Contratto dei metalmeccanici 2005.
Le lotte dei lavoratori di Melfi, di Termini Imerese e di Terni, non hanno insegnato nulla ai dirigenti sindacali. La piattaforma per il rinnovo del contratto della più importante categoria dell'industria non raccoglie le domande di salario, di diritti e di democrazia i contenute in quelle lotte. Necessario un reale protagonismo dei lavoratori. Di Duilio Felletti. Aprile 2005.


Dopo due firme di contratti separate, questa volta la Fiom ha scelto di presentarsi al rinnovo del biennio 2005/06 con una piattaforma concordata con Fim e Uilm.
A gennaio la piattaforma è stata sottoposta a referendum: la consultazione ha visto coinvolti 517mila lavoratori (su 1.500.000) e i sì sono stati il 93%.
Per questo biennio i sindacati chiedono un aumento salariale di 130€, di cui una parte (105) dovrà andare a incrementare i minimi tabellari e l'altra (25) dovrà essere corrisposta a quei lavoratori che negli ultimi 4 anni non hanno fatto contrattazione aziendale. Gli altri lavoratori (quelli che hanno stipulato accordi aziendali in questo periodo) invece potranno avere questa somma, ma solo dopo il 2005, e questa somma dovrà essere considerata come anticipo su un eventuale accordo aziendale che verrà stipulato nei prossimi 4 anni.
Dopo il referendum sono già stati fatti due incontri tra le parti, nell'ambito dei quali la Federmeccanica ha rigettato le richieste dei sindacati ritenendole troppo elevate sia in relazione alla perdurante crisi del settore, sia perchè non coerenti con quanto previsto dall'accordo del 1993. Dieci anni fa infatti i Sindacati concordarono con Confindustria e Governo che le richieste salariali non dovevano essere superiori al tasso di inflazione "programmata" e che eventuali scostamenti dovevano essere recuperati successivamente (due anni dopo). E secondo calcoli fatti dai padroni, seguendo quella logica, gli aumenti non dovrebbero essere superiori ai 65/70€ (lordi naturalmente).
Le distanze, quindi, sono considerevoli.

Gli aumenti (i 105€ che andranno sui minimi) richiesti non saranno uguali per tutti ma saranno differenziati per categoria, con uno sventagliamento che parte dai 66€ previsti per il livello più basso per arrivare ai 138€ previsti per il livello più alto. I 105€ "pieni" saranno dati ai lavoratori inquadrati nel 5° livello.
Sono state concordate tra Fim, Fiom e Uilm, anche regole di democrazia che dovranno portare all'approvazione (o bocciatura) dell'eventuale accordo una volta raggiunto al tavolo. Si dovrà esprimere prima di tutto un'assemblea nazionale composta da 500 delegati e potrà essere fatto un referendum anche su richiesta di una sola organizzazione sindacale.

Ma facciamo alcune considerazioni.

Sulla scelta di andare alla trattativa con una piattaforma unitaria.
Mentre le tre confederazioni sindacali sono impegnate in uno scontro aspro con il Governo Berlusconi, si stanno nello stesso tempo predisponendo, in vista di una prossima vittoria del centro sinistra alle prossime politiche del 2006, ad avere un rapporto collaborativo con il futuro governo. Un governo la cui vittoria è auspicata anche dai vertici di Confindustria, che a sua volta non perde mai occasione di lanciare segnali distensivi ai dirigenti sindacali. Un governo che godrà anche dell'appoggio del PRC che a sua volta ha una forte influenza sul gruppo dirigente della Fiom. Non è difficile immaginare, in questo quadro complessivo, quanto possano essere state pesanti le pressioni esercitate dalla Cgil sullla Fiom (ma anche di Cisl e Uil sui rispettivi sindacati di categoria) volte a evitare, con la presentazione alla Federmeccanica di piattaforme separate, l'acuirsi del conflitto, con protagonista proprio la principale categoria industriale. E' vero d'altra parte che la Fiom non è riuscita nelle due precedenti esperienze di firme separate a produrre per i lavoratori risultati migliorativi, sul piano nazionale; e nei rapporti con le controparti avuti successivamente, per l'applicazione dei contenuti contrattuali, si è trovata marginalizzata e incapace di sviluppare ulteriore conflitto. Possiamo dire che dall'esperienza degli ultimi 4 anni la Fiom ne è uscita indebolita sul piano della sua capacità rivendicativa, per la ragione molto semplice che non è stata in grado di coinvolgere nello scontro con il padronato i lavoratori iscritti agli altri sindacati, e di conseguenza non ha messo in crisi la rappresentatività dei gruppi dirigenti di Fim e Uilm. Questa situazione di debolezza è stata percepita dai lavoratori, che, dando un sostegno di dimensioni plebiscitarie alla piattaforma unitaria, al dilà dei contenuti, hanno voluto lanciare un segnale di compattezza, quasi un voler raccogliere tutte le energie, per affrontare al meglio lo scontro che si prospetta.
La strada quindi della piattaforma unitaria è apparsa (e provabilmente è) senza alternative.

