Periodi di ascesa e periodi di riflusso.
La classe lavoratrice attraversa fasi di forte demoralizzazione, ed altre di mobilitazione. Perchè? A quali condizioni si passa da un periodo all'altro? Associazione Cultura Popolare. 1996.


La classe lavoratrice non lotta in maniera costante e continuativa per i propri diritti, ma a ondate, che noi chiamiamo periodi. Queste ondate durano, a seconda di svariate circostanze, un certo numero di anni. In questo foglio vedremo le caratteristiche di questi periodi. Parleremo qui di "classe lavoratrice" intendendo la massa dei lavoratori, anche se é ovvio che in qualsiasi periodo vi é una minoranza, più o meno consistente, che ha comportamenti diversi od opposti a quelli della maggioranza.

Periodi di ascesa e di riflusso

I periodi di ascesa sono una sequenza di anni durante i quali i lavoratori mostrano molta fiducia in se stessi, vogliono cambiare il sistema, lottano con determinazione e radicalità. In questi periodi ci sono molti scioperi e manifestazioni, si rafforzano i partiti di sinistra e i sindacati, che in genere radicalizzano la propria linea politica, nascono giornali di sinistra e quelli esistenti aumentano la tiratura, cresce la voglia di partecipazione e vi é un diffuso ottimismo. Nei periodi di riflusso i lavoratori, pur continuando a lottare, lo fanno con minore continuità, convinzione e forza. Tra i lavoratori prevale il pessimismo, lo sconforto e gli atteggiamenti individualistici (si preferisce pensare alla famiglia e alla carriera invece che alla politica, aumentano gli straordinari). Diminuiscono scioperi, partecipanti alle manifestazioni, iscritti e voti a sindacati e partiti di sinistra. Attualmente in Italia siamo nel pieno di un periodo di riflusso che perdura dal 1980.

 INIZIO PERIODO DI ASCESA  INIZIO PERIODO DI RIFLUSSO  PERIODO
1883 1893 ascesa
 1894 1913 riflusso
1913 1920 ascesa
1921 1943 riflusso
1943 1947  ascesa
1948 1968  riflusso
1969 1980  ascesa
1981  ?  riflusso

 

