I media USA diventano parte dello sforzo militare.
Bush e la sua amministrazione sanno che possono contare sul "patriottismo" della stampa - che racconterà la guerra allo stesso modo in cui un giornalista sportivo di paese fa il tifo per la propria squadra. E Bush non dovrà neppure ordinare l'insediamento di nuovi censori. La stampa in USA si censura da sola. Anthony Arnove. Traduzione di Sergio De Simone. Da ZMag italiano. Aprile 2003.


Nell'ex Unione Sovietica, le persone sapevano che la Pravda, quotidiano di proprietà dello stato, avrebbe sostenuto la linea di Mosca indipendentemente da quanto fosse menzognera. George Bush non può vantarsi del fatto che il Partito Repubblicano possieda i giornali, le stazioni televisive o radio di questo paese, ma può tuttavia contare su una stamNon importa quante bugie racconti Bush sulla "minaccia" irachena: i giganti dei media non andranno a fargli domande difficili. Bush e la sua amministrazione sanno che possono contare sul "patriottismo" della stampa - che racconterà la guerra allo stesso modo in cui un giornalista sportivo di paese fa il tifo per la propria squadra. E Bush - a differenza dei despoti dell'ex Unione Sovietica - non dovrà neppure ordinare l'insediamento di nuovi censori. La stampa in USA si censura da sola.

Nel maggio del 2002, Dan Rather, mezzobusto di CBS, ammise: "ciò di cui stiamo parlando qui-che uno voglia riconoscerlo o no, chiamarlo col proprio nome o no - è una forma di autocensura. Comincia con un senso di patriottismo dentro di sé e prosegue con la coscienza che il paese stesso ha sentito e sente questa spinta patriottica dentro di sé. E uno si trova a dirsi: conosco la domanda giusta, ma indovina un po'! non è il momento giusto per farla".

Chiaramente Rather lo disse alla BBC britannica - e non ebbe il coraggio di dirlo qui in USA, dove era stato alla testa della carica patriottica dei media dopo gli attacchi dell'11 settembre. Prevedibilmente, praticamente nessun organo di informazione americano riferì il commento di Rather.

Nessuno di Washington dovette dire ai giornali di nasconderli - proprio come nessuno dovette dire alla stampa di ignorare i rapporti, pubblicati nell'Observer, quotidiano inglese, secondo cui l'amministrazione Bush indagò sui membri del Consiglio di Sicurezza dell'ONU durante il dibattito su una nuova risoluzione per autorizzare la guerra contro l'Iraq.

E pochi organi d'informazione hanno fatto caso alla rivelazione del Newsweek secondo cui il gen. Hussein Kamel, uno dei principali disertori dalle fila di Saddam, aveva testimoniato nel 1995 che l'Iraq era stato già significativamente disarmato. Bush e altri ufficiali dell'amministrazione hanno citato regolarmente la testimonianza di Kamel come prova del fatto che l'Iraq avesse ancora armi di distruzione di massa.

Il fatto è che i media sosterranno questa guerra, nonostante le restrizioni che il governo opporrà alla loro capacità di riferire liberamente - e nonostante le aperte manipolazioni dell'informazione da parte dell'amministrazione.

L'immagine offerta della nuova guerra del Golfo sarà completamente bonificata. Durante il bombardamento americano sull'Afganistan, Walter Isaacson, dirigente della CNN, disse al suo staff che "era perverso incentrarsi sulle vittime o sulla sciagura afgana". E durante la guerra del Golfo del 1991, i media seppellirono rapidamente le immagini dei terribili massacri compiuti ai danni dei soldati e dei civili in ritirata lungo l'"autostrada della morte" alla fine della guerra.

I media si allineano al governo su questioni fondamentali non per una qualche cospirazione o intrallazzi, ma perché i media stessi sono immense corporations che condividono gli stessi interessi economici e politici della ridottissima elite che controlla il governo USA. In alcuni casi, sono le stesse persone.

È oggi pratica comune dei Tre Grandi Network avere sulle proprie liste paga ex funzionari militari, politici e burocrati di governo. "I media sono semplicemente diventati parte dello sforzo di guerra", ha scritto Edward Said, intellettuale palestinese. "Ciò che è interamente scomparso dalla televisione è una qualsiasi cosa remotamente somigliante ad una voce di dissenso coerente". Come per sottolineare il punto, a Febbraio, il network di news via cavo MSNBC cancellò lo show di Phil DOnahue ed annunciò di star mettendo sotto contratto come commentatore il falco repubblicano Dick Armey.

