In prima pagina: come i
guerrafondai statunitensi hanno sfruttato l'11 settembre.
L11
settembre ha effettivamente indotto un cambiamento nella politica americana
e mondiale. A partire da quel giorno infatti i vertici USA hanno compreso
che quei terribili atti di terrorismo offrivano loccasione doro
per realizzare lobiettivo di sempre della classe dirigente capitalista
americana, cioè il dominio sul mondo. Di Norm Dixon. Dalla Green Left
Weekly, 11 settembre 2002. Traduzione di Davide Marzulli.
Durante
la settimana che ha preceduto il primo anniversario dei devastanti attacchi
terroristici dell11 settembre 2001 a New York e Washington, le reti
televisive hanno trasmesso una serie infinita di eventi speciali
che presentavano immagini esclusive o mai viste prima
del collasso delle torri gemelle del World Trade Center (WTC) e di ciò
che ne è seguito. Uomini e donne di tutto il mondo hanno condiviso
ancora una volta lorrore, la rabbia e il dramma di quel giorno terribile,
in cui quasi 3000 lavoratori sono stati assassinati. Nel
giorno esatto dellanniversario migliaia di giornalisti e presentatori
TV provenienti da ogni parte del globo convergeranno sul punto zero
per ricordare e riflettere. Solenni cerimonie e discorsi patriottici
dei maggiori politici statunitensi verranno propagati per radio e televisione
allo scopo di confermare la volontà di Washington di proseguire la guerra
al terrorismo. Al
termine del trambusto celebrativo dell11/9, dopo migliaia di ore di televisione
e chilometri di colonne pubblicate da giornali e riviste di tutto il mondo,
si può esser certi che laspetto più evidente del periodo
post-11 settembre resterà tabù per tutti i cronisti a eccezione
dei più onesti: la guerra al terrorismo, cioè, non
è che un cinico inganno. Il
tormentone mediatico dell11/9 è che da quel giorno il mondo
è cambiato. Pochi commentatori, però, si sono preoccupati
di spiegarci come. L11
settembre ha effettivamente indotto un cambiamento non sappiamo se permanente
- nella politica americana e mondiale. A partire da quel giorno infatti i vertici
USA hanno compreso che quei terribili atti di terrorismo offrivano loccasione
doro per realizzare lobiettivo di sempre della classe dirigente
capitalista americana, cioè il dominio sul mondo. Il preconizzato secolo
americano era già a portata di mano al termine della seconda guerra
mondiale. I
funzionari al vertice dellamministrazione del presidente George Bush junior
hanno colto tale opportunità, calcolando cinicamente che il popolo americano,
traumatizzato, sarebbe stato finalmente favorevole a consistenti interventi
militari allestero da parte di truppe americane di terra apparentemente
impegnate a combattere il "terrorismo", nonostante il rischio di un
elevato numero di vittime tra gli americani - uneventualità che
si continuava a rifiutare dalla fine della guerra del Vietnam (1975). Prima
dell11 settembre Washington aveva da tempo etichettato come "terroristi"
tutti i governi e i movimenti politici sgraditi. Il Dipartimento di Stato USA
pubblica ogni anno un elenco di Paesi che "sostengono il terrorismo",
