La discriminazione e l'emarginazione della donna indigena.
Dal discorso pronunciato dalla Comandante dell’EZLN Esther di fronte al Parlamento Federale il 28 marzo 2001: Esther fu la prima rappresentante della Comandancia zapatista a parlare. Traduzione del Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo.


Signori deputati e signore deputate
Senatori e senatrici

voglio spiegarvi la situazione di noi donne indigene che viviamo nelle nostre Comunità, oggi, secondo quanto garantisce la costituzione sul rispetto della donna.

La situazione è molto dura. Da moltissimi anni soffriamo il dolore, l'oblio, il disprezzo, l'emarginazione e l'oppressione. Soffriamo l'oblio perché nessuno si ricorda di noi. Ci hanno mandato a vivere nelle più lontane montagne del paese affinché nessuno venisse a visitarci o a vedere come viviamo. Intanto non abbiamo acqua potabile, luce elettrica, scuole, case dignitose, strade, cliniche, tanto meno ospedali. Intanto molte delle nostre sorelle, donne, bambini ed anziani muoiono di malattie curabili, denutrizione e di parto perché non ci sono cliniche né ospedali che ci assistano. Solo in città, dove vivono i ricchi, ci sono ospedali con una buona assistenza e tutti i servizi. Anche se ce ne sono in città, noi non ne beneficiamo per niente, perché non abbiamo denaro, non c'è modo di andarci e se c'è non riusciamo a raggiungere la città, durante il percorso moriamo.

In particolare le donne, che soffrono il dolore del parto, si vedono morire i propri figli tra le braccia per denutrizione, mancanza di assistenza. Vedono i loro figli scalzi, senza vestiti perché non hanno soldi per comprarli, perché sono loro, le donne, che si curano della casa e vedono tutto quello che manca per la loro alimentazione.

Trasportano anche l'acqua con le brocche con 2 o 3 ore di cammino caricandosi il proprio figlio e svolgono tutti i lavori di cucina. Fin da molto piccole impariamo a lavorare facendo cose semplici. Da grandi andiamo a lavorare nei campi, a seminare, pulire e carichiamo i nostri bambini. Intanto gli uomini vanno a lavorare nelle piantagioni di caffè e di canna da zucchero per guadagnare un po' di denaro per poter sopravvivere con la propria famiglia, a volte non ritornano perché muoiono per malattie. Non c'è tempo per tornare a casa o se ritornano, ritornano malati, senza denaro, a volte già morti. Così la donna soffre ancora di più perché resta sola ad accudire i propri figli.

Soffriamo [in quanto donne messicane, non in quanto zapatiste, ndr] anche il disprezzo e l'emarginazione fin dalla nascita perché non ci curano bene. Siccome siamo bambine, pensano che non valiamo niente, che non sappiamo pensare, né lavorare, né come vivere la nostra vita. Per questo molte di noi donne sono analfabete perché non abbiamo avuto l'opportunità di frequentare la scuola. Quando siamo un poco più grandi, i nostri padri ci obbligano a sposarci a forza, non importa se noi non vogliamo, non chiedono il nostro consenso. Non rispettano le nostre decisioni. Perché donne ci picchiano, i nostri mariti o famigliari ci maltrattano e non possiamo dire nulla perché ci dicono che non abbiamo nessun diritto di difenderci. I meticci ed i ricchi si burlano di noi donne indigene per il nostro modo di vestire, di parlare, per la nostra lingua, per il nostro modo di pregare e di curare e per il nostro colore, che è il colore della terra che lavoriamo. Sempre nella terra perché viviamo in lei. Non ci permettono di partecipare ad altri lavori. Ci dicono che siamo sudice, che non ci laviamo perché siamo indigene.

Noi donne indigene non abbiamo le stesse opportunità degli uomini, che hanno tutto il diritto di decidere su tutto.

Solo loro hanno diritto alla terra mentre la donna non ne ha diritto come se non potessimo lavorare anche noi la terra e come se non fossimo essere umani. Soffriamo la disuguaglianza. Tutta questa situazione è stata introdotta dai cattivi governi. Noi donne indigene non abbiamo una buona alimentazione, non abbiamo una casa dignitosa, non abbiamo né un centro di salute, né studi. Non abbiamo un progetto di lavoro e così sopravviviamo nella miseria e questa povertà è dovuta all'abbandono del governo che non si è mai curato di noi come indigene e non ci ha mai preso in considerazione, ci ha trattato come una cosa qualsiasi. Dice che ci manda aiuti come il PROGRESA [programma governativo decentrato di educazione, salute e alimentazione riservato alle fasce più povere della popolazione e che oggi, con alcuni ampliamenti negli ambiti di intervento, ha preso il nome di CONTIGO, ndr], ma lo fa con l'intento di distruggerci e dividerci. Questa è la vita e la morte di noi donne indigene […]

è la legge attuale che permette la nostra emarginazione e la nostra umiliazione. Per questo noi abbiamo deciso di organizzarci per lottare come donne zapatiste. Per cambiare la situazione perché siamo ormai stanche di tanta sofferenza senza i nostri diritti. Non vi racconto tutto questo per avere la vostra pietà o perché ci veniate a salvare da questi abusi. Noi donne abbiamo lottato per cambiare questo e continueremo a farlo. Ma abbiamo bisogno che si riconosca per legge la nostra lotta perché fino ad ora non è stata riconosciuta […]

Noi oltre che donne siamo indigene e come tali non siamo riconosciute. Noi donne sappiamo quali usi e costumi sono buoni e quali sono cattivi. Cattivi sono pagare e picchiare la donna, venderla e comprarla, sposarla a forza senza il suo consenso, proibirle la partecipazione alle assemblee, impedirle di uscire di casa. Per questo vogliamo che si approvi la legge per i diritti e la cultura indigeni, è molto importante per noi, per le donne indigene di tutto il Messico. Servirà affinché siamo riconosciute e rispettate come donne e come indigene quali siamo. Questo vuol dire che vogliamo che siano riconosciuti il nostro modo di vestire, di parlare, di governare, di organizzarci, di pregare, di curare, il nostro modo di lavorare collettivamente, di rispettare la terra e di intendere la vita, che è la natura e noi ne siamo parte.