Storia dell'Iraq.
Breve sintesi che ripercorre le vicende storiche dell'Iraq dalla Prima Guerra Mondiale alla guerra Iran-Iraq. Da dove risulta chiara la costante intromissione delle grandi potenze (soprattutto USA e Regno Unito) sui destini di questo Paese. REDS. Ottobre 2002.


Dall'antichità sino alla Prima Guerra Mondiale

L'Iraq si estende in gran parte sulla Mesopotamia (dal greco "tra i fiumi"), un territorio pianeggiante sul quale scorrono prima di congiungersi i fiumi Tigri ed Eufrate. E' una terra che ha ospitato le più antiche civiltà: sumeri, assiri, babilonesi. Data la sua posizione strategica e il fatto di non essere delimitata, se non in qualche misura a Nord, da confini naturali, è stata successivamente, innumerevoli volte, terra di conquista : persiani, macedoni... quindi arena di scontro tra romani e parti.

L'espansione arabo-islamica nel VII secolo (un cui lascito è anche la lingua araba parlata da gran parte della popolazione della pianura, ma non dai curdi che abitano le montagne, vedi Mappa dell'insediamento sciita in Iraq e dell'insediamento curdo in Iraq, Iran, Turchia, Siria-1992) portava all'occupazione di un enorme territorio, tra cui la Mesopotamia. Anche la Persia, che confinava ad est con la Mesopotamia, venne islamizzata ma espresse le proprie aspirazioni nazionali attraverso la dissidenza religiosa sciita che divise il mondo musulmano in due blocchi (l'altro, molto più vasto, sarà chiamato sunnita, vedi Mappa della presenza sciita in Medio Oriente e Iran-1986). La Mesopotamia si trovò tra questi due blocchi e divenne dunque di nuovo area di scontro tra le due frazioni islamiche, il cui lascito è ancora oggi una popolazione araba divisa tra sciiti e sunniti (Mappa etnico-religiosa dell'Iraq-1992), mentre i curdi sono quasi tutti sunniti.

Con la conquista araba la Mesopotamia divenne centro di un enorme impero. Nel 750 la dinastia Abbaside sostituì quella degli Omayadi e il nuovo califfo al-Mansur fondò la città di Baghdad sulle rive del Tigri (spostando la capitale da Damasco). Baghdad crebbe sino a divenire la più grande città del suo tempo. Dopo aver raggiunto il suo apice l'impero arabo-islamico nel corso dei secoli successivi non cessò mai di indebolirsi con sempre nuovi territori che si autonomizzavano dal potere centrale, ed esponendosi così alle mire di altri popoli. Tra questi i mongoli che invasero la Mesopotamia distruggendone le infrastrutture agricole e conquistandone nel 1258 Baghdad, e radendola al suolo. Da questo colpo la regione non si riprese e Baghdad nel 1392 venne nuovamente saccheggiata dalle truppe di Tamerlano. Dopo la caduta del suo impero l'attuale Iraq venne inglobato per un breve periodo nella Persia (1509) e quindi conquistato dagli ottomani del cui impero entrò a far parte nel 1535.

L'Impero Ottomano esercitava il suo potere attraverso dignitari locali (pascià) dotati di una certa autonomia sui propri territori. L'attuale Iraq era distribuito su tre province: Baghdad, Bassora e Mosul (vedi L'Impero Ottomano nel 1915 nel Medio Oriente, e i confini degli stati dopo il Trattato di Losanna-1923). Nella parte araba della Mesopotamia ottomana gli sciiti erano maggioranza e stentavano a riconoscere la legittimità del potere di Costantinopoli, che sosteneva il sunnismo in chiave antipersiana.

