Le politiche contrattuali.
La
tesi alternativa alla tesi 8, presentata dal segretario della FIOM, Gianni
Rinaldini. Luglio 2005.
1. La nostra proposta sulle politiche contrattuali deve essere rigorosa e
coerente all’insieme della linea sindacale e politica che assume la
centralità del lavoro e la sua autonoma espressione come scelta fondamentale
per un nuovo progetto sociale.
La stagnazione economica italiana è anche il frutto di una politica
economica e industriale che ha scelto di competere nell’economia globale
sul terreno dei costi, sul peggioramento delle condizioni di lavoro, sulla
precarizzazione e sui bassi salari. Oggi occorre superare l’impostazione
monetarista che vede nel taglio della spesa pubblica e delle retribuzioni
gli strumenti per favorire lo sviluppo. Esiste un rapporto positivo tra la
necessità di affermare una nuova politica economica e industriale e
la necessità di invertire il processo in atto nella redistribuzione
della ricchezza, oggi a tutto vantaggio delle rendite e dei profitti.
1.1. Nel corso di questi anni le scelte compiute dal governo con il sostegno
della Confindustria su fisco, lavoro, Stato sociale hanno determinato una
redistribuzione del reddito contro il lavoro e le pensioni e hanno generato
precarizzazione della di vita e del lavoro. Il sistema delle imprese, inoltre,
ha utilizzato profitti e produttività per attuare, a partire dalle
grandi imprese, operazioni di natura prevalentemente finanziaria piuttosto
che di carattere industriale.
1.2. In questo contesto politico e sociale la Cgil ha condotto una convinta
battaglia a sostegno dei redditi, contro la Legge 30 e per la difesa del Contratto
nazionale di lavoro, a partire dal superamento delle regole sull’inflazione
programmata. Ciò è avvenuto anche a fronte della pratica degli
accordi separati.
2. La contrattazione di secondo livello pur con risultati diversificati all’interno
delle categorie e nelle aree territoriali è stata complessivamente
insufficiente.
2.1. La copertura dell’insieme delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti
con la contrattazione rimane un obiettivo della nostra iniziativa, non scindibile
dalla riunificazione del lavoro a fronte di processi sempre più estesi
di frammentazione e frantumazione del ciclo del prodotto. La situazione attuale
evidenzia una copertura contrattuale differenziata anche per le diverse modalità
e struttura contrattuale con le quali si esercita la contrattazione decentrata.
2.2. Nel Pubblico impiego, nei settori dell’istruzione, dell’università
e della ricerca la generalizzazione della contrattazione decentrata è
stata resa possibile dalla definizione per legge del sistema della rappresentanza
sindacale e delle Rsu. Oggetto della contrattazione è stato l’intervento
sull’insieme delle condizioni di lavoro, sulle questioni retributive
e professionali, messe in discussione anche dal taglio dei trasferimenti finanziari
al sistema delle Autonomie locali e dall’attacco al sistema dell’istruzione
e della ricerca pubblica.
2.3. Nello stesso tempo nel settore dell’impiego pubblico si assiste
a un attacco al sistema contrattuale attraverso il tentativo di revocare la
contrattualizzazione del rapporto di lavoro, che rimane punto fermo per il
sindacato, per riesumare un sistema fatto di interventi legislativi che snaturano
il ruolo e la funzione della stessa contrattazione in nome di «un primato»
dell’interesse della politica, non solo sulle tematiche relative al
rapporto di lavoro (come è successo per il Corpo nazionale dei Vigili
del fuoco, o come il Governo intende prefigurare per i docenti dopo la cancellazione
della contrattazione e delle Rsu), ma con la massiccia estensione dello Spoil
system, che stravolge i princìpi di imparzialità e di interesse
generale sui quali si basa l’agire pubblico.
