negli insediamenti proibiscono la residenza
ai non-ebrei.
A volte un'apparenza di giustizia richiede che la terra
rubata ai palestinesi sia sottoposta per alcuni anni a decontaminazione come
parco, riserva naturale etc, prima di approdare alla destinazione finale:
la costruzione di una nuova colonia. Questo e' il caso, in particolare, di
Gerusalemme est.
Alla fine, non importa come la terra sia stata procurata.
L'insediamento di Shilo, costruito nel 1985, e' su terra dichiarata "pubblica" per il 45%, espropriata per "ragioni di sicurezza" per il 52% ed espropriata per uso "pubblico" per il 3%. Shilo e' al 100% un'arma usata contro i palestinesi.
Dopo i burocrati,
arrivano i bulldozers, seguiti dalle case mobili, gli operai e, infine, i
coloni. I palestinesi con cittadinanza israeliana, che sono esclusi dalla
maggior parte dei lavori in Israele, possono almeno nutrire le loro famiglie
lavorando come operai nelle colonie, per erigere la pietra tombale della loro
scomparsa.
Quando, infine, le famiglie arrivano nella nuova colonia, inizia la guerra.
Un insediamento (diversamente da un villaggio palestinese) ha bisogno di spazio
per crescere, di riserve di terra, di abbondante acqua a buon mercato, che
lo stato d'Israele fornira', usando risorse palestinesi negate al villaggio
o alla citta' presi di mira. Ad esempio, ogni colono di Hebron consuma piu'
di nove volte la quantita' d'acqua giornaliera riservata al residente palestinese,
costretto alla sete.
Inoltre, un insediamento ha bisogno di accessi - una strada che lo connetta agli altri insediamenti. Le strade sono un meccanismo chiave per confiscare proprieta' palestinese. Tra l'agosto 1994 ed il settembre 1996, 4.386 dunums di terra privata furono confiscati per costruire diciassette autostrade by-pass. Tali strade sono lunghe ed ampie e la loro traiettoria puo' essere deviata qua e la' per ottenere il massimo impatto in termini di case palestinesi demolite, orti sradicati e crescita soffocata. Usata in maniera appropriata, una strada e' un'arma di distruzione di massa. Ad esempio, la strada 447, che abbrevia di ben cinque minuti il tragitto verso la colonia di Ariel, ha richiesto lo sradicamento di mille alberi d'olivo e la confisca di 75 dunums di terra dai residenti dei due villaggi palestinesi che Ariel ha come obiettivo. Inoltre, ogni strada che connette due insediamenti ebraici funge anche da strada che separa due citta' palestinesi, dal momento che i palestinesi non possono usare le strade "ebraiche".
In questo modo, la terra diviene un palinsesto, in cui ogni atto di ingegneria civile si trasforma anche nel suo opposto, un atto di guerra: le strade aumentano la distanza tra le persone; la costruzione delle abitazioni porta al sovraffollamento; la messa in opera di tubi idrici causa penuria d'acqua etc. Tutti gli aspetti della vita umana si trasformano in armi. Persino gli scarichi fognari prodotti dall'insediamento sono armi contro le citta' palestinesi che si trovino al di sotto della colonia. Ogni caratteristica del paesaggio appare doppia, con un segno piu' nell'ecologia ebraica ed un segno meno in quella palestinese.Infine, come tutte le operazioni militari offensive, gli insediamenti scatenano una reazione difensiva, che Israele definisce "terrorismo". Per questo, gli insediamenti hanno bisogno di protezione, di barriere, di un perimetro di sicurezza, di un accampamento militare nei pressi, di un muro e di autostrade by-pass. Tutto cio' richiede spazio fisico: ulteriori confische di territorio, ulteriori campi dichiarati off-limits ai loro stessi proprietari (e che, quindi, dopo tre anni possono essere dichiarati territorio dello stato, secondo un'antica legge ottomana), e ancora piu' checkpoints, coprifuoco, attacchi missilistici, sequestri di persona, assassinii e cosi' via.
Un insediamento
e' un'azione aggressiva di una guerra post-moderna, una guerra genocida che
non puo' essere vista neanche se viene mostrata di fronte alle telecamere.
I teorici militari cinesi Qiao Liang e Wang Xiangsui scrivono nel loro libro
"Guerra senza restrizioni", del 1999, che nella guerra del futuro
non ci saranno i tradizionali campi di battaglia, ne' combattenti, ne' armi.
La guerra del futuro potra' avvenire ovunque, impegnera' chiunque e sara'
combattuta usando oggetti comuni di tutti i giorni. In breve, ci mettono in
guardia sul fatto che non ci sara' piu' distinzione alcuna tra guerra, terrorismo
e vita quotidiana.
In Palestina, questo futuro ha gia' cento anni.