Ferrovie private e morti pubbliche.
Cronaca
di incidenti annunciati. Di Loris Brioschi. Ottobre 1999.
Il
recente e disastroso incidente ferroviario di Londra, (centotrenta tra morti
accertati e cadaveri "cremati" che non si troveranno mai più),
ha destato enorme impressione in Gran Bretagna e nell'Europa intera scuotendo
anche la coscienza dei pennivendoli borghesi. Le ragioni, quelle vere, vanno
ricercate lontano. Bisogna,
per capire quanto è successo, fare riferimento alle trasformazioni
avvenute nel trasporto ferroviario inglese durante il passato governo Thatcher. Le
ferrovie italiane si fanno in quattro, ma per chi? Il
lento processo della privatizzazione delle ferrovie risale ai primi anni '80,
quando si assistette al famoso referendum interno da cui, come risultato,
si ebbe lo sganciamento dal pubblico impiego. Si diceva che con la privatizzazione
le FS sarebbero state risanate dal deficit cronico da cui erano afflitte,
che il servizio avrebbe guadagnato efficienza e, finanche, che i ferrovieri
avrebbero guadagnato di più. Il
nuovo piano di ristrutturazione "Demattè - Cimoli" La
gestione Demattè-Cimoli, in ottemperanza alla direttiva del governo
D'Alema, ha varato un piano d'impresa in cui i programmi operativi e le linee
concrete di intervento sono articolati in sei capitoli:
N°dipendenti al 1999
N°dipendenti al 2003
Differenza
dipendenti 1999-2003
Costo
Lavoro Unitario 1999
Costo
Lavoro Unitario 2003
Differenza CLU
La
riduzione del costo medio unitario è ipotizzato attraverso la riduzione
di salari (ipotesi extra costo). Prima
che iniziasse il processo di privatizzazione i ferrovieri erano in tutto 220.000
di cui 8.000 quadri e 870 dirigenti; oggi, sono 116.000 di cui 15.400 quadri
e 980 dirigenti ovvero a fronte della diminuzione dei lavoratori addetti al
ciclo produttivo si è avuto un tale incremento del numero dei dirigenti
da annullare gli effetti della riduzione del costo del lavoro fino a determinare
un sostanziale incremento dei costi e che ora si vogliono scaricare di nuovo
solo su chi realmente lavora e produce. Con
lo "smembramento" infatti i privati potranno gestire società
con un basso costo del lavoro e senza l'obbligo di dovere effettuare quegli
investimenti necessari per colmare decenni di sviluppo solo autostradale e
che rimarranno a carico dello Stato mentre i capitali privati potranno focalizzare
il loro impegno solo nei settori competitivi e profittevoli a cominciare dalla
spartizione dell'immenso patrimonio immobiliare che le FS stanno loro letteralmente
svendendo. I
costi del capitalismo Le
morti atroci di Londra, sono il costo da pagare per i profitti della Great
Western Train. E' infatti per incrementare tali profitti che le norme di sicurezza
sono un "optional" e che nella scala dei valori capitalistici i
guadagni sono in cima e la vita dei pendolari viaggiatori molto distante da
essa. Non è la sola a idolatrare il dio denaro sempre più onnipotente
nelle società felice del "mercato globalizzato". Se vi viene
qualche dubbio date un'occhiata alla lista delle morti per lavoro, soprattutto
in Italia. La logica del massimo profitto non può che portare a questo.
Ma lo stesso avviene nelle compagnie aeree, portate a farsi concorrenza stracciando
i prezzi ma anche i controlli di sicurezza, e cosa dire di quello che avviene
nella sanità privatizzata con le sue camere iperbariche?
La lady di ferro, in piena coerenza con i dettami del neo-liberismo secondo
cui solo se esistono più soggetti ad offrire lo stesso prodotto, cioè
solo in regime di libera concorrenza, si possono combinare qualità
e basso prezzo, diede il via alla privatizzazione delle Ferrovie inglesi secondo
un modello molto simile a quello ora fatto proprio anche dalle Ferrovie italiane.