Sui contenuti della piattaforma
La richiesta di un recupero salariale che vada oltre il limite imposto dagli accordi concertativi del 1993 indica chiaramente che i sindacati non considerano più vincolante il principio della difesa del potere d'acquisto sulla base dell'inflazione programmata.
Poichè negli ultimi 10 anni il potere d'acquisto dei salari, seguendo quella logica, è stato progressivamente eroso, ora i sindacati hanno preferito prendere a riferimento l'inflazione "attesa", cioè l'inflazione che è ragionevole prevedere sulla base di un'analisi, in prospettiva, della congiuntura economica.
Un dato su tutti: dal 1996 al 2002 la spesa delle famiglie è cresciuta del 31,7% (cioè, per comprare le stesse cose le famiglie hanno speso il 31,7% in più) ma il reddito pro capite da lavoro dipendente è salito solo del 16,8%.
Come era facile attendersi, l'aver accettato di rilanciare l'economia contraendo i salari (e quindi anche i consumi), non ha fatto altro che accentuare la stagnazione, l'espulsione di forza lavoro dal tessuto industriale, e un aumento della povertà.
Di quanto sia stato fallimentare, anche sul piano squisitamente sindacale, l'aver rincorso il mantenimento del potere d'acquisto sulla base di un dato arbitrario e sostanzialmente "taroccato" (come appunto lo è l'inflazione programmata), non vi è una parola di autocritica, se non generici richiami alla controparte pardronale e al governo di farsi carico di maggiori investimenti per una maggiore competitività del sistema industriale, valorizzando la qualità del prodotto e della forza lavoro; e poi a seguire con fumosi discorsi circa la necessità di piani industriali adeguati ecc. ecc.
Ma entrando nel merito della richiesta salariale in piattaforma sono due le cose che balzano immediatamente all'occhio. Innanzi tutto l'introduzione di questo spezzettamento in due dell'aumento salariale: 105€ a tutti (ma anche questo vedremo che non è vero) e, tra questi, 25€ ad alcuni nel 2005 e ad altri dopo il 2005. I lavoratori che prenderanno prima questi 25€ saranno in questo modo risarciti per non avere fatto la contrattazione aziendale, e quelli che invece solitamente la fanno (cioè un terzo dei lavoratori che hanno sul posto di lavoro una RSU) potranno avere questi soldi dopo il 2005 per poi restituirli in caso di stipula di accordi aziendali (si dice in sindacalese che questi soldi saranno "assorbiti" da aumenti contrattati nel secondo livello).
Dunque si apre un precedente gravissimo: per la prima volta avremo un contratto nazionale che non sarà uguale per tutti.
Invece di imporre come fatto esigibile da contratto nazionale, la contrattazione di secondo livello, i dirigenti sindacali (Fiom compresa) hanno preferito pensare a una forma di risarcimento ai lavoratori più sfigati, con una cifra che assomiglia più ad una elemosina che ad un aumento salariale. Per questa via si svilisce e si svuota di contenuto il contratto aziendale, che rappresenta invece l'ambito cruciale in cui i lavoratori hanno la possibilità di discutere non solo di salario ma anche di una miriade di questioni (mensa, passaggi di categoria, orario di lavoro, ambiente, ecc..) che in questo modo, in cambio di pochi euro, saranno gestite in piena discrezionalità dalle direzioni aziendali.
Si prospettano dei tempi in cui il ruolo delle RSU sarà sempre meno importante.
Per quanto riguarda poi l'entità dell'aumento salariale vero e proprio, stiamo parlando di 105€ che andranno nelle tasche di una minoranza di lavoratori in quanto la maggioranza di questi (essendo inquadrati al 3° e 4° livello) andranno a percepire cifre tra i 92 e 97 euro lordi. I lavoratori ai livelli più alti (che solitamente sono quelli che scioperano meno) arriveranno a percepire fino a 138 euro.

Per la Fiom si tratta di un vero e proprio passo in dietro visto che nella scorsa tornata contrattuale aveva chiesto 135€ uguali per tutti, e su questa richiesta aveva rotto con gli altri sindacati.