La caduta dell'Impero Ottomano

Durante la Prima Guerra Mondiale l'Impero Ottomano si schierò con gli Imperi Centrali e dunque contro la Gran Bretagna. Questa già da anni premeva sulla regione e colse subito l'occasione che le si offriva: sostenne la rivolta araba antiottomana promossa dal giugno 1916 da Husain ibn Ali, sceriffo della Mecca. Questi aveva intrapreso negoziati segreti con gli inglesi che gli avevano promesso l'istituzione di un ampio dominio arabo, indipendente (vedi Mappa dell'intesa Husain-McMahon-1915) Un esercito arabo costituito da decine di migliaia di uomini comandati da uno dei figli di Husain, Faysal, con denaro e assistenza inglese, avanzò verso nord conquistando Damasco nell'ottobre del 1918. Nel territorio oggi occupato dall'Iraq però le cose andarono diversamente. La popolazione sostenuta dagli ulema sciiti si alleò contro gli inglesi in una jihad in difesa dello "stato musulmano" che dette qualche filo da torcere agli inglesi. Dal 1914 al 1917 l'attuale Iraq venne comunque progressivamente occupato dalle truppe angloindiane (nel 1915 cadde Bassora e nel 1917 Baghdad). Gli inglesi si insediarono dunque in un clima estremamente ostile, anche perché i settori arabo-nazionalisti che ambivano all'emancipazione dal dominio ottomano, senza per questo cadere in quello inglese, trovarono ancor più forti motivi di frustrazione. I bolscevichi all'indomani della rivoluzione d'Ottobre avevano reso pubblici tutti i trattati segreti e tra questi anche quello Sykes-Picot del maggio 1916 che non prevedeva alcuna indipendenza per le terre arabe, ma la loro spartizione tra Francia e Gran Bretagna (vedi Mappa dell'intesa Husain-McMahon-1915). A ciò si aggiunse la dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917 che schierava la Gran Bretagna a fianco del sionismo.

Una delle conseguenze dirette dell'accordo franco-inglese fu che i francesi entrarono in Damasco nel 1920 cacciando senza tanti complimenti Faysal, che, fidando negli inglesi, si era già proclamato "re degli arabi" e aveva governato la "Grande Siria" per due anni, dopo la sconfitta degli ottomani. L'attribuzione alla Gran Bretagna da parte della Società delle Nazioni del "mandato" (una sorta di "affidamento" politico) sull'Iraq nell'aprile 1920, catalizzò il malcontento che culminò in una sommossa generale chiamata in Iraq "rivoluzione del 1920" e che vide coinvolti tutti gli strati della popolazione irachena. Gli scontri durarono mesi e gli inglesi riuscirono a ristabilire il controllo solo in novembre.

Il dominio inglese

Sir Percy Cox, il rappresentante inglese a Baghdad, proclamò il primo governo iracheno il 23 ottobre 1920. Una volta repressa la ribellione però gli inglesi si resero conto che non potevano governare direttamente e puntarono a creare un apparato statale che sostanzialmente dipendesse da loro, ma dietro le quinte. Un esercito nazionale che affiancava le truppe inglesi fu creato nel 1921 e nel marzo venne imposta la monarchia costituzionale di re Faysal I, lo stesso cacciato in malo modo dai francesi e che così gli inglesi trovavano il modo di "compensare". Il 10 ottobre 1922 un trattato anglo-iracheno regolava la tutela inglese sul nuovo stato. Fu il primo di una serie che rispondeva sempre al fine di gestire una dipendenza neppure tanto mascherata. Il 3 ottobre 1932 il Paese otteneva un'indipendenza che era decisamente formale, visto che in ogni aspetto strategico la Gran Bretagna esercitava il proprio controllo. Gli inglesi piazzarono un loro uomo di fiducia (Nuri Sad) a capo dell'esercito. E per tutelare i propri interessi ricorsero a questo personaggio per vari decenni.

In Iraq vigeva formalmente una certa libertà politica, ma la vera autorità era l'ambasciatore britannico: i partiti, che non avevano alcun radicamento di massa, venivano sciolti se minacciavano anche vagamente l'ordine costituito. Gli inglesi riuscirono a marginalizzare i religiosi sciiti, e lo stato, soprattutto l'esercito, venne affidato a elite arabe sunnite (in continuità con quanto già accadeva sotto gli ottomani). L'esercito iracheno trovò presto materia per "allenarsi": nel 1933 attuò un massacro della minoranza assira, e nel 35-36 represse una rivolta lungo l'Eufrate.

Dal 1925 si aggiunse alla già complessa realtà irachena anche la questione curda: la Società delle Nazioni decretò, nonostante appelli e manifestazioni contrarie dei curdi, che il vilayet (termine che indicava le province ottomane) di Mosul fosse unito all'Iraq, che si definiva stato arabo.

