La riforma del TFR era stata presentata, tra le altre cose, come un’occasione
unica per aumentare la partecipazione dei lavoratori ai mercati finanziari
e per spingere i giovani a costruirsi un fondo integrativo con cui rimpinguare
le pensioni pubbliche pesantemente falcidiate dalle riforme precedenti.
Ma i dati di un sondaggio condotto a luglio da Eurisko su di un campione rappresentativo
di lavoratori dipendenti del settore privato ci dicono che entrambi questi
obbiettivi sono falliti.
In media solo un lavoratore su quattro ha espressamente optato per n fondo
pensione, contro un obbiettivo minimo del Governo del 40% (che non verrà
raggiunto neanche contando le “adesioni” ottenute con l’imbroglio
del silenzio assenso).
Tra i giovanissimi (22/30 anni) la percentuale di adesioni esplicite è
al di sotto del 20% e sono già note le motivazioni di questo fallimento
che non sembra dovuto alla cosiddetta mancanza di informazione, tant’è
che il 90% di questi (sia chi ha detto no, sia chi ha detto sì) è
stato in grado di motivare le ragioni della propria scelta.
Lungi dal non aver capito la riforma, nonostante le sue complessità,
i lavoratori sembrano averla capita fin troppo bene. E ciò lo si arguisce
molto chiaramente nel momento in cui si prende in esame il diverso comportamento
dei lavoratori di imprese con meno di 50 addetti e quelli di imprese con più
di 50 addetti.
Infatti, circa 3 lavoratori su 4 nelle imprese più piccole hanno scelto
di lasciare il TFR in azienda e meno di 1 su 10 ha scelto espressamente di
destinarlo ai fondi pensione. Nelle imprese più grandi, invece, la
percentuale di quelli che ha scelto di lasciare il TFR in azienda è
di poco inferiore al 50% mentre 4 lavoratori su 10 hanno espressamente optato
per un fondo pensione (specialmente quello collettivo della categoria).
Ricordiamo che la finanziaria 2007 imponeva alle aziende con più di
50 dipendenti di trasferire il TFR dei lavoratori che non hanno voluto metterlo
nei fondi pensione nelle casse dell’INPS. Nelle imprese più piccole,
invece, questi fondi restano in azienda.
Visto che l’interesse dei padroni a mantenere i fondi in azienda è
stato a più riprese esplicitato, ci si potrebbe aspettare che questa
differenza sia dovuta a pressioni da parte dell’azienda nei confronti
dei lavoratori; ma se crediamo alle risposte fornite nel sondaggio dai lavoratori
non sembrerebbe che ciò sia avvenuto. Le risposte per “spinte
o presioni” o per “paura di essere licenziato” rappresentano
solo il 2,6% nelle piccole imprese e l’1,8% nelle grandi.
Le principali motivazioni addotte dai lavoratori che hanno scelto di tenere
il TFR in Azienda sembrerebbero invece avere più a che fare con la
questione della fiducia.
Infatti la prima motivazione (con più del 20% delle risposte) è
la possibilità di avere la liquidazione in contanti al momento della
pensione invece che sotto forma di vitalizio, che in sé rappresenta
una dichiarazione di sfiducia nei confronti delle pensioni integrative.
Al secondo posto (con il 17% delle risposte) c’è la mancanza
di fiducia negli investimenti finanziari.
Al terzo posto c’è la convinzione che il TFR in azienda garantisca
un investimento più sicuro che non nei fondi.
Anche il diverso comportamento dei lavoratori delle aziende con meno di 50
dipendente rispetto quelli delle aziende maggiori è spiegabile in termini
di sfiducia.
I lavoratori delle piccole imprese non avevano di fronte una grande gamma
di scelte; un milione e mezzo di loro, ad esempio, non avevano la possibilità
di optare per un fondo contrattuale. Altri che invece potevano farlo, hanno
preferito starsene fuori per lo scarso peso del fondo di riferimento sul mercato
finanziario. Inoltre nelle imprese con meno di 50 dipendenti non avevano neanche
l’alternativa del versamento preso l’INPS.
Nelle grandi aziende i padroni incassano la fiducia del 31% dei dipendenti
e la grande fiducia del 55% mentre l’INPS suscita la totale fiducia
dell’8% dei lavoratori e la molta fiducia del 37%.
Paradossalmente, il trucco inventato dal Governo con la Finanziaria 2007 per
rimpinguare le casse dello Stato ha avuto come inaspettata conseguenza quella
di favorire un maggior flusso di risorse nei fondi. Non per fiducia nei fondi
ma per sfiducia nell’INPS.
Questo è il risultato veramente misero se viene messo in rapporto alla
intensa campagna mediatica che per sei mesi ha bombardato i lavoratori raggiungendo
anche toni terroristici.
La maggioranza dei lavoratori ha capito molto bene che non era in gioco la
pensione, visto che questa è già stata pesantemente ridimensionata
nel corso degli ultimi 20 anni, ma semplicemente si è tentato di infilare
i lavoratori in una strada al cui fondo vi era lo scippo del TFR.
E’ chiaro che non è finita qui. Ci riproveranno, racconteranno
altre sciocchezze. Ma ciò che conta è che la maggior parte dei
lavoratori abbia mostrato grande autonomia nella comprensione su quali dovevano
essere gli interessi da difendere e abbia compreso che la strada per la riconquista
di pensioni dignitose è un’atra.
I COMPORTAMENTI
DEI LAVORATORI NEL SETTORE PRIVATO
MENO DI 50 DIPENDENTI
75% ha scelto di lasciare il tfr in azienda
12,4% non ha scelto cosa fare del tfr
10,1% ha destinato il tfr a un fondo pensione
PIU’
DI 50 DIPENDENTI
47,7% ha scelto di lasciare il tfr in azienda
41,45% non ha scelto cosa fare del tfr
10,1% ha destinato il tfr a un fondo pensione