La
serrata dei "camionisti" è contro i lavoratori dei trasporti.
Un
autista racconta i bisogni e le frustrazioni dei lavoratori dei trasporti.
REDS. Giugno 2000.
Dopo
due giorni di sciopero totale il Governo ha ceduto alle pressioni dei potenti
sindacati degli Autotrasportatori. L'economia italiana che ha scelto di dipendere
per il trasporto delle merci dai mezzi su gomma è stata messa in ginocchio. Per
soddisfare le esigenze delle grosse compagnie il decreto governativo prevede
in primo luogo che i padroni possano non pagare i contributi sul 50% degli
straordinari e delle indennità di trasferta fatti dai propri dipendenti
e, in secondo luogo possano beneficiare di un contributo che ridurrà
del 14% i premi INAIL. Cgil,
Cisl, e Uil che rappresentano i lavoratori dipendenti e non i padroni (e pertanto
non hanno avuto nessun peso in questa vicenda) hanno espresso un giudizio
fortemente negativo sul provvedimento che penalizza i lavoratori dipendenti,in
quanto questi si vedrebbero decurtata una parte sensibile dei propri contributi
ai fini pensionistici, visto che la quota di straordinari e le trasferte fatte
da questi sono in quantità molto elevata; inoltre il provvedimento
agirebbe come incentivo a utilizzare con maggior larghezza questi istituti
con conseguente peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori. Appare
evidente quindi come questo governo ha agito esclusivamente nell'interesse
della grande e della piccola borghesia organizzate in sindacati tra i più
corporativi del mondo del lavoro. Ma questo non ci stupisce visto che in altre
occasioni ha agito nella stessa identica direzione. Pino
ha lavorato in diverse compagnie di trasporto, alcune molto grandi e altre
meno grandi. È stato impegnato anche sindacalmente con risultati scarsamente
positivi proprio per la estrema difficoltà che si incontrano in questo
particolare ambiente dove ogni lavoratore passa la maggior parte del suo tempo
sul suo mezzo, nel più totale isolamento rispetto i suoi colleghi di
lavoro. Fare attività sindacale, costruire cioè una azione collettiva
per la soluzione dei problemi di tutti è veramente impresa ardua. Ci
si espone, si pagano dei prezzi personali anche molto pesanti, con risultati
deludenti dall'altra parte della bilancia. Attualmente Pino è dipendente
di una piccola società cooperativa che ha 12 dipendenti . La
grande maggioranza dei lavoratori dei TIR vivono in una situazione di costante
pressione da parte dei propri padroni che spudoratamente non rispettano proprio
quelle norme del contratto nazionale che dovrebbero limitare i livelli di
sfruttamento. Ad esempio non conteggiando tutte le ore di lavoro che questi
mettono a disposizione dell'azienda. Stressante
e defatigante è la situazione in cui la grande maggioranza dei lavoratori
si trovano a sostenere durante le attese nei punti di arrivo: enormi piazzali,
sotto il sole o al freddo, senza servizi igienici e di ristoro, dopo avere
macinato qualche migliaio di chilometri, in attesa di essere chiamati da un
altoparlante alla postazione di scarico, per poi accorgersi spesso di doversi
trasformare in scaricatori perché l'azienda che riceve la merce ha
solo personale che gestisce il magazzino quando la merce è già
stata scaricata. Anche
se continua ad essere in vigore la legge che impone due conduttori oltre i
400 Km, per consentire dopo 8 ore di guida il cambio, questa viene completamente
disattesa con la totale complicità delle forze dell'ordine che non
fanno nessun controllo in merito. I
lavoratori che hanno alle spalle un passato di lotte e che potrebbero avere
una funzione di guida per i giovani sono in estinzione per un fatto fisiologico
e vengono sostituiti, nella maggioranza dei casi da lavoratori con caratteristiche
diverse. Si tratta di dipendenti di cooperative, il cui rapporto di lavoro
è precario e possono essere in qualsiasi momento cacciati via; devono
stare zitti, non fanno sciopero, fanno una valanga di straodinari, accettano
mansioni improprie (facchinaggio) il tutto con salari da fame. Nascono
fenomeni di divisione tra i lavoratori che si trovano cosi in più gravi
difficoltà nel momento in cui si dovrebbero fare delle lotte in difesa
dei diritti di tutti i lavoratori (contratti, ecc..). Questa
barbarie raggiunge livelli intollerabili quando in gioco entrano i lavoratori
immigrati che accettano almeno, in una prima fase, condizioni di lavoro disumane
mettendosi in concorrenza con i lavoratori del luogo accentuando la divisione. La
sfortuna di questi padroni è che molto spesso questi lavoratori che
magari nonostante le loro fatiche e i loro sacrifici sottopagati, vanno dai
sindacati per rivendicare il dovuto come da contratto. Per
questi motivi, che hanno fatto dell'Italia il far-west dei trasportatori,
un territorio senza regole, le compagnie straniere presenti stanno aumentando.
