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Stralci dell'intervento di Sergio Cofferati
1° CONGRESSO DEI DEMOCRATICI DI SINISTRA


Torino-Lingotