L'assemblea
lombarda della sinistra sindacale CGIL.
Il
2 dicembre alla Camera del Lavoro di Milano si è tenuto l'incontro
regionale della sinistra sindacale CGIL, che fa seguito a quelli di Palermo
e Torino. Queste assemblee si inseriscono nell'ambito del percorso proposto
dall'assemblea nazionale della sinistra sindacale CGIL a Pisa. L'assemblea
lombarda è stata uno specchio abbastanza fedele di qual è lo
stato della sinistra sindacale nel nostro Paese, delle sue potenzialità
e dei suoi limiti. REDS. Dicembre 1999.
Il
2 dicembre alla Camera del Lavoro di Milano si è tenuto l'incontro
regionale della sinistra sindacale CGIL, che fa seguito a quelli di Palermo
e Torino. Queste assemblee si inseriscono nell'ambito del percorso proposto
dall'assemblea nazionale della sinistra sindacale CGIL a Pisa. L'assemblea
lombarda è stata uno specchio abbastanza fedele di qual è lo
stato della sinistra sindacale nel nostro Paese, delle sue potenzialità
e dei suoi limiti. Di seguito qualche considerazione. L'assemblea
lombarda L'assemblea
ha visto la partecipazione di circa 600 compagni provenienti da tutte le provincie
con la prevalenza, come è ovvio visto l'impianto industriale, di Milano,
Brescia e Bergamo. La partecipazione è stata numerosa, la platea attenta.
L'età media si aggirava tra i 40 e i 50 anni. L'incontro si è
aperto con una introduzione di Maurizio Zipponi della FIOM di Brescia, si
è chiuso con uno snello documento presentato da Augusto Rocchi della
FIOM di Milano e approvato per acclamazione. La
platea era prevalentemente formata da quello strato di quadri e delegati sindacali
che ha "resistito" per tutti gli anni ottanta e novanta. Un quadro
sindacale dunque abbastanza navigato, un po' stanco, non facile agli entusiasmi.
Non era comunque un'assemblea di apparato, c'erano molti delegati profondamente
radicati nel proprio posto di lavoro. Dagli interventi (specie di delegati
FIOM) emergeva il quadro dello sconforto che si riscontra nei posti di lavoro,
originato dalla perdita di punti di riferimento: politici con la deriva a
destra dei DS, sindacali con la subalternità di Cofferati al governo.
Unanime l'analisi del periodo, la denuncia dell'attacco alle pensioni, la
critica a fondo del governo, la volontà di lottare contro la flessibilità,
ecc. Ma l'assemblea ha visto anche, come a Pisa, una battaglia politica tra
componenti della sinistra, battaglia che però, essendosi espressa in
"sindacalese" (si dovevano ascoltare gli ultimi trenta secondi di
ogni intervento per capire da che parte tirava l'oratore) è rimasta
piuttosto cifrata anche agli occhi di una parte della platea che pure, come
abbiamo detto, sprovveduta non era. Vediamo
da vicino queste componenti della sinistra, le loro logiche, i loro comportamenti
concreti. Prima, però, una premessa. Quando analizziamo la logica delle
componenti dobbiamo sapere di che stiamo trattando. Non si sta parlando di
un libero dibattito tra lavoratori e nemmeno di una discussione tra livelli
dirigenziali "bassi" del sindacato (direttivi provinciali di categoria,
RSU). Questo dibattito sfugge ad esempio a gran parte dei delegati, figuriamoci
agli iscritti. Riguarda una fetta di apparato, cioè di funzionari sindacali
e di alti dirigenti, una serie di delegati di grandi fabbriche con a disposizione
un congruo numero di permessi sindacali e una parte, quella più politicizzata,
dei membri dei direttivi provinciali di categoria. La vera posta in gioco
in queste assemblee è sempre espressa in "sindacalese", raramente
in documenti scritti, e quando ciò avviene il succo è rintracciabile
nelle ultime righe dopo cartelle e cartelle di parole più o meno condivisibili
