L'agonia dell'Afghanistan.
Dopo un anno è stato istallato a Kabul un regime sostenuto dagli Stati Uniti. L’Afghanistan non ha compiuto che piccoli passi in direzione di sviluppo economico, legge e ordine, mentre poco degli aiuti promessi è arrivato e i signori della guerra controllano gran parte del territorio. Di John Cherian da Frontline. Traduzione di Antonello Zecca. Aprile 2003.


 

E’ passato più di un anno dalla caduta del regime afgano dei Talebani ad opera delle forze guidate dagli Stati Uniti. Nonostante un anno di pace relativa sotto il governo di Hamid Karzai, la giurisdizione del governo difficilmente arriva oltre Kabul, la capitale. Una potente forza di peace-keeping, che era stata assegnata a guardia di Kabul, adesso pensa di uscire dalla capitale e aiutare un accerchiato Karzai ad estendere il proprio controllo sul resto del paese.

Le due persone che figurano in testa alla lista dei più ricercati d’America -Osama Bin Laden e il leader talebano Mullah Omar- sono latitanti. Infatti il Mullah Omar e il leader dei mujahiddeen Hizbul Gulbudin Hekmatyar hanno annunciato nella prima settimana di Gennaio la costituzione di un fronte militare congiunto contro il governo di Kabul e le forze statunitensi operanti nell’area. Hekmatyar, espulso dall’Iran per aver invocato la caduta del regime di Karzai, è nuovamente in Afghanistan e sta provando a riemergere in una posizione di forza. Egli fu il leader mujahideen più promettente durante la guerra finanziata dalla CIA contro il regime sostenuto dall’Unione Sovietica negli anni’70 e ’80. Sia il Mullah Omar e Hekmatyar sono Pashtun, un’etnia che ha detenuto a lungo il potere nel paese e che ora si sente messa da parte; molti dei ministeri più importanti sono infatti nelle mani dell’etnia Tajika, una componente chiave della coalizione attuale.

Il tentato omicidio di Karzai durante una visita alla roccaforte Pashtun di Kandahar è una manifestazione della rabbia che provano. Karzai, un Pashtun della stessa tribù di Zahir Shah (il re in esilio) è adesso guardato a vista da mercenari americani e raramente si avventura fuori la capitale.

Il resto del paese è controllato dai signori della guerra: la provincia di Herat, al confine con l’Iran all’ovest, è controllata da Ishmail Khan, uno dei politici più influenti nel paese; il vecchio signore della guerra Hazara è uno stretto alleato di Teheran. Sebbene il suo controllo sull’area non sia apprezzato molto dagli USA, c’è ben poco da fare per indebolire il suo potere in questa fase.

A Nord, il generale Rashid Dostum domina su Mazar-i-Sharif e sulle aree circostanti: il leader uzbeko è supportato dal vicino Uzbekistan. L’Alleanza del Nord, che ebbe un ruolo fondamentale nell’accellerare la caduta del regime Talebano, era stata finanziata nei tardi anni’90 congiuntamente da Russia, India e Iran, quindi non suscita sorpresa che questi paesi godano ancora di una considerevole influenza a Kabul, nonostante la presenza militare occidentale in Afghanistan; la diplomazia di alto profilo dell’India ha profondamente irritato Islamabad.

Tra l’altro, l’India ha consegnato a Kabul due Boeing 737, allenato gli ufficiali della polizia afgana, aperto consolati a Herat, Mazar-i-Sharif e Jalalabad. Il presidente Karzai ha assicurato Islamabad che la presenza crescente dell’India in Afghanistan non è mirata ad indebolire i confini occidentali del Pakistan, ma ha esclusivamente scopi commerciali e diplomatici. Mentre i paesi vicini lottano aspramente per guadagnare influenza a Kabul, non ci sono variazioni significative nella dura quotidianità degli afgani: violenza, illegalità, stupri e omicidi sono ripresi, al punto che qualche afgano ha cominciato a guardare al regno dei Talebani con nostalgia. Nonostante una mentalità primitiva, almeno consentivano alla gente di muoversi tranquillamente nei territori sotto il loro controllo.

Nella prima settimana del dicembre 2002, le milizie private di due signori della guerra si sono scontrate nei pressi della base di Shindand nell’Afghanistan dell'ovest, costringendo le forze aeree statunitensi a disperdere le milizie di uno dei due.

Il presidente Hamid Karzai

Ci sono piani per costituire un esercito afgano di 70000 unità, che sarà addestrato dagli Stati Uniti e dalla Francia e che dovrà disarmare i signori della guerra e riunificare il paese; fino ad ora sono stati addestrati 3000 soldati. Comunque l’influente ministro della difesa e leader dell’Alleanza del nord, Mohammed Fahim, ha annunciato di voler costituire un esercito di 200000 uomini e la Russia ha promesso 100 milioni di dollari per forniture militari rivolte a tale scopo. Anche l’Iran e l’India sono decise a entrare nelle trattative, stringendo così una stretta cooperazione con la Russia stessa nella regione. Washington ha ripetutamente espresso il proprio disappunto a Mosca per il continuo sostegno dei russi alla vecchia Alleanza del Nord.