La base sociale sulla quale nasceva lo stato iracheno dunque era assai debole. Dipendente dalpotere inglese, strutturalmente diviso da due pesa"questioni nazionali": quella curda e quella sciita. Per questo ben presto l'attore principale della scena politica divenne l'esercito, la struttura più solida e con più risorse. Dal 1936 cominciarono una serie di colpi di stato ad opera di diversi gruppi di ufficiali, ma senza che venisse messa in discussione la continuità della monarchia e gli interessi inglesi. Nel 1933 moriva Faysal I e gli succedeva il figlio Ghazi: il nuovo re mostrava una qualche simpatia nazionalista ma morì "provvidenzialmente" in un incidente d'auto nel 1939. Salì al trono il figlio Faysal II che assumeva i poteri effettivi solo nel 1953 dato che alla morte del padre aveva solo quattro anni.

Nel 1936 il colpo di stato del generale Bakr Sidqi al Askari (di origine curda) impose un governo di impronta vagamente nazionalista-kemalista con a capo Hykmet Suleiman (di orgine turca). Cominciava ad esprimersi in settori ancora limitati della società irachena (nascente borghesia, circoli intellettuali, settori dell'esercito) una certa spinta modernizzante. L'esperimento comunque durò poco: nell'agosto 1937 Bakr Sidqi venne assassinato e il governo cadde. Seguì un periodo di forte instabilità (7 colpi di stato) accompagnato da una crescente attività a livello di massa, che vedeva spesso come controparte la Gran Bretagna e la sua politica filosionista.

Nel 1941 un altro colpo di stato portò all'insediamento di un governo militare con a capo Rashid Ali al-Gaylani, nazionalista e panarabo, che per spirito antibritannico e non certo per simpatie filonaziste ricercò l'alleanza di Italia e Germania. L'Asse fece ben poco per Rashid, in compenso la Gran Bretagna intervenne subito con le sue truppe e in un paio di mesi riuscì a ristabilire il controllo sul Paese. Nuri Said venne fatto primo ministro e nel 1943 l'Iraq dichiarava guerra all'Asse. Solo il trattato di Portsmouth nel 1948 restituì una limitata sovranità all'Iraq.

Mentre l'esito della guerra rafforzò gli inglesi la società irachena aderiva con sempre maggior trasporto a idee nazionaliste o comuniste. Il Partito Comunista Iracheno (PCI), formatosi nei fatti con la costituzione dell'Associazione Contro l'Imperialismo (1935), nonostante fosse più radicato nella borghesa e nella classe media che tra i contadini e gli operai, si trasformò ben presto nel partito comunista più forte del mondo arabo. Le pressioni di Gran Bretagna e USA però (gli USA si andavano affiancando alla Gran Bretagna nell'esercizio del dominio di quel Paese) portarono a un'ondata persecutoria contro i comunisti che raggiunse il suo culmine nel '47-'48 quando fu impiccato il suo massimo leader (Yusuf Salman Yusuf detto Fahd) con quasi l'intera direzione del partito.

Anche i curdi fecero sentire la loro voce e nel 1944 fu fondato il Partito Democratico del Kurdstan (PDK) unione di transughi di varie associazioni curde, di comunisti e dell'ala sinistra del primo partito curdo, Hewa Ya Kurd, fondato nel 1910. Il nuovo partito si era chiamato in un primo momento Partito della Liberazione Curda, ma dopo la fuoriuscita dei comunisti (tornati al PCI) adotterà il nome che lo caratterizzerà nei decenni successivi.

Nel dopoguerra Nuri Said e la monarchia proseguirono in una politica seccamente filoccidentale che portò alla rottura delle relazioni con l'URSS (1954) e alla firla del Patto di Baghdad: nel 1954 l'Iraq siglava con la Turchia un accordo in funzione antinazionalista e antisovietica, al quale poi avrebbero aderito la Gran Bretagna, il Pakistan e l'Iran, che suscitò malcontento nei sempre più agguerriti circoli nazionalisti. Il regime cercò di frenare l'effervescenza sociale chiudendo nel '54 giornali e riviste e vietando i partiti politici. Nel novembre 1956 durante l'aggressione di Francia, Gran Bretagna e Israele contro l'Egitto di Nasser ci furono violente manifestazioni in tutto il Paese, duramente represse.

