Contratto dei metalmeccanici: bilanci e prospettive.
La firma separata da parte di Fim e Uilm del contratto dei metalmeccanici non ha portato la Fiom a considerare chiusa la vertenza. La grande adesione allo sciopero del 6 luglio scorso, proclamato dalla Fiom, testimonia quanto nelle fabbriche la tensione sia rimasta alta. REDS. Settembre 2001


La firma separata da parte di Fim e Uilm del contratto dei metalmeccanici non ha portato la Fiom a considerare chiusa la vertenza.
La grande adesione allo sciopero del 6 luglio scorso, proclamato dalla Fiom, testimonia quanto nelle fabbriche la tensione sia rimasta alta.
Con questo sciopero la Fiom ha inteso giustamente raccogliere e dirigere la protesta dei lavoratori più coscienti e dei delegati RSU più radicali che, pur mal digerendo la pochezza della piattaforma rivendicativa iniziale, hanno sostenuto in modo determinato la lotta contrattuale per portare a casa un risultato almeno dignitoso.
Va ricordato infatti che questa piattaforma è stato il risultato di tre mesi di defatiganti discussioni all'interno degli apparati, e solo l'intervento risolutivo dei vertici confederali ha consentito di arrivare a una formulazione di compromesso tra le varie "sensibilità" .
Le difficoltà sono nate nel momento in cui la Fiom ha posto la questione della necessità di andare nell'ambito del contratto nazionale alla redistribuzione di una parte della maggiore ricchezza prodotta per il buon andamento del settore.
In pratica la Fiom ha voluto introdurre il principio (tra l'altro previsto nel protocollo del luglio '93) secondo cui gli aumenti salariali non dovevano essere legati solo al recupero del potere d'acquisto, ma dovevano comprendere anche una quota derivante dal buon andamento del settore, cioè detto più semplicemente dai maggiori profitti accumulati dai padroni.
Fim e Uilm hanno fino all'ultimo sostenuto che tale quota salariale dovesse essere contrattata a livello aziendale, e che se delle fette salariali dovevano essere date con il contratto nazionale si sarebbe penalizzata la contrattazione di secondo livello.
Fim e Uilm avrebbero in sostanza voluto un contratto risolto per via matematica (tanta inflazione = tanto salario) per poi rimandare lo scontro sulla distribuzione della ricchezza a livello aziendale.
La linea della Fiom di riconoscere in forma generalizzata questo tipo di incremento salariale partiva dalla constatazione che solo meno di un quarto dei lavoratori nei fatti riescono a intraprendere il percorso della contrattazione integrativa, per cui la rinuncia alla richiesta di aumento salariale per l'andamento del settore avrebbe avuto come conseguenza lasciare ai padroni ampie fette di profitto "gratis".
Fin dall'inizio quindi la differenza tra le organizzazioni sindacali non si è manifestata sul piano delle quantità quanto invece sul piano strettamente strategico.

Ma come abbiamo detto alla fine il compromesso è stato trovato con l'introduzione in piattaforma di una quota di 15mila lire che, con l'inflazione programmata (85mila lire) e il recupero del potere d'acquisto arretrato (35mila lire), ha portato la richiesta complessiva a 135mila lire.

