La riforma delle aliquote
IRPEF.
Con
l'abolizione di fatto della progressività dell'imposta, il governo
Berlusconi scardina un principio costituzionale e rende esplicita la sua linea
politica sul terreno fiscale: trasferire ricchezze dalle tasche dei lavoratori
verso quelle dei padroni. Di Duilio Felletti. Marzo 2002.
Premessa:
Da un punto di vista strettamente formale non si può dire che la proposta
berlusconiana sia anticostituzionale, poiché non viene del tutto abolita
la progressività delle imposte, ma "solo" drasticamente ridotta.
In altre parole se non nella forma certamente nella sostanza questa riduzione
ai minimi termini della progressività mina un principio cardine della
Costituzione repubblicana ancorché borghese (art. 53) Fin
dalla campagna elettorale e già dai primi giorni di insediamento, il
governo Berlusconi ha sempre cercato di rendere esplicite le linee lungo le
quali si sarebbe mosso sulle questioni riguardanti il fisco, le pensioni e
il mercato del lavoro. La
ragione, dal suo punto di vista, della necessità di questo trasferimento
è molto semplice. In campagna elettorale Berlusconi ha spiegato a più
riprese e promesso (altro che "non mantiene le promesse"!) che intendeva
dare impulso allo "sviluppo", e con ciò il ragionamento che
sviluppava era più o meno in questi termini: Come
si può vedere punto di partenza e premessa di questo fantastico progetto
che fa aumentare l'occupazione, i consumi, la produzione, i profitti, il gettito
fiscale e la qualità dei servizi offerti dallo stato, stanno lì:
bisogna che i padroni possano disporre immediatamente e rapidamente di una
quantità maggiore di denaro. In
perfetta coerenza con questa filosofia il Governo ha già provveduto
a mettere in atto importanti provvedimenti in campo previdenziale con lo sconto
di un quarto dei contributi pagati dagli imprenditori alle casse dell'INPS
(leggi: La decontribuzione affonda l'Inps
e massacra le pensioni pubbliche).
Inoltre ha messo a punto anche una serie di nuove regole (leggi: Difendiamo
l'art. 18) per rendere ancora più flessibile il mercato del lavoro;
i padroni possono godere quindi di un duplice aiuto: avere riduzioni dei costi
monetari, e libertà di lasciare a casa i lavoratori non compatibili
(perché troppo costosi o con troppe pretese) con le esigenze della
produzione e del mercato. A
questo punto l'ultimo tassello per completare l'opera è quello della
riduzione delle tasse sul reddito (il reddito dei padroni naturalmente). La
bozza prevede l'accorpamento e la riduzione di una serie di imposte che riguardano
essenzialmente chi ha un'attività di tipo imprenditoriale e artigiana,
e un ulteriore accorpamento delle varie tasse che il governo impone su una
serie di pratiche burocratiche. Già con questi provvedimenti gli imprenditori
(grandi e piccoli) si troveranno ad avere sostanziosi sconti sul terreno fiscale;
ma quello che è destinato a produrre il più forte risparmio
per costoro è costituito dalla riforma delle aliquote dell'Irpef e
la sostanziale abolizione della progressività dell'imposta. Le
percentuali Irpef oggi in vigore per i corrispondenti scaglioni di reddito,
(18% per redditi fino a 20 milioni di lire, 24% per i redditi compresi tra
i 20 e i 30 milioni, 32% fino a 60 milioni, 39% fino a 135 milioni e 45% per
i redditi superiori ai 135 milioni) saranno sostituite da due sole aliquote:
la prima al 23% fino a 100mila euro (circa 200 milioni) di reddito, la seconda
al 33% per tutti i redditi superiori a questa somma. Se
si fanno bene i conti e li si depurano di detrazioni e sconti vari per rendere
i dati meglio confrontabili, si può vedere con chiarezza la logica
che ha guidato chi ha avuto questa pensata.
La
logica è quella che abbiamo detto sopra: togliere ai poveri per dare
ai ricchi, o più correttamente, togliere ai lavoratori per dare ai
padroni. Per
tentare di ammorbidire il tutto va detto però che il governo sta cercando
di introdurre dei correttivi; e poiché questa operazione sembra abbastanza
complicata si è già deciso che queste nuove tasse andranno in
vigore nel 2003. Per
tutto il 2002 assisteremo a un teatrino in cui si alterneranno esperti economisti
che faranno proposte di modifica che non andranno a ridurre la massa di denaro
complessiva che dovrà essere tolta dalle tasche dei lavoratori, ma
cercheranno di ridistribuire il prelievo a seconda delle condizioni dei vari
contribuenti sotto i 50 milioni. I
veri risparmi fiscali per i lavoratori ci saranno con il meccanismo delle
deduzioni dal reddito, concentrate su alcuni "valori e criteri":
famiglia, casa, sanità, istruzione, previdenza, ecc
Pesa
comunque l'assenza di iniziativa dei Sindacati su questo tema.
La linea guida è stata ed è quella di proporsi come garante
del trasferimento delle ricchezze monetarie dalle mani di lavoratori e pensionati
a quelle dei capitalisti.