da tutti, e dunque più o meno inutili. Le tre componenti di cui sopra
perciò non si muovono ai loro massimi livelli esclusivamente in base
ad una coerente linea sindacale, ma anche in base a logiche di carattere burocratico,
che hanno a che fare cioè con il mantenimento e l'allargamento di posizioni,
influenza, posti di funzionariato. Ad esempio quando il PRC era ancora parte
della maggioranza di governo l'Area Programmatica dei Comunisti aveva sostenuto
le finanziarie approvate dal partito, mentre Alternativa Sindacale era critica,
ma quando il partito è passato all'opposizione e si è scisso,
l'Area ha "scavalcato a sinistra" Alternativa, che è divenuta,
verso il governo, più morbida. L'"area
Cremaschi" L'area
Cremaschi è composta da dirigenti che all'ultimo congresso avevano
votato con la maggioranza di Cofferati. Li ritroviamo spesso negli organismi
dirigenti a criticare, anche duramente, la maggioranza CGIL, per poi al momento
del dunque astenersi, oppure votare a favore accompagnando il sì con
un "documento critico". Questi compagni li ascoltiamo spesso denunciare
un "forte mal di pancia" quando aderiscono alle posizioni della
maggioranza, oppure dirsi "estremamente critici", o tesi a "lavorare
sulle contraddizioni della maggioranza". L'"estrema criticità"
e i "mal di pancia" non li portano mai comunque a schierarsi continuativamente
contro la maggioranza moderata della CGIL. A volte ci fanno un regalino: votano
contro, e in un batter d'occhio si fanno perdonare anni di cedimenti e furberie.
Molti di loro appartengono alla sinistra diessina, altri ne facevano parte
e sono usciti. Si tratta di un'area abbastanza informe e magmatica, che ha
ricavato i suoi spazi in CGIL con questo continuo altalenarsi tipicamente
italiano sul ci sto non ci sto, navigando "alto" nei discorsi teorici,
e strisciando rasoterra al momento della spartizione dei posti. Li abbiamo
sentiti anche in assemblea dichiarare di essere "allergici" alle
etichette, perché le etichette ridurrebbero enormemente i loro spazi
di manovra. E' nello spazio libero tra la linea di destra di Cofferati e l'opposizione
a questa, che quest'area gioca, di volta in volta contrattando con la sua
destra o con la sua sinistra: con la sinistra si salvano l'anima, con la destra
si salvano i posti. Non sono organizzati in una corrente strutturata, non
definiscono se stessi nemmeno un'"area", eufemismo che nel sindacalese
cigiellino sta a significare "corrente", e questo atteggiamento
ha la sua origine politica nell'ingraismo (l'opposizione ingraiana nel PCI
non si era mai data una corrente stabile) e come ragione materiale il fatto
che una corrente, per quanto burocratica, spingerebbe a un minimo di scelte
coerenti, obbligherebbe ad un minimo di disciplina di gruppo, ad uno straccio
di rapporto democratico tra vertice e basi. Ed è esattamente ciò
che molti dirigenti di quest'area non vogliono: non vogliono avere le mani
legate. E' solo quando vi sono costretti, quando la burocrazia cioè
mira al loro stritolamento, infastidita dal loro ronzare, allora, momentaneamente,
si danno strutture leggere per condurre la loro battaglia di sopravvivenza.
E' accaduto al tempo dello scioglimento del PCI con la seconda mozione, ed
ora con il congresso dei DS, dove la sinistra interna ha presentato un documento
alternativo, che, siamone certi, non porterà ad alcuna cristallizzazione
organizzativa. L'Area
programmatica dei comunisti L'Area
programmatica dei comunisti è frutto di una scissione di Alternativa
Sindacale (l'area che aveva presentato un documento alternativo all'ultimo
congresso della CGIL). La scissione aveva motivazioni sostanzialmente burocratiche.
All'epoca il PRC aveva il vento in poppa dal punto di vista elettorale e il
gruppo dirigente che vedeva insieme Bertinotti e Cossutta, non poteva tollerare
l'esistenza di una corrente sindacale dominata da un gruppo di provenienza
Democrazia Proletaria che, pur essendo all'interno del PRC allineato alle
posizioni di maggioranza, in sostanza "giocava in proprio", in totale
autonomia rispetto alle indicazioni dei vertici di partito. Per questo hanno
organizzato dall'alto una scissione, passata sopra la testa di gran parte
della militanza sindacale e dello stesso PRC. L'obiettivo era, all'interno
della CGIL, creare per il PRC uno spazio, a livello di apparato, proporzionale
a quello, allora in crescita, del partito nella società. Il disegno
fallì perché proprio a causa della permanenza del partito nella
maggioranza, il PRC perse rapidamente i propri consensi e precipitò
in una crisi dalla quale tuttora stenta ad uscire. L'Area dunque in pratica
non decollò mai. I vertici dell'Area hanno sempre mostrato una totale
subalternità ai bisogni del vertice del partito, anche quando ciò
si rivelava controproducente per i potenziali di crescita della corrente (come
quando, lo abbiamo ricordato, ha difeso le finanziarie di Prodi, i tagli nella
scuola, ecc.). L'Area non ha mai raccolto tutti gli iscritti del PRC nella
CGIL, ma semplicemente quelli più "ligi" alle direttive di
partito, ed anche quelli scontenti, spesso a giusto titolo, della gestione
di Alternativa Sindacale. Alternativa
Sindacale Alternativa
Sindacale è invece una vera e propria corrente strutturata in quasi
tutte le categorie (ad eccezione dei metalmeccanici dove, in ossequio all'area
Cremaschi, ha preferito tenersi defilata) ed è diretta sostanzialmente
da quadri provenienti da Democrazia Proletaria che, dopo lo scioglimento di
quell'organizzazione, avevano poi aderito al PRC. Dopo la scissione del PRC
dell'anno scorso, una buona parte sono usciti dal partito, alcuni si sono
avvicinati al PdCI di Cossutta. Questa corrente ha regole di funzionamento
interno, burocratiche, ma ce le ha, contrariamente alle altre due componenti.
Burocratiche perché formalmente le decisioni vengono prese da coloro
che sono stati eletti negli organismi dirigenti all'ultimo congresso. Quindi
le decisioni a livello di categoria provinciale le prendono i compagni eletti
per Alternativa nel direttivo provinciale di quella categoria. La regola è
burocratica perché in realtà non assicura alcun controllo sulla
corrente da parte di attivisti e delegati tra un congresso e l'altro. Dunque
è una democrazia "di apparato", che assicura parola e capacità
di influenza a chi sta negli organismi dirigenti, ma che non ha alcuna apertura
verso "il basso". Comunque, quando si trova in presenza di un collettivo
di attivisti, la struttura di Alternativa Sindacale e la cultura politica
dei suoi quadri permette nei fatti, anche se non la stimola, la partecipazione
dal basso alla vita della corrente. La
sinistra sindacale Dopo
aver letto queste considerazioni necessariamente succinte, verrebbe da dire:
ma perché mai ci si dovrebbe impegnare nella sinistra CGIL se è
dominata da logiche burocratiche? Ci sono varie ragioni. Inoltre
i comportamenti della sinistra sindacale non sono estranei alla massa dei
lavoratori, anche se per questi ultimi le motivazioni sono di tipo diverso.
Ad esempio l'idea fissa dell'Area Cremaschi di voler "lavorare ai fianchi
la maggioranza" per "spostare gli assi della sua politica",
gode di un innegabile fascino tra lavoratori appena sindacalizzati e già
profondamente sfiduciati per i comportamenti tipici dei lavoratori nei periodi
di riflusso. La frase che furbescamente hanno ripetuto all'assemblea lombarda
"non mettiamoci etichette", "non formiamo correnti", "non
preoccupiamoci dei posti", godono di un forte successo tra i lavoratori
(quelli presenti applaudivano non cogliendo la furberia di chi non vuol parlare
ora di posti perché intende negoziarli poi, in tutta calma, e al riparo
da occhi indiscreti). Dunque lo sforzo che si deve fare per combattere le