elenco che da anni comprende Iran, Iraq, Siria, Libia, Sudan, Corea del Nord
e Cuba. Sino all11 settembre ciò non era stato sufficiente a convincere
il popolo americano della necessità di operazioni militari importanti
contro tali Paesi. Dileguatosi
il fumo delle macerie del WTC, lamministrazione Bush ha cominciato quasi
immediatamente a spostare lobiettivo della "guerra al terrorismo"
dai responsabili dichiarati delle atrocità del 9/11 Osama bin
Laden e la sua rete di reazionari religiosi, al Qaeda - a ciò che gli
Stati Uniti considerano terrorismo e male in generale. "Da
questo giorno in poi" ha dichiarato Bush al Congresso il 20 settembre
"tutte le nazioni che continueranno a proteggere o sostenere il terrorismo
saranno considerate
regimi ostili". La "prima guerra del 21esimo
secolo" avrà termine, ha affermato "solo quando tutti i gruppi
terroristici di portata mondiale saranno stati trovati, bloccati e sconfitti". Il
bombardamento dellAfganistan iniziò il 7 ottobre. Il 21 novembre
Bush traccia i contorni della cosiddetta dottrina Bush: "LAfganistan
rappresenta appena linizio della guerra contro il terrore. Ci sono altri
terroristi che minacciano lAmerica e i nostri amici, e ci sono altre
nazioni pronte a sostenerli. Non saremo sicuri come nazione sino a quando
queste minacce non saranno state debellate. Combatteremo questi malvagi attraverso
il mondo e negli anni, e vinceremo
" "LAmerica
ha un messaggio per le nazioni del mondo: se proteggete i terroristi, siete
terroristi; se addestrate o armate un terrorista, siete terroristi; se nutrite
o finanziate un terrorista, siete terroristi, e dovrete renderne conto agli
Stati Uniti e ai nostri amici." Il
26 novembre, con LIraq nel mirino, Bush espande la portata della guerra
al terrorismo affermando: "Se produrranno armi di distruzione di massa
per terrorizzare i popoli, dovranno renderne conto". La
metamorfosi giunge a compimento il 29 gennaio con il discorso di Bush per
lo Stato dellUnione. La fase successiva della guerra al terrorismo
di Washington viene ufficialmente separata dagli eventi dell11 settembre.
Bush evita persino di nominare bin Laden e al Qaeda. Il presidente iracheno
Saddam Hussein sostituisce improvvisamente lelusivo bin Laden come nemico
pubblico n.1. L
asse del male, che per Washington vede ora in testa Iraq, Iran e Corea
del Nord, non ha legami certi con al Qaeda, bin Laden e gli attacchi dell11
settembre. Tre delle quattro organizzazioni che Bush nomina Hamas,
Jihad islamica e Hezbollah non sono collegate ad al Qaeda; il loro
unico crimine consiste nellopposizione alloccupazione
illegale della Palestina da parte di Israele. Bush
afferma inoltre senza mezzi termini che gli Stati Uniti hanno il diritto di
intraprendere azioni militari unilaterali contro terroristi allinterno
di qualunque Paese, e di sferrare attacchi militari preventivi contro stati
che Washington sospetti di produrre armi chimiche, biologiche o nucleari:
"Certi governi si mostreranno esitanti nei confronti del terrore. E state
certi che se loro non agiranno, lAmerica lo farà". Bush
ricorda al mondo che la vendetta degli USA non conosce limiti geografici.
