Il punto di vista della sinistra palestinese sulla Road Map.
Presentiamo
una serie di materiali tratti da Arab
Monitor
per illustrare la posizione del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina,
organizzazione storica della sinistra palestinese, contraria alla Road Map.
Un'intervista a Saadat, un comunicato del Fplp, una intervista ad Habbash,
datata ma comunque con utili informazioni sull'organizzazione. Maggio-agosto
2003.
Gerico, maggio 2003. E' detenuto in una prigione palestinese, a Gerico, sorvegliata da guardie americane e britanniche. Il suo predecessore è stato assassinato nell'agosto 2001. Suo fratello ha avuto la stessa sorte un anno fa. La moglie è stata arrestata da agenti israeliani lo scorso gennaio. Parliamo di Ahmad Saadat, segretario generale del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Arabmonitor è riuscito a raggiungerlo.
Come vede il futuro della regione dopo l’invasione anglo-americana dell'Iraq?
"Colin Powell ha detto che l’obiettivo americano è la protezione degli interessi statunitensi nella zona, in parole povere mantenere l'area sotto il controllo politico, economico e militare americano. L’invasione militare dell'Iraq è stata preceduta dalla presentazione di un piano politico: quello che Powell ha chiamato “la costruzione della democrazia in Medio Oriente" e il controllo totale della regione tramite la collaborazione con Israele. Siamo di fronte alla creazione di un sistema internazionale nuovo dopo il crollo dell'Unione Sovietica. L’occupazione dell'Iraq è la prima puntata di una serie e intende convincere i popoli e gli Stati della regione a non opporre alcuna resistenza, perché altrimenti potrebbero fare la stessa fine del regime iracheno. La battaglia, comunque, non è ancora finita. La scelta migliore rimane la resistenza, rifiutando l’occupazione e cercando di rendere la vita delle forze di occupazione la più difficile possibile"
Cosa pensa della "Roadmap" (il tracciato di pace)? Come mai l’Autorità nazionale palestinese attribuisce così grande importanza a questo progetto?
"La Roadmap sembra un compenso al popolo palestinese o, se preferite, la carota che viene data agli arabi della Palestina al posto del bastone usato contro gli iracheni. In realtà, va detto che la Roadmap è soltanto un tentativo di contenere i palestinesi e fermare l’Intifada, completando così quello che ha fatto il bastone israeliano con la copertura internazionale americana. La Roadmap vuole aggirare le risoluzioni delle Nazione Unite, che riconoscono il diritto del nostro popolo ad avere un proprio Stato indipendente. Questo progetto si pone l'obiettivo di ridimensionare le aspirazioni palestinesi, in modo che lo Stato venga disegnato secondo le esigenze e le misure indicate da Israele. Anch'io mi chiedo come mai l’Autorità nazionale palestinese ci tenga così tanto, e non sono in grado di dare una spiegazione logica, perché la Roadmap non porta nulla di nuovo, ma invita a tornare alla strada delle trattative, secondo gli standard degli accordi di Oslo, che alla fine ci ha condotti in un vicolo cieco chiamato Camp David".
Si parla molto del governo di Abou Mazen. La nomina di un primo ministro, può essere la soluzione ai problemi interni palestinesi? Il nuovo esecutivo nella sua forma e nelle condizioni in cui è nato, potrà mai creare le riforme attese a livello nazionale?
"La nomina di Abou Mazen è avvenuta sotto la pressione di Israele e dell'America: di conseguenza sarà un governo limitato. Penso che questo governo non solo non è in grado di realizzare i nostri obiettivi nazionali, o le riforme attese dall’opinione pubblica palestinese, ma sarà uno strumento per privarci dei nostri diritti e ridurre lo spazio democratico. Sarà uno strumento per consentire agli americani e agli israeliani di interferire negli affari interni palestinesi. La democrazia non è compiuta se non viene praticata da un governo liberamente eletto in un Paese libero dall’occupazione straniera. Il nostro popolo deve avere le sue istituzioni libere, le quali sono in grado di riunire le forze e potenziare la sua capacità di resistenza. Si arriva così alla liberazione e poi alla democrazia".
Qualche settimana fa è stata celebrata la giornata del prigioniero palestinese. Che ruolo hanno i detenuti palestinesi, che sono migliaia nelle carceri israeliane, nella società palestinese?
"Per i palestinesi le prigioni sioniste sono state sempre delle postazioni avanzate della resistenza. Hanno formato dei nuovi leader. Per questo motivo, la dirigenza politica palestinese deve ascoltare i prigionieri, considerare la loro liberazione uno dei principali obiettivi, aver cura dei loro familiari e inserirli nella leadership palestinese, perché loro sono vivi e sono presenti proprio nel cuore della battaglia".
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Beirut, 25 agosto 2003. Arabmonitor ha ricevuto la seguente dichiarazione da parte della direzione del Fronte popolare per la liberazione della Palestina.