I nazionalisti al potere

Nel 1952 un colpo di stato aveva portato al potere in Egitto i "giovani ufficiali", un movimento di cui Gamal Abd en Nasser fu il maggior esponente, e che abolì l'anno dopo la monarchia. Nasser nazionalizzò poi il Canale di Suez (che era in mani inglesi) e sposò la causa del panarabismo, movimento teso a riunire sotto un unico edificio statale la nazione araba divisa da confini imposti dalle grandi potenze: nel febbraio 1958 come primo passo l'Egitto promosse la costituzione della RAU, l'unione con la Siria. Nuri Said rispose proclamando il 14 febbraio l'Unione iracheno-giordana e assumendo la carica di primo ministro federale. I due stati erano monarchie "sorelle": la Giordania era retta dal re Huseyn Talal e quella dell'Iraq da Faysal Ghazi, cugini di primo grado (nipoti del sopramenzionato sceriffo della Mecca Husain ibn Ali), entrambi hascemiti (discendenti cioé da Maometto). Truppe irachene furono inviate verso il confine giordano in vista dell'unificazione dei due eserciti. Lo scopo di Nuri Said, in linea con i desiderata delle grandi potenze, era di organizzare un possibile intervento in Libano e Siria in funzione anti-egiziana. Nel tragitto, alcuni reparti che si trovavano sotto il comando di Abdel Karim Qassem dovevano passare la notte tra il 13 e il 14 luglio a Baghdad.

Il 14 luglio 1958 però le truppe di Qassem con il sostegno attivo della popolazione assaltavano il palazzo reale e le sedi del governo, mentre la radio occupata trasmetteva la Marsigliese. Re Faysal e altri membri della sua famiglia venivano giustiziati sul posto. Nuri Said in un primo momento riusciva a fuggire, travestito da donna, ma venne riconosciuto da alcuni soldati e subito fucilato. L'odio popolare era tale verso questo personaggio che, quando la sua tomba venne identificata, una folla ne trascinò il cadavere per le vie di Baghdad.

Nasceva dunque la repubblica. Qassem varò le prime leggi contro il latifondo, ridusse i profitti della Iraq Petroleum Company (nei fatti sotto il controllo inglese), cercò di riconciliarsi con i curdi, impose agli inglesi (che non avevano mai lasciato il territorio iracheno) di sgomberare la base di al-Habbaniyya.Infine, denunciò il Patto di Baghdad (24 marzo 1959).

Qassem avviò la collaborazione con le forze progressiste che influenzavano le stesse masse che sostenevano il nuovo regime. Anche il PCI venne chiamato a collaborare. Ma tra queste forze non vi era unità di vedute. Da un lato i nazionalisti (Baath e nasseriani) premevano perché anche l'Iraq prendesse parte alla RAU (l'unione tra Egitto e Siria). Dall'altro comunisti, curdi e sciiti si opponevano agli unionisti. In filigrana si può leggere una contrapposizione dettata dalla irrisolta questione nazionale irachena. L'Egitto e la Siria infatti sono a grandissima maggioranza sunniti, e l'identità sciita è da un lato araba, ma dall'altra sente il richiamo della più forte concentrazione di sciiti: l'Iran persiano; gli sciiti del resto sono maggioranza in Iraq ma nella RAU si sarebbero trovati minoranza. I curdi del resto all'interno dell'Iraq sono una consistente minoranza (intorno al 20%), ma all'interno della RAU si sarebbero ridotti ad una trascurabile minoranza con ancor più difficoltà, in uno stato arabo forte ed esteso, di potersi autonomizzare e in prospettiva unificare con il resto dei curdi sparsi tra Turchia, Siria e Iran. Questo conflitto prese nel corso dei mesi l'aspetto di una guerra civile strisciante.

Il clima di effervescenza sociale allarmò Qassem che nel luglio del 1959 sciolse tutti i partiti. Le agitazioni e gli scioperi furono repressi. Ripresero le persecuzioni nei confronti dei comunisti e gli scontri armati con i curdi.

Nel 1961 il Kuwait diventava indipendente. Si trattava di un territorio semidisabitato che non era è mai stato separato, prima del mandato inglese, dalla provincia di Bassora. Gli inglesi però trovarono tutto l'interesse a farne uno stato a sé, debole e inconsistente, per poterne controllare meglio le enormi potenzialità petrolifere. Qassem dunque si servì della tradizionale rivendicazione irachena su quel territorio anche per affrontare la fase difficile che attraversava il regime, le cui basi di consenso andavano restringendosi. Qassem, così, mosse l'esercito in direzione del Kuwait non riconoscendone l'indipendenza. Intervenne subito la Gran Bretagna che riuscì ad ottenere dalla Lega Araba, allora dominata dall'Egitto, il via libera all'invio di truppe a protezione del'emirato, insieme a un corpo di interposizione araba, con l'appoggio anche di Arabia Saudita e Giordania. Pur essendo nazionalista arabo, in Nasser prevalse in quel momento la preoccupazione di non vedere aumentare troppo la potenza del suo "rivale" Iraq.

