Contratto
dei metalmeccanici: bilanci e prospettive.
La
firma separata da parte di Fim e Uilm del contratto dei metalmeccanici non
ha portato la Fiom a considerare chiusa la vertenza. La grande adesione allo
sciopero del 6 luglio scorso, proclamato dalla Fiom, testimonia quanto nelle
fabbriche la tensione sia rimasta alta. REDS. Settembre 2001
La
firma separata da parte di Fim e Uilm del contratto dei metalmeccanici non
ha portato la Fiom a considerare chiusa la vertenza. Ma
come abbiamo detto alla fine il compromesso è stato trovato con l'introduzione
in piattaforma di una quota di 15mila lire che, con l'inflazione programmata
(85mila lire) e il recupero del potere d'acquisto arretrato (35mila lire),
ha portato la richiesta complessiva a 135mila lire. Questa
divisione nel sindacato è stata comunque percepita immediatamente dai
lavoratori che nel referendum di approvazione della piattaforma hanno largamente
disertato le urne (40% di astensionismo) e tra coloro che hanno votato solo
il 60% si è espresso favorevolmente. Come
abbiamo già argomentato in altri articoli, nei fatti il peso della
guida dell'opposizione sociale al governo Berlusconi-Fini-Bossi è nelle
mani della Cgil, e in particolare in quelle della Fiom all'interno della quale
vi è una base che non si sente sconfitta dai risultati elettorali e
ritiene di avere le energie per affrontare lo scontro che da qui a poche settimane
vedrà al centro il ridimensionamento dello stato sociale, le pensioni,
i licenziamenti facili.
La grande adesione allo sciopero del 6 luglio scorso, proclamato dalla Fiom,
testimonia quanto nelle fabbriche la tensione sia rimasta alta.
Con questo sciopero la Fiom ha inteso giustamente raccogliere e dirigere la
protesta dei lavoratori più coscienti e dei delegati RSU più
radicali che, pur mal digerendo la pochezza della piattaforma rivendicativa
iniziale, hanno sostenuto in modo determinato la lotta contrattuale per portare
a casa un risultato almeno dignitoso.
Va ricordato infatti che questa piattaforma è stato il risultato di
tre mesi di defatiganti discussioni all'interno degli apparati, e solo l'intervento
risolutivo dei vertici confederali ha consentito di arrivare a una formulazione
di compromesso tra le varie "sensibilità" .
Le difficoltà sono nate nel momento in cui la Fiom ha posto la questione
della necessità di andare nell'ambito del contratto nazionale alla
redistribuzione di una parte della maggiore ricchezza prodotta per il buon
andamento del settore.
In pratica la Fiom ha voluto introdurre il principio (tra l'altro previsto
nel protocollo del luglio '93) secondo cui gli aumenti salariali non dovevano
essere legati solo al recupero del potere d'acquisto, ma dovevano comprendere
anche una quota derivante dal buon andamento del settore, cioè detto
più semplicemente dai maggiori profitti accumulati dai padroni.
Fim e Uilm hanno fino all'ultimo sostenuto che tale quota salariale dovesse
essere contrattata a livello aziendale, e che se delle fette salariali dovevano
essere date con il contratto nazionale si sarebbe penalizzata la contrattazione
di secondo livello.
Fim e Uilm avrebbero in sostanza voluto un contratto risolto per via matematica
(tanta inflazione = tanto salario) per poi rimandare lo scontro sulla distribuzione
della ricchezza a livello aziendale.
La linea della Fiom di riconoscere in forma generalizzata questo tipo di incremento
salariale partiva dalla constatazione che solo meno di un quarto dei lavoratori
nei fatti riescono a intraprendere il percorso della contrattazione integrativa,
per cui la rinuncia alla richiesta di aumento salariale per l'andamento del
settore avrebbe avuto come conseguenza lasciare ai padroni ampie fette di
profitto "gratis".
Fin dall'inizio quindi la differenza tra le organizzazioni sindacali non si
è manifestata sul piano delle quantità quanto invece sul piano
strettamente strategico.
Ma, sull'altra sponda, anche la Federmeccanica ha percepito la debolezza del
sindacato e il suo scollamento dalle masse lavoratrici, tant'è che
ha protratto per i primi tre mesi (periodo nel quale i sindacati sono tenuti
a non organizzare scioperi) le trattative senza mai entrare realmente nel
merito della piattaforma.