La depressione di classe

Per capire bene questa dinamica faremo un parallelo con la depressione uno stato psicologico che sarà capitato a tutti di vivere. Ci pare cioé che le caratteristiche della classe lavoratrice nei periodi di riflusso assomiglino a quelle di una persona depressa. Prendiamo come riferimento il testo di Giovanni Jervis "Manuale critico di psichiatria". Ecco cosa dice questo psicologo sulle personalità depressive: "sono persone raramente allegre, che tendono al pessimismo, hanno scarsa fiducia in se stesse e sono poco aggressive [...], hanno scarso entusiasmo e scarsa creatività; rischiano poco e costruiscono lentamente; godono di piccole cose."
Nei periodi di riflusso i lavoratori, come classe, hanno lo stesso tipo di atteggiamento. Ovvio che vi sono singoli lavoratori che possono essere allegri e spensierati, ma quando parli loro di politica o sindacato ecco saltar fuori la depressione "di classe". I lavoratori anziani che hanno vissuto gli anni '70: "Io ho fatto gli scioperi, tutti quelli che il sindacato diceva di fare e guarda cosa ci ho guadagnato!", "No, no per carità, non ne voglio sapere più niente, sì la tessera gliela faccio anche, non si sa mai, dovessi aver bisogno, ma alle riunioni quelli lì non mi vedono mica", "Lasciami in pace vah! Io la mia parte l'ho fatta, che vadano avanti i giovani adesso", "Politica? Sono tutti un branco di farabutti, te lo dico io. Gli ho dato l'anima per vent'anni e adesso guarda lì che cosa fanno! È tutto un magna magna!", "No no lasciami in pace, non ho tempo, ho la famiglia da badare io, sono stato degli anni dietro a quelle cose lì, ne ho fatte di feste dell'Unità! Per quei risultati lì? Ma vah, vah!". I giovani che non hanno mai fatto le lotte: "Politica? È una cosa sporca quella. Me ne frego. Voglio pensare a me, mi devo sposare, oh!", "Sì, si dovrebbe lottare di più, ma che ci vuoi fare, la gente pensa solo alla figa o al calcio! Oh: quanto ha fatto il Milan?", "Il sindacato per me non serve a un cazzo, se uno fa il suo lavoro tranquillo, nessuno gli dà fastidio. Beh certo, se uno poi é lavativo, fanno bene a mazzolarlo!", "No, non voglio sapere di quelle robe lì, sì saranno anche utili, ma occupatene tu, vah! Io non sono capace, non ci capisco niente!".
Ecco cosa dice ancora Jervis sul depresso: "Vi é in lui la impossibilità a trovare il minimo interesse in qualsiasi cosa, quindi a concentrarsi, e quindi a lavorare: del resto qualsiasi compito gli appare troppo difficile, anzi al di sopra delle sue capacità [...], spesso trascorre il tempo immobile, passivo, o muovendosi con lentezza, tormentandosi con espressioni ripetitive di tristezza e di ansia, o nel pianto." Le lamentazioni, non seguite da azioni concrete, sono tipiche della classe lavoratrice nei periodi di riflusso. Discorsi che sentiamo tra lavoratori: "All'ope-raio lo fregano sempre, te lo dico io, é stato sempre così e sarà sempre così, quante illusioni che ti fai tu!".
Sentiamo Jervis: "Il depresso é una persona che non riesce a rappresentarsi il futuro. Privo di fiducia nella vita, totalmente pessimista su ogni possibilità, privo di creatività e di slancio, egli é incapace di progettarsi nel tempo e di fare concreti progetti: così, non può immaginare di guarire, perché la sua vita é un eterno presente, privo di prospettive, di possibilità e di gioia." Alcune frasi di lavoratori: "Il comunismo? Sì bella roba a parole, poi guarda come é andata a finire!", "La musica é quella lì, ma cosa vuoi cambiare! Tocca ballare quel che dicono loro e quando non ce la fai più ti buttano via!", "Le lotte degli anni '70? Sì un bel periodo, ma poi basta lì, finito. Ma no, cosa vuoi che ritorni! Non torna un cazzo, siamo nella merda fin qui, guarda, e ti devi dare un gran da fare a rimanere sopra!".
La classe lavoratrice "rifluita", cioé "depressa", dà a se stessa la colpa della situazione in cui vive. Se chiediamo a figli di operai (più selezionati a scuola dei figli di classe media) perché sono bocciati riceveremo risposte del tipo: "Beh, certo! Non studiavo mai!", "Matematica? Non ci capisco niente. Non sono portato", "No, no la scuola non fa per me", "Perché m'hanno bocciata? Boh, forse perché sono stupida". Gli abitanti di un quartiere popolare: "Qui c'é degrado: droga, vandalismo... La colpa? È nostra: viziamo troppo i figli!", "C'é gente che ci sa fare e altra che no. Ognuno nasce con delle disposizioni. Uno che c'ha i soldi si vede che aveva la mente aguzza!", "Qua é un macello! La gente é ignorante, é maleducata, ecco perché le cose vanno male!". Un operaio: "La colpa é nostra: pensano tutti a fare gli straordinari, e allora ma cosa vuoi lottare, con quelle teste lì!"
Sentiamo di nuovo Jervis: "Il depresso non é solo una persona triste: lo caratterizzano tra l'altro la sfiducia e la mancanza di stima in se stesso, il sentimento di colpa, l'incapacità di esprimere l'aggressività, la chiusura in se stesso, il bisogno di autopunizione[...]. La colpa della propria condizione l'operaio nel periodo di riflusso non la dà ai padroni o alle direzioni sindacali e politiche inadeguate, ma se la prende con la "cattiveria", il "menefreghismo", l'"invidia" di altri lavoratori.