Abbattimento dei costi e miglioramento della qualità del servizio dovevano
essere il risultato finale di tanta furia privatizzatrice; è accaduto
il contrario, anzi - come è noto - il servizio oggi fornito in Gran
Bretagna è uno dei più bassi in qualità e sicurezza e
i prezzi sono fra i più alti d'Europa. Un percorso di circa 80 chilometri
costa qualcosa di più di quanto costa in Italia un percorso di trecento
chilometri e la sicurezza ha raggiunto livelli bassissimi come dimostrano
gli innumerevoli altri incidenti accaduti in questi anni e i relativi altri
morti. Dire, quindi, che la soluzione liberista sia l'unica in grado di offrire
il miglior servizio al minor costo è assolutamente falso mentre sicuramente
è vero che essa è lo strumento migliore per incrementare i profitti
dei privati scaricando le perdite sulla collettività.
Infatti, lo stato inglese con questa scelta, non ha certo risparmiato, poichè
già nel primo anno di presenza dei privati il costo delle sovvenzioni
è passato da 1000 a 2100 milioni di sterline, per non parlare delle
emissioni di azioni per la Railtrack (la società che gestisce i binari)
vendute ad un valore dimezzato rispetto a quello dei beni: una perdita secca
per lo stato ed i contribuenti. Società che poi incassa i soldi dall'affitto
delle linee ad altre compagnie private, che a loro volta sono di sovvenzioni
pubbliche. Con questo denaro il governo inglese avrebbe potuto investire nella
sicurezza degli impianti e rilanciare le ferrovie. Oggi, dopo che il governo
conservatore Major con la privatizzazione della British Rail si è liberato
dei costi delle ferrovie facendo fare ai privati immensi utili, il governo
laburista Blair annuncia che investirà altri 1000 milioni di sterline
pubbliche per gli impianti automatici di sicurezza. Non comprendendo che i
problemi di sicurezza non potranno mai essere risolti con il sistema liberista,
il cui unico scopo è quello di incrementare i profitti a qualsiasi
costo.
Tutti ricorderanno i risultati della prima gestione Ligato, poi, di quella
Schimberni e infine di quella Necci. Accomunate da colossali rapine del denaro
pubblico e dalla fuoriuscita dal ciclo produttivo di circa centomila ferrovieri
hanno portato le ferrovie letteralmente al collasso. Centinaia e centinaia
di chilometri di linee abbandonate, stazioni chiuse, il traffico merci crollato
e il deficit alle stelle. Ce n'era abbastanza perché l'equazione privato-efficienza
facesse sorgere qualche dubbio e invece ecco una nuova riforma che spinge
la privatizzazione fino alle più estreme conseguenze, ovviamente anche
questa volta a sentire gli autori essa è fatta nell'interesse della
collettività e degli stessi ferrovieri.
Con l'entrata in Europa e con vari dispositivi legislativi (vedi la direttiva
440, prevedeva solo la separazione contabile fra i diversi settori dell'azienda)
il traguardo del risanamento è stato collocato all'interno della logica
dello "spacchettamento" dell'azienda; le Ferrovie - come dice lo
slogan pubblicitario - cioè, si fanno in quattro. Il processo produttivo
viene, infatti, scisso per vettori affini tipicizzando i contratti in relazione
alle caratteristiche del servizio offerto.
1) Investimenti per l'ampliamento e l'ammodernamento dell'infrastruttura,
l'automazione della circolazione e l'ammodernamento del materiale rotabile
come base per l'incremento della capacità produttiva, la riduzione
dei tempi di percorrenza, il rafforzamento dell'integrazione con altre modalità
di trasporto, la valorizzazione delle valenze positive delle ferrovie rispetto
all'inquinamento ambientale, alla densità di traffico, sicurezza per
un deciso innalzamento della qualità del servizio. Gli investimenti
previsti sono pari a 90 mila miliardi di cui 55 mila nell'arco di durata del
piano;
2) Incremento dei ricavi da traffico grazie a una maggior concentrazione dell'offerta,
e una politica di marketing resa possibile anche dalla liberalizzazione delle
tariffe. E' previsto un aumento complessivo dei ricavi di quasi il 30%, pari
a 1.325 miliardi (risultato a valle di una modifica cautelativa approvata
dal C.d.A. vista la situazione economica generale e la revisione al ribasso
del futuro andamento del Pil);
3) Valorizzazione/dismissione del patrimonio non strumentale e non strategico.