Il logoramento del regime portò l'8 febbraio 1963 a un colpo di stato guidato dal colonnello Abdel Salam Aref che era stato deposto da Qassem, rappresentante dei settori più panarabi (nasseriani e baassisti) dell'esercito. Qassem venne ucciso e il Baath si rese protagonista di vere e proprie stragi le cui vittime erano comunisti ed ex seguaci di Qassem. Abdel in novembre cacciò il Baath orientando la propria azione in direzione di un panarabismo moderato.

Il nuovo regime a parole era più vicino a Nasser e proseguì sul terreno della modernizzazione: vennero nazionalizzate imprese straniere, si difese il petrolio come arma politica nella "lotta contro l'imperialismo e il sionismo" salvaguardandone i prezzi e il consolidamento dell'OPEC (l'organizzazione nata per tutelare gli interessi dei Paesi produttori di petrolio, sino ad allora defraudati dalle compagnie petrolifere occidentali). Venne decretata la riforma agraria e varati piani di sviluppo. Ma non si autorizzò la ripresa dell'attività politica, e continuò la repressione dei comunisti.

Il 10 febbraio 1964 si arrivò a un accordo di cessate il fuoco tra il regime e i curdi, che però su questo si divisero. Il leader storico Barzani aveva accettato l'accordo in vista di una promessa autonomia, ma la fazione di Jalal Talabani non credeva alle promesse irachene. L'URSS, desiderosa di stringere i contatti con l'Iraq, appoggiava la linea Barzani. Questa non fece però molta strada: il regime non fece alcun passo concreto verso i curdi e portò lo stesso Barzani a ricredersi.

Il 13 aprile 1966 Aref morì in un misterioso incidente aereo e il fratello Abdel Rahman Aref, più moderato, salì al potere. Questi tentò un qualche riavvicinamento con l'Occidente, ma l'anno successivo la guerra arabo-israeliana provocò enormi proteste popolari che costinsero il regime a rompere i rapporti con USA e Gran Bretagna.

Segno della radicalizzazione in corso, il 17 luglio 1968 un altro colpo di stato riportava al potere il partito Baath con a capo il generale Ahmed Hassan al-Bakr. Ma il Baath era profondamente cambiato: la componente sciita era uscita, ed erano rimasti in prevalenza militari originari di Takrit. Uno di essi era il generale Ahmed Hassan al-Bakr e un altro era un civile, ma pure originario di Takrit e imparentato con lui: Saddam Hussein, condannato a morte nel 1959 per un fallito attentato contro Qassem. Era quest'ultimo, pur ricoprendo il ruolo di vicepresidente, a esercitare un potere sempre maggiore: progressivamente epurò l'esercito per renderlo sempre più fedele al Baath, ossia al clan Takrit. Il nuovo regime comunque lanciò un intenso programma di trasformazioni economiche (accelerazione dell'industrializzazione, moltiplicazione delle aree coltivabili) e sociali di stampo nazionalista e sul piano internazionale contrastò frontalmente la politica statunitense, sostenendo le oranizzazioni palestinesi. Anche negli anni successivi l'Iraq si sarebbe mantenuto sempre fermo oppositore di Israele e nel 1978 avrebbe ospitato a Baghdad il summit della Lega Araba che condannava gli accordi di Camp David tra Egitto e Israele (che mettevano fine all'occupazione del Sinai, ma a costo del riconoscimento dello Stato di Israele e della completa smilitarizzazione dello stesso Sinai). L'Iraq era esponente di quello che venne chiamato "fronte del rifiuto" insieme a Libia, Siria, Algeria, Yemen del Sud e OLP. Nel marzo 1972 l'Iraq firmava un "trattato di amicizia e cooperazione" con l'URSS e dal 1° luglio dava il via a una graduale nazionalizzazione della Iraq Petroleum Company. Ruppe con la Gran Bretagna nello stesso anno, accusata di complicità con l'Iran per l'occupazione delle isole di Abu Musa e della picocla e grande Tomb nel Golfo Persico.