3. I limiti più evidenti della nostra iniziativa contrattuale riguardano
l’intervento su tutto ciò che attiene all’organizzazione
del lavoro e ai cambiamenti prodotti dai processi di trasformazione ed esternalizzazione
delle imprese. A ciò va aggiunto l’insufficiente coinvolgimento
a partire dall’elaborazione delle piattaforme delle nuove e diverse
forme del lavoro.
3.1. In questo contesto si sono altresì accentuati i differenziali
salariali tra donne e uomini. Infatti, sia la selezione degli obiettivi del
salario derivante dalla contrattazione di secondo livello, che la caratteristica
dei modelli organizzativi del lavoro hanno limitato la partecipazione delle
donne alle dinamiche del lavoro nei singoli luoghi lavorativi.
3.2. Tali processi che avvengono nell’ambito di una situazione di crisi
del sistema industriale hanno contribuito a indebolire il nostro ruolo contrattuale
favorendo in molte realtà fenomeni che devono essere rigorosamente
contrastati, in particolare:
3.3. l’introduzione di doppi regimi contrattuali che hanno contrapposto
lavoratori in forza a lavoratori di futura assunzione;
3.4. aumenti salariali legati a parametri, indici e obiettivi non verificabili
che hanno impedito alla Rsu di esercitare un controllo reale sulla prestazione
lavorativa;
3.5. l’insufficiente rapporto fra contrattazione del salario e controllo
degli orari, ambiente e organizzazione del lavoro;
3.6. accordi sull’utilizzo degli impianti che scaricano gli orari più
disagiati su determinate fasce di lavoratrici e lavoratori;
3.7. aumenti salariali legati a parametri di presenza, a carattere individuale
e/o collettivo;
3.8. frequenti erogazioni unilaterali.
4. È ormai un dato incontestabile il fatto che in Italia si è
verificato uno spostamento della ricchezza prodotta verso i profitti e le
rendite e che le retribuzioni hanno subìto un arretramento tra i più
significativi in Europa.
4.1. Tutto questo in una fase in cui il processo di ristrutturazione delle
imprese a livello globale ha indebolito, spiazzandoli, i sistemi di regolazione
legislativa nazionale provocando una tendenza alla decontrattualizzazione
dei rapporti tra capitale e lavoro. Ciò che si intende imporre è
l’assunzione di un modello di competitività basato sulla compressione
dei costi e dei diritti quale valore assoluto nell’evoluzione aziendalistica
delle relazioni industriali.
4.2. La legislazione, di matrice liberista, enfatizza il processo di frantumazione
della forma impresa, nella moltiplicazione delle tipologie dei rapporti di
lavoro e nel rapporto diretto fra azienda e singolo lavoratore. Nella tendenza
all’individualizzazione del rapporto di lavoro sta la crisi della stessa
«forma-contratto» quale compromesso tra interessi diversi e asimmetrici
che sta alla base della tutela collettiva degli interessi più deboli.
Vi è quindi la necessità di una nuova legislazione sul lavoro
che sostituisca e abolisca quella esistente.
4.3. Anche per queste ragioni il sindacato deve saper mettere in campo una
proposta alta di politica contrattuale per ristabilire autorità negoziale,
salariale e normativa a tutti i livelli della contrattazione e per tutte le
tipologie di lavoro, in coerenza con le nostre politiche sul mercato del lavoro.
5. Il nostro Congresso si caratterizza sulla centralità del lavoro.
La politica contrattuale, le sue funzioni, i suoi compiti e il ruolo del sindacato
ne sono parte determinante.
Il problema della ridefinizione delle regole contrattuali è posto.
È dunque necessario definire i criteri di una nostra proposta che sia
funzionale ai nostri obiettivi, nella consapevolezza che l’obiettivo
della Confindustria è quello di ridurre e modificare strutturalmente
funzione e ruolo della contrattazione collettiva a livello nazionale e a livello
decentrato.
Un sistema di regole contrattuali non è un problema tecnico, di ingegneria
contrattuale, né tanto meno può essere ridotto a un fatto di
congiuntura sociale e politica, ma inerisce ruolo e funzione della contrattazione
per un non breve periodo.