Sulle regole di consultazione
A detta della Fiom, la vera novità in questa partita contrattuale, consiste nel fatto che, qualsiasi sarà il risultato della trattativa, questo dovrà essere sottoposto a referendum tra i lavoratori, e il pronunciamento dei lavoratori sarà vincolante e decisivo.
A questo proposito ricordiamo che nello scorso rinnovo la Fiom chiese che, prima della firma, ci fosse il passaggio referendario; ma, vista la volontà contraria di Fim e Uilm, la Fiom non firmò l'intesa e proseguì la lotta sia a livello generale che azienda per azienda, senza però riuscire a ottenere risultati apprezzabili.
E' previsto inoltre un percorso di consultazione, sia durante la vertenza sia al momento finale, nell'ambito di un'assemblea di delegati, composta da 500 membri nominati dai sindacati e in cui la rappresentanza pesante è quella degli organismi direttivi dei sindacati.
Non essendo questi delegati eletti, ma nominati, l'assemblea non avrà potere decisionale, ma il suo parere potrà essere considerato tale se nessun sindacato dovesse chiedere la convocazione del referendum.
A questo punto accadrà che se tutti i sindacati concordassero di effettuare il referendum l'esito verrà considerato valido se sostenuto dal 50%+1 dei votanti; se invece sarà richiesto da un solo sindacato occorrerà che il Si o il No siano il 50%+1 dei votanti al primo referendum.
Le considerazioni da fare rispetto questo meccanismo (certamente nuovo) ci sembrano queste.
E' evidente che Fim e Uilm hanno voluto salvaguardarsi degli spazi che consentiranno loro di boicottare il refrendum di ritorno che la Fiom ha già dichiarato di voler chiedere. Hanno operato infatti affinchè la partecipazione al primo referendum fosse molto alta, pensando già in questo modo di rendere difficilmente raggiungibile il quorum nel secondo referendum. Infatti se nel referendum finale, voluto solo dalla Fiom, Fim e Uilm organizzeranno l'astensione, gli esiti sono gà scritti, e il parere vincolante sarà quello dell'assemblea dei 500.
E' facile prevedere che se l'esito del contratto sarà ancora più al ribasso di quanto previsto in piattaforma, Fim e Uilm faranno le barricate, contro il referendum, per non essere smentite dalle rispettive basi e nello stesso tempo ingabbieranno la Fiom dentro meccanismi, che anch'essa ha sottoscritto, e che la metteranno in difficoltà rispetto la sua base.
Il perchè la Fiom abbia accettato questo gioco al massacro autolesionista, e democratico solo in apparenza, ci appare francamente misterioso. Non si riesce a capire la ragione di tutti questi "se" e "ma" attorno alle ragioni di un normalissimo referendum. Che cosa c'è di più normale di una consultazione finale di tutti i lavoratori prima della firma di un contratto? A cosa serve l'assemblea dei 500 burocrati, o aspiranti tali?
E' evidente la scelta di non voler dare il giusto peso alla parola dei lavoratori, o di renderla di più difficile espressione. E cosa c'è di democratico in tutto ciò?
Ci sembra invece di vedere una Fiom che intende chiudere rispeto una stagione di lotte e che lo voglia fare contenendo, per quanto le riuscirà, il dissenso interno, sia negli apparati che alla base.

Le prospettive future
E' chiaro che se tutti i lavoratori, in presenza di un'ipotesi di intesa negativa, andranno a votare al referendum voluto solo dalla Fiom, tutti i propositi di Fim e Uilm salteranno e si aprirà una nuova stagione di lotte di difficile gestione, anche da parte degli apparati sindacali.
Quanto però sia realistica questa ipotesi è molto discutibile.
La realtà della categoria negli ultimi anni ha conosciuto momenti molto alti di lotta (Melfi, Termini Imerese, Terni) ma tutti si sono risolti con accordi, magari anche positivi, che ne hanno accentuato l'isolamento. In sostanza, quelle lotte non sono state considerate dei momenti da cui partire per unificare il movimento operaio nel suo insieme. Questo, pensiamo noi, per una precisa scelta dei maggiori sindacati che non hanno voluto un clima di radicalizzazione dello scontro; clima in cui anche le posizioni dei burocrati potrebbero traballare paurosamente.
Nelle fabbriche intanto sono sempre più numerosi i lavoratori con contratti atipici, facilmente ricattabili e sostituibili, in concorrenza tra loro e con i lavoratori cosiddetti stabili, che oggettivamente rendono più difficile l'azione sindacale sul posto, e l'organizzazione delle lotte.
Siamo quindi in presenza di una classe operaia che, nonostante alcune situazioni importanti, ma locali e isolate, è pesantemente indebolita nel suo insieme e difficilmente avrà la capacità di alzare la testa nel breve tempo.
Pensiamo che il compito dei sindacati, oggi, sia quello di restituire protagonismo ai lavoratori.
E' quindi importante che i contenuti delle lotte siano credibili, e i risultati delle lotte siano percepiti positivamente; ma per ciò occorre che questi lavoratori a cui vengono tolti diritti, che vengono indeboliti e divisi dai padroni, possano esprimersi e dire la loro sulle questioni che li riguardano direttamente
. E chi può fare questa cosa se non i sindacati e i loro rappresentanti sui luoghi di lavoro?
Forse è giunto il momento di riempire di contenuto le frasi che spesso pronunciamo quando parliamo di costruire il sindacato partendo dal basso.