posizioni di questa componente è parte dello stesso impegno che dobbiamo
mettere in atto per convincere e "parlare" ai lavoratori. La
dinamica di unità della sinistra CGIL inoltre è di per sé
positiva. Bisogna però fare in modo che le tre componenti che la costituiscono
entrino nella logica del fare sul serio: più precisamente nella logica
dello scontro con la burocrazia dominante. È questo il percorso che
può dare nuova fiducia alla militanza sindacale di base, e può
mettere in moto un meccanismo dal basso che dia vita a gruppi, coordinamenti,
collettivi, ecc. che si muovano nella logica del documento conclusivo. Inoltre
la platea lombarda è il residuo degli anni settanta e delle lotte di
resistenza di questi ultimi venti anni. Non è incoraggiante verificare
che non rispecchia lo straordinario ricambio generazionale che c'è
stato nelle fabbriche. Però questa è l'avanguardia operaia realmente
esistente. Fuori non ce n'è un'altra. E' un'avanguardia stanca, un
po' furbacchiona, demotivata, ma è la NOSTRA avanguardia. E' solo da
lì che si può partire per riagganciare i giovani. Che
fare? Noi
dobbiamo essere risolutamente per la costituzione dal basso e subito di una
corrente sindacale di opposizione. Per questo la posizione secondo cui si
debba andare alla formazione di una corrente organizzata è la più
corretta, perché la più conveniente per i lavoratori, anche
a fronte dell'uso strumentale che di questa linea ne fa Alternativa che spera
in questo modo di far confluire al suo interno tutta la sinistra sindacale
per aumentare il suo peso negli apparati burocratici. Perché
serve una corrente? Senza una strutturazione l'area di opposizione è
destinata al liderismo. Solo una corrente permette che i lavoratori che vi
partecipano possano sperare di controllare i propri dirigenti e spingerli
perché non si dimentichino delle ragioni per cui sono stati eletti.
Inoltre una corrente è la condizione necessaria perché sia visibile
agli occhi dei lavoratori una opposizione sindacale. Perché
subito? Perché se si aspetta la vigilia del congresso c'è il
pericolo che con il precipitare delle trattative sottobanco tipiche delle
fasi precongressuali, invece di un chiaro documento alternativo, si segua
la strada degli emendamenti, che nella storia sindacale non hanno mai inciso
in nulla né "spostato equilibri". Inoltre partire in anticipo
significa verificare sul serio chi "merita" di essere eletto negli
organismi dirigenti, farlo alla vigilia significa sopravvalutare i bravi oratori
che però non hanno nessuno alle spalle. Perché
di opposizione? Perché i lavoratori devono avere una sponda visibile
e chiara cui riferirsi, anche se minoritaria. I lavoratori oggi non hanno
questi punti di riferimento e la cosa approfondisce la loro sfiducia. Solo
con una opposizione dura e senza sconti inoltre riusciremo davvero ad incidere
e a "spostare equilibri". Chi non fa paura non sposta un bel niente.
Noi dobbiamo chiaramente dire e dimostrare nei fatti di voler conquistare
la maggioranza di questo sindacato. Perché
dal basso? Perché è la condizione necessaria perché i
lavoratori non siano posti nella condizione di dover aspettare i comodi delle
diverse componenti dei vertici sindacali prigioniere delle loro logiche burocratiche.
Perché il rischio di questo processo e di questo dibattito è
che rimanga confinato negli organismi dirigenti e che assemblee come quella
lombarda servano solo come sfogatoio, passerella. Già da oggi dunque,
dove possibile, dobbiamo costituire gruppi locali per categoria dell'opposizione
sindacale.
Per brevità possiamo dire che esistono tre componenti della sinistra
CGIL, dell'area cioè critica nei confronti della maggioranza di Cofferati.
La prima è quella di parte del gruppo dirigente FIOM rappresentata
nell'assemblea da Zipponi e a livello nazionale da Giorgio Cremaschi. La seconda
è l'Area programmatica dei comunisti rappresentata in Lombardia da
Augusto Rocchi e da Danini a livello nazionale. La terza è quella di
Alternativa sindacale che ha come punto di riferimento regionale Nicolosi,
e a livello nazionale Gianpaolo Patta.