Voci del governo attuale e del precedente dominano il "dibattito" sulla guerra nei media e altre questioni di politica estera. "Fonti di governo non meglio specificate", portavoce alla stampa, funzionari del Pentagono, funzionari della Casa Bianca e ideologhi vicini all'amministrazione costituiscono la gran parte degli "esperti" e delle "fonti affidabili" che ascoltiamo.

Le corporatione che dominano i media si stanno concentrando sempre di più. Ben Bagdikian, autore di Media Monopoli, stima che sei corporations interconnesse dominano i media americani oggigiorno. NBC è proprietà di General Electric, una delle maggiori società appaltatrici militari. Ma finanche i media informativi che non sono direttamente collegati al complesso dell'industria militare hanno un interesse nel sistema.

Infatti i media fanno affari vendendo spazi pubblicitari. Stampa, televisione e media radiofonici fanno tutti profitti vendendo il proprio pubblico agli insertori pubblicitari - e sanno che il loro risultato ne soffrirà se danno spazio a storie che potrebbero danneggiarli.

L'economia del giornalismo dà anche forma alle notizie che vediamo. Per esempio, piuttosto che spendere grosse somme per inviare i giornalisti ad investigare e scoprire gli abusi umani contro i detenuti torturati nella base aerea di Bagram in Afganistan, quasi gratuitamente i media possono parlare dell'ultima conferenza stampa della Casa Bianca che nega tutti i crimini.

Ciò significa che i media indipendenti sono una fonte cruciale di notizie che i media di regime non riporteranno - e seppelliranno sotto una marea di servizi a favore della guerra. Dobbiamo sostenere gli sforzi di giornalismo indipendente laddove possiamo e costruire i nostri quotidiani, come il Socialist Worker, che raccontino la verità su questa guerra. Ma dobbiamo altresì attaccare direttamente i loro organi di diffusione - per forzar loro la mano e costringerli con la vergogna a riportare le storie che sappiamo preferirebbero non toccare.

Dopo mesi di minimizzazione delle dimostrazioni contro la guerra in Iraq, i quotidiani principali, tra cui il New York Times e il Washington Post, si sono trovati costretti a dare spazio in prima pagina alle massicce dimostrazioni internazionali contro la guerra. La ragione principale era che la partecipazione di più di 10 milioni di persone in tutto il mondo era semplicemente troppo grande perché i redattori la ignorassero. Ma gli attivisti hanno anche preso di mira direttamente la National Public Radio, il Times ed altri media dell'elite - e costringerli a riconoscere di aver ignorato la storia delle precedenti proteste.

Il 15 febbraio ha mostrato come la forza della protesta possa raggiungere milioni di persone che condividono la nostra rabbia per questa guerra - e che sarà più facile si uniranno a noi nella prossima manifestazione. Possiamo guardare all'esempio della guerra del Vietnam per vedere questa forza. I media appoggiarono la brutale guerra contro il popolo vietnamita dal momento in cui gli USA cominciaro ad inviare i loro "consiglieri". Ma il movimento contro la guerra costrinse la coscienza pubblica a darsi conto della realtà - e mise l'establishment sotto pressione, compresi i media, per portare il tema al centro del dibattito.

I giornalisti poterono scrivere pezzi che rivelavano la brutalità della guerra e mettevano in discussione le bugie del governo - un processo che condusse milioni di persone a rivoltarsi contro la guerra in Vietnam, ed alla fine contribuirono a porvi fine.

I media cagnolino di Bush

Niente ha messo in luce il fatto che la stampa di Washington sia un cagnolino di Bush più della sua vigliaccheria alla conferenza stampa di due settimane fa alla Casa Bianca. Bush menzionò l'11 settembre otto volte - anche se, fino ad oggi, nessuno ha fornito alcuna prova che vi sia una qualunque connessione tra l'Iraq ed i dirottamenti.

Ma i media hanno concesso a Bush passo libero per l'uso dell'11 settembre come pretesto per la guerra all'Iraq. "Come grido di richiamo, Ricorda l'11 settembre vale quanto Ricorda il Maine del 1898 per la guerra contro la Spagna o la risoluzione del golfo del Tonkino del 1964", ha scritto il giornalista William Greider di recente.

