Contratto metalmeccanici: lo strappo della FIOM.
Analisi delle ultime novità riguardanti la trattativa sul contratto dei metalmeccanici e le proclamazioni di sciopero. REDS. Luglio 2001.


La trattativa sul contratto dei metalmeccanici è a un punto morto: l'ultima proposta della Federmeccanica che stravolge le regole da lei stessa sottoscritte, porta il sindacato a una lacerazione forse insanabile. La parola ora deve andare ai lavoratori.

L'attuale momento nella trattativa, che a fasi alterne prosegue da sei mesi, per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici è caratterizzato da una spaccatura molto seria che si è aperta nella delegazione sindacale.
La ragione di questa rottura deriva dai diversi giudizi che sono stati dati sulla proposta che la Federmeccanica ha messo a punto dopo lo sciopero generale di categoria del 18 maggio; sciopero riuscito e che ha consentito a decine di migliaia di lavoratori di riempire le piazze come da tempo non si vedeva.
Lo scontro nelle burocrazie ha raggiunto toni aspri fino a coinvolgere la dirigenza confederale ai più alti livelli senza che questo abbia prodotto una forma di mediazione che consentisse di andare avanti nella trattativa.
Alla fine di tutto, anche su pressioni giunte dalla base la Fiom ha rotto gli indugi e anche senza Fim e Uilm ha annunciato 8 ore di sciopero da effettuare il 6 luglio con manifestazioni e cortei.

Il sole24ore del 22 giugno descrive questo fatto in questi termini: alla Federmeccanica che apre il confronto si contrappone la scelta della Fiom che sceglie il conflitto rompendo il fronte sindacale con uno sciopero in solitudine. Bisogna tornare agli anni '60 per registrare un'iniziativa analoga: era il lontano '66 quando la Fim (e non la Fiom quindi, ndr) proclamò uno sciopero da sola per il contratto nazionale.

Mentre su una nota della segreteria della Fiom si spiega che questa decisione si è resa necessaria in quanto "non esiste l'unitarietà degli obbiettivi come documentato dalle posizioni di Fim e Uilm. È per questo che appare impossibile dichiarare insieme uno sciopero nazionale proprio perché gli obbiettivi sono divergenti e quindi non avrebbe un significato chiaro e trasparente l'adesione dei lavoratori allo sciopero, e per di più rappresenterebbe un fronte di lotta diviso nei confronti di Federmeccanica".

Ma per capire i nodi politici che stanno dietro questa clamorosa presa di posizione da parte della Fiom occorre fare qualche passo indietro.
Il perché del protrarsi così a lungo delle trattative è sicuramente da ricercare nel fatto che il padronato ha voluto arrivare al 13 maggio al fine di vedere se dal risultato elettorale potevano determinarsi delle condizioni a lui favorevoli, così da avere una sponda a livello istituzionale nella linea di lotta che intende portare avanti nei confronti del sindacato e della Cgil in particolare.
Prima delle elezioni Federmeccanica ha prodotto una proposta di aumento salariale di 97mila lire che costituivano la somma di 85mila per inflazione programmata e 12mila per inflazione pregressa.
Questa proposta è stata ritenuta insufficiente da tutti i sindacati e ha prodotto, come dicevamo, lo sciopero del 18 maggio; i sindacati, in virtù della riuscita della mobilitazione, si sono quindi compattati, provocando anche un forte movimento di solidarietà nei confronti della lotta dei metalmeccanici.
La scelta fatta poi in seguito da Federmeccanica di portare la quota a 115mila lire (abbastanza vicina alla richiesta sindacale di 135mila) paradossalmente, ha invece prodotto la spaccatura nel sindacato. Perché?
Perché le 18mila lire in più sono state offerte come recupero del potere d'acquisto perso dai lavoratori nei primi 6 mesi del 2001 rispetto l'inflazione programmata. In pratica i padroni hanno offerto una quota di salario che a rigor di accordi stipulati sarebbe dovuta essere nella piattaforma del contratto del 2003: si tratta quindi di una forma di anticipo.
Questo anticipo sul prossimo contratto, in luogo delle 15mila lire chieste per il buon andamento del settore, ancora costituiscono la negazione del diritto dei lavoratori di godere collettivamente di una parte della ricchezza prodotta in più a causa di elementi congiunturali favorevoli.
Inoltre non sono state modificate le 12mila lire che il padronato ha proposto come recupero per l'inflazione pregressa, voce per la quale il sindacato chiede 35mila lire; questo significa che la Federmeccanica continua a ritenere di non dover dare quote di recupero per un'inflazione a loro dire dovuta a cause esterne.
C'è da dire inoltre che il padronato non ha fatto un grande sforzo ad aggiungere le 18mila di anticipo visto che si sa già che le percentuali di inflazione vera per i prossimi due anni saranno a ridosso del 3% e non del 2,3% su cui è stata costruita la piattaforma; pertanto si tratta comunque di una quota legata all'inflazione magari non programmata ma sicuramente programmabile.