La logica liberista vuole ridisegnare la stessa funzione della rappresentanza
sociale e ne subordina il ruolo a pura funzione rispetto a un solo punto di
vista, quello delle imprese e del mercato. È questa la radice più
profonda della messa in discussione del ruolo della contrattazione e delle
relazioni industriali in buona parte dei paesi industrializzati ed è
questo l’obiettivo che persegue la Confindustria con la definizione
di un nuovo sistema di regole contrattuali. Assumere la centralità
del lavoro significa volere affermare coerentemente l’espressione di
un altro punto di vista, autonomo e democratico che è quello del lavoro,
della sua valorizzazione e della solidarietà che deve poter vivere
nella contrattazione.
Questo è il valore che assegniamo alle scelte e alle opzioni che abbiamo
prodotto in questi anni come Cgil dall’Assemblea di Chianciano al Comitato
direttivo del 30 settembre 2004.
5.1. Occorre rilanciare una campagna di rinnovata politica contrattuale in
grado di riunificare il lavoro, che abbia carattere acquisitivo e non solo
difensivo, sia per le retribuzioni che per i diritti, rivendicando altresì
investimenti per l’innovazione di prodotto e di processo quale fattore
determinante per assicurare qualità, continuità produttiva e
salvaguardia dell’occupazione.
6. La Cgil nel ribadire che il sistema di regole contrattuali deve essere
unico per tutti, ritiene prioritario definirne ruolo, compito e funzioni,
essendo oramai evidente la crisi dell’attuale sistema contrattuale.
Non si tratta di definire le regole del prossimo contratto nazionale con un
accordo quadro, bensì di definire una politica contrattuale e un sistema
contrattuale, che segnerà per un periodo non breve le relazioni industriali
e quindi ruolo e funzione della rappresentanza sociale.
- Contratto nazionale;
- contrattazione decentrata;
- collegamento con le politiche negoziali in Europa;
- contrattazione confederale territoriale.
6.1. Il Contratto nazionale rappresenta lo strumento assolutamente decisivo
in cui il lavoro esercita il massimo e più unificante ruolo di solidarietà
generale sulle retribuzioni e sui diritti.
6.2. Per questo il livello nazionale della contrattazione va rafforzato e
vanno respinte regole e modelli che portano a un federalismo contrattuale
finalizzato a determinare differenze per aree geografiche e territori e a
provocare un più generale smantellamento dei diritti universalistici.
Così come il livello nazionale non va depotenziato alla luce degli
assetti istituzionali e delle titolarità introdotte già con
la riforma del titolo V della Costituzione e attribuite alle Regioni e alle
Autonomie locali, soprattutto a seguito dell’inaccettabile ipotesi di
stravolgimento della Costituzione, in particolare con la «devolution»
in tema di sanità e assistenza, istruzione, polizia locale.
6.3. Contratto, fisco, politiche sociali devono coerentemente essere affrontati
con l’obiettivo di invertire l’attuale tendenza e recuperare,
nella distribuzione della ricchezza, quote verso il lavoro e le pensioni.
La redistribuzione della ricchezza verso profitti, rendita e finanza non viene
registrata dagli indici d’inflazione anche se poi essa si manifesta
come condizione sociale e potere d’acquisto sociale. Il potere d’acquisto,
la situazione economica, quote di produttività e la distribuzione della
ricchezza devono essere i criteri di riferimento del Contratto nazionale.
Starà all’autonoma valutazione delle organizzazioni sindacali
decidere come equilibrare le proprie richieste nazionali rispetto all’insieme
della situazione sociale ed economica, fermo restando l’obiettivo della
redistribuzione della ricchezza e dell’aumento delle retribuzioni reali
in sede nazionale.
6.4. Un contratto nazionale che allarga le competenze è la condizione
necessaria per puntare nella contrattazione articolata alla riunificazione
della rappresentanza del lavoro, con una vertenzialità di sito industriale,
di filiera, di prodotto, di servizio.
