Il Partito Operaio di Unificazione Marxista (P.O.U.M)
- seconda parte
La
sconfitta della rivoluzione spagnola "democrazia o fascismo", le giornate
gloriose di Barcellona, lo scioglimento del partito e l'assassinio del suo segretario
Andres Nin.
Di Maurizio Attanasi. Settembre 2005.
Verso la normalizzazione
La debolezza del governo Giral e il clima internazionale, con il ruolo preponderante
che l’URSS rivestiva, spinsero le forze repubblicane a dar vita ad un
nuovo esecutivo, che includesse anche i comunisti.
A dirigere questo nuovo esecutivo (4 settembre 1936) era stato scelto Largo
Caballero, storico leader sindacale della sinistra del PSOE, che era soprannominato
il “Lenin spagnolo”.
La scelta era stata fatta dai comunisti che contavano sul carisma di Caballero
per cercare una maggiore unità nel proletariato e, quindi, migliorare
lo sforzo bellico.
Altro episodio di rilevanza politica che accade in quel settembre (27) la formazione
di un governo della Generalitat presieduto , ovviamente, dal leader borghese
Companys.
Questi due fatti modificarono il volto della Spagna repubblicana rivoluzionaria
e la incanalarono su un sentiero più borghese e, quindi, più accettabile
dalle nazioni capitaliste e democratico-borghesi d’Europa.
La Spagna sarebbe stata tutta impegnata nel battere il fascismo e difendere
la repubblica nata nel 31, piuttosto che a realizzare la rivoluzione proletaria
come era accaduto in Russia un ventina di anni prima.
Il clima internazionale, intanto, veniva a modificarsi facendo assumere ai sovietici,
di fatto, il compito di unico sostegno della repubblica (l’altro stato
che forniva aiuti materiali era la repubblica messicana).
La farsa del non intervento, con il relativo comitato, era di fatto penalizzante
solo per i repubblicani. Mentre italiani e tedeschi non si facevano scrupolo
di aiutare i ribelli, i francesi e gli inglesi si attenevano rigidamente alle
posizioni di non ingerenza.
Restavano i sovietici con interventi diretti e con le brigate internazionali,
formate da stranieri arruolati in tutto il mondo dal movimento internazionale
comunista. L’aiuto isolato di Mosca aveva fatto crescere enormemente all’interno
della Spagna il mito del comunismo e di Stalin, e il Pce aveva conosciuto una
crescita esponenziale. Ma l’aiuto di Mosca spingeva i repubblicani a seguire
gli indirizzi che arrivavano da Stalin.
Alla fine del 36 dopo la riconciliazione con i socialisti e la relativa nascita
dei fronti popolari (abbandonando, quindi, la precedente definizione di socialfascisti)
Stalin guardava alle democrazie occidentali per la formazione di una alleanza
antitedesca per evitare un accerchiamento pericoloso (e cioè l’alleanza
di tutti i paesi capitalisti contro l’URSS cosi come era avvenuto nell’immediato
post rivoluzione).
Nell’inseguire questo progetto Stalin doveva sembrare rassicurante e tranquillizzante
e, quindi, non poteva spaventare Parigi e Londra con l’appoggio ad una
rivoluzione che voleva eliminare dalla penisola iberica il capitalismo.
Per tenere buoni Francia e Inghilterra, Stalin decise che la battaglia che si
combatteva in Spagna sarebbe stata solo contro il fascismo per la difesa della
repubblica. Erano bandite le parole come rivoluzione e socialismo. “Stalin
(H. Thomas, op cit., pg 387) scrisse a Caballero dicendogli di rispettare la
proprietà privata degli straniere e dei contadini, di non allontanare
dal governo la piccola borghesia e di non trattare con freddezza Azana e i repubblicani.”
Il Pce segui fedelmente la linea di Mosca.
Bisognava rassicurare i democratici europei ed eliminare dalla Spagna le conquiste,
i metodi e gli strumenti della rivoluzione che era scoppiata, imprevista, quando
Franco, Goded e Mola avevano tentato di rovesciare la repubblica.
Primo obbiettivo eliminare le milizie popolari in cui i comunisti non erano
forti e creare un esercito “popolare” in cui sarebbero stati nominati
dei commissari politici, e che di fatto avrebbe ricalcato forme e strutture
di quello borghese.
Le forze favorevoli a questa operazione erano oltre i comunisti, i borghesi
dei partiti repubblicani e i socialisti di Prieto, assolutamente contrari gli
anarchici e il Poum. Progressivamente si passò a inquadrare le milizie
dei partiti e sindacati nell’esercito popolare e alle frontiere iniziarono
a comparire i carabineros (la tradizionale guardia di frontiera alle dipendenze
del ministro delle finanze, il socialista Negrin).
Nella primavera, Caballero tentò di frenare lo slancio rivoluzionario;
nei vari pueblos i comitati rivoluzionari furono sostituiti da consigli municipali
e cercò di portare sotto il controllo state quelle attività che
erano state collettivizzate. I comunisti spingevano per l’interruzione
delle occupazioni e collettivizzazioni delle terre con una posizione di segno
opposto a quella degli anarchici.
Anche a Barcellona, le cose andavano modificandosi soprattutto ad opera del
PSUC e, soprattutto, da quando la formazione comunista della Catalogna era entrata
nel governo della Generalitat (segno evidente la fine dei comitati del pane
sotto il controllo della CNT ad opera del ministro per l’alimentazione
e leader del Psuc, Comorero).
La situazione tesa tra le forze politiche portò alla fine di dicembre
all’abbandono del governo della Generalitat da parte del segretario del
Poum, Andres Nin.
Il maggio del 1937 a Barcellona, la soppressione del Poum e l'assassinio
di Nin
Le tensioni portarono nell’aprile del 1937, in un clima di crescente sfiducia
tra le forze antifasciste ad una occupazione di punti strategici della capitale
catalana. Così la caserma Vorosilov e Paderma diventarono le basi dei
comunisti, nella Marx si portò il Poum e la Cnt “occupò”
la camera di Commercio.
Il primo maggio non ci furono le tradizionali sfilate per celebrare la festa
dei lavoratori poiché sia la UGT che la CNT temevano scontri nelle piazze.
Il tre maggio scoppiò la scintilla che da tempo molti temevano.
La centrale telefonica di Barcellona era nelle mani degli anarchici dai “gloriosi”
giorni dell’inizio della rivoluzione.
La società “era sotto controllo della cnt e della ugt conformante
al decreto sulla collettivizzazione in vigore, e al comitato d’azienda
partecipava un rappresentante del governo della generalitat” (J
Gomez Casas, Storia dell’anarcosindacalismo spagnolo, pg 368)
Il giorno dopo tre camion di guardie di assaltos comandate un consigliere di
ps, Rodriguez Salas, si presentarono (vedi Felix
Marrow, Rivoluzione e controrivoluzione in Spagna) alla centrale
telefonica per ispezionare l’ufficio della censura. Gli impiegati del
secondo piano ritennero che il governo voleva occupare la centrale sottraendola
al controllo degli anarchici e iniziarono a sparare verso gli uffici della censura
posti al primo piano. Rodriguez chiamò in aiuto la guardia civil. Da
quell’episodio iniziarono gli scontri, per tutta la città, che
durarono per quattro giorni.
Gli anarchici chiesero immediatamente le dimissioni di Rodriguez SalaS e del
consigliere Ayuda e chiesero che loro esponenti gestissero il settore della
sicurezza pubblica (vedi Tunon de Lara, op cit). Intanto per le strade si erano
create barricate con gli anarchici e il Poum che ritenevano essere vittime di
un piano premeditato ordito da comunisti, socialisti e borghesi per liquidarli
e con loro chiudere definitivamente ogni tentativo di rivoluzione sociale. Alcuni
battaglioni della 46 divisione (anarchica) e della 29 (Poum) abbandonarono il
fronte per dirigersi verso Barcellona per difendere i propri compagni, ma si
fermarono prima dell’ingresso nella capitale.
Il sei maggio il governo dell’Aragona veniva messo sotto la guida del
generale Poznas da poco diventato comunista.
Il 7 maggio il governo di Valencia inviò le truppe per “normalizzare”
la situazione a Barcellona e mettere fine a quella guerra intestina che avvantaggiava
il franchismo. La presenza di 4000 asaltos fece tornare la situazione tranquilla;
la gente abbandonò le barricate e ritornò al lavoro. Le tre giornate
di Barcellona erano costate in termini umani 400 morti e 2000 feriti.
Tra le vittime illustri di quei giorni non possiamo non ricordare un anarchico
italiano Camillo Berneri che venne ucciso in circostante misteriose. Berneri
aveva espresso, prima dei tragici fatti di Barcellona, una appassionata difesa
del Poum già oggetto di pesanti attacchi da parte degli stalinisti spagnoli
e internazionali.
Sugli avvenimenti di maggio, nell’immediatezza di quei giorni, Nin precisò
che il Poum non aveva premeditato nulla, che si era assistita ad una provocazione
e che nel momento in cui gli operai avevano preso le armi era necessariamente
dovuto intervenire a fianco di quei lavoratori rivoluzionari “indignati
per le provocazioni”. Nin sottolineò che mai il Poum avrebbe dato
il via all’insurrezione perché “non era il momento adatto”.
L’11 maggio il giornale di Valencia del Poum paragonò il governo
repubblicano al governo di Gil Robles (quello del Biennio nero) per le misure
repressive adottate. Il 14 il governo emanò una direttiva in cui si vietava
di portare le armi liberamente, affidando l’uso delle armi alle forze
armate.