Questa divisione nel sindacato è stata comunque percepita immediatamente dai lavoratori che nel referendum di approvazione della piattaforma hanno largamente disertato le urne (40% di astensionismo) e tra coloro che hanno votato solo il 60% si è espresso favorevolmente.
Ma, sull'altra sponda, anche la Federmeccanica ha percepito la debolezza del sindacato e il suo scollamento dalle masse lavoratrici, tant'è che ha protratto per i primi tre mesi (periodo nel quale i sindacati sono tenuti a non organizzare scioperi) le trattative senza mai entrare realmente nel merito della piattaforma.
Poi c'è stato il periodo di tregua elettorale, le elezioni (che sappiamo tutti come sono andate) e finalmente lo sciopero generale del 18 maggio con manifestazioni in tutte le principali città: un vero successo.
A questo punto la Federmeccanica, che fino a quel momento aveva fatto controproposte a dir poco provocatorie che sono andate dal non riconoscimento del recupero per l'inflazione arretrata alla messa in discussione dell'istituto del contratto nazionale di lavoro, e in presenza di un nuovo governo che apertamente aveva sponsorizzato per tutto il periodo di campagna elettorale (ma anche prima), ha pensato di andare alla chiusura rapida del contratto agendo sulle divisioni interne alla delegazione sindacale che fino a quel momento aveva mostrato una fragilissima unità, certo per togliere di mezzo l'unico movimento reale di massa in lotta, ma soprattutto per mettere la classe lavoratrice in condizioni di debolezza una volta isolata la Fiom.
La proposta risolutiva della Federmeccanica si è avvicinata alla cifra richiesta dai sindacati fino quasi a coincidere, non riconoscendo però nessuna quota legata all'aumento della produttività, preferendo invece anticipare una quota di salario del prossimo contratto.
La piattaforma approvata dai lavoratori è stata stravolta, ma ciò nonostante Fim e Uilm hanno ritenuto di andare alla firma del contratto rifiutando ogni proposta della Fiom di andare alla consultazione preventiva dei lavoratori.
Fim e Uilm hanno sostenuto che l'unica consultazione doveva essere il referendum sull'ipotesi di accordo, ma che neppure quello si sarebbe fatto in quanto la Fiom non era firmataria dell'accordo.
Come abbiamo detto in apertura la Fiom è andata quindi alla proclamazione dello sciopero di categoria che ha portato 300mila lavoratori nelle piazze italiane, e dai microfoni dei palchi i dirigenti sindacali hanno garantito tra l'entusiasmo generale di non ritenere chiusa la vertenza contrattuale e che si sarebbero messi in atto tutte le iniziative legali e di lotta (manifestazione a Roma) per riaprire le trattative sulla base della piattaforma approvata dai lavoratori.
Nel frattempo la Fiom sui posti di lavoro avviava la raccolta di firme per andare al referendum sul contratto: a oggi sono circa 35mila le firme raccolte.
Ma per la mancanza di un qualsiasi riferimento legislativo sulla rappresentanza dei lavoratori sui posti di lavoro (mancanza di cui i governi di centro-sinistra ne portano per intero la responsabilità), è difficile prevedere lo sbocco del percorso legale di questo scontro; resta però il fatto positivo di questa Fiom che questa volta non ha potuto ignorare il peso che i lavoratori hanno saputo mettere in campo spendendosi in uno sciopero di cui, per trovare un precedente, bisogna risalire agli anni '60.

Come abbiamo già argomentato in altri articoli, nei fatti il peso della guida dell'opposizione sociale al governo Berlusconi-Fini-Bossi è nelle mani della Cgil, e in particolare in quelle della Fiom all'interno della quale vi è una base che non si sente sconfitta dai risultati elettorali e ritiene di avere le energie per affrontare lo scontro che da qui a poche settimane vedrà al centro il ridimensionamento dello stato sociale, le pensioni, i licenziamenti facili.
La sconfitta della sinistra sul piano elettorale ha costretto i burocrati della Cgil a stringere rapporti più stretti con la propria base sociale ed è per ciò che pur di non perdere anche questa legittimazione hanno accettato di dissociarsi da contratti e accordi a cui in altre situazioni avrebbero tranquillamente aderito.
Il fatto che, ad esempio, la Fiom è l'unico sindacato che ha aderito al movimento antiglobalizzazione è lì a testimoniare non tanto la volontà di Sabattini e soci di combattere il capitalismo internazionale nelle sue nuove forme organizzative, quanto invece il peso che hanno avuto i militanti sindacali della Fiom, le RSU, e le componenti organizzate nel trascinare questo sindacato a essere dentro alla realtà di lotta più seria e concreta degli ultimi vent'anni.
Vi sono in pratica le condizioni reali affinchè i lavoratori e i propri delegati contino realmente nelle dinamiche sindacali, per cui è importante che a partire dai posti di lavoro nascano coordinamenti di RSU che a partire dalla lotta dei metalmeccanici, per arrivare alla lotta antiglobalizzazione, siano in grado di sfruttare a pieno questo momento favorevole unificando tutto ciò che è unificabile per intraprendere nel migliore dei modi lo scontro sociale che si va sempre più profilando nei suoi contorni, uno scontro che la destra e la borghesia avendo isolato la Fiom e la Cgil sperano di vincere. A noi il compito di dimostrare quanto si stiano sbagliando.