Così si uccide il Risorgimento arabo
Prima o poi tutti gli stati imperialisti ci cascano. L'idea dell'interventismo democratico ha sempre avuto il suo fascino, se poi è condito con un po' di petrolio, è ancora meglio (di Alfio Nicotra, da Liberazione del 22 marzo). Reds – Marzo 2011.





L'interventismo democratico è un tarlo che scava nei cervelli e nelle coscienze delle persone. Lo ritrovi ad ogni occasione in cui bisogna rendere nobile la guerra e gettare fumo negli occhi dell'opinione pubblica. Sono armi di distrazione di massa con un unico obiettivo: oscurare le vere ragioni (gli interessi economici) per cui si muovano le truppe e si alzano in cielo i bombardieri. Così l'Italia è in guerra con la benedizione di chi dovrebbe custodire la Costituzione.

C'è l'Onu si dice, ma chi lo dice sa benissimo che le Nazioni Unite non possono proclamare la guerra, perché si straccerebbe la ragione sociale per cui sono state fondate. L'armamentario ideologico della guerra umanitaria è sempre lo stesso, ma tutte le volte prende vigore nelle penne dei giornalisti embedded (Concita docet) e nei discorsi dei politici che improvvisamente si accorgono che inermi sono massacrati da uno spietato dittatore. Se srotoliamo questo armamentario propagandistico dalla Restore Hope in poi, scopriamo le stesse frasi e gli stessi ingredienti ovunque la "civile" comunità occidentale ha scelto di recuperare la barbarie della guerra come strumento normale e accettabile della politica. C'è sempre un Siad Barre, un Saddam Hussein, un mullah Omar, un Milosevic da paragonare ad un Hitler moderno. Ci sono sempre popolazioni civili da salvare e democrazie da esportare. Poco importa se quelle popolazioni sono state per anni massacrate da armi ed eserciti addestrati dalle "coalizioni dei volenterosi" che intorno agli Usa e alla Nato via via, di volta in volta, si formano per l'abbisogna.

Si arriva all'assurdo, in questa nuova guerra di Libia, che tra la coalizione che vuole tutelare i civili ci sono anche alcuni paesi arabi che in casa loro sparano sulla folla che manifesta. Questa è l'ennesima guerra per il petrolio e il gas libico ma non solo. Si vuole riprendere l'egemonia e il controllo del mondo arabo messo in discussione dalle rivolte popolari. Le rivolte nel Maghreb sono in primo luogo rivolte sociali contro l'insostenibilità di uno scambio diseguale con il Nord ricco, bianco e cristiano del pianeta che da quelle parti era rappresentato per di più da regimi autoritari e corrotti.

Queste rivolte hanno sicuramente investito anche la Libia, ma la diversità di reddito e l'esiguità della popolazione autoctona (6 milioni a fronte di 1,5 milioni di immigrati) oltre al fatto di possedere uno dei più grandi giacimenti di petrolio del pianeta, rendono concreta e tutt'altro che fantasiosa l'esistenza di una regia esterna. Per questo non cadiamo nella trappola di chi dice: o stai con Gheddafi o stai con i bombardieri occidentali.

Noi stiamo dalla parte dell'umanità contro ogni dittatura ma anche contro questa vergognosa macchina da guerra.
Il nostro dissenso dal Presidente Napolitano è totale. Infatti, è la scelta di intervenire militarmente ad uccidere nella culla il Risorgimento arabo. Ogni Cruise lanciato su Tripoli è nuovo odio che i fondamentalisti religiosi mettono in cascina in tutto il mondo arabo. Perché nemici di multinazionali e fondamentalisti sono i popoli e la loro volontà di autodeterminarsi costruendo esperienze democratiche non più prigioniere del pensiero unico del mercato. Già lo si vede con le contestazioni in Egitto a Ban Ki Moon. Cosa può pensare un qualsiasi cittadino di un qualsiasi Paese arabo dello strabismo occidentale e della politica dei due pesi e due misure? Perché le risoluzioni dell'Onu valgono per la Libia e sono carta straccia per Israele che ogni settimana bombarda la popolazione inerme di Gaza? Perché nessuno frena i soldati sauditi che hanno invaso il Bahrein e che reprimono con la forza le manifestazioni popolari?

L'interventismo democratico è un tarlo che uccide la diversità della sinistra, assorbendola dentro una nuova ideologia neocoloniale. Il parlamento ridotto ad una caserma, con Di Pietro e il Pd che scavalcano a destra il governo per sostenere la bontà dei bombardamenti, segnala l'inconsistenza dell'attuale opposizione istituzionale. Il sì alla guerra della Cgil è un ulteriore segnale di imbarazzante omologazione al pensiero dominante. Occorre invertire questa tendenza suicida. Mobilitandosi subito contro la guerra senza se e senza ma, unendo tutte le forze che si oppongono all'intervento. Prima che le bombe uccidano insieme alle persone anche le idee e le speranze di un Mediterraneo diverso e migliore.