"Le nostre forze armate [in Afganistan] hanno lanciato un messaggio ora
chiaro per tutti i nemici degli Stati Uniti: anche a distanza di 7000 miglia,
attraverso gli oceani e i continenti, sulla cima dei monti o in fondo alle
grotte, non sfuggirete alla giustizia di questa nazione", ammonisce. In
meno di sei mesi la guerra al terrorismo di Bush si è trasformata
senza cuciture da azione contro i fautori e sostenitori dichiarati del massacro
dell11/9 in una guerra contro ogni stato del Terzo Mondo o movimento
politico considerato da Washington troppo indipendente, spavaldo e ostile
allegemonia globale degli USA. Il
discorso di Bush per lo Stato dellUnione ha costituito lannuncio
formale della volontà di Washington di dominare il mondo. Leditoriale
del 1° febbraio del New York Times rileva che "Potenza e intimidazione
sono tornati a essere larma principale della politica estera americana
Era dai tempi dellumiliante ritiro dal Vietnam più di un quarto
di secolo fa che la politica estera degli Stati Uniti non dipendeva così
massicciamente dalla forza militare non nucleare, o perlomeno dalla sua minaccia,
a difesa gli interessi americani nel mondo." A
partire dalla fine della seconda guerra mondiale lobiettivo strategico
complessivo della classe dirigente americana è consistito nel mantenimento
di una schiacciante supremazia militare, economica e politica e nel prevenire
lemergere di altri poteri estesi o locali - che potessero minacciare
la sua posizione. Tale obiettivo fu ribattezzato "secolo americano"
al termine della seconda guerra mondiale. Tuttavia
le speranze di Washington di dominio totale vennero frustrate per quasi 50
anni dalla forza militare e industriale dellUnione Sovietica e dalle
lotte di liberazione nazionali, iniziate con le vittorie della rivoluzione
cinese del 1949 e della rivoluzione cubana del 1959, seguite dallonda
di lotte indipendentiste in Africa e Asia durante gli anni 60 culminate
nella storica sconfitta delle forze statunitensi in Vietnam nel 1975. La
sconfitta di Washington in Vietnam fu sia politica che militare. Con il tempo
e grazie anche ad un crescente movimento pacifista, il popolo americano comprese
che i suoi dirigenti avevano cinicamente mentito nel definire la maledetta
guerra contro il Vietnam costata la vita a 50.000 soldati americani
e a milioni di vietnamiti una lotta per la democrazia, poiché
si trattò in realtà di uningiusta guerra di aggressione
imperialista. La
sindrome da Vietnam era nata, e per più di 25 anni impedì
a Washington di inviare massicci contingenti di terra nelle guerre "calde"
doltreoceano. Reso
politicamente invalido dalla sindrome da Vietnam, limperialismo americano
subì ulteriori sconfitte verso la fine degli anni 70 con le vittoriose
lotte per lindipendenza in Angola e Mozambico, la rivoluzione etiopica
del 1977, la rivoluzione afgana del 1978 e i processi rivoluzionari iniziati
in Nicaragua e Grenada nel 1979. Nel
1979 la cacciata dello Shah dellIran, filoamericano, rappresentò
unaltra seria minaccia alla morsa imperialista statunitense sul Golfo
persico, luogo strategico ricco di petrolio. Con
lavvento di Ronald Reagan, salito al potere nel 1980, la classe dirigente
americana lanciò un contrattacco a ciò che definiva scorrettamente
"espansionismo sovietico". Washington armò e finanziò
largamente banditi e terroristi controrivoluzionari, come RENAMO in Mozambico,
UNITA in Angola, i contras in Nicaragua e i mujaheddin in Afganistan. Reagan
inoltre incrementò il sostegno al regime di apartheid in Sud Africa
e a regimi dittatoriali come quelli di Pakistan, Indonesia e Cile. Tuttavia
la strategia di Reagan fu anche architettata in modo da non maltrattare le
truppe americane. Quando ordinò ai soldati di invadere Grenada nel
1983 (così come quando George Bush senior ordinò linvasione
di Panama nel 1989), loperazione si basò su una grande potenza
di fuoco prima che lélite delle truppe americane entrasse e uscisse
il più in fretta possibile. Reagan
aumentò notevolmente le spese militari, sino a includere il sistema
difensivo missilistico guerre stellari. Lo scopo di questo mirabolante
progetto consisteva nel raggiungere la capacità di sferrare il primo
attacco nucleare allUnione Sovietica senza timore di controffensiva.
Il tentativo di stare al passo con tali esorbitanti investimenti militari
contribuì a dissanguare lUnione Sovietica accelerandone
il collasso. Con
il disfacimento dellUnione Sovietica nel 1991 i governanti statunitensi
sperarono che il secolo americano fosse nuovamente allorizzonte.