Il no secco, arrivato dalla Fiom, che continua a difendere gli obbiettivi indicati nella piattaforma (135mila lire d'aumento) non è dovuto quindi alle quantità di salario proposto bensì al fatto che si produce uno smantellamento dei presupposti politici su cui poggia l'insieme della (pur miserabile) piattaforma presentata: il recupero integrale di quanto perso nei due anni trascorsi, e la distribuzione in forma collettiva di una parte della maggiore ricchezza prodotta.
Fim e Uilm, invece, incredibilmente considerano la proposta degli industriali una base di partenza "interessante" per riprendere il negoziato ritenendo evidentemente irrilevanti le questioni poste.
Fim e Uilm ritengono che vi siano le condizioni per poter convincere la controparte ad aggiungere altre 10-12mila per poi chiudere tutta la partita e…amici come prima.
A questo punto per la Fiom si è aperto un problema: se avesse accettato di accogliere la proposta padronale si sarebbero create tutte le premesse per un processo di omologazione con Fim e Uilm con conseguenze facilmente immaginabili sul piano della devastazione della base sociale di questo sindacato.
Come per incoraggiare la Fim e la Uilm la Confindustria non ha tardato a farsi sentire il cui vertice si è espresso nel merito della vertenza dei metalmeccanici.
Si legge sulle colonne del sole24ore: La Confindustria per bocca del suo presidente D'Amato ha espresso una posizione improntata all'ottimismo, sostenendo che vi sarebbero dei chiari segnali di apertura con i sindacati, e che quanto sta accadendo è assolutamente normale in una situazione di rinnovo contrattuale e, infine, che è sicuramente interesse di ambo le parti addivenire al più presto a una intesa.
Ciò di cui gli imprenditori infatti hanno assolutamente bisogno in questa fase è la normalità dei rapporti in fabbrica, e che pertanto vanno incoraggiati gli sforzi di Cisl e Uil tesi al raggiungimento rapido di una intesa. A tale proposito non hanno escluso la possibilità di una crescita ulteriore dell'offerta pur di mantenerne inalterata la struttura.
Questo ovviamente significa che le imprese sarebbero disponibili a rivedere le cifre di aumento, ma non le voci; anzi, dicono a chiare lettere che è questa la condizione imprescindibile per la ripresa del confronto, e recitano il de profundis delle regole contenute nel protocollo del 1993, ormai considerato un ferrovecchio.

Prima di arrivare alla proclamazione da parte della Fiom dello sciopero, e quando era evidente che i sindacati non sarebbero stati in grado di gestire unitariamente la vertenza il bivio che si era aperto è apparso immediatamente chiaro: andare ciascuno per conto proprio, oppure dare la parola ai lavoratori e far decidere a loro se e come proseguire la trattativa, con la consapevolezza che questa seconda opzione avrebbe comunque portato nuove divisioni.
La Fiom ha spinto per andare a una consultazione vera, cioè vincolante, con un voto. Ma i tre sindacati non sono riusciti nemmeno a mettersi d'accordo sul tipo di domanda da rivolgere ai lavoratori.
La Fiom avrebbe infatti voluto chiedere ai lavoratori se erano ancora d'accordo sulla piattaforma rivendicativa o se la ritenevano superata, in quanto la proposta della Federmeccanica ristruttura la piattaforma e quindi sarebbe possibile accettarla solo nel caso di un mandato esplicito dei lavoratori in tal senso.
Fim e Uilm si sono invece dette favorevoli a assemblee informative, e magari anche alla proclamazione di scioperi di pressione per aumentare le cifre proposte dal padronato, ma il referendum si sarebbe dovuto tenere solo su delle ipotesi di accordo.

A questo punto lo strappo sembra veramente di enorme portata anche perché in mezzo vi è la maggior categoria di lavoratori con il più importante patrimonio di storia sindacale alle spalle, e quindi le ripercussioni su tutto il resto del mondo del lavoro saranno inevitabili.

Un comunicato dell'area della sinistra sindacale nella Cgil (Lavoro Società - Cambiare Rotta) diffuso prima della proclamazione dello sciopero del 6 luglio, mentre condanna da una parte la linea oltranzista della Federmeccanica, e denuncia dall'altra l'incapacità del sindacato di difendere gli interessi materiali e i diritti dei lavoratori all'interno delle logiche concertative del luglio 93, invita la Fiom a non cedere alle pregiudiziali e, anche a costo di una differenziazione con gli altri sindacati, a difendere la piattaforma e a sostenerla fino in fondo.
Aggiunge inoltre che: la mobilitazione dei metalmeccanici riguarda tutto il mondo del lavoro e pone con maggior urgenza la necessità di un cambiamento di linea nella Cgil per fronteggiare la nuova aggressività del padronato italiano. Pertanto se si dovrà arrivare ad un'iniziativa di lotta della categoria, questo dovrà rappresentare un appuntamento per tutta la Cgil, che dovrà mettere tutto il suo impegno a sostegno di questa battaglia.

Dopo queste prese di posizione della Fiom molto precise e dirompenti si sono riuniti anche i vertici della Fim, da cui è scaturita la scelta di questo sindacato di andare alla proclamazione di 8 ore di sciopero che però dovranno essere fatte localmente e entro il 5 luglio, un giorno prima dello sciopero proclamato dalla Fiom, con l'evidente intento di fare in modo che i propri iscritti non vadano a mescolarsi con i lavoratori che si riconoscono nella linea intrapresa dalla Fiom.

La situazione è quindi molto ingarbugliata e forse mentre andremo in rete questa sarà ulteriormente cambiata (cosa farà la Uilm?), anche perché nel frattempo (entro giugno) verrà sostituito il presidente di Federmeccanica. Ma al di là di tutto non vi sono scorciatoie a fronte del tentativo che viene dall'esterno e dall'interno del movimento sindacale di isolare il più importante sindacato italiano, e con esso i lavoratori, per renderli più vulnerabili ai nuovi attacchi che si prospettano per il prossimo autunno (pensioni, stato sociale, flessibilità e licenziamenti), se non andare verso l'organizzazione della solidarietà e la difesa dell'unità dei lavoratori attorno al sindacato.
Ma ciò non basta occorre di pari passo dotare il sindacato di una linea di politica rivendicativa veramente vicina agli interessi reali dei lavoratori rompendo con le pratiche concertative che hanno dimostrato sul campo di costituire solo un supporto per il padronato e il governo per attuare politiche a difesa della competitività dell'economia nazionale a scapito del reddito e dei diritti dei lavoratori.