La serrata dei "camionisti" è contro i lavoratori dei trasporti.
Un autista racconta i bisogni e le frustrazioni dei lavoratori dei trasporti. REDS. Giugno 2000.


Dopo due giorni di sciopero totale il Governo ha ceduto alle pressioni dei potenti sindacati degli Autotrasportatori. L'economia italiana che ha scelto di dipendere per il trasporto delle merci dai mezzi su gomma è stata messa in ginocchio.
A tempi di record dopo, una trattativa durata pochissimo il Governo ha emesso un decreto che stanzia per il 2000 127 miliardi e per il 2001 altri 131 miliardi che, sommati ad altri provvedimenti che aveva già in cantiere, porta la spesa complessiva oltre i 1000 miliardi.
Questa serrata che è stata provocata in ultima analisi dall'aumento del prezzo del gasolio che ha fatto lievitare i costi del trasporto oltre i limiti che consentivano un ragionevole livello di competitività e un margine di profitto accettabile ha visto uniti, con accentuazioni decisamente diverse, il Cuna (che riunisce i padroni delle grosse compagnie di trasporto) e la Fita (che riunisce i piccoli trasportatori).
I grossi trasportatori ponevano dei problemi, tanto per cambiare, di riduzione del costo del lavoro per recuperare i maggiori costi fissi , mentre i piccoli rivendicavano un recupero sul piano fiscale.

Per soddisfare le esigenze delle grosse compagnie il decreto governativo prevede in primo luogo che i padroni possano non pagare i contributi sul 50% degli straordinari e delle indennità di trasferta fatti dai propri dipendenti e, in secondo luogo possano beneficiare di un contributo che ridurrà del 14% i premi INAIL.
Per quanto riguarda invece i trasportatori artigiani il Governo ha consentito la possibilità di aumentare di 10000 lire al giorno la quota che questi possono dedurre dal loro reddito (e ottenere in questo modo sgravi fiscali) aumentandole sulla quota di spese non documentabili; nel decreto si dice inoltre che questa deducibilità è retroattiva, in determinate condizioni, anche per il 1999.

Cgil, Cisl, e Uil che rappresentano i lavoratori dipendenti e non i padroni (e pertanto non hanno avuto nessun peso in questa vicenda) hanno espresso un giudizio fortemente negativo sul provvedimento che penalizza i lavoratori dipendenti,in quanto questi si vedrebbero decurtata una parte sensibile dei propri contributi ai fini pensionistici, visto che la quota di straordinari e le trasferte fatte da questi sono in quantità molto elevata; inoltre il provvedimento agirebbe come incentivo a utilizzare con maggior larghezza questi istituti con conseguente peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori.

Appare evidente quindi come questo governo ha agito esclusivamente nell'interesse della grande e della piccola borghesia organizzate in sindacati tra i più corporativi del mondo del lavoro. Ma questo non ci stupisce visto che in altre occasioni ha agito nella stessa identica direzione.
Quello che però in questo articolo ci interessa maggiormente approfondire è la condizione in cui si trova a prestare la sua opera i dimenticati, cioè i lavoratori dei trasporti, e quali sono le sue reali esigenze.
Ne parliamo con un trasportatore che ha voluto portarci la sua esperienza.

Pino ha lavorato in diverse compagnie di trasporto, alcune molto grandi e altre meno grandi. È stato impegnato anche sindacalmente con risultati scarsamente positivi proprio per la estrema difficoltà che si incontrano in questo particolare ambiente dove ogni lavoratore passa la maggior parte del suo tempo sul suo mezzo, nel più totale isolamento rispetto i suoi colleghi di lavoro. Fare attività sindacale, costruire cioè una azione collettiva per la soluzione dei problemi di tutti è veramente impresa ardua. Ci si espone, si pagano dei prezzi personali anche molto pesanti, con risultati deludenti dall'altra parte della bilancia. Attualmente Pino è dipendente di una piccola società cooperativa che ha 12 dipendenti .

La grande maggioranza dei lavoratori dei TIR vivono in una situazione di costante pressione da parte dei propri padroni che spudoratamente non rispettano proprio quelle norme del contratto nazionale che dovrebbero limitare i livelli di sfruttamento. Ad esempio non conteggiando tutte le ore di lavoro che questi mettono a disposizione dell'azienda.
Nonostante le varie franchigie previste dal contratto i padroni tendono sempre a spostare in avanti l'orario oltre il quale è costretto a pagare le indennità straordinarie. In generale preferiscono forfetizzare il tutto sotto la voce trasferta per nascondere il reale livello di sfruttamento a cui sottopongono i lavoratori e per ridurre il carico fiscale a cui lo straordinario è sottoposto.
Impediscono anche molto energicamente che il lavoratore si faccia fotocopia del cronotacchigrafo (un piccolo grafico installato sui mezzi che dice l'effettivo orario di lavoro) temendo una possibile vertenza, negando in questo modo il diritto del lavoratore di possedere una copia di questo documento.