George Bush senior salutò la vittoria americana sullIraq della
Guerrra del Golfo (1990-1991) anche come fine della sindrome da Vietnam
e dichiarò che da quel momento Washington avrebbe sovrinteso al mantenimento
di un Nuovo Ordine Mondiale. Bush
tuttavia parlò avventatamente poiché aveva sottovalutato la
sindrome da Vietnam. La forza militare degli USA si basava su di una schiacciante
superiorità aerea e su di uno sforzo tecnologico imponente tali da
evitare operazioni di terra impegnative. Il timore della sindrome da Vietnam
frenò in parte Bush dallinviare truppe americane in Iraq per
rovesciare Saddam Hussein. Nel
corso degli anni 90 questo era lassetto delle operazioni militari
americane. La sindrome da Vietnam si dimostrò più che mai viva
e attiva con la pubblica protesta del popolo americano in occasione della
morte di 18 soldati durante lintervento umanitario in Somalia. Durante
le amministrazioni Bush senior e Clinton le azioni militari venivano camuffate
da difesa dei diritti umani, sospensione di pulizie etniche e
assistenza umanitaria. Erano condotte con la copertura di operazioni di
pace locali o patrocinate dallONU e in genere finalizzate allapprovazione
generale. La
speranza del popolo americano che la fine della guerra fredda comportasse
una riduzione consistente delle spese militari e un dividendo
di pace frustrò anche la richiesta dei dirigenti americani di spese
militari a livelli di guerra fredda. È
evidente che l11 settembre ha portato lala dominate dellamministrazione
Bush junior a credere che la sindrome da Vietnam si sia definitivamente dissolta. Laffermazione
secondo cui gli attacchi al WTC avrebbero "cambiato il mondo" fa
parte di un mito confezionato ad arte: la guerra al terrorismo
sarebbe semplicemente la reazione ai terribili eventi di quel giorno. Questa
mitizzazione è esemplificata da un articolo melodrammatico del 5 settembre
2002 di Ron Fournier, corrispondente della Associated Press White House (Stampa
Associata della Casa Bianca): "In uno stretto rifugio nucleare nelle
profondità della casa Bianca, il presidente Bush guardando diritto
attraverso un nudo tavolo di legno disse al suo team di sicurezza nazionale:
"Preparate le truppe". Dodici ore dopo lattacco terroristico,
pochi istanti dopo il discorso televisivo alla nazione Bush si preparava ad
una guerra che avrebbe trasformato e definito la sua presidenza. "È
il momento di difenderci" disse al consiglio di guerra. "
È il nostro momento." La
verità è più semplice. Nei dodici mesi successivi all11
settembre lamministrazione Bush junior ha cinicamente colto a volo
e sfruttato gli attacchi terroristici per inseguire il sogno della classe
dirigente statunitense del secolo americano, ovvero di un Nuovo
Ordine Mondiale vale a dire un inattaccabile impero globale americano
dordine militare, economico e politico. Il
potere occulto dietro il trono di George Bush junior è il vice-presidente
Dick Cheney e un gruppo di guerrafondai composto da veterani delle amministrazioni
Reagan e Bush senior. Nel
corso degli anni 90 questi avvoltoi hanno pianificato il
ritorno al potere, hanno avanzato un programma di indiscussa egemonia americana
e patrocinato luso illimitato della forza militare attraverso una rete
di istituzioni partorite dallala destra della classe dirigente e strettamente
interconnesse, come il Progetto per il Nuovo Secolo Americano ( PNAC, Project
for the New American Century ), lIstituto dellImpresa Americana
( American Enterprise Institute ), gli Americani per la Vittoria sul Terrorismo
(Americans for Victory over Terrorism) e il Centro per la Politica della Sicurezza
( Center for Security Policy ). Il Weekly Standard, di proprietà
di Murdoch e gli editoriali del Wall Street Journal sostennero le loro tesi
(e continuano a farlo). La
lezione delle amministrazioni Bush senior e Clinton, costantemente ripetuta
dai nuovi centurioni è che la potenza americana non deve
essere frenata da tentativi di bilanciare gli interessi degli Stati Uniti
con quelli dei suoi alleati europei o di altri paesi. Alleanze, organizzazioni
internazionali o trattati multilaterali non devono intralciare il libero esercizio
del potere militare ed economico americano. Altri
punti chiave voluti dagli avvoltoi sono stati lincondizionato
sostegno politico-militare a Israele alleato chiave di Washington nel
Medio Oriente e limplacabile opposizione a qualunque regime che
minacciasse il dominio degli USA nello strategico Golfo Persico ricco di petrolio.
