5 anni di troppo
Una
breve analisi dei risultati e delle conseguenze di 5 anni di occupazione.
Di Paola Gasparoli (volontaria di "Un Ponte per..."). Reds - Giugno
2008
La guerra doveva iniziare e finire in poche settimane.
Gli iracheni, annichiliti da decenni di dittatura, due guerre e 13 anni di
embargo, avrebbero dovuto accogliere i liberatori e iniziare un percorso democratico
predeterminato dai neo-cons statunitensi accompagnati da un gruppetto di politici
iracheni fuori usciti trent'anni prima e senza nessuna credibilità
all'interno.
Ma i conti senza l'oste raramente si rivelano corretti.
L'Iraq si è dimostrato un paese molto più complesso e articolato
da gestire e gli iracheni meno addomesticabili di quanto previsto. Aggiungiamoci
le scelte degli USA che se erano funzionali ad una loro visione e ad una loro
strategia si sono rivelate fallimentari e drammatiche per la popolazione.
Occupare e e gestire un paese non è cosa semplice. Se poi il paese
in questione è una delle riserve mondiali di petrolio, se è
circondato da paesi che vogliono conquistarsi un ruolo, se è un melting
pluri culturale, religioso ed etnico e se tutti gli attori interni ed esterni
sono interessati alla ricchezza e al posizionamento strategico dell'Iraq,
si comprende bene come i conti senza l'oste non si possano proprio fare.
Ma
cerchiamo di fare il punto all'inizo del sesto anno di occupazione.
L'energia elettrica rimane un miraggio ovunque, Kurdistan compreso. I carburanti
e il gas sono spesso razionati e sempre più cari. Il sistema fognario
e idrico è al collasso e ci sono stati i primi focolai di colera. Gli
ospedali mancano di tutto, dai punti di sutura al by pass. La scuola di ogni
ordine e grado funziona a singhiozzi. Il sistema giudziario è in balia
dell'incertezza del quadro normativo e delle competenze. Le infrastrutture
agricole e industriali sono ferme o operano con enormi difficoltà e
il paese sta importando tutto. La violenza ha portato alla fuga dal paese
4 milioni di persone, tra le quali giudici, avvocati, medici, docenti, insegnanti,
giornalisti, tecnici che avrebbero potuto avere un ruolo importante nel funzionamento
di un sistema paese.
Le violazioni dei diritti umani continuano e sono commesse da tutti: truppe
straniere, mercenari, polizia ed esercito iracheno, milizie sciite e sunnite,
peshmerga kurdi, resistenza e gruppi quaedisti, bande criminali e servizi
segreti.
I morti civili superano il milione. In aumento la violenza verso le donne,
soprattutto a Bassora e nel Kurdistan che nel 2007 ha avuto una media di due
donne uccise al giorno. Orfani e vedove rappresentano un altro dato allarmante
e i rapimenti di iracheni continuano.
Sul
versante militare e della sicurezza le cose si sono ulteriormente complicate.
La
creazione del "Consiglio del risveglio" composto da leader tribali
sunniti scesi a patti con gli americani per eliminare la presenza quedista
ha portato alla creazione di altre milizie - circa 80 mila uomini - pagati
dai contribuenti americani, che non dipendono da nessun ministero e che chiaramente
stanno chiedendo la loro contropartita politica.
Non va meglio sul fronte sciita: la decisione di attaccare le milizie di Moqtada
al Sadr a Bassora si è rivelato un boomerang per il premier Maliki
e per gli USA, confermando l'appoggio popolare di cui gode il leader sciita
e il ruolo dell'Iran per avviare una fragile tregua. Il tutto nell'assordante
silenzio e nella colpevole indifferenza della comunità internazionale.