È questo a loro vedere l'ambito in cui è possibile sfruttare
al meglio i lavoratori e mietere profitti in quantità, sempre ovviamente
a spese dei lavoratori. Quei
lavoratori che decidono di uscire da questo giro vizioso mettendosi in proprio
si trovano a dover far fronte alla concorrenza di compagnie molto meglio attrezzate,
e si trovano loro malgrado a essere un parametro che serve a queste per tenere
ancora più bassi i salari dei lavoratori. Lavoratori che si trovano
a vedere nei padroncini i loro nemici piuttosto che i propri veri sfruttatori. Sulla
base di questa denuncia risulta veramente difficile sostenere che il Governo
ha ceduto alle richieste dei camionisti. La realtà è ben diversa:
il Governo ha agito nell'interesse dei padroni per metterli in condizione
di poter sfruttare meglio e più intensamente i lavoratori. Tutto ciò
in presenza di un movimento sindacale assente e incapace di cogliere i reali
bisogni dei lavoratori e trasformarli in vertenza e lotta. Il lavoro da fare
è veramente ancora molto e deve partire da una ridiscussione del ruolo
dei sindacati in questa jungla.
A tempi di record dopo, una trattativa durata pochissimo il Governo ha emesso
un decreto che stanzia per il 2000 127 miliardi e per il 2001 altri 131 miliardi
che, sommati ad altri provvedimenti che aveva già in cantiere, porta
la spesa complessiva oltre i 1000 miliardi.
Questa serrata che è stata provocata in ultima analisi dall'aumento
del prezzo del gasolio che ha fatto lievitare i costi del trasporto oltre
i limiti che consentivano un ragionevole livello di competitività e
un margine di profitto accettabile ha visto uniti, con accentuazioni decisamente
diverse, il Cuna (che riunisce i padroni delle grosse compagnie di trasporto)
e la Fita (che riunisce i piccoli trasportatori).
I grossi trasportatori ponevano dei problemi, tanto per cambiare, di riduzione
del costo del lavoro per recuperare i maggiori costi fissi , mentre i piccoli
rivendicavano un recupero sul piano fiscale.
Per quanto riguarda invece i trasportatori artigiani il Governo ha consentito
la possibilità di aumentare di 10000 lire al giorno la quota che questi
possono dedurre dal loro reddito (e ottenere in questo modo sgravi fiscali)
aumentandole sulla quota di spese non documentabili; nel decreto si dice inoltre
che questa deducibilità è retroattiva, in determinate condizioni,
anche per il 1999.
Quello che però in questo articolo ci interessa maggiormente approfondire
è la condizione in cui si trova a prestare la sua opera i dimenticati,
cioè i lavoratori dei trasporti, e quali sono le sue reali esigenze.
Ne parliamo con un trasportatore che ha voluto portarci la sua esperienza.
Nonostante le varie franchigie previste dal contratto i padroni tendono sempre
a spostare in avanti l'orario oltre il quale è costretto a pagare le
indennità straordinarie. In generale preferiscono forfetizzare il tutto
sotto la voce trasferta per nascondere il reale livello di sfruttamento a
cui sottopongono i lavoratori e per ridurre il carico fiscale a cui lo straordinario
è sottoposto.
Impediscono anche molto energicamente che il lavoratore si faccia fotocopia
del cronotacchigrafo (un piccolo grafico installato sui mezzi che dice l'effettivo
orario di lavoro) temendo una possibile vertenza, negando in questo modo il
diritto del lavoratore di possedere una copia di questo documento.
A volte si devono sbancalare interi carichi per riconfezionarli su bancali
di grandezza conforme alle esigenze dei clienti. Chi, esasperato, ha il coraggio
di protestare si sente dire al telefono dal proprio padrone di non essere
polemico e di prestarsi invece cortesemente, in cambio di una elemosina (quando
va bene) a farsi carico delle esigenze del cliente.
Al lavoratore vengono affidai mezzi sempre più veloci per poter fare
il maggior numero di chilometri in meno tempo e ingrossare più velocemente
le tasche dei padroni.
Abbiamo notizie di padroni che danno in affitto a questi lavoratori il camion
per consentire a loro, che generalmente non hanno casa, di poter pernottare
al coperto; ci sembra che questa cosa si commenta da sola.
Le ultime trovate di questi padroni per aggirare l'ostacolo costituito da
lavoratori immigrati che decidono di farsi valere consistono nel fare apparire
il rapporto di lavoro regolare, dando ai lavoratori buste paga regolari ma
pagandoli in contanti con cifre dimezzate rispetto quanto riportato sul cedolino.