Greider sottolinea che, secondo una inchiesta del New York Times/CBS, il 42% degli americani crede che Saddam Hussein fu direttamente responsabile degli attacchi dell'11 settembre. Ed il 55% crede che Saddam supporta attivamente Al-Qaeda, secondo dei sondaggi della ABC,

Non c'è alcuna prova a sostegno di entrambe queste convinzioni, ma ecco una domanda che non sentirete i media porre: come abbiamo contribuito a diffondere questi miti, che poi riportiamo come prova del fatto che gente voglia la guerra?

Come il giornalista Tom Wicker ha scritto di recente: "I portavoce dell'amministrazione Bush hanno presentato diverse ragioni per attaccare l'Iraq, e la stampa USA le ha presentate tutte al pubblico come fossero calate dal cielo". Wicker conclude: "stiamo vedendo una stampa americana che a volte sembra giocare nella squadra del governo piuttosto che perseguire la verità, ovunque possa essere".

"Dimmi solo dove devo mettermi"

Dan Rather viene a volte indicato come esempio del pregiudizio liberale nei media. È difficile capire perché, però, quando si consideri ciò che Rather ha da dire sulla "guerra al terrorismo".

"George Bush è il presidente, prende le decisioni, e, si sa, semplicemente come Americano vuole che mi allinei - dimmi solo dove".

"Quali ragioni si potessero avere a favore o contro George Bush minore prima dell'11 settembre, è il nostro comandante in capo, il nostro uomo, ora. Ed abbiamo bisogno di unità, di stabilità. Non sto facendo prediche, tutti lo sappiamo".

"Sarei disposto a morire per il mio paese con pochi secondi di preavviso e per ordine del mio presidente".

L'inganno del "pregiudizio liberale"

Dei molti miti sui media americani, i due più comuni sono che abbiamo una "stampa libera" e che abbiamo dei media "liberali". Nei suoi spot per Fox News Channel, canale decisamente di destra, Roger Ailes, a capo del network, riassume questi due miti in una singola frase: "L'America garantisce una stampa libera. La Libertà dipende da una stampa giusta".

L'implicazione dell'affermazione idiota di Ailes è che Fox offre un equilibrio di destra contro il pregiudizio liberale della stampa maggiore. Ma esiste un pregiudizio liberale?

Eric Alterman, editorialista di The Nation, ha condotto una ricerca tra gli articoli dei quotidiani e ha scoperto che dal 1992 la parola "media" è apparsa vicina alla frase "pregiudizio liberale" 469 volte. "Media" e "pregiudizio conservatore" erano poste in collegamento solo 17 volte. Come nota Alterman, "se le persone sono disposte a credere che i media abbiano un pregiudizio liberale è perché è questo che i media hanno detto loro per tutto il tempo".

La verità è che i media sono tutt'altro che "liberali" - e tutt'altro che liberi. La stampa è libera solo per chi la possiede - cioè miliardari e colossi economici. Ed i controllori di chi può e non può apparire nei notiziari o negli editoriali condividono in grandissima parte le idee della piccolissima elite che governa il paese.

Tutt'altro che liberali, condividono una ristretta visione del mondo che accetta il "diritto" della forza militare americana e del libero mercato a dominare le vite delle persone su tutta la terra - e questo è quello che vediamo rappresentato dai media. Quale che sia il "dibattito" che si vede nei media, esso è tra persone che condividono i presupposti - ma di tanto in tanto sono in disaccordo sulla maniera migliore di vendere i loro programmi di destra.

Perché Donahue è stato fatto fuori da MSNBC.

La trasmissione di Phil Donahue, da lungo tempo conduttore di talk show, fu cancellata dal palinsesto della MSNBC a febbraio. Perché? Un rapporto interno "filtrato" dice che il suo show presentava "un volto pubblico difficile per la NBC in tempi di guerra".

"Sembra deliziarsi nel presentare ospiti che sono contro la guerra, anti-Bush e scettici verso le ragioni del governo", diceva il rapporto. Naturalmente non si vedrà alcun rapporto su come personaggi notoriamente di destra, come Bill O'Reilly e Brit Hume di Fox News, presentano coerentemente voci a favore della guerra e di Bush.

Il documento sfuggito alla NBC descrive Donahue come "un liberale stanco, di sinistra, non più in sintonia con il mercato attuale". Di fatto, gli show di Donahue avevano una media di 446 mila spettatori ed erano quelli di maggior ascolto della MSNBC, superanto Hardball di Chris Matthews.

Ma NBC è impegnata in una corsa verso il fondo con Fox - per vedere quale network riuscirà ad avvolgersi nella bandiera più ampia. Tagliare Donahue era parte della strategia di NBC per cancellare qualunque segno potesse farla apparire un network "liberale".