La
classe operaia non va più in paradiso, va in ... fiera.
L'emblematica
vicenda dell'Alfa Romeo di Arese. Di Loris Brioschi. Ottobre 1999.
La
storia Bettino
Craxi, deve essere sempre nei pensieri degli operai e dei lavoratori tutti
dell'Alfa Romeo di Arese, e sicuramente non in senso positivo, tanto da aggiungere
ai numerosi acciacchi dell'età, di cui è piena la cronaca dei
quotidiani di questi giorni, il classico fischio alle orecchie. Identica la
posizione dell'"innocente" Andreotti, del "pensionato"
Amato, dell'"asinello" Prodi e di altri ancora. Sono
infatti loro, nel lontano 1987, che regalarono l'Alfa Romeo alla Fiat, inclusi
18.000 lavoratori (compresi gli operai dell'Autobianchi di Desio trasferiti
ad Arese). Da quel tempo, ristrutturazioni, lotte, casse integrazioni, mobilità
e soprattutto vertenze, licenziamenti politici e non, si sono succedute senza
fine. La Fiat ha chiuso gli stabilimenti Autobianchi, Lancia e Maserati e
ridotto l'occupazione degli stabilimenti torinesi a fronte dell'apertura di
quello di Melfi. E ha nello stesso tempo smantellato pezzo per pezzo l'Alfa
di Arese, riducendone l'occupazione, sino all'ultimo accordo del 1997, a 4000
lavoratori. Era
l'accordo che prevedeva la formazione di un Consorzio di Reindustrializzazione
dell'area, che doveva impiegare gli eventuali lavoratori in "esubero"
del settore auto. Quanti lavoratori hanno effettivamente trovato posto nelle
aziende fantasma del Consorzio ? Certamente meno dei miliardi di soldi pubblici
che ha intascato. Era
l'accordo che prevedeva la produzione di auto sportive, coupe e spider ad
Arese. Produzioni spostate o destinate allo spostamento in altri stabilimenti
del gruppo Fiat. Era l'accordo che prevedeva produzioni alternative come l'"auto
elettrica". La stanno cercando ancora a "Chi l'ha visto"
assieme all'operazione di ricollocazione degli operai in fantomatiche aziende
esterne. Come
sua consuetudine adesso la Fiat straccia l'ennesimo, disatteso, accordo e
chiede altri 650 licenziamenti. E' chiaro che se i 1500 lavoratori che l'accordo
precedente prevedeva, fossero stati effettivamente impiegati nelle aziende
del Consorzio, come stabilito, non si sarebbe arrivati alle richieste di licenziamenti
di questi giorni. Questo dovrebbe fare venire qualche dubbio ai sindacati,
per lo meno sulla credibilità della Fiat, che di obiettivi sulla carta
ne scrive molti e poi non ne realizza nemmeno uno. Soprattutto per alcuni
avvenimenti accaduti nell'ultimo periodo. Per
esempio le notizie della vendita dell'area ad una società assicurativa
tedesca, la Ergo, che è rappresentata in Italia dalla Twm Italia Spa.