Questo tipo di tradizione politico-sindacale porta all'emergere di un funzionamento
di "area" basato sulla delega nei confronti di leader più
o meno carismatici. Data l'assenza di relazioni democratiche di corrente,
emergono quelli più bravi a parlare o a scrivere, non coloro che hanno
costruito e organizzato negli anni l'opposizione. Per questo nell'"area
Cremaschi" troviamo efficaci oratori, e in Alternativa Sindacale efficaci
organizzatori. Il refrain dei compagni dell'area Cremaschi è: "non
lasciamoci ghettizzare", dato che in realtà a loro interessa non
essere esclusi dal comando effettivo di pezzi di apparato burocratico, dove
intendono ritagliarsi uno spazietto "critico". Il loro è
il regno non del documento contrapposto, ma dell'emendamento al documento
di maggioranza, in modo da coltivare l'illusione per se stessi e per gli altri
di "contare", di poter influire sui vertici, di poter "spostare
degli equilibri", come amano ripetere. Li ritroviamo, così, impegnati
in ariosi discorsi genericamente condividsibili contro la globalizzazione,
il neoliberismo, ecc. e sorprendentemente disponibili alla firma di contratti
scandalosi (come l'ultimo dei metalmeccanici). Fanno continui appelli a non
"cristallizzare" le posizioni, perché è solo nello
spazio di manovra lasciato libero da eventuali correnti organizzate che essi
trovano la ragione della propria esistenza. Questo è il motivo per
cui nell'assemblea lombarda gli oratori di questa componente premevano perché
NON si varasse una corrente organizzata in opposizione alla maggioranza CGIL
e perché si mantenesse un percorso "aperto" senza nemmeno
parlare del prossimo congresso CGIL e della possibilità dunque di presentarvi
tesi alternative. Sia chiaro: se al congresso dovessero trovarsi alle strette,
con una maggioranza cioè decisa a farli fuori, sarebbero pure disposti
a presentare un documento alternativo, come ai tempi fecero con Essere Sindacato,
ma si tratterebbe di una disponibilità limitata al congresso, non farebbero
nulla per far sopravvivere nel tempo una corrente, che inevitabilmente limiterebbe
i loro spazi di manovra. Per questo non vogliono parlare ORA di tesi alternative,
perché parlarne con così largo anticipo significherebbe strutturare
già da ora una corrente alternativa.
Anche in questa fase il vertice sindacale dell'Area ha dimostrato la sua subordinazione
alle esigenze dei vertici del PRC. Questi ultimi oggi si trovano in una situazione
che ritengono disperata: i consensi elettorali sono in caduta libera e per
cultura politica non riescono ad immaginare un partito che da solo si costruisce
dal basso puntando direttamente sui soggetti sociali oppressi in una logica
di opposizione di lungo periodo. Sono alla ricerca spasmodica di "interlocutori".
Li avrebbero trovati nell'area degli intellettuali del Manifesto (progetto
Rivista), nell'alta burocrazia del cosiddetto no-profit (Carta), nell'area
Cremaschi a livello sindacale. L'area Cremaschi significa per loro, oltretutto,
l'aggancio con la sinistra DS, che a loro pare un ottimo modo per uscire dall'isolamento
politico (così loro definiscono l'isolamento all'interno del ceto politico),
che è quanto più li terrorizza. Contrariamente all'area Cremaschi,
l'Area programmatica dei comunisti non è affatto allergica alle correnti:
al contrario. E' la struttura correntizia quella che può assicurare
una trasmissione diretta partito-sindacato. Ma in questa fase, come del resto
avvenuto anche nell'assemblea lombarda, è tale la loro voglia di stringere
con l'area Cremaschi e con la sinistra diessina, che i dirigenti dell'Area
si adeguano ben volentieri al loro stile: in cambio dell'"interlocuzione
politica" rinunciano alla costituzione di una corrente, che a questo
punto dicono di ritenere (contrariamente a ciò che pensavano soltanto
tre mesi fa) una "forzatura".
