I diritti dei lavoratori e le nuove forme di occupazione nel libro bianco di Maroni.
Grazie alle politiche dei governi di centrosinistra, ora il governo Berlusconi si trova la strada aperta per peggiorare le condizioni dei lavoratori e portare acqua al mulino della Confindustria. REDS. Novembre 2001.


Tre settimane fa il ministro Maroni ha presentato il cosiddetto "libro bianco" sul lavoro.
Lo scopo dichiarato è quello di mettere in chiaro su quali direttrici il Governo intende muoversi per mettere in condizioni il capitalismo italiano di competere nell'ambito dell'UE con il resto del mondo.
I problemi a cui intende dare risposte sono sempre gli stessi: come abbattere i costi del lavoro, siano essi diretti (salari) e/o indiretti (tasse e contributi) e come consentire al padronato di avere mano libera nel mercato del lavoro per consentirgli a seconda della congiuntura economica, e per il tempo strettamente necessario di poter disporre di tutta e solo la forza lavoro strettamente necessaria, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, il che vuol dire libertà di assunzione e di licenziamento.
La filosofia di questo libro bianco è quindi la stessa di quello presentato dalla Confindustria nel marzo scorso, cioè quella della deregolamentazione generale del mercato del lavoro e una marginalizzazione del ruolo dei sindacati.

Il libro bianco è diviso in due parti: la prima contiene un'analisi del mercato del lavoro in cui vengono individuate inefficienze e "iniquità", e si basa principalmente su raccomandazioni dell'unione europea.
Nella seconda parte ci sono le proposte per promuovere una società attiva e un lavoro di qualità.
La parola qualità è molto usata nel documento insieme ad un'altra: flessibilità.
Nell'analisi del mercato del lavoro si sottolinea particolarmente la disoccupazione di lunga durata, la bassa occupazione femminile, le difficoltà per i giovani di inserirsi nel mercato e più in generale la difficile situazione al sud, (senza ovviamente sviluppare nessun tipo di analisi circa le cause che hanno determinato questa situazione).
Per affrontare questi problemi una delle indicazioni nel libro bianco è quella di superare lo schema della contrattazione nazionale e si ipotizza una riforma federale del lavoro. Si propone il superamento dello statuto dei lavoratori per trasformarlo nello statuto dei lavori. Di conseguenza vengono previste varie forme di flessibilità aggiuntiva: il contratto individuale, il contratto definito "intermittente", quello a progetto, salari differenziati tra nord e sud, un uso più flessibile del part-time, fino al leasing di mano d'opera.
Viene poi previsto un ricorso sempre più massiccio all'arbitrato, per ridurre al minimo il ricorso alla magistratura in caso di licenziamenti: in sostanza si profila una profonda rivisitazione del mercato del lavoro e del suo ordine giuridico. A chiudere il cerchio c'è il superamento della concertazione, considerato uno strumento obsoleto e troppo pesante in rapporto alla necessità che la borghesia ha in questa fase, cioè quella di prendere decisioni rapide: d'ora in avanti, sostiene il ministro del governo Berlusconi, gli accordi si fanno con chi ci sta, come è accaduto con i contratti a termine.
Ma detto questo cerchiamo di entrare meglio nei particolari.