Quest'ultima, in una lettera inviata alla Fiat, dichiara di essere interessata
all'acquisto dell'area, al prezzo fissato in 90 miliardi, perchè interessata
al CRAA ( il suddetto Consorzio di Reindustrializzazione dell'Area di Arese),
facendosi carico di parte degli operai dello stabilimento di Arese. Per farne
cosa? Ma certo: per insediarvi ben un'ottantina di aziende della filiera dell'oro
di un Consorzio Orafi in via di costituzione. E
qui anche per il più sprovveduto, qualche cosa non quadra: ve li immaginate,
gli operai metalmeccanici delle linee di Arese, dover essere impiegati nella
lavorazione dei gioielli? Per i padroni tutto è possibile ... sulla
carta. Territorio
e profitti A
Milano non è nuova l'eliminazione delle realtà industriali spostate
in provincia o chiuse per poter far profitti con le realizzazioni sulle aree
industriali dismesse (vedi Pirelli, Pozzi Ginori, ecc.). Ad Arese l'immensa
area industriale potrebbe essere scelta come nuova sede del polo esterno della
Fiera, al posto dell'ex impianto dell'Agip dei comuni di Pero e di Rho. E
ciò anche grazie alla complessità e ai costi della bonifica
dell'area dell'ex raffineria e soprattutto grazie agli sponsor che esistono
nel Polo in tal senso : il sindaco di Milano Albertini e la giunta di destra
che governa la regione Lombardia. I
rapporti tra poteri forti La
Ergo, la società di assicurazioni tedesca con sede a Dusseldorf che
ha comperato dalla Fiat l'Alfa Romeo di Arese, è controllata al 62%
da Munich Re, che ha la sede a Monaco di Baviera ed è numero uno mondiale
delle riassicurazione (assicurano le assicurazioni!). In Germania il gruppo
Munich Re (Muenchener Rueckversicherungs AG) è secondo nelle assicurazioni
dietro l'Allianz, con la quale ha una partecipazione incrociata del 25% del
capitale. Dresdner Bank, seconda banca tedesca (della quale Allianz controlla
il 20% del capitale) ha il 10%. Un altro 10% è di Deutche Bank, prima
banca d'Europa. Il gruppo Munich Re -del quale è presidente Hans-Juergen
Schinzler- ha una capitalizzazione di Borsa di circa 85.000 miliardi di lire. Munich
Re, unitamente all'altra tedesca Commerzbank, è recentemente entrata
nel patto di sindacato Comit (anti-Fiat) costituito da Cuccia e Romiti per
mantenere il controllo di Mediobanca (Deutche Bank invece, col suo 5% di Comit
non ha aderito al patto), ed è presente anche nelle Generali come alleato
di Cuccia. Nelle scorse settimane, appena finita la "guerra"-Telecom,
Cuccia e Romiti (con le Generali) e la Fiat (con il San Paolo-Imi) si sono
scontrati per accaparrarsi l'Ina; alla fine hanno firmato un armistizio con
la regìa di Fazio, governatore della Banca d'Italia: hanno fatto una
bella spartizione a tavolino assegnando alle Generali l'Ina, mentre il San
Paolo-Imi degli Agnelli ha avuto come premio di consolazione il Banco di Napoli. E
per accontentare tutti i teorici del libero mercato, Fazio -d'accordo con
Ciampi e D'Alema- ha già prenotato la BNL per l'Unicredit e la Banca
del Salento (e la Banca Europea) per il Monte dei Paschi di Siena (D'Alema);
e il Mediocredito Centrale (che tra l'altro fa da consulente a tutti i Fondi
pensione e controlla il Banco di Sicilia) andrà alla Banca di Roma
o all'Unicredit. La "vendita" di metà (o prevedibilmente
di tutta) l'Alfa Romeo alla Munich Re (e la spartizione della "torta"
della Fiera) sono quindi veramente una conseguenza dell'"armistizio"
fra Agnelli e Cuccia-Romiti. Il
sindacato che fa? Il
sindacato produrrà un "remake" di un film, già visto
ad Arese, e le scene principali molto probabilmente sono le seguenti: b)
non elaborano nessuna proposta alternativa, c)
chiamano ad uno sciopero di protesta per far sfogare la rabbia (forse, ma
non è detto), d)
firmano l'accordo menopeggio : cambiando qualche virgola, qualcuno sottolineerà,
in mancanza d'altro, "le prospettive occupazionali insite nell'evoluzione
epocale che sta avvenendo: dall'eta del ferro (produzione di auto) all'età
dell'oro (produzione di gioielli)" (è triste ma non ci sarebbe
da stupirsi più di tanto) e)
La Fiat ringrazia, elimina altri 650 lavoratori, e ricava più profitti
dal diverso utilizzo dell'area. E'
possibile un'alternativa ? Partiamo
da un dato di fatto inconfutabile. Chi ha pagato, in questa "normale"
vicenda all'italiana, sono i lavoratori dell'Alfa in termini di migliaia di
posti di lavoro, ma anche tutti i cittadini italiani. La privatizzazione dell'azienda
agli Agnelli (ma è stata pagata?) e i prepensionamenti, le mobilità,
la Cigs serviti a smantellare l'Alfa: quante migliaia di miliardi sono costati?