"Il Fronte popolare ha chiesto all'Autorità nazionale palestinese di fermare la sua politica a sostegno della Roadmap, sponsorizzata dagli Stati Uniti, come mezzo per realizzare i nostri diritti nazionali. Noi sollecitiamo un rafforzamento dell'unità nazionale, optando per il proseguimento della resistenza e dell'Intifada e per la ristrutturazione democratica delle istituzioni nazionali, in modo da consentire la partecipazione a tutte le forze patriottiche e islamiche alla direzione delle istituzioni.
Il governo di Abou Mazen è stato imposto al nostro popolo dalle pressioni di Stati Uniti e Israele, dopo la caduta di Baghdad, come risultato del nuovo equilibrio delle forze creatosi nella regione. Noi del Fronte popolare abbiamo rifiutato di accettare il programma di questo esecutivo, che ci è stato imposto, perché è dettato dai nemici del nostro popolo.
Il popolo palestinese deve rafforzare la propria unità nazionale sulla base del proseguimento della resistenza con tutti i mezzi possibili, compresa la resistenza armata popolare, sino a quando non verranno realizzati i nostri obiettivi nazionali: il ritorno dei rifugiati alle proprie case, la creazione di uno Stato indipendente palestinese con Gerusalemme capitale e lo sgombero dei coloni dalla nostra terra, diritti che sono stati riconosciuti e approvati dalla comunità internazionale e dal diritto internazionale".
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Da Arab Monitor. Damasco, settembre 2002 - Un anno fa gli Stati Uniti venivano travolti dalle macerie delle Torri Gemelle. Due anni or sono iniziava la nuova Intifada palestinese. Arabmonitor ha incontrato il fondatore e leader storico del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina George Habbash, dirigente sicuramente tra i piu’ amati dai palestinesi ma anche tra i piu’ prestigiosi nel firmamento arabo, per chiacchierare di questi temi.
"Saro’ sincero: la maggioranza del nostro popolo e la maggioranza degli arabi erano contenti di quanto era successo negli Stati Uniti, per via della politica americana esercitata da queste parti, che non riscuote nessuna simpatia tra la popolazione. Personalmente, mi dispiace per quello che e’ accaduto.
Che colpa potevano avere le tremila persone morte?
La responsabilita’ era e rimane dell’azione politica americana nella nostra regione. E` stato subito chiaro a noi che gli Stati Uniti avrebbero fatto di tutto per sfruttare l’11 settembre per applicare i loro progetti all’intero pianeta. La nostra regione interessa gli americani in modo particolare a causa del petrolio, e questo petrolio, ora, vogliono porre sotto il proprio controllo al cento per cento".
Che ne pensa delle recenti dichiarazioni di Arafat e del suo partito Fatah che si sono detti contrari agli attacchi contro i civili israeliani?
" Vorrei domandare ad Abou Ammar (Arafat) cosa sono i coloni in Cisgiordania e a Gaza ? Sono dei civili o sono equiparabili ai militari ? I coloni sono autorizzati dalle leggi israeliane a portare le armi. Vorrei che gli europei capissero che le colonie ebraiche sono dappertutto, in Cisgiordania e a Gaza. Dico dappertutto e sono proprio dappertutto".
Dopo l’assassinio del fratello del segretario generale del Fronte Popolare, a fine agosto, lei ha lanciato un appello affinche` la lotta di liberazione palestinese venisse intensificata. Ma a suo parere, questa battaglia va combattuta nei territori occupati dopo il 1967 o anche in quelli del 1948?
"Va combattuta a Gaza e in Cisgiordania, nei territori occupati da Israele nel 1967. Ma non dimentichiamo che i nostri nemici si trovano anche dentro i territori in cui e` creata Israele, e soprattutto non scordiamoci del nostro diritto al ritorno in Palestina, sancito dalle Nazioni Unite. Io sono nato a Lod (oggi area dell’aeroporto internazionale di Tel Aviv), avevamo la casa la’, ed e` stata occupata. Voglio poter tornare, e come me, tanti altri vogliono poter tornare nelle loro case, da dove furono brutalmente cacciati".
Quale sentimento prova quando sente parlare Yasser Arafat?
“Disprezzo, e il novanta per cento dei palestinesi della diaspora prova lo stesso sentimento”.
Il Fronte Popolare e` sicuramente la formazione politica palestinese che ha pagato il prezzo piu’ alto in questa Intifada. Il segretario generale, che aveva preso il suo posto nel 2000, Abou Ali Mustafa, e` stato assassinato da Israele nell’agosto 2001. Il successore, Ahmad Saadat e` nella prigione palestinese di Gerico, sotto sorveglianza anglo-americana. Il vicesegretario del partito Abel Raheem Malouh e` agli arresti israeliani. Chi guida il partito?
“La direzione collettiva”.
Ma lei ha un ruolo di primo piano in questa direzione.
“No. Sono solo un membro del Fronte. Certamente, un membro molto attivo”.