L’Afghanistan è martoriato da circa sette milioni di mine attive e le munizioni americane inesplose hanno aggiunto danno al danno. Ogni giorno sempre più persone, in maggioranza bambini, sono mutilate o uccise; soldati americani dal grilletto facile hanno sganciato bombe da migliaia di tonnellate su contadini innocenti, almeno due volte nello scorso anno. La potente forza statunitense di 9000 uomini con base a Kandahar e Bagram, cui era stato assegnato il compito di spazzare via la residuale resistenza dell’esercito talebano e di catturare Bin Laden e il Mullah Omar, non si è ancora abituata al clima inospitale e all’arido terreno di questo paese. Ciò ha costituito un grosso problema per la loro campagna anti-insurrezionale e l’obiettivo della "costruzione della nazione" è stato abbandonato. Molti soldati hanno cominciato a chiedersi fin dove arrivi la capacità dell’amministrazione Bush di rimanere ancora a lungo nel paese. Molti ufficiali statunitensi hanno dichiarato che gli attacchi subiti dai resti delle armate Talebane e di Al Qaeda sono avvenuti nelle aree confinanti con il Pakistan. In privato, accusano il Pakistan di dare asilo e di supportare elementi anti-Karzai.

"L’Accordo per il Progetto provvisorio sulla ricostituzione di Istituzioni Governative Permanenti in Afghanistan" come è stato chiamato l’Accordo di Bonn del dicembre 2001, non ha mantenuto tutto quello che aveva promesso. Nello specifico, una commissione per la stesura della Costituzione ha iniziato i lavori a Kabul per sostituire la costituzione del 1964 (ripristinata brevemente dopo la caduta del governo dei Talebani) che aveva garantito l’uguaglianza di diritti tra l’uomo e la donna, e la separazione tra il potere esecutivo, legislativo e giudiziario.

La bozza della nuova Costituzione verrà presentata per l’aprile di quest’anno alla Loya Jirga (il Gran Consiglio); intanto un signore della guerra come Abdul Rasul Sayyaf, favorito dei sauditi negli anni’70, ha richiesto espressamente di riconoscere l’Afghanistan come "Repubblica Islamica" e la sharia come legge superiore.

Si dice anche che ci siano giocatori interessati come Arabia Saudita, Iran, Pakistan, India e Russia che agiscono ancora dietro le quinte in Afghanistan sostenendo fazioni differenti. I vicini dell’Afghanistan hanno dichiarato nel dicembre 2002, in occasione della firma del trattato di Kabul, che non si sarebbero mai intromessi negli affari interni del paese. Firmatari della dichiarazione: Pakistan, Iran, Uzbekistan, Turkmenistan e Cina. Russia, India e Arabia Saudita, osservatori.

I massicci aiuti umanitari promessi alla popolazione afgana dopo il rovesciamento del regime dei Talebani non si sono materializzati. La comunità internazionale aveva promesso 2.4 miliardi di dollari, durante la Conferenza sull’assistenza alla ricostruzione dell’Afghanistan a Tokyo nel gennaio 2002, e ciò aveva influenzato il lavoro di normalizzazione, con la conseguenza che la maggior parte dei 650000 rifugiati afgani rientrati a Kabul con la speranza di rivivere una vita normale si sono trovati in grossi guai. La Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (UNHRC) dice che in tutto sono rientrati in Afghanistan circa due milioni di persone. Secondo le relazioni di questa istituzione a Kabul non è stata costruita o riparata nemmeno una casa. Le persone rientrate vivono in tende con temperature polari. La buona notizia, secondo gli ufficiali delle Nazioni Unite, è che circa tre milioni di bambini, comprese un milione di bambine, hanno ricominciato ad andare a scuola, ma il "burqua" è diventato di nuovo obbligatorio in molte aree fuori la capitale; scontri etnici nell’Afghanistan del nord tra milizie Uzbeke, Tajike e Hazare hanno in molte occasioni portato a stupri di massa; nell’Afghanistan centrale le scuole per ragazze hanno subìto di nuovo attacchi.

L’economia afgana mostra leggeri segni di ripresa, sebbene sia stata introdotta una nuova moneta, l’afghani.

Alcuni lavori di ricostruzione sono comunque in atto: il tunnel di Salang, che collega il nord al sud del paese, è in corso di riparazione; il Pakistan e il Turkmenistan hanno sottoscritto un accordo di 3.2 miliardi di dollari per la costruzione di un gasdotto attraverso l’Afghanistan. Una compagnia statunitense, la Unocal, aveva annunciato alla metà degli anni ’90 la stipula di un accordo con il Turkmenistan ed il Pakistan per un oleodotto che avrebbe dovuto attraversare l’India e il Bangladesh, via Pakistan. Se il progetto dell’oleodotto dovesse materializzarsi nei prossimi due anni, ciò darebbe la spinta che le economie del Pakistan e dell’Afghanistan abbisognano.

Fino al 1978 l’Afghanistan era realmente autosufficiente nella produzione alimentare. Oggi, nonostante gli aiuti internazionali, una parte della popolazione necessita di aiuti alimentari, mentre una parte significativa della produzione agricola è passata alla coltivazione dell’oppio. La produzione di oppio, che è lucrativa, ha fornito non solo occupazione, ma anche sicurezza alimentare.

La coltivazione dell’oppio è il solo modo per un contadino di garantire a sé stesso e alla sua famiglia un credito rurale tale da permettergli di acquistare cibo e scorte per il lungo inverno gelato.