Sulla flessibilità del rapporto di lavoro

Come abbiamo già accennato la flessibilità deve crescere, più di quanto il passato governo di centro sinistra non abbia già fatto. Si vuole dare mano libera alle imprese nella gestione della forza lavoro acconsentendo tutte le più inimmaginabili forme di assunzione precaria. Leggendo il libro bianco si evince che le varie tipologie di lavoro precario già esistenti, e introdotte con i governi di centro sinistra (contratti a tempo parziale, interinali, temporanei) siano ormai dei ferrivecchi, e siano servite solo da apripista a questi ulteriori attacchi al rapporto di lavoro incentrato sul tempo indeterminato. Si promette di voler eliminare quegli ostacoli normativi che ancora rendono complicato l'utilizzo delle tipologie contrattuali flessibili; vediamo in sintesi quali.
Il "lavoro intermittente" prevede un compenso minimo da dare al lavoratore semplicemente sulla base della sua disponibilità a farsi chiamare al lavoro qualora il padrone ne avesse necessità. La retribuzione reale sarà percepita solo quando si lavora effettivamente.
Il principio del lavoro intermittente è chiarissimo: consentire al padrone di tenere il lavoratore sul posto di lavoro solo nel momento in cui è possibile esercitare su di lui il massimo dello sfruttamento per poi dargli un'elemosina quando non serve.
Un'altra trovata è quella del "lavoro a progetto" cioè di una sorta di lavoro autonomo parasubordinato in cui si concordano individualmente tempi e qualità della prestazione e in base al loro raggiungimento si è pagati. Si tratta di un peggioramento dei contratti a termine in cui comunque, anche se solo sulla carta, delle tutele sono previste (malattia, ferie, ecc.). Oggi con questa tipologia di contratto in cui il lavoratore non ha un rapporto in forma subordinata, anche quelle poche tutele non sarebbero applicate.
Si punta inoltre all'allargamento della possibilità di stipulare i "contratti individuali" che vengono spacciati come un elemento di affermazione della libertà individuale che oggi sarebbe gravemente ingabbiata dal peso della contrattazione collettiva e dallo strapotere dei sindacati.
Maroni però fa finta di dimenticare che oggi i contratti individuali sono già possibili, tant'è che in sede individuale si può tranquillamente derogare al contratto collettivo, ma lo si può fare solo in una direzione, cioè verso l'alto, con regole più favorevoli ai lavoratori di quelle poste dal contratto collettivo. Quello che si vuole quindi è che i contratti individuali possano peggiorare le condizioni stabilite in sede collettiva. In altre parole si vuole creare una concorrenza al ribasso tra lavoratori.
La rozzezza di questa proposta è evidente come pure, dal punto di vista politico, è evidente la sua impronta reazionaria senza precedenti nella storia del movimento operaio degli ultimi 50 anni.
Si propone inoltre il cosiddetto "staf leasing" che è una modalità di gestione del personale che non esiste in nessun paese dell'Europa continentale, esiste solo negli USA. È una forma dilatata e peggiorata di lavoro interinale: il lavoro interinale consente di dare in affitto un lavoratore da parte di un'agenzia specializzata per un tempo circoscritto, viceversa con lo staf leasing si potrebbero affittare in blocco interi gruppi di lavoratori, al limite anche tutto il personale di un'impresa, e non per esigenze di carattere temporaneo, bensì a tempo indeterminato.
Se ad esempio un imprenditore decide di mettere in piedi un'impresa di consistenti dimensioni, deve mettere in conto il rispetto della legislazione del lavoro. Ricorrendo invece al sistema dello staf leasing, potrebbe permettersi di assumere 4 o 5 lavoratori e poi affittarne 500 rimanendo titolare del rapporto di lavoro solo con quei 4 o 5 e avendo mano libera di lasciare a casa ognuno degli altri non essendo questi suoi dipendenti. Lo statuto dei lavoratori verrebbe in questo modo trasformato in carta straccia.
Negli USA questo sistema funziona senza particolari contro indicazioni perché comunque tutti possono licenziare liberamente, in Italia questo comporterebbe uno scardinamento delle regole esistenti del mercato del lavoro conquistate con dure lotte dai lavoratori.
Pertanto l'azione sindacale in questa impresa sarebbe impossibile in quanto il titolare non è titolare dei dipendenti che lavorano in quella azienda.