Stressante e defatigante è la situazione in cui la grande maggioranza dei lavoratori si trovano a sostenere durante le attese nei punti di arrivo: enormi piazzali, sotto il sole o al freddo, senza servizi igienici e di ristoro, dopo avere macinato qualche migliaio di chilometri, in attesa di essere chiamati da un altoparlante alla postazione di scarico, per poi accorgersi spesso di doversi trasformare in scaricatori perché l'azienda che riceve la merce ha solo personale che gestisce il magazzino quando la merce è già stata scaricata.
A volte si devono sbancalare interi carichi per riconfezionarli su bancali di grandezza conforme alle esigenze dei clienti. Chi, esasperato, ha il coraggio di protestare si sente dire al telefono dal proprio padrone di non essere polemico e di prestarsi invece cortesemente, in cambio di una elemosina (quando va bene) a farsi carico delle esigenze del cliente.

Anche se continua ad essere in vigore la legge che impone due conduttori oltre i 400 Km, per consentire dopo 8 ore di guida il cambio, questa viene completamente disattesa con la totale complicità delle forze dell'ordine che non fanno nessun controllo in merito.
Al lavoratore vengono affidai mezzi sempre più veloci per poter fare il maggior numero di chilometri in meno tempo e ingrossare più velocemente le tasche dei padroni.

I lavoratori che hanno alle spalle un passato di lotte e che potrebbero avere una funzione di guida per i giovani sono in estinzione per un fatto fisiologico e vengono sostituiti, nella maggioranza dei casi da lavoratori con caratteristiche diverse. Si tratta di dipendenti di cooperative, il cui rapporto di lavoro è precario e possono essere in qualsiasi momento cacciati via; devono stare zitti, non fanno sciopero, fanno una valanga di straodinari, accettano mansioni improprie (facchinaggio) il tutto con salari da fame.

Nascono fenomeni di divisione tra i lavoratori che si trovano cosi in più gravi difficoltà nel momento in cui si dovrebbero fare delle lotte in difesa dei diritti di tutti i lavoratori (contratti, ecc..).

Questa barbarie raggiunge livelli intollerabili quando in gioco entrano i lavoratori immigrati che accettano almeno, in una prima fase, condizioni di lavoro disumane mettendosi in concorrenza con i lavoratori del luogo accentuando la divisione.
Abbiamo notizie di padroni che danno in affitto a questi lavoratori il camion per consentire a loro, che generalmente non hanno casa, di poter pernottare al coperto; ci sembra che questa cosa si commenta da sola.

La sfortuna di questi padroni è che molto spesso questi lavoratori che magari nonostante le loro fatiche e i loro sacrifici sottopagati, vanno dai sindacati per rivendicare il dovuto come da contratto.
Le ultime trovate di questi padroni per aggirare l'ostacolo costituito da lavoratori immigrati che decidono di farsi valere consistono nel fare apparire il rapporto di lavoro regolare, dando ai lavoratori buste paga regolari ma pagandoli in contanti con cifre dimezzate rispetto quanto riportato sul cedolino.

Per questi motivi, che hanno fatto dell'Italia il far-west dei trasportatori, un territorio senza regole, le compagnie straniere presenti stanno aumentando. È questo a loro vedere l'ambito in cui è possibile sfruttare al meglio i lavoratori e mietere profitti in quantità, sempre ovviamente a spese dei lavoratori.

Quei lavoratori che decidono di uscire da questo giro vizioso mettendosi in proprio si trovano a dover far fronte alla concorrenza di compagnie molto meglio attrezzate, e si trovano loro malgrado a essere un parametro che serve a queste per tenere ancora più bassi i salari dei lavoratori. Lavoratori che si trovano a vedere nei padroncini i loro nemici piuttosto che i propri veri sfruttatori.

Sulla base di questa denuncia risulta veramente difficile sostenere che il Governo ha ceduto alle richieste dei camionisti. La realtà è ben diversa: il Governo ha agito nell'interesse dei padroni per metterli in condizione di poter sfruttare meglio e più intensamente i lavoratori. Tutto ciò in presenza di un movimento sindacale assente e incapace di cogliere i reali bisogni dei lavoratori e trasformarli in vertenza e lotta. Il lavoro da fare è veramente ancora molto e deve partire da una ridiscussione del ruolo dei sindacati in questa jungla.