Il primo maggio: per non dimenticare
Storia
e significato di una ricorrenza. Tra Ottocento e Novecento. Il ventennio
fascista. Dal dopoguerra a oggi. Cgil di Roma e del Lazio - Archivio Storico
"Manuela Mezzelani". Reds - Maggio 2008
Origini del Primo maggio
Il 1° maggio nasce il 20 luglio 1889, a Parigi. A lanciare l'idea è
il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale
francese : "Una grande manifestazione sarà organizzata per una
data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le
città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche
autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di
mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi".
Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1 maggio. Una
scelta simbolica: tre anni prima infatti, il 1 maggio 1886, una grande manifestazione
operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue.
Man mano che ci si avvicina al 1 maggio 1890 le organizzazioni dei lavoratori
intensificano l'opera di sensibilizzazione sul significato di quell'appuntamento.
"Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile
1890 - ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di
tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare
ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità,
di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare
la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è
dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva l'Internazionale!".
Monta intanto un clima di tensione, alimentato da voci allarmistiche: la stampa
conservatrice interpreta le paure della borghesia, consiglia a tutti di starsene
tappati in casa, di fare provviste, perché non si sa quali gravi sconvolgimenti
potranno accadere.
Da parte loro i governi, più o meno liberali o autoritari, allertano
gli apparati repressivi.
In Italia il governo di Francesco Crispi usa la mano pesante, attuando drastiche
misure di prevenzione e vietando qualsiasi manifestazione pubblica sia per
la giornata del 1 maggio che per la domenica successiva, 4 maggio.
In diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior
numero di lavoratori, si è infatti deciso di far slittare la manifestazione
alla giornata festiva.
Del resto si tratta di una scommessa dall'esito quanto mai incerto: la mancanza
di un unico centro coordinatore a livello nazionale - il Partito socialista
e la Confederazione generale del lavoro sono di là da venire - rappresenta
un grave handicap dal punto di vista organizzativo. Non si sa poi in che misura
i lavoratori saranno disposti a scendere in piazza per rivendicare un obiettivo,
quello delle otto ore, considerato prematuro da gran parte dei dirigenti del
movimento operaio italiano o per testimoniare semplicemente una solidarietà
internazionale di classe.
Proprio per questo la riuscita del 1 maggio 1890 costituisce una felice sorpresa,
un salto di qualità del movimento dei lavoratori, che per la prima
volta dà vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più
collegata ad un'iniziativa di carattere internazionale.
In numerosi centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni, che fanno
registrare quasi ovunque una vasta partecipazione di lavoratori. Un episodio
significativo accade a Voghera, dove gli operai, costretti a recarsi al lavoro,
ci vanno vestiti a festa.
"La manifestazione del 1 maggio - commenta a caldo Antonio Labriola -
ha in ogni caso superato di molto tutte le speranze riposte in essa da socialisti
e da operai progrediti. Ancora pochi giorni innanzi, la opinione di molti
socialisti, che operano con la parola e con lo scritto, era alquanto pessimista".
Anche negli altri paesi il 1 maggio ha un'ottima riuscita:
"Il proletariato d'Europa e d'America - afferma compiaciuto Fiedrich
Engels - passa in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta come
un solo esercito. E lo spettacolo di questa giornata aprirà gli occhi
ai capitalisti".
Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione
unica, viene deciso di replicarla per l'anno successivo.
Il 1 maggio 1891 conferma la straordinaria presa di quell'appuntamento e induce
la Seconda Internazionale a rendere permanente quella che, da lì in
avanti, dovrà essere la "festa dei lavoratori di tutti i paesi".
Tra Ottocento e Novecento
Inizia così la tradizione del 1 maggio, un appuntamento al quale il
movimento dei lavoratori si prepara con sempre minore improvvisazione e maggiore
consapevolezza. L'obiettivo originario delle otto ore viene messo da parte
e lascia il posto ad altre rivendicazioni politiche e sociali considerate
più impellenti. La protesta per le condizioni di miseria delle masse
lavoratrici anima le manifestazioni di fine Ottocento.
Il 1 maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei "moti per
il pane", che investono tutta Italia e hanno il loro tragico epilogo
a Milano. Nei primi anni del Novecento il 1 maggio si caratterizza anche per
la rivendicazione del suffraggio universale e poi per la protesta contro l'impresa
libica e contro la partecipazione dell'Italia alla guerra mondiale.
Si discute intanto sul significato di questa ricorrenza: giorno di festa,
di svago e di divertimento oppure di mobilitazione e di lotta ?
Un binomio, questo di festa e lotta, che accompagna la celebrazione del 1
maggio nella sua evoluzione più che secolare, dividendo i fautori dell'una
e dell'altra caratterizzazione.
Qualcuno ha inteso conciliare gli opposti, definendola una "festa ribelle",
ma nei fatti il 1 maggio è l'una e l'altra cosa insieme, a seconda
delle circostanze più lotta o più festa.
Il 1 maggio 1919 i metallurgici e altre categorie di lavoratori possono festeggiare
il conseguimento dell'obiettivo originario della ricorrenza: le otto ore.
Il ventennio fascista
Nel volgere di due anni però la situazione muta radicalmente: Mussolini
arriva al potere e proibisce la celebrazione del 1 maggio.
Durante il fascismo la festa del lavoro viene spostata al 21 aprile, giorno
del cosiddetto Natale di Roma; così snaturata, essa non dice più
niente ai lavoratori, mentre il 1 maggio assume una connotazione quanto mai
"sovversiva", divenendo occasione per esprimere in forme diverse
- dal garofano rosso all'occhiello alle scritte sui muri, dalla diffusione
di volantini alle bevute in osteria - l'opposizione al regime.
Dal dopoguerra a oggi
All'indomani della Liberazione, il 1 maggio 1945, partigiani e lavoratori,
anziani militanti e giovani che non hanno memoria della festa del lavoro,
si ritrovano insieme nelle piazze d'Italia in un clima di entusiasmo.
Appena due anni dopo il 1 maggio è segnato dalla strage di Portella
della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano fanno fuoco contro i
lavoratori che assistono al comizio.
Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della profonda spaccatura che, di
lì a poco, porterà alla scissione sindacale. Bisognerà
attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica
celebrare uniti la loro festa.
Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche il fatto
che al movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni per far sentire
la propria presenza, hanno portato al progressivo abbandono delle tradizionali
forme di celebrazione del 1 maggio.
Oggi un'unica grande manifestazione unitaria esaurisce il momento politico,
mentre il concerto rock che da qualche anno Cgil, Cisl e Uil organizzano per
i giovani sembra aderire perfettamente allo spirito del 1 maggio, come lo
aveva colto nel lontano 1903 Ettore Ciccotti: "Un giorno di riposo diventa
naturalmente un giorno di festa, l'interruzione volontaria del lavoro cerca
la sua corrispondenza in una festa de'sensi; e un'accolta di gente, chiamata
ad acquistare la coscienza delle proprie forze, a gioire delle prospettive
dell'avvenire, naturalmente è portata a quell'esuberanza di sentimento
e a quel bisogno di gioire, che è causa ed effetto al tempo stesso
di una festa".