Per questo accanto alla contrattazione aziendale e di gruppo, bisogna prevedere
un forte coordinamento tra obiettivi e sedi di rappresentanza e di trattativa:
a livello di sito e a livello di filiera.
Una nuova e più incisiva legislazione sugli appalti può contribuire
alla difesa dei diritti, salute, sicurezza, legalità.
6.5. È necessario introdurre strumenti che incentivino il rispetto
da parte delle controparti pubbliche e private dei rinnovi contrattuali, a
tal fine va incrementato il valore dell’indennità di vacanza
contrattuale con una tempistica e gradualità che abbia come riferimento
il prolungarsi dei tempi della trattativa.
Una valutazione a parte merita poi la questione per la quale i Ccnl pubblici
vengono sempre rinnovati in ritardo rispetto alle loro scadenze e, una volta
sottoscritti, diventano esigibili dalle lavoratrici e dai lavoratori in tempi
lunghi e comunque superiori alle stesse disposizioni legislative in materia.
È necessario introdurre strumenti che incentivino il rispetto da parte
del Governo e di tutte le controparti pubbliche delle scadenze e tempistiche
previste. In particolare dopo i novanta giorni dalla scadenza del Ccnl, nel
caso in cui le trattative non siano state ancora aperte, le eventuali azioni
di lotta proclamate dalle Organizzazioni sindacali potranno derogare dai contenuti
della Legge 83/2000 sulla regolamentazione del diritto di sciopero nei servizi
pubblici a eccezione della garanzia sui servizi minimi essenziali che andrà
comunque mantenuta. Inoltre dopo la sottoscrizione il Contratto nazionale
si intenderà definitivamente approvato e quindi esigibile se entro
45 giorni dalla sua firma i comitati di settore e gli organi di controllo
non avranno espresso esplicite riserve o dinieghi.
7. Per rafforzare l’autorità normativa occorre inoltre realizzare:
7.1. Una normativa nel Ccnl sulla politica degli orari, in grado di contrastare
tutti gli aspetti di deregolamentazione introdotti dalla legislazione e stabile
regole di sostegno alla contrattazione di secondo livello.
Il sistema degli orari delle turnazioni e delle flessibilità deve favorire
la possibilità di conciliare per uomini e donne complessivamente il
tempo di vita ricostruendo organicamente una strategia di riduzione del tempo
di lavoro a 35 ore settimanali.
Per questo deve essere confermato l’orario settimanale e rafforzato
il ruolo contrattuale delle Rsu nella definizione degli orari plurisettimanali.
L’offensiva della Confindustria per la gestione unilaterale del tempo
di lavoro è l’espressione più evidente della volontà
di ridurre la contrattazione collettiva a un fatto residuale, puramente adattiva
a un unico punto di vista, quello dell’impresa esautorando le Rsu di
qualsiasi prerogativa negoziale.
La Cgil è impegnata al controllo degli orari e a respingere l’uso
strumentale della direttiva e dei dispositivi europei sugli orari e ritiene
inaccettabile che si possa affermare a livello europeo a partire dall’annualizzazione
degli orari una pratica derogativa in pejus rispetto ai contratti nazionali.
Si tratta di riprendere il controllo degli orari di fatto e del ricorso agli
straordinari, nonché di rilanciare la strategia dei contratti di solidarietà
quale strumento per difendere l‘occupazione e la stessa integrità
dell’impresa in una fase di crisi industriale e di aumento delle delocalizzazioni,
rifiutando qualsiasi procedura di riduzione occupazionale che preveda i licenziamenti.
7.2. Coerentemente con le scelte compiute contro la Legge 30 nella contrattazione,
va perseguito l’obiettivo di renderne inefficace l’applicazione.