Poi c'è stato il periodo di tregua elettorale, le elezioni (che sappiamo
tutti come sono andate) e finalmente lo sciopero generale del 18 maggio con
manifestazioni in tutte le principali città: un vero successo.
A questo punto la Federmeccanica, che fino a quel momento aveva fatto controproposte
a dir poco provocatorie che sono andate dal non riconoscimento del recupero
per l'inflazione arretrata alla messa in discussione dell'istituto del contratto
nazionale di lavoro, e in presenza di un nuovo governo che apertamente aveva
sponsorizzato per tutto il periodo di campagna elettorale (ma anche prima),
ha pensato di andare alla chiusura rapida del contratto agendo sulle divisioni
interne alla delegazione sindacale che fino a quel momento aveva mostrato
una fragilissima unità, certo per togliere di mezzo l'unico movimento
reale di massa in lotta, ma soprattutto per mettere la classe lavoratrice
in condizioni di debolezza una volta isolata la Fiom.
La proposta risolutiva della Federmeccanica si è avvicinata alla cifra
richiesta dai sindacati fino quasi a coincidere, non riconoscendo però
nessuna quota legata all'aumento della produttività, preferendo invece
anticipare una quota di salario del prossimo contratto.
La piattaforma approvata dai lavoratori è stata stravolta, ma ciò
nonostante Fim e Uilm hanno ritenuto di andare alla firma del contratto rifiutando
ogni proposta della Fiom di andare alla consultazione preventiva dei lavoratori.
Fim e Uilm hanno sostenuto che l'unica consultazione doveva essere il referendum
sull'ipotesi di accordo, ma che neppure quello si sarebbe fatto in quanto
la Fiom non era firmataria dell'accordo.
Come abbiamo detto in apertura la Fiom è andata quindi alla proclamazione
dello sciopero di categoria che ha portato 300mila lavoratori nelle piazze
italiane, e dai microfoni dei palchi i dirigenti sindacali hanno garantito
tra l'entusiasmo generale di non ritenere chiusa la vertenza contrattuale
e che si sarebbero messi in atto tutte le iniziative legali e di lotta (manifestazione
a Roma) per riaprire le trattative sulla base della piattaforma approvata
dai lavoratori.
Nel frattempo la Fiom sui posti di lavoro avviava la raccolta di firme per
andare al referendum sul contratto: a oggi sono circa 35mila le firme raccolte.
Ma per la mancanza di un qualsiasi riferimento legislativo sulla rappresentanza
dei lavoratori sui posti di lavoro (mancanza di cui i governi di centro-sinistra
ne portano per intero la responsabilità), è difficile prevedere
lo sbocco del percorso legale di questo scontro; resta però il fatto
positivo di questa Fiom che questa volta non ha potuto ignorare il peso che
i lavoratori hanno saputo mettere in campo spendendosi in uno sciopero di
cui, per trovare un precedente, bisogna risalire agli anni '60.
La sconfitta della sinistra sul piano elettorale ha costretto i burocrati
della Cgil a stringere rapporti più stretti con la propria base sociale
ed è per ciò che pur di non perdere anche questa legittimazione
hanno accettato di dissociarsi da contratti e accordi a cui in altre situazioni
avrebbero tranquillamente aderito.
Il fatto che, ad esempio, la Fiom è l'unico sindacato che ha aderito
al movimento antiglobalizzazione è lì a testimoniare non tanto
la volontà di Sabattini e soci di combattere il capitalismo internazionale
nelle sue nuove forme organizzative, quanto invece il peso che hanno avuto
i militanti sindacali della Fiom, le RSU, e le componenti organizzate nel
trascinare questo sindacato a essere dentro alla realtà di lotta più
seria e concreta degli ultimi vent'anni.
Vi sono in pratica le condizioni reali affinchè i lavoratori e i propri
delegati contino realmente nelle dinamiche sindacali, per cui è importante
che a partire dai posti di lavoro nascano coordinamenti di RSU che a partire
dalla lotta dei metalmeccanici, per arrivare alla lotta antiglobalizzazione,
siano in grado di sfruttare a pieno questo momento favorevole unificando tutto
ciò che è unificabile per intraprendere nel migliore dei modi
lo scontro sociale che si va sempre più profilando nei suoi contorni,
uno scontro che la destra e la borghesia avendo isolato la Fiom e la Cgil
sperano di vincere. A noi il compito di dimostrare quanto si stiano sbagliando.