La morale
dei cacciabombardieri
LETTERA
DA RAMALLAH di Mustafa Barghouthi , parlamentare palestinese, leader del partito
di sinistra Mubadara (L'Iniziativa). (Traduzione di Francesca Borri). Reds
- Gennaio 2009
E
leggerò domani, sui vostri giornali, che a Gaza è finita la
tregua.
Non era un assedio dunque, ma una forma di pace, quel campo di concentramento
falciato dalla fame e dalla sete.
E da cosa dipende la differenza tra la pace e la guerra? Dalla ragioneria
dei morti? E i bambini consumati dalla malnutrizione, a quale conto si addebitano?
Muore di guerra o di pace, chi muore perché manca l'elettricità
in sala operatoria? Si chiama pace quando mancano i missili - ma come si chiama,
quando manca tutto il resto?
E
leggerò sui vostri giornali, domani, che tutto questo è solo
un attacco preventivo, solo legittimo, inviolabile diritto di autodifesa.
La quarta potenza militare al mondo, i suoi muscoli nucleari contro razzi
di latta, e cartapesta e disperazione.
E mi sarà precisato naturalmente, che no, questo non è un attacco
contro i civili - e d'altra parte, ma come potrebbe mai esserlo, se tre uomini
che chiacchierano di Palestina, qui all'angolo della strada, sono per le leggi
israeliane un nucleo di resistenza, e dunque un gruppo illegale, una forza
combattente? - se nei documenti ufficiali siamo marchiati come entità
nemica, e senza più il minimo argine etico, il cancro di Israele?
Se l'obiettivo è sradicare Hamas - tutto questo rafforza Hamas. Arrivate
a bordo dei caccia a esportare la retorica della democrazia, a bordo dei caccia
tornate poi a strangolare l'esercizio della democrazia - ma quale altra opzione
rimane? Non lasciate che vi esploda addosso improvvisa.
Non è il fondamentalismo, a essere bombardato in questo momento, ma tutto quello che qui si oppone al fondamentalismo. Tutto quello che a questa ferocia indistinta non restituisce gratuito un odio uguale e contrario, ma una parola scalza di dialogo, la lucidità di ragionare il coraggio di disertare - non è un attacco contro il terrorismo, questo, ma contro l'altra Palestina, terza e diversa, mentre schiva missili stretta tra la complicità di Fatah e la miopia di Hamas.
Stava
per assassinarmi per autodifesa, ho dovuto assassinarlo per autodifesa - la
racconteranno così, un giorno i sopravvissuti.
E leggerò sui vostri giornali, domani, che è impossibile qualsiasi
processo di pace, gli israeliani, purtroppo, non hanno qualcuno con cui parlare.
E effettivamente - e ma come potrebbero mai averlo, trincerati dietro otto
metri di cemento di Muro? E soprattutto - perché mai dovrebbero averlo,
se la Road Map è solo l'ennesima arma di distrazione di massa per l'opinione
pubblica internazionale? Quattro pagine in cui a noi per esempio, si chiede
di fermare gli attacchi terroristici, e in cambio, si dice, Israele non intraprenderà
alcuna azione che possa minare la fiducia tra le parti, come - testuale -
gli attacchi contro i civili.
Assassinare
civili non mina la fiducia, mina il diritto, è un crimine di guerra
non una questione di cortesia. E se Annapolis è un processo di pace,
mentre l'unica mappa che procede sono qui intanto le terre confiscate, gli
ulivi spianati le case demolite, gli insediamenti allargati - perché
allora non è processo di pace la proposta saudita? La fine dell'occupazione,
in cambio del riconoscimento da parte di tutti gli stati arabi. Possiamo avere
se non altro un segno di reazione? Qualcuno, lì, per caso ascolta,
dall'altro lato del Muro?
Ma sto qui a raccontarvi vento. Perché leggerò solo un rigo
domani, sui vostri giornali e solo domani, poi leggerò solo, ancora,
l'indifferenza. Ed è solo questo che sento, mentre gli F16 sorvolano
la mia solitudine, verso centinaia di danni collaterali che io conosco nome
a nome, vita a vita - solo una vertigine di infinito abbandono e smarrimento.
Europei,americani e anche gli arabi - perché dove è finita la
sovranità egiziana, al varco di Rafah, la morale egiziana, al sigillo
di Rafah? - siamo semplicemente soli.
Sfilate
qui, delegazione dopo delegazione - e parlando, avrebbe detto Garcia Lorca,
le parole restano nell'aria, come sugheri sull'acqua. Offrite aiuti umanitari,
ma non siamo mendicanti, vogliamo dignità libertà, frontiere
aperte, non chiediamo favori, rivendichiamo diritti. E invece arrivate, indignati
e partecipi, domandate cosa potete fare per noi. Una scuola?, una clinica
forse? delle borse di studio? E tentiamo ogni volta di convincervi - no, non
la generosa solidarietà, insegnava Bobbio, solo la severa giustizia
- sanzioni, sanzioni contro Israele. Ma rispondete - e neutrali ogni volta,
e dunque partecipi dello squilibrio, partigiani dei vincitori - no, sarebbe
antisemita. Ma chi è più antisemita, chi ha viziato Israele
passo a passo per sessant'anni, fino a sfigurarlo nel paese più pericoloso
al mondo per gli ebrei, o chi lo avverte che un Muro marca un ghetto da entrambi
i lati?
Rileggere Hannah Arendt è forse antisemita, oggi che siamo noi palestinesi
la sua schiuma della terra, è antisemita tornare a illuminare le sue
pagine sul potere e la violenza, sull'ultima razza soggetta al colonialismo
britannico, che sarebbero stati infine gli inglesi stessi? No, non è
antisemitismo, ma l'esatto opposto, sostenere i tanti israeliani che tentano
di scampare a una nakbah chiamata sionismo. Perché non è un
attacco contro il terrorismo, questo, ma contro l'altro Israele, terzo e diverso,
mentre schiva il pensiero unico stretto tra la complicità della sinistra
e la miopia della destra.
So quello che leggerò, domani, sui vostri giornali. Ma nessuna autodifesa,
nessuna esigenza di sicurezza. Tutto questo si chiama solo apartheid - e genocidio.
Perché non importa che le politiche israeliane, tecnicamente, calzino
oppure no al millimetro le definizioni delicatamente cesellate dal diritto
internazionale, il suo aristocratico formalismo, la sua pretesa oggettività
non sono che l'ennesimo collateralismo, qui, che asseconda e moltiplica la
forza dei vincitori.
La
benzina di questi aerei è la vostra neutralità, è il
vostro silenzio, il suono di queste esplosioni. Qualcuno si sentì berlinese,
davanti a un altro Muro. Quanti altri morti, per sentirvi cittadini di Gaza?