Il sindacato deve operare anche sul piano contrattuale per l’abrogazione
della Legge 30, in particolare contrastando quelle norme che liberalizzano
gli appalti e introducono nuove figure di precarietà come il lavoro
a chiamata e il lavoro in affitto a tempo indeterminato e stabilire regole
e diritti per tutti i lavoratori con l’obiettivo generale della trasformazione
a tempo indeterminato di tutti i rapporti di lavoro precari superando in questo
modo gli effetti della legislazione sul lavoro.
7.3. Va ridefinito un sistema informativo che in un quadro di democrazia industriale,
fornisca gli strumenti per rendere esigibile il diritto alla conoscenza preventiva
al fine di consentire la contrattazione d’anticipo a monte dei processi
di ristrutturazione e quindi delle strategie d’impresa a partire dalla
cessione di ramo d’azienda, mettendo i lavoratori e le lavoratrici e
le loro organizzazioni nelle condizioni di potersi avvalere di esperti e strutture
competenti di loro scelta.
7.4. Ridefinire un sistema classificatorio nazionale per l’individuazione
delle professionalità anche attraverso un sistema di regole che rafforzi
il ruolo della contrattazione aziendale.
7.5. Azioni positive per pari opportunità, per le lavoratrici al fine
di impedire discriminazioni di genere.
7.6. Istituzione di un Osservatorio nazionale con articolazioni decentrate
aventi per finalità l’eliminazione di comportamenti discriminatori
nei luoghi di lavoro.
7.7. Formazione e riqualificazione prevedendo, nei rimandi a livello decentrato,
normative (orari, luoghi, modalità) in grado di rendere esigibile questo
diritto da tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici, compatibili con i carichi
familiari che incidono prevalentemente sulle donne.
7.8. Un sistema di contrattazione e di controllo che unifichi l’insieme
dei lavoratori coinvolti su tutto ciò che attiene ai piani della sicurezza
e a azioni preventive per la tutela della salute e per impedire infortuni,
malattie professionali, morti sul lavoro.
7.9. Gli enti bilaterali non devono svolgere funzioni di certificazione a
partire dai rapporti di lavoro, ne tanto meno gestire il mercato del lavoro.
8. Il secondo livello di contrattazione deve avere per oggetto l’organizzazione
del lavoro, l’ambiente di lavoro, la produttività, la qualità,
la professionalità nei luoghi lavorativi. La contrattazione non potrà
più limitarsi alla pura contrattazione del premio di risultato. L’esperienza
ci ha insegnato che, salvo importanti eccezioni la funzione partecipativa
del premio di risultato è stata nulla. La contrattazione deve, in primo
luogo, affrontare i problemi dell’organizzazione e della condizione
di lavoro, tenendo conto della professionalità e del salario aziendale.
La contrattazione deve porsi l’obiettivo di stabilizzare la parte prevalente
del premio di risultato, partendo da quanto sinora raggiunto. Vanno superati
gli indici riferiti ai bilanci e il legame con la presenza, mentre la contrattazione
della parte variabile dovrà essere strettamente collegata a quella
della prestazione e dell’organizzazione del lavoro.
8.1. Questa riconquista della capacità di intervento autonomo delle
lavoratrici e dei lavoratori sulle proprie condizioni di lavoro, sull’organizzazione
della produzione o delle modalità di offerta dei servizi pubblici,
è tanto più importante di fronte ad una scelta esasperata da
parte delle imprese e di buona parte della Pubblica amministrazione per una
competitività fondata sui costi. Si è determinato in questo
modo un intervento unilaterale, solo in parte contrastato dalla contrattazione,
che ha fatto arretrare prassi negoziali condivise sulla gestione degli orari
di lavoro, sui carichi di lavoro, sulla qualità del lavoro e che ha
prodotto l’estensione della precarietà.
8.2. Nella contrattazione di secondo livello, vanno riaffermati i valori di
solidarietà, equità, uguaglianza, di rispetto delle differenze
(di genere, etniche ecc.) come fondamento per una iniziativa di portata strategica
e coerente con l’iniziativa della Cgil. L’unificazione dei diritti
è l’obiettivo prioritario della nostra iniziativa. Questo significa
l’estensione a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori dei risultati
contrattuali e la definizione di percorsi e modalità per la trasformazione
dei rapporti di lavoro precari a tempo indeterminato.