Sono previste entrate per 2.900 miliardi nel periodo 2000-2003;
4) Contenimento dei costi operativi di esercizio, con un "efficientamento"
di oltre 400 miliardi che si dovrebbe raggiungere senza penalizzare il necessario
incremento della qualità;
5) Adeguamento dei contributi pubblici (comunque dovuti dal "Cliente
Stato"' a FS) per oltre 400 miliardi, nel 2003, rispetto al 1998;
6) Allineamento del costo ai parametri degli operatori di riferimento europei,
che hanno oggi costi più bassi del 34/43%.
A questo proposito, si sottolinea che il Tavolo Tecnico, Ministero del Tesoro/
Ministero dei Trasporti/Ferrovie dello Stato, ha già validato che il
Piano deve consentire un recupero di produttività di circa il 27%.
mentre ha stabilito che si deve raggiungere una riduzione del costo per dipendente
da un minimo del 15% fino al 32%.
Il ricorso a "esuberi" non gestibili attraverso il normale turnover,
gli esodi volontari e l'utilizzo del Fondo appositamente costituito, potrà
essere limitato se le parti individueranno strumenti innovativi per il contenimento
del costo complessivo del lavoro.
Dall'analisi dei punti esposti dal documento C.d.A. si intuisce che tutto
il piano mira all'abbattimento del costo del lavoro (vedi la tabella sotto)
anche se finora nonostante la forte riduzione del personale addetto all'esercizio
l'obbiettivo non è mai stato raggiunto.
Divisione
PAX
17.790
13.620
-4.710
79.482.855
71.071.953
-8.410.902
CARGO
16.850
13.270
-3.580
81.502.373
69.856.819
-11.745.554
TMR
23.594
19.453
-4.141
81.800.457
73.818.948
-7.981.509
Gruppo
Trspo
58.234
46.343
.11.891
81.035.134
71.877.090
-9.158.044
Da questi numeri sono esclusi il personale Holding, Unità Tecnologia
e Materiale Rotabile, Unità Servizi Amministrativi e tutta la galassia
di società del gruppo come Metropolis, Italfer, ecc. (55) che sono
nella stessa misura interessate al problema
Infatti, con la "divisionalizzazione" per ogni specializzazione
di servizio, T.L. (trasporto locale) PAX (treni lunga percorrenza) A.T. (alta
velocità), viene definita una specifica organizzazione di gestione,
di normativa di lavoro e di contrattazione. Si ottiene così la diversificazione
dei contratti di lavoro e un obbiettivo indebolimento dell'intera categoria.
I ferrovieri, pur continuando a fare lo stesso lavoro avranno contratti diversi
a seconda che appartengono all'una o all'altra delle società che gestiranno
il servizio per cui la loro capacità rivendicativa risulterà
fortemente indebolita. Inoltre poiché gli esuberi che si dovessero
determinare in una società a causa di eventuali cali di produzione
e della maggiore flessibilità del lavoro, non possono trasmigrare in
un'altra società, le società che dovessero registrare carenze
di organico le potranno colmare mediante l'assunzione con i contratti di formazione-lavoro
(costo minore, soggetti fortemente ricattabili per la loro precarietà
sul lavoro, soggetti a nuovi contratti) e quindi di fatto favorendo la riduzione
dei salari che è ritenuto il presupposto per favorire l'ingresso dei
privati nel settore.
Inoltre, poiché la Legge Bassanini demanda il finanziamento del Trasporto
Locale alle Regioni, saranno queste a scegliere fra i vari vettori quelli
più convenienti per cui è facile immaginare lo scontro che si
avrà tra i singoli vettori per abbattere il costo Km/servizio, per
l'acquisizione di queste quote di traffico e come questo abbattimento inciderà
sul costo del lavoro e sulla riduzione dei costi strutturali necessari per
garantire qualità e sicurezza del servizio.
Siamo con tutta evidenza, dunque, in presenza dell'ennesimo progetto che pur
di assicurare al capitale nuovi ambiti in cui realizzare lauti profitti non
esita a distruggere un servizio pubblico essenziale e a scaricarne gli oneri
sui lavoratori sia ferrovieri che utenti.
Fino a quando accetteremo tutto questo ?