Nel luglio 1973 il Partito Comunista Iracheno e il Partito Democratico del Kurdistan accettarono di integrare con il Baath un "Fronte Nazionale Progressista". Il Baath dimostrò una certa intelligenza tattica nell'inglobare parte dei curdi e il PCI in un unico fronte: pur disponendo del totale controllo delle leve statali depotenziava in questo modo le uniche due forze che potenzialmente avrebbero potuto insidiarlo. Nello stesso tempo il Baath ristrutturava le forze armate in modo da renderle impermeabili alla propaganda politica degli altri autorizzando il solo Baath al reclutamento tra gli ufficiali. Da parte del PCI fu una politica completamente fallimentare e autolesionista, spiegabile solo con le pressioni esercitate dall'URSS che voleva consolidare i rapporti statali con l'Iraq, anche a costo del "sacrificio" dei comunisti iracheni.

L'11 marzo 1970 il regime aveva raggiunto un accordo con Barzani del PDK per la concessione entro quattro anni dell'autonomia al Kurdistan (senza la zona petrolifera di Kirkuk) e il riconoscimento del curdo come seconda lingua ufficiale. In realtà la questione curda si deteriorò assai presto: i curdi si divisero e una parte continuò a combattere anche se l'11 marzo 1974 viene proclamata ufficialmente la regione autonoma curda con capitale Erbil. Il retroterra delle azioni curde era l'Iran che aveva tutto l'interesse a ridimensionare anche su mandato statunitense le ambizioni di un Iraq percepito ormai come nemico dell'Occidente. Il 6 marzo 1975 Saddam Hussein e lo scià Reza Pahlevi durante il vertice dell'OPEC, firmarono un trattato dove si riconoscevano le richieste iraniane sullo Shatt-el-Arab (il confine tra i due stati sarebbe corso sulla linea mediana del fiume). La questione prima dell'accordo era regolamentata da un trattato del 1937 che prevedeva il diritto da parte dell'Iraq di controllare il transito navale; questo privilegio era stato patrocinato dalla Gran Bretagna che all'epoca manteneva il controllo sul Paese; negli ultimi tempi però era ignorato dall'Iran che faceva navigare barche con bandiera iraniana approfittando della superiore potenza militare. In cambio l'Iran cessava ogni appoggio alla guerriglia curda. Per Mustafa Barzani si trattava di una cocente sconfitta che lo costrinse all'esilio in USA dove morirà nel 1979. Nel Kurdistan entravano in funzione le istituzioni della regione autonoma con la partecipazione di un'altra ala del PDK e con l'Unione Patriottica del Kurdistan di Jalal Talabani.

Il 16 luglio 1979 Saddam costrinse il presidente Hassan al-Bakr a dimettersi e assunse anche formalmente nelle proprie mani tutti i poteri. Vennero passati per le armi tutti i dirigenti del Baath che avevano disapprovato la destituzione del presidente e fu dato il benservito al PCI, che così fu costretto a passare alla clandestinità mentre i suoi membri venivano perseguitati e uccisi.

La prima guerra del Golfo

Dalla fine del 1979 Saddam lancia una escalation propagandistica contro l'Iran. In quel Paese una rivoluzione popolare dai caratteri fortemente antimperialisti e antiUSA ha rovesciato la monarchia. Tutte le componenti della variegata opposizione vi partecipano, ma è la componente komeinista (fondamentalismo sciita) ad acquisirne il controllo. Saddam si propone allora ai regimi arabi reazionari e ai Paesi occidentali come un baluardo contro il possibile dilagare del komeinismo. E' mosso in questo da una serie di fattori. Innanzitutto la presenza in Iraq di una maggioranza sciita potenzialmente influenzabile dai successi dei fratelli vicini. Una guerra con l'Iran avrebbe consentito un clima di unità nazionale contro il nemico a scapito dell'identità sciita e impedito a questa componente sempre esclusa dalla gestione della società sin dai tempi degli ottomani, di rialzare la testa. In secondo luogo c'era un calcolo geopolitico: Saddam immaginava che l'indebolimento della struttura militare iraniana causata dalla rivoluzione gli avrebbe consentito di acquisire un rapido vantaggio con il vicino rivale che sino ad allora non aveva mai potuto permettersi. Conseguenze di questa strategia è un riavvicinamento all'Egitto e ai Paesi arabi reazionari (Arabia Saudita in primo luogo), l'allentamento dei rapporti con l'URSS (di cui condanna l'invasione in Afghanistan), e un avvicinamento ai Paesi occidentali. Dopo una serie di incidenti di frontiera il 22 settembre le truppe irachene varcano il confine e invadono il territorio iraniano.