8.3. Nella contrattazione va rilanciato l’impegno della Cgil a tutela
della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori, per una diversa gestione
delle 626 che finora non ha portato a concreti miglioramenti nella difesa
della salute nel mondo del lavoro.
Nei luoghi di lavoro occorre realizzare ogni anno un’assemblea retribuita
esclusivamente dedicata alla tutela della salute. Rls ed Rsu devono operare
sulla base di precisi programmi di salute e sicurezza costruiti con i lavoratori
e contrattati con le imprese che devono avere l’obbligo di fornire agli
Rls tutta la documentazione necessaria.
8.4. Nel lavoro pubblico la contrattazione integrativa deve rappresentare
lo strumento principale per valorizzare il lavoro, costruendo un rapporto
fra la contrattazione e un nuovo spazio pubblico, sul versante della tutela
dei diritti delle persone, dell’efficacia e della trasparenza dell’agire
pubblico.
9. Territoriale, di sito, di distretto, di filiera.
9.1. Ferma restando la scelta prioritaria del livello aziendale, la Cgil,
al fine di estendere la contrattazione decentrata, in particolare nelle piccole
imprese, ritiene che i contratti nazionali di categoria potranno prevedere
il ricorso anche a questo livello decentrato, il suo confine e le materie
a esso demandate. Non deve trattarsi di un livello aggiuntivo a quello aziendale,
né tanto meno contrapposto. Saranno i singoli comparti e relativi Ccnl
a definire, sulla base della struttura del modello produttivo, delle sue articolazioni
e dei cambiamenti verificatisi in questi anni sia nel pubblico che nel privato
e nel terziario, a individuare le modalità, le caratteristiche e gli
strumenti dell’eventuale livello territoriale.
9.2. Alcune esperienze si sono consolidate, altre vanno ridefinite individuando
ambiti di sperimentazione anche per far fronte a una filiera produttiva lunga
e articolata in più tipologie contrattuali. La Cgil ritiene pertanto
utile – al fine di respingere la logica del supermarket contrattuale
che produce dumping sociale – dare vita a una stagione che nell’ambito
della contrattazione decentrata sperimenti azioni contrattuali intercategoriali.
Questa sperimentazione apre la strada alla soluzione di un problema più
generale. È evidente che le categorie sindacali sono nate e si sono
definite sulla base delle diverse esigenze che le differenze dei cicli produttivi
determinavano. Oggi queste differenze sono in gran parte saltate nel settore
privato e pubblico. Tutto questo produce la necessità di ripensare
l’organizzazione sindacale rispetto all’attuale suddivisione delle
categorie e dei contratti.
Si tratta allora di ridefinire l’organizzazione corrispondente all’attuale
modello sociale e alle scelte di politica rivendicativa che vogliamo compiere
per la riunificazione del lavoro.
9.3. In questo contesto la contrattazione di sito e di filiera, dovrà
mettere in rete le varie strutture sindacali aziendali presenti nell’unità
produttiva, per apportare politiche rivendicative in grado di armonizzare
e migliorare le condizioni di lavoro.
9.4. L’obiettivo di consolidare ed estendere l’esercizio della
contrattazione per i livelli decentrati (territoriali, sito, distretto, filiera)
impone l’individuazione di forme organizzative in grado di assicurare
un allargamento della rappresentanza e dei diritti sindacali.
10. La Cgil considera vincolante il referendum dei lavoratori e delle lavoratrici
su tutto ciò che attiene sia le piattaforme che gli accordi in cui
sono coinvolti.