- Se io, da capo del governo, emano una serie di leggi tese a far sì
che i padroni possano disporre di capitali molto più elevati di quanti
non ne dispongano oggi, questi (i padroni) potranno fare maggiori investimenti
e creare in questo modo più posti di lavoro. Così facendo ci
saranno più lavoratori che acquisteranno merci e questa crescita della
domanda porterà di pari passo alla crescita della produzione e del
volume dei profitti. Lo stato, da parte sua, incasserà più tasse
grazie al maggior gettito dell'IVA e delle imposte sui salari. Queste tasse
che copiose entreranno nelle casse del fisco consentiranno una più
elevata spesa da parte dello Stato che così potrà garantire
servizi e assistenza sempre migliori ed efficienti.
Questo a grandi linee il progetto di Silvio.
Dopo di che basta lasciarli fare che ci pensano loro a farci stare bene!
Ed ecco allora la proposta del Governo di riforma del prelievo fiscale.
Viene cioè praticamente abolito il principio sancito dall'art.53 della
Costituzione secondo cui chi guadagna di più deve essere tassato con
delle percentuali più alte, principio che intende affermare che chi
guadagna di più deve contribuire maggiormente alla spesa sociale.
REDDITO
IRPEF
ATTUALE
IMPOSTA
FUTURA
DIFFERENZA
20.000.000
3.600.000
4.600.000
1.000.000
25.000.000
4.800.000
5.750.000
950.000
30.000.000
6.000.000
6.900.000
900.000
35.000.000
7.600.000
8.050.000
450.000
40.000.000
9.200.000
9.200.000
0
50.000.000
12.400.000
11.500.000
-900.000
100.000.000
31.200.000
23.000.000
-8.200.000
135.000.000
44.850.000
31.050.000
-13.800.000
Ma anche nella fascia dei redditi alti, come ad esempio quella attorno ai
100 milioni, si vede chiaramente la volontà di questa destra governativa
di accattivarsi le simpatie di questi contribuenti appartenenti per lo più
al ceto medio.
Una riforma pensata quindi per stringere il rapporto sia con la grande che
la piccola borghesia.
Nella maggioranza c'è però chi sostiene che già da subito,
per i redditi superiori ai 50 milioni si potrebbero applicare le nuove aliquote.
Insomma il dibattito è aperto e i ragionamenti si stanno facendo su
come fare in modo che chi ha i redditi più bassi non venga eccessivamente
massacrato, piuttosto che su come fare in modo che i regali fatti ai più
ricchi siano meno sfacciati.
Con l'aumento a 1 milione delle detrazioni per i figli a carico (praticamente
vengono raddoppiate) il governo sta cercando di rispondere all'esigenza di
non pesare troppo sui lavoratori con famiglia. Questa cosa potrebbe apparire
giusta, ma in effetti serve solo a confermare che se un contribuente non ha
figli sarà comunque gravato da un aumento delle tasse; questa potrebbe
essere la situazione dei pensionati che nella stragrande maggioranza non hanno
figli da mantenere. L'unico carico di famiglia potrebbe essere il coniuge;
ma per questo non è previsto nessun aumento della detrazione di imposta.
Ma la sorpresa vera, per quanto riguarda le detrazioni per figli a carico,
sta nel fatto che queste saranno rapportate al reddito complessivo della famiglia,
per cui per i genitori che lavorano entrambi e hanno un reddito normale non
ci sarà nessun beneficio. I benefici a prescindere dal reddito ci saranno
a partire dai 4 figli in poi.
In pratica sarà possibile dedurre dal proprio reddito le spese (in
che misura non è ancora chiaro) che le famiglie sosterranno per le
scuole private, le pensioni private, e la sanità privata; viene introdotto
sostanzialmente un potente incentivo a usufruire delle strutture private che
piacciono tanto alla destra.
Come però abbiamo già detto, a oggi non è ancora possibile
dire con esattezza quanto pagheranno i lavoratori a riforma varata, mentre
i motivi ispiratori e le linee lungo cui concretamente la riforma si articolerà
sono molto chiare e sono riassunte nel titolo.
L'azione, come è giusto, è concentrata sulla questione dell'articolo
18, ma sarebbe profondamente sbagliato non intraprendere una lotta sul terreno
complessivo dell'attacco alle condizioni dei lavoratori; e quindi le pensioni
e il fisco. Vediamo invece che dopo una fase in cui i Sindacati chiedevano
lo stralcio delle misure sulle pensioni e l'articolo 18, sono passati a chiedere
solo quello su quest'ultimo, e per quanto riguarda il fisco non sembrano nutrire
grandi interessi.
È importante invece non perdere di vista questo importante problema,
che per sua natura riguarda tutti, lavoratori e pensionati, e che pertanto
può costituire un grosso elemento unificante delle lotte contro il
Governo.
I lavoratori che il 5 aprile incroceranno le braccia e scenderanno in sciopero
generale avranno sicuramente in mente anche l'obbiettivo della lotta contro
un fisco che per come è pensato tutela l'interesse degli sfruttatori.