Il lavoro a "part time" è un altro strumento proposto nel libro bianco di Maroni per agevolare i padroni ad avere a disposizione i lavoratori a basso costo e per il tempo strettamente essenziale. Il tempo parziale è stato argomento anche delle politiche del governo di centro sinistra con il ministro diessino Salvi che recependo una direttiva comunitaria (poiché tutti i padroni d'Europa lo vogliono, non solo i nostri) ha fatto in modo di addolcire la pillola introducendo alcuni elementi di elasticità: vale a dire il diritto al ripensamento, cioè il diritto del lavoratore di ritornare all'orario di lavoro a tempo pieno.
Visto che Maroni si è trovato davanti la pista già aperta, ha pensato di andare decisamente alla pratica abolizione del diritto di ripensamento agendo sul'allargamento brutale degli elementi di elasticità.
Di che cosa si tratta? Se si viene assunti a tempo parziale ora potrebbe essere possibile essere impiegati con una modalità oraria variabile, ad esempio: lunedì, martedì, mercoledì, e la settimana successiva il giovedì, venerdì e sabato. Questo è un accordo tra le parti e si chiama clausola elastica. Ma qui nasce il problema: c'è la situazione soprattutto delle donne che non sono in grado di offrire una disponibilità di lavoro così ampia, per delle ragioni fin troppo note, e pertanto resterebbe per loro preclusa la possibilità del lavoro. Per queste infatti non si pone proprio il problema del rivendicare il diritto di ripensamento, poiché con questo brutale allargamento della clausole di elasticità diventa impraticabile l'inserimento nel mondo del lavoro.
Appare evidente la contraddizione con lo scopo proclamato nel libro bianco di voler favorire l'occupazione femminile.
In questo documento ci sono delle vere e proprie bugie come ad esempio quando si affronta la questione del contratto a "tempo determinato", a pag 72 si sostiene la tesi che la normativa appena varata dal governo sarebbe più garantista di quella del governo precedente tanto è vero che: "in caso di contenzioso incomberà sempre sul datore di lavoro l'onere della prova della giustificatezza dell'assunzione a termine". Se così fosse sarebbe bello, purtroppo non è così: l'onere della prova era previsto dalla vecchia normativa e si tratta di una norma che è stata cancellata dalla riforma varata dal governo Berlusconi, ed è stata cancellata non per caso, ma è stata cancellata perché con la nuova normativa le imprese possono assumere a termine come e quando vogliono, e quindi non c'è proprio nulla da provare.
Vi è da dire inoltre che con questo decreto sul lavoro a termine non ha più senso la difesa dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, può benissimo essere mantenuto, visto che nei fatti l'imprenditore può utilizzare il contratto a tempo determinato a oltranza e ha quasi tre anni di tempo per capire se il dipendente è o non è utile all'azienda.
Non avendo quindi la forza di toccare l'articolo 18 per la via diretta lo si colpisce per la via traversa.