Dall'ascesa al riflusso

Il periodo di riflusso si inaugura dopo una serie di sconfitte. Ma non é sufficiente la sconfitta: questa deve essere accompagnata a livello di massa dal convincimento, o dalla sensazione, che le proprie organizzazioni (politiche o sindacali) sono state terribilmente inadeguate o che addirittura hanno, nel momento decisivo, tradito. Questa sensazione assomiglia allo stato psicologico che a livello individuale nasce con il "lutto" e che spesso é all'origine della depressione.
Continuiamo dunque il parallelo sentendo Jervis: "Lutto non é solo lo stato d'animo che segue la morte di un familiare: é, più in generale, la perdita di un "oggetto" significativo, che ha fatto parte integrante della nostra esistenza [...]. È il dolore per la perdita di una parte di sé (o, se vogliamo, di una parte della propria vita), é la difficoltà a prendere atto di questo cambiamento[...]. Qual-siasi umiliazione significativa, qualsiasi grave delusione nei confronti di un programma di vita, un fallimento personale, una seria autocritica sul proprio operato, sono altrettante cause di lutto. Ma é anche una situazione di lutto il rendersi conto che non si realizzeranno aspettative sulle quali si era contato: o che gli strumenti per costruire la propria vita che ad un certo punto ci si trova in mano, sono molto meno validi ed efficaci di quanto si fosse pensato".
È questa la situazione nella quale é venuta trovarsi la classe lavoratrice nei tre passaggi dall'ascesa al riflusso che ha vissuto in questo secolo. Negli anni '70 tutte le speranze di quel periodo sono state fiaccate da direzioni sindacali preoccupate di cavalcare il movimento per controllarlo meglio e imporre poi una linea moderata (EUR) e da direzioni politiche (PSI e PCI) che inseguivano "compromessi storici" con forze che da sempre combattevano il movimento operaio. Queste delusioni, unite ai grossi attacchi del padronato, hanno inaugurato dal 1980 (data della storica sconfitta alla FIAT, in cui decine di migliaia degli operai più combattivi furono estromessi dalla fabbrica) il periodo di riflusso nel quale ci troviamo.
Una singola sconfitta é perfettamente sopportabile da una classe sociale in ascesa, quel lutto viene "digerito", o in termini psicologici "elaborato", dato che permane una fiducia di fondo nelle proprie forze. Il guaio é quando si sente che il credito che si aveva dato alle proprie direzioni appare mal riposto. Jervis: "Non esiste nessuna sostanziale differenza fra gli avvenimenti che causano il lutto e quelli che causano la depressione. La differenza sta nell'esperienza, nel vissuto del soggetto. La depressione é data dal blocco del meccanismo di elaborazione del lutto, e costituisce in pratica l'incapacità ad uscirne."

Depressione e suicidio

Jervis ci dice che la depressione é l'unico tipo di disagio psicologico che potrebbe portare al suicidio. In effetti l'aggressività dell'individuo depresso non si scarica al di fuori di sé ma contro se stesso. Ciò avviene perché, come abbiamo visto il depresso incolpa se stesso della propria condizione. E l'aggressione contro se stesso può addirittura portare al suicidio. Anche una classe operaia rifluita ha le stesse tendenze. L'aggressività invece di dirigerla verso i veri responsabili la dirige contro se stessa. È nei periodi di riflusso che gli operai picchiano di più mogli e figli, aumentano le loro malattie psicosomatiche, aumentano i delitti che in cronaca nera leggiamo come inspiegabili ("muratore uccide moglie e figli e poi si spara. I vicini: -stranissimo, era una persona così tranquilla!-"), aumenta il consumo di droga nei quartieri popolari e l'alcoolismo tra i lavoratori adulti. Aumentano le tendenze violente di estrema destra tra i lavoratori: le milizie naziste degli USA responsabili di vari atti terroristici sono composte da un gran numero di operai, gli operai costituiscono la gran parte degli elettori del Front National francese e della Lega Nord in Italia. In pratica in questi periodi i lavoratori sfogano la propria aggressività contro altri oppressi (giovani, stranieri, donne, tifosi della squadra avversaria, ecc.).