La corrente non è una corrente di lotta e di vera opposizione alla
maggioranza CGIL. Essa stessa ama definirsi "area di minoranza",
e i suoi dirigenti correggono pedantemente coloro che per qualche lapsus,
tra l'altro non giustificato dalla realtà, la definiscono "area
di opposizione". I dirigenti di Alternativa sono soliti opporsi alla
maggioranza con documenti, ordini del giorno, ecc. a volte firmano contratti
penosi, altre volte vi si oppongono, ma, caratteristica comune: sempre all'interno
degli organismi dirigenti. Evitano accuratamente, salvo eccezioni, di opporsi
pubblicamente a decisioni prese dalla maggiornaza della CGIL. A sua volta
la maggioranza ha imparato a convivere tranquillamente con questa corrente:
dato che l'opposizione è scontata e rigidamente confinata negli organismi
dirigenti, sa che non deve pagare alcun prezzo di fronte ai lavoratori. Le
ragioni della prudenza di Alternativa sono tutte di natura burocratica: opporsi
sul serio significherebbe creare un clima di scontro permanente con la maggioranza
e dunque quasi certamente, nell'assenza di movimento, perdere posti di funzionario
sindacale, e Alternativa, pur avendone meno di quanti gliene spetterebbero
per i risultati congressuali, ne ha comunque parecchi. Correrebbe il pericolo
poi di perdere quella che viene definita "agibilità sindacale",
la possibilità di godere cioè di tutti quei piccoli privilegi
del sindacalismo italiano: dai permessi sindacali ai rimborsi spese. Questi
quadri sindacali infatti, provenienti in gran parte dall'estrema sinistra
e quasi sempre con un passato di operaio d'avanguardia di fabbrica (e in ciò
si distinguono da vari leader dell'Area Cremaschi che spesso non hanno mai
lavorato in vita loro), hanno interiorizzato il riflusso e ciò oggi
si esprime in una radicata sfiducia nella possibilità di costruire
le cose dal basso.
In questa fase, ed anche nell'assemblea lombarda, i compagni di Alternativa
hanno spinto, e perso, per arrivare alla formazione ORA di una corrente organizzata.
In ciò vi è una parte di logica burocratica: i dirigenti di
Alternativa sanno di contare solo se viene messa in campo tutta la fetta del
loro apparato in CGIL, frutto di anni di lotta minoritaria negli apparati
(prima con Democrazia Consiliare, poi con Essere Sindacato, quindi con Alternativa
Sindacale) e che ha permesso l'accumulo di forze di apparato, di esperienza
e di garanzie interne alle strutture. Il gruppo dirigente di Alternativa poi,
non ha alcuna sponda politica, può contare solo su se stesso e la propria
forza, non può permettersi incertezze su questo punto legando la propria
sopravvivenza ad un incerto mercanteggiamento prima del congresso. Non sembra
comunque che i compagni di Alternativa stiano facendo un dramma del rifiuto
delle altre due componenti a strutturare l'opposizione: Alternativa, comunque,
una corrente ce l'ha già.
Prima di tutto abbiamo parlato di "logiche burocratiche" e non di
burocrazia. Nella CGIL vi è una burocrazia sindacale, una frazione
della quale è costituita dalla sinistra sindacale, questo è
certo. Ma la burocrazia operaia, come qualsiasi burocrazia, è aperta
verso il basso. Tra l'alto burocrate e il semplice iscritto vi è tutta
una gamma di sfumature intermedie che isolano certamente ciò che sono
i "burocrati" cioè coloro che sono distaccati dal lavoro
per svolgere il compito di sindacalista a tempo pieno, ma i "comportamenti
burocratici" non si limitano a coloro che sono distaccati. Per esempio
coinvolgono quei delegati "eterni" delle grandi fabbriche che passano
il loro tempo tra una riunione di RSU e una di direttivo, passando pochissime
ore in fabbrica. Ma tra il delegato eterno e l'iscritto vi sono altre figure:
il semplice delegato, l'attivista, ecc. Insomma: quando parliamo di "componenti"
non ci sono solo i funzionari, ma anche delegati, alcuni del tipo "eterno"
ma altri no. Il funzionario influenza una serie di delegati eterni, ma a loro
volta questi ne influenzano altri meno eterni, che a loro volta influenzano
gli iscritti, che a loro volta influenzano i lavoratori. E nell'assemblea
lombarda erano rappresentate tutte queste diverse sfumature.
Al di fuori di questo strato di sindacalizzati non c'è una classe operaia
cosciente e scalpitante: c'è una massa di lavoratori giovani e spoliticizzati
o adulti e sfiduciati. Tra questa massa e le alte sfere, anche quelle che
si reputano di sinistra e che agiscono in base a logiche bucrocratiche, vi
sono centinaia di quadri, anche funzionari, che a volte per sfiducia, a volte
per abitudine sono anch'essi promotori di queste logiche, ma possono cambiare
se l'atmosfera cambia (si notava un clima più frizzante del solito
ad esempio grazie agli scontri di Seattle), o se si mostra loro una maniera
diversa di fare sindacato.