Sullo statuto dei lavoratori

Maroni, senza dirlo chiaramente intende superare nei fatti la legge 300.
L'idea che sta dietro il superamento strisciante dello statuto dei lavoratori è quella del livellamento verso il basso delle tutele. Si dice infatti che si vogliono dare tutele a chi non ne ha, ma naturalmente in cambio bisognerebbe "rimodulare" cioè abbassare le tutele di chi ce le ha. In realtà l'effetto pratico sarebbe soltanto quello di abbassarle perché agli altri si darebbero tutte le inapplicabili.
Facciamo l'esempio del diritto alla salute, che lo statuto dice deve essere garantito a tutti i lavoratori.
In questo libro bianco si sostiene che la tutela della salute, dovrebbe essere garantita a tutti a prescindere dal tipo di attività lavorativa e quindi anche ai lavoratori autonomi. Ma questi ultimi nei confronti di chi potrebbero rivendicare l'eventuale lesione di questo diritto. Il diritto alla salute può essere tutelato nel lavoro subordinato perché c'è un datore di lavoro nei confronti del quale farlo valere, ma non può esserlo invece nel lavoro autonomo perché il lavoratore autonomo per definizione non ha controparte contrattuale (un padrone), opera nel mercato nei confronti di una serie indefinita di soggetti. Un artigiano quando lavora corre certamente dei rischi di salute ma non può rivendicare il mancato rispetto del suo diritto alla salute nei confronti del singolo cliente, ed è per questo che tutte le direttive dell'UE che riguardano la tutela della salute dei lavoratori si applicano concretamente solo ed esclusivamente ai lavoratori subordinati.
Attraverso questo bel giochetto fa finta di voler estendere la tutela del diritto ad una più ampia platea di lavoratori ma in realtà quello che si vuole è abbattere le tutele del lavoro subordinato.
Una particolare attenzione merita inoltre l'artificio che sta per essere partorito per velocizzare le cause che hanno al centro il reintegro dei lavoratori ingiustamente licenziati. Insomma le questioni dell'articolo 18 e dell'arbitrato.
Non si vuole toccare formalmente la norma dell'articolo 18 ma la si vuole sterilizzare sul piano del diritto processuale, rimettendo le eventuali controversie in materia di licenziamento non più ad un giudice ma ad un arbitro (che in realtà si tratta di un collegio composto non si sa bene da chi) consentendo all'arbitro nel caso in cui si è accertato che quel licenziamento non è giustificato di condannare l'impresa non al reintegro del lavoratore ma a corrispondergli un risarcimento. Oltre tutto questo risarcimento non sarebbe commisurato secondo i criteri del diritto comune (in misura adeguata al danno patito) ma secondo criteri forfettari.
Il meccanismo dell'arbitrato ha serie possibilità di entrare nella giurisdizione del lavoro in quanto ha già fatto breccia nelle discussioni che la Cisl e la Uil hanno iniziato al loro interno, tant'è che si conoscono già delle proposte su cui questi sindacati chiedono di trattare con il Governo, pur affermando a livello di principio di essere fermi nella difesa dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, che tra l'altro è bene ricordare, la sua abrogazione è stata respinta da un referendum popolare (anche se il quorum non fu raggiunto).
Se anche il tutto finisse in questo modo (cioè coabitazione dell'articolo 18 con gli arbitri) l'articolo 18 sarà sempre meno difendibile perché oggettivamente la legislazione sarà sempre più flessibile e quindi cresceranno le possibilità date al datore di lavoro di giocare molto su quelle che sono le condizioni del rapporto di lavoro, e chiaramente, dall'altra parte, diventerà molto più complicato per il lavoratore riuscire a tutelare in sede di contenzioso i suoi diritti. Si ridurrà drasticamente, quindi il ricorso alla magistratura da parte del lavoratore licenziato che avrà la netta sensazione di partire sconfitto prima di partire.
Il lavoratore sarà spinto non a chiedere il rispetto di un suo diritto quanto invece a cercare di recuperare quanto più possibile sotto forma di denaro; ciò che si determinerà è un mercato dei diritti.
Ma anche in una situazione in cui sarebbe operativo l'arbitrato, e la logica del risarcimento in soldi, il lavoratore sarebbe comunque scarsamente tutelato in quanto in Italia non esiste una legge sulla rappresentanza che in qualche modo deve regolare lo stesso arbitrato. E a questo punto c'è veramente da chiedersi come mai in 5 anni di governo di centro sinistra non si sia mai trovato il tempo per pensare ad approvare questa fondamentale legge, invece le decisioni di bombardare i Balcani sono state prese alla velocità della luce.Vi sono poi altre questioni affrontate sul libro bianco che vanno dalle pensioni alla riforma della contrattazione, dalla democrazia economica al federalismo del lavoro per arrivare al diritto di sciopero, ed è nostra intenzione affrontare questi argomenti che saranno sul tavolo del confronto tra le parti sociali nei prossimi giorni.
I sindacati si stanno muovendo in ordine sparso lanciano al governo segnali contradittori. Molto più determinato l'atteggiamento della Confindustria che anzi spinge l'Esecutivo a proseguire con determinazione e coerenza nella direzione indicata.
Ci sono tutte le premesse per uno scontro di ampia portata, scontro che i lavoratori devono affrontare.
Il 16 novembre i metalmeccanici sciopereranno e manifesteranno a Roma grazie allo sciopero proclamato dalla Fiom per la riapertura delle trattative sul contratto nazionale mentre la Federmeccanica tenta di smorzare questa iniziativa proponendo una sorta di miniconcertazione dei metalmeccanici.
Occorre invece che questa iniziativa si allarghi e si trasformi in un grande momento di mobilitazione contro le politiche confindustriali del Governo.
La lotta dei lavoratori e delle strutture di base in questa fase congressuale della Cgil deve quindi avere questi obbiettivi: l'unificazione di tutti i lavoratori attorno alla lotta dei metalmeccanici contro il Governo e la Confindustria per la difesa dei diritti fondamentali.