La conseguenza pratica dei fatti di Barcellona fu la definitiva uscita di scena
del Poum che venne ritenuto il principale, se non il solo, colpevole di quel
putsch contro la repubblica. Il PCE, il 15 maggio, chiese al presidente Caballero,
per bocca dei ministri Urribe e Hernandez che mettesse fuori legge il partito
di Nin, responsabile degli avvenimenti di Barcellona.
Di fronte al rifiuto opposto da Caballero, appoggiato in questo dagli anarchici,
i comunisti e gli altri membri del governo abbandonarono la riunione. Era il
chiaro segno della fine dell’esperienza del governo Caballero. Ricevute
le dimissioni, Azana riaffidò l’incarico a Caballero che tentava
di formare un governo con le stesse forze politiche. Ma il Pce, facendo presente
allo storico leader della sinistra socialista il peso rilevante assunto dall’Urss
nella difesa vitale della repubblica, gli inviò un programma in 8 punti
la cui conditio sine qua non per la partecipazione al governo era lo scioglimento
del POUM. Caballero rifiutò questa richiesta (gli si chiedeva, anche,
di lasciare il ministero della difesa ad esempio) e di fronte al rifiuto dei
socialisti e della ugt di partecipare ad un governo senza comunisti, fu costretto
a rinunciare all’incarico che venne affidato con successo ad un socialista
dell’area di Prieto, il dottor Negrin.
Caballero venne liquidato non solo per i suoi errori nella condotta della guerra,
ma anche perché si mostrò incapace di essere quel collante che
i comunisti speravano sarebbe stato tra le diverse forze del proletariato ed
essendo ritenuto responsabile degli avvenimenti di Barcellona non avendoli saputi
evitare.
Inutile sottolineare che la posizione di Caballero di non accettare la linea
del Pce e, quindi di Mosca, in relazione alla soppressione del POUM (Caballero
avrebbe affermato che mai avrebbe liquidato una forza politica del proletariato)
gli costò praticamente tutto: governo, partito, sindacato.
Il 16 giugno fu firmato dal ministro degli interni socialista Zugazagoita lo
scioglimento del Poum e l’arresto dei membri del comitato centrale (40
persone).
“Il console generale russo Antonov-Ovseenko ordinò la chiusura
della sede del Poum all’hotel Falkon e la sua trasformazione in una prigione.”
(H Thomas, op cit, pg 477)
Andres Nin venne catturato da solo e rinchiuso in una prigione, isolato dai
suoi compagni.
L’istruttoria per il processo ai dirigenti del Poum durò circa
un anno; nell’ottobre del 1938 arrivò alla conclusione e contrariamente
a quanto avveniva per i processi di Mosca, nessuno degli arrestati aveva fatto
clamorose ammissioni di colpe; ci furono le testimonianze a favore degli imputati
da parte di esponenti politici di primo piano come ad esempio Caballero e Zugazagoitia.
La corte li riconobbe innocenti di tradimento e spionaggio ma li condannò
a varie pene per aver partecipato agli avvenimenti di Barcellona del maggio
del 37 e per aver svolto “attività pregiudizievole” allo
sforzo bellico.
L’accusa di spionaggio e tradimento era stata fatta sulla base di una
presunta lettera tra Franco e lo stesso Nin e sulla presunta presenza nel Poum
di elementi franchisti che avevano come missione affossare la repubblica (era
stata trovata in casa di un agente franchista una cassa piena di documenti con
il timbro dei servizi militari del Poum).
Nei giorni immediatamente successivi alla decisione di mettere fuori legge il
Poum, una preoccupazione pervase gli ambienti repubblicani non strettamente
collegati con i comunisti. Che fine aveva fatto Nin? Qualcuno (i comunisti)
ipotizzarono che fosse nei territori sotto il controllo di Franco o addirittura
in una capitale europea amica degli insorti (Berlino o Roma). Di fronte alle
pressioni che si erano avute anche in ambienti governativi gli stalinisti spagnoli
sostenevano di non sapere nulla della sorte del leader del Poum.
In realtà Nin era in una prigione gestita dalla polizia segreta sovietica;
per “liberarsi” dell’ingombrante ostaggio si inscenò
un finto assalto da parte di nazisti (in realtà tedeschi delle brigate
internazionali) che lo portarono via assassinandolo in un furgone.
La cnt, pur affermando che non aveva nulla in comune con Nin, protestò”
più volte e duramente contro i procedimenti polizieschi e giudiziari
impiegati contro il Poum”. (Juan
Gomez Casas, Storia dell’anarcosindacalismo spagnola, pg 379)
La cnt continuava a chiedere prove delle accuse che venivano mosse al Poum e
al suo segretario affermando che non accettavano situazioni “che scimmiottavano
in modo troppo sospetto procedimenti importati da altri paesi (J Gomez Casas,
op cit pg 380, il riferimento è ai processi stalinisti di Mosca).
Fine seconda parte.