11. Europa
11.1. Fermo restando ciò che viene proposto nelle tesi sulle politiche
europee, occorre prevedere un livello contrattuale per la dimensione sovranazionale
dell’impresa, che affronti la nuova dimensione societaria in ambito
europeo, che intervenga su tutto ciò che ha prodotto la forte delocalizzazione
e il nuovo assetto delle multinazionali, che preveda strumenti e regole per
le direttive sul lavoro e sul ruolo dei Cae, degli organismi previsti dalle
direttive sulla Società europea, che consegni al sindacato una funzione
contrattuale e non solo informativa.
11.2. La Ces deve svolgere un ruolo di soggetto negoziale, al fine di promuovere
azioni utili alla realizzazione di una politica di coesione sociale a livello
europeo.
11.3. Una delle questioni più importanti che va messa al centro del
confronto negoziale sovranazionale, in particolare per le imprese multinazionali,
riguarda la responsabilità sociale dell’impresa nei confronti
dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, dell’ambiente e dell’economia,
in tutti i paesi in cui opera.
12. Il ruolo confederale nella contrattazione territoriale e sociale
12.1. Dalle politiche di sviluppo alle politiche contrattuali emerge con forza
la necessità di aprire una nuova fase per la contrattazione confederale
nel territorio, anche attraverso processi democratici di coinvolgimento dei
lavoratori, delle lavoratrici, dei pensionati e delle pensionate.
12.2. Tale scelta è ancora più urgente per il peso che le politiche
sociali territoriali e di sostenibilità e sicurezza ambientale hanno
assunto sia per quanto riguarda gli effetti della redistribuzione del reddito
sia per quanto riguarda le più specifiche politiche dello sviluppo
locale. Per tale obiettivo è necessario coinvolgere le associazioni
che possono contribuire alla costruzione di uno sviluppo di qualità
sia dal punto di vista sociale che occupazionale e ambientale.
12.3. Il fine è quello di progettare e definire politiche di sviluppo
locale del territorio, affrontando i temi della reindustrializzazione, della
finalizzazione specialistica di filiera, di nuovi insediamenti industriali,
della riunificazione del lavoro, dello sviluppo sostenibile quindi legato
ai problemi dell’ambiente e della tutela del territorio, della crescita
professionale con la formazione d’anticipo e i fabbisogni formativi;
e affrontando le politiche sociali e dei servizi come fattore di sviluppo
nel territorio.
12.4. La programmazione negoziata e la contrattazione sono necessarie affinché
vi sia un uso delle risorse che premino il territorio ed evitino dispersioni
a pioggia, responsabilizzando le istituzioni in una funzione di effettiva
promozione dello sviluppo.
12.5. L’intreccio di queste politiche devono vedere la confederazione
assumerle in accordo con le categorie compreso lo Spi, trovando risposte di
rappresentanza e di reinsediamento confederale nel territorio.
12.6. L’insieme del ruolo della contrattazione confederale territoriale
e del ruolo della contrattazione nei posti di lavoro, deve consentire all’insieme
del sindacato di elevare la sua capacità di rappresentanza e di riunificazione
degli interessi di uomini e donne, siano essi lavoratori, cittadini, studenti,
pensionati, immigrati, ragazzi e ragazze che costituiscono il nuovo contesto
del mondo del lavoro e della società in cui viviamo.
12.7. Per la Cgil è essenziale elaborare e mettere in campo una strategia
capace di evitare il rischio di una frattura fra le generazioni. È
dunque necessario, recuperare il potere d’acquisto delle pensioni e
garantirne nel tempo la tenuta. Perché ciò avvenga, è
necessario determinare un sistema di aggancio automatico delle pensioni all’incremento
medio dei salari che si aggiunga al recupero dell’inflazione.
13. Le nostre proposte sulle politiche della contrattazione e il ruolo negoziale
del sindacato dovranno continuare a misurarsi con Cisl e Uil al fine di costruire
obiettivi comuni e progetti unitari in grado di sostenere e difendere le esigenze
e i bisogni delle lavoratrici, dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati
del nostro paese.
Gianni Rinaldini
Segretario generale Fiom-Cgil