Dinamica dei periodi

Nei periodi di ascesa i lavoratori sono più forti cioé i rapporti di forza sono favorevoli ai lavoratori. Per questo riescono a strappare numerose conquiste che migliorano le proprie condizioni di vita. Ad esempio nel periodo di ascesa '68-'80 si sono ottenute la scala mobile, lo statuto dei lavoratori, pensioni dignitose, sanità ed istruzione praticamente gratuite, ecc.
Il periodo di ascesa viene inaugurato da un improvviso moto di rivolta che solitamente sorprende i più. Tutta la rabbia accumulata in anni di riflusso scoppia all'improvviso e i primi tempi dei periodi di ascesa, sono sempre caotici e tumultuosi. Regna l'anarchia e la felice confusione di chi sente che le cose stanno improvvisamente cambiando. Le persone si trasformano, quelli che fino al giorno prima si dicevano pessimisti, devono essere tenuti a freno per il loro irrefrenabile entusiasmo, lavoratori che avevano votato a destra l'anno prima si spostano all'estrema sinistra, c'é voglia di fare e partecipare.
I primi tempi dei periodi di ascesa sono travolgenti e assomigliano a uno stato psicologico che gli psicologici chiamano "mania". Sentiamo Jervis: "Nel linguaggio comune, "mania" significa qulacosa come "idea fissa". Nel linguaggio della psichiatria invece, la mania [...] é uno stato psicologico complesso ma unitario di eccitata euforia, di abnorme, quasi illimitata e acritica fiducia in se stessi, di litigiosa, cordiale e irriducibile baldanza, di fuga dispersiva delle iniziative e delle idee, di infaticabile intraprendenza e di acritico buonumore. Il maniacale non sta mai fermo, parla continuamente, non intende ragioni, commette a catena le più terribili sciocchezze, non si concede riposo, dorme poco o nulla. Il maniacale é il rovescio del depresso [...]. Il suo comportamento [...] lo espone anche a una serie di pericoli: questi sono in genere dovuti alle sue imprudenze, ma nei casi più gravi sono anche di natura puramente medica, in rapporto allo "stress" dell'organismo e all'eccessivo lavoro cardiaco per l'irrequietezza e la mancanza di riposo."
Nei primi tempi di un periodo di ascesa si incontra un mucchio di gente che partecipa alla vita politica e sindacale in maniera forsennata. C'é una grande disponibilità a rischiare, spesso inutilmente (contrariamente ai periodi di riflusso in cui regna tra i lavoratori la codardia), a spendere soldi "per la causa" (mentre nei periodi di riflusso impera la più grande tirchieria). Appare comunque anche un sacco di gente che si improvvisa protagonista con una minima preparazione alle spalle e dice una marea di sciocchezze con una sicurezza inaudita. Universitari ed intellettuali che nei periodi di riflusso se ne stanno tranquilli a pensare a libri e carriere, nei periodi di ascesa si precipitano nelle organizzazioni politiche di sinistra e persino nei sindacati divenendone ben presto quadri, leader e dirigenti: gli operai delegano purtroppo molto volentieri, anche nei periodi di ascesa, a chi "sa parlar bene". Così ad esempio negli anni settanta la gran parte delle organizzazioni dell'estrema sinistra che passavano gran parte del tempo a distribuire volantini davanti alle fabbriche, erano dirette da universitari; la nuova leva dei dirigenti del PCI nel secondo dopoguerra (un altro, breve, periodo di ascesa) era formata da intellettuali.
Il problema é dunque che se nel precedente periodo di riflusso non si sono formate avanguardie operaie capaci di ragionare con la propria testa, la massa radicalizzata nei periodi di ascesa si rivolgerà alle stesse organizzazioni sindacali e politiche che avevano causato il precedente periodo di riflusso, e per di più affidandosi alla direzione di personaggi provenienti dalla classe media, e tutto ricomincerà da capo.