Questi conti nessuno li ha fatti esattamente. E ancora: i finanziamenti CEE
per la reindustrializzazione dell'area dismessa sono stati utilizzati per
questo oppure sono serviti per rendere appetibile l'affare Fiera? E i finanziamenti
per l'auto elettrica fantasma chi li ha presi ? Vuoi
vedere che alla fine, facendo conti macroeconomici, sarebbe costata meno la
rimozione del vecchio management Alfa Romeo (responsabile delle decisioni
gestionali e produttive fallimentari, che portarono al deficit di bilancio),
mantenendo però l'azienda nel settore pubblico?. Perchè gli
economisti e i propugnatori del "privato è bello"
non fanno questo studio? Perchè la magistratura non se ne interessa?
Non è reato appropriarsi indebitamente di soldi pubblici? Attualmente
ad Arese lo Slai Cobas, ma anche i più piccoli Sin Cobas, e FLMU Cub,
sostengono in pratica, da soli il peso maggiore dello scontro con la Fiat.
La FIOM è stata, ci spiace dirlo, oggettivamente complice di ciò
che è avvenuto. La sinistra politica deve riprendere in mano la questione
Arese, il che significa scontrarsi con Agnelli e fare in modo che quella fabbrica,
considerata un tempo il laboratorio politico della classe operaia, torni catalizzatore
di nuove aggregazioni dal basso.
In realtà l'inizio della vicenda risale a qualche mese fa: fu allora
che la Fiat comunicò al presidente del Consorzio reindustrializzazione
area Arese (Craa), la decisione di procedere alla vendita dell'area, un milione
di metri quadri di cui trecentomila coperti. Nel testo si legge, tra l'altro,
che "a seguito della formalizzazione della promessa irrinunciabile
di acquisto accettata da Fiat, anche in considerazione della notevole dimensione
dell'area interessata e dei tempi di realizzazione delle opere di ristrutturazione
sarà necessario concordare le modalità delle attività
utili al reimpiego di almeno 544 operai ex Alfa Romeo e dei tempi di assunzione
degli stessi". Non si parla ancora degli orafi di cui si saprà
in seguito.
Come mai la proposta di vendita dell'area, per soli, 90 miliardi, è
irrinunciabile per la Fiat?.Per capirlo probabilmente bisogna analizzare lo
scontro in atto tra i poteri forti a livello europeo e provare a immaginare
la vendita come la sigla di un patto di armistizio dopo una guerra avvenuta.
Assicurazioni, telecomunicazioni, banche sono i campi di battaglia, terreni
di conquista di maggioranze azionarie e consigli di amministrazione, delle
varie cordate della grande borghesia finanziaria europea. Sarebbe interessante
conoscere meglio questi "patti". 90 miliardi per l'area di Arese
è un prezzo ridicolo: a 1milione al metro quadro fanno 2.000 miliardi
(l'area completa dell'Alfa ammonta a due milioni di metri quadri). Che fine
hanno fatto gli altri 1.910 ?
a) si incazza la CGIL
Per Arese, l'ex "cattedrale dei metalmeccanici", passata negli
ultimi 20 anni da 20mila a poco più di 4mila dipendenti, sembra quindi
essere arrivata l'ora della riconversione definitiva. È quello che
teme il sindacato, la Cgil in particolare: "Se questo è
il primo passo per il totale smantellamento dell' Alfa Romeo di
Arese - è l'allarme lanciato ieri dalla Camera del lavoro di Milano
- la Fiat lo deve dire chiaramente".
.e ancora
..La soluzione in mano alla Fiat (la vendita dell'Area ndr) sembra di quelle
in fase molto avanzata. Ma il sindacato contesta e teme che così "non
ci saranno più lavoratori sufficienti a garantire la produzione industriale.
Se questo è il piano della Fiat lo dica: non siamo qui per essere
presi in giro"....
(da "La Repubblica del 21 maggio 1999)
Piu cauti e possibilisti CISL e UIL
Per la Uil Lombardia "Arese ha le carte in regola per la Fiera,
ma occorre rispettare gli impegni occupazionali". La Fim Cisl di Milano
esprime "il timore che queste operazioni possano prefigurare
un disimpegno produttivo della Fiat, che potrebbe decidere di lasciare ad
Arese solo il centro direzionale e le attività del terziario".
(da "Il Sole 24ore del 23 ottobre 1999)