Di conseguenza il marchio di fabbrica dei centurioni è stato lestrema
ostilità verso i regimi di Iraq, Iran, Siria, Libia e persino Libano,
così come il plauso per tutte le iniziative di Tel Aviv volte a reprimere
il movimento di liberazione della Palestina occupata. Il
PNAC fu costituito nel 1997 per promuovere la "Leadership americana globale".
Cheney, Donald Rumsfeld (ora segretario alla Difesa degli USA), Paul Wolfowitz
( segretario deputato della difesa ) e Jeb Bush ( fratello minore di Bush)
furono i firmatari della dichiarazione di principio alla base
del PNAC, che afferma seccamente: "[ I conservatori ] sembrano aver dimenticato
gli elementi essenziali del successo dellamministrazione Reagan: forze
armate militari forti e pronte a raccogliere le sfide presenti e future; una
politica estera che promuove con coraggio e determinazione i principi americani
allestero; e una leadership nazionale che accetta le responsabilità
globali degli Stati Uniti
"LAmerica
ha un ruolo nel mantenimento della pace e della sicurezza in Europa, Asia
e Medio Oriente. Sottrarsi alle nostre responsabilità vuol dire provocare
minacce ai nostri interessi fondamentali. La storia del XX secolo ci insegna
che è importante prefigurare gli scenari prima che le crisi emergano,
e affrontare le minacce prima che diventino terrore. La storia di questo secolo
ci spinge ad abbracciare la causa della leadership americana." Il
PNAC sosteneva che gli Stati Uniti dovessero "aumentare notevolmente
le spese militari" e che occorresse "modernizzare le nostre forze
armate
se vogliamo far fronte alle nostre responsabilità globali
attuali"; "rafforzare i legami con gli alleati democratici e sfidare
i regimi ostili ai nostri interessi e valori"; "promuovere allestero
la causa della libertà politica ed economica" e "accettare
la responsabilità per il ruolo unico dellAmerica nel preservare
ed estendere un ordine internazionale favorevole alla nostra sicurezza e prosperità
e ai nostri principi". "Tale
politica Reaganiana di forza militare e trasparenza morale potrebbe sembrare
fuori moda oggi" ammette il PNAC. "Ma è necessaria se gli
Stati Uniti vogliono confermare i successi del secolo passato e provvedere
alla propria sicurezza e grandezza nel prossimo". Nel
settembre 2000 il PNAC corroborò la sua visione imperiale con la pubblicazione
del rapporto Ricostruzione della difesa americana: Strategia, Forze e risorse
per un Nuovo Secolo. I partecipanti al progetto comprendevano Wolfowitz,
Lewis Libby (ora capo dello staff di Cheney) e William Kristol, editore del
Weekly Standard. Lintroduzione
del rapporto sottolinea che gli Stati Uniti "sono lunica superpotenza
mondiale, poiché uniscono in sé la supremazia militare, la leadership
tecnologica globale e leconomia più forte del mondo
Attualmente
gli USA non hanno rivali a livello mondiale. La strategia americana dovrebbe
mirare nel complesso a mantenere e estendere questa posizione vantaggiosa
quanto più possibile nel futuro". Per mantenere tale "situazione
strategica invidiabile" afferma il rapporto, gli Stati Uniti "necessitano
di una capacità militare globale superiore, sia oggi che in futuro." Gli
autori del rapporto ammettono di avere sviluppato le indicazioni della Direttiva
per la Pianificazione della Difesa (DPG, Defense Planning Guidance) del 1992,
preparata per Cheney, allora segretario alla Difesa degli Stati Uniti nellamministrazione
di Bush senior, Wolfowitz e Libby. Questo