La classe dominante non può tollerare che il periodo di ascesa duri a lungo e quindi utilizza letteralmente tutti i mezzi per interromperlo, dal coinvolgimento dei sindacati e dei partiti di sinistra nella gestione governativa di politiche antioperaie alla repressione e ai golpe militari. Presto o tardi la borghesia, nei periodi di ascesa, giunge a delle prove di forza decisive. Se i lavoratori non si sono preparati per tempo vanno incontro a sconfitte che poi si moltiplicano a catena inaugurando il periodo di riflusso. Sino ad oggi nel mondo la borghesia é quasi sempre riuscita ad uscire vittoriosa da queste prove di forza, mai per mancanza di determinazione dei lavoratori, ma sempre per l'incapacità delle rappresentanze politiche e sindacali alle quali i lavoratori avevano dato fiducia. Se il perido di ascesa dura a lungo, il perido di riflusso può inaugurarsi anche senza sconfitte eclatanti. Ciò avviene perché un'intera generazione di militanti non é in grado di "reggere" per decenni un periodo di ascesa. Dopo aver lottato molti anni (e quindi aver investito tempo, denaro, aver corso dei rischi, aver rinunciato a svaghi, carriera, ecc.) la maggior parte delle persone semplicemente si stanca o perde la fiducia o tutte e due.
La generazione sconfitta rientra nei ranghi ed influenza con il suo pessimismo anche i più giovani sui quali invece amano far pesare le responsabilità della "depressione" di classe ("non si interessano di niente", "i giovani? Pensano solo a far carriera").
Durante i periodi di riflusso continuano ad operare solo piccole avanguardie che faticosamente portano avanti battaglie di carattere difensivo. Queste avanguardie sono portatrici delle esperienze e delle acquisizioni (e molto spesso dei limiti) del periodo precedente di ascesa. Ciò fa sì che, anche se loro generalmente non se ne accorgono, seminano nella massa apparentemente inerte valori e convincimenti che "lavorano" nella testa delle giovani generazioni e che al momento opportuno, quando "scoppiano" i periodi di ascesa, queste utilizzeranno in misura tanto maggiore quanto più il lavoro di resistenza sarà stato ampio ed efficace. È nel difficilissimo lavoro politico, sindacale e culturale fatto nei periodi di riflusso che si pongono dunque le condizioni perché il successivo periodo di ascesa non si risolva di nuovo in una sequela di illusioni e cocenti delusioni. Per questo é necessario che le avanguardie nei periodi di riflusso analizzino con cura le ragioni delle precedenti sconfitte (i migliori testi del movimento operaio sono stati scritti in periodi di riflusso, anche perché in quelli di ascesa si é troppo occupati nell'azione), che lavorino alla base in modo tale che siano al momento opportuno elementi della stessa classe lavoratrice, con idee e pratiche nuove, a indirizzare in maniera produttiva la spontaneità dei periodi di ascesa.
I periodi di ascesa si inaugarano quando si incrociano diverse condizioni: il lavoro delle piccole avanguardie nei periodi di riflusso (senza il quale non si ha alcun periodo di ascesa) e l'accrescersi dei bisogni sociali. Nei periodi di riflusso infatti la classe dominante, approfittando della passività dei lavoratori, "tira" sempre più la corda e si rimangia una dopo l'altra le concessioni che aveva dovuto fare ai lavoratori nei periodi di ascesa. La corda a un certo punto però si rompe. E comincia, di solito in maniera "imprevista" e violenta, il periodo di ascesa. Ciò avviene generalmente quando vi é stato un grosso ricambio generazionale tra i lavoratori e nuove leve di giovani (che non hanno sulle spalle il peso delle sconfitte e la demoralizzazione senza ritorno che segna tanta gente che passa dal periodo di ascesa a quello di riflusso) sono entrate a far parte della classe lavoratrice. La generazione della Resistenza ('43-'48) non é quella che ha sostenuto il periodo di ascesa '68-'80. Per questo é importante che nei periodi di riflusso le avanguardie sopravvissute ai perdiodi di ascesa concentrino la loro attenzione sulle giovani generazioni senza farsi impressionare dalle loro dichiarazioni di menefreghismo, razzismo, carrierismo e sfrenato amore per il calcio.