documento afferma spavaldamente che gli Stati Uniti devono continuare a "dissuadere
le nazioni industriali avanzate dallo sfidare la nostra leadership
o
persino aspirare a un ruolo locale o globale maggiore
[Per
ottenere questo, gli Stati Uniti] devono assumersi la responsabilità
maggiore nellindicare i mali che minacciano non solo i nostri interessi,
ma anche quelli dei nostri alleati e amici, o che turbano gravemente le relazioni
internazionali." Questo
dimostra che limponente potenza militare sviluppata dagli Stati Uniti
in Europa, Asia e Medio Oriente dopo il 1945 non era diretta soltanto a contenere
il cosiddetto espansionismo sovietico, bloccare le rivoluzioni del Terzo Mondo
e ottenere il controllo di risorse naturali come il petrolio del Medio Oriente,
di vitale importanza per gli interessi degli Stati Uniti. Serviva anche a
imbrigliare i suoi rivali capitalisti potenziali Gran Bretagna, Francia,
Germania e Giappone allinterno di un sistema di alleanze dominato
dagli Stati Uniti e concepito in modo da impedire che gli alleati sviluppino
forze armate indipendenti. Il
rapporto del PNAC riaffermava la volontà della DPG "di mantenere
la supremazia americana, tale da impedire il sorgere di una grande potenza
rivale e capace di forgiare un ordine di sicurezza mondiale in linea con i
principi e gli interessi americani
Le fondamenta della Direttiva, a
nostro avviso, restano solide." Il
rapporto del PNAC esortava a chiudere con gli anni 90, "decade
di trascuratezza difensiva" e ad aumentare le spese militari almeno sino
al 3.5 3.8 % del Prodotto Interno Lordo (invece del 3 % circa) aggiungendo
annualmente da 15 a 20 miliardi di dollari americani; ad aumentare il numero
del personale militare in servizio attivo da 1,4 milioni a 1,6 milioni; a
"ridisporre le forze statunitensi
stabilendo basi permanenti nel
sud-est europeo [i Balcani] e nel sud-est asiatico [preferibilmente le Filippine
e/o lAustralia], e a modificare la disposizione delle forze navali in
conseguenza delle crescenti preoccupazioni strategiche degli Stati Uniti in
Estremo Oriente [cioè il contenimento della China e la
difesa di Taiwan]". Il
rapporto spingeva Washington a sviluppare anche la capacità di "combattere
e vincere in più guerre importanti contemporaneamente " e di "assolvere
ai doveri polizieschi associati allo sviluppo di ambienti sicuri
in regioni critiche"; di mantenere la "superiorità nucleare
strategica" sviluppando piccole armi nucleari "schiaccia-bunker"
e riprendendo i test nucleari; di sviluppare il "sistema di difesa missilistico
guerre stellari" e di controllare i nuovi "diritti internazionali"
su spazio e cyberspazio, aprendo la strada alla creazione di un nuovo corpo
militare le Forze Spaziali degli Stati Uniti ( US Space Forces)
per il controllo dello spazio [!]". Tutto
ciò dimostra che la cricca Cheney-Rumsfeld-Wolfowitz aveva in serbo
da lungo tempo il programma di espansione dellegemonia americana. Ciò
che mancava era lelemento scatenante che ne desse lavvio o lesistenza
di una minaccia abbastanza seria da convincere il popolo americano
ad abbandonare il desiderio di un dividendo di pace e lopposizione
al rischio di vittime di guerra allestero. È
per questo che gli attacchi dell11 settembre sono stati una benedizione
per la banda Bush. Washington ha riconosciuto immediatamente lopportunità
che gli si era presentata. Come ha ammesso Condoleezza Rice, consigliere della
sicurezza nazionale sotto Bush junior: "Penso davvero che questo periodo
sia analogo agli anni 1945-47 in quanto gli eventi
cominciarono a spostare
le zolle tettoniche della politica internazionale. Ed è importante
cercare di approfittarne per sistemare gli interessi e le istituzioni americane
prima che si irrigidiscano di nuovo." A
partire dall11 settembre i nuovi centurioni di Bush hanno accelerato
la realizzazione dei loro piani prima che la finestra delloccasione
si chiudesse. Hanno guadagnato un notevole aumento delle spese militari portandole
da 48 miliardi di dollari americani a 379,3 miliardi per il 2002-2003. Aggiungendo
le spese militari esterne al Pentagono, sostenute per lo più dal dipartimento
per lenergia del programma di armi nucleari, le spese militari ammonteranno
in tutto a 396,1 miliardi di dollari americani. Altri
38 miliardi di dollari saranno destinati alla "difesa interna"
soprattutto alla pletora di agenzie di polizia americane. Washington ha in
mente di aumentare costantemente il budget di guerra sino a superare i 451
miliardi di dollari entro il 2007, un incremento del 30%. Washington
ha lasciato intendere con il ripudio del Protocollo di Kyoto sullemissione
dei gas serra, delle norme sui crimini di guerra della Corte Criminale Internazionale
e del trattato per i missili anti-balistici che la potenza militare,
economica e politica degli Stati Uniti non accetterà alcun tipo di
limitazione internazionale. È
stato rivelato che gli USA intendono usare armi nucleari contro stati non-nucleari
con la scusa di eliminare la minaccia delle "armi di distruzione di massa".
È giunta anche notizia che le forze speciali degli USA saranno presto
autorizzate a uccidere o catturare terroristi ovunque nel mondo,
in qualunque momento se ne presenti loccasione, senza dover ottenere
lautorizzazione dal governo interessato. Come
risultato della guerra che ha rovesciato i talebani, Washington ha collocato
per la prima volta basi militari permanenti e decine di migliaia di soldati
in Asia Centrale, una regione sempre più importante dal punto di vista
strategico. Da queste basi gli Stati Uniti possono contenere più
facilmente Russia e Cina, controllare le nuove risorse di petrolio e gas della
regione del Mar Caspio, rafforzare il dominio sul Golfo Persico e stringere
ancora la morsa militare sulla maggior parte delle risorse energetiche vitali
del pianeta. Con
la scusa della guerra al terrorismo Washington ha aumentato o
riproposto finanziamenti militari per regimi notoriamente oppressivi, come
quelli di Yemen, Georgia, Indonesia, Pakistan, Filippine, Colombia e le ex
repubbliche sovietiche dellAsia centrale. Ha anche inviato migliaia
di soldati e consiglieri militari per aiutare tali regimi a reprimere i movimenti
antigovernativi. Washington
ha dato via libera alla Russia perché continuasse la brutale campagna
contro la lotta di liberazione della Cecenia e alla repressione dei separatisti
dello Xinjang da parte del governo cinese. Gli
attacchi dell11 settembre e la guerra al terrorismo che
ne è seguita hanno offerto ai guerrafondai della classe dirigente americana
la migliore occasione per curare la sindrome da Vietnam. Il test
più importante sarà la prossima invasione dellIraq da
parte degli Stati Uniti. Gli
attivisti anti-guerra devono organizzarsi e mobilitarsi in massa per impedire
questa guerra e risvegliare il più rapidamente possibile la coscienza
pacifista apparentemente assopita del popolo americano. Occorrerà offrire
solidarietà alla resistenza ai guerrafondai imperialisti che sorgerà
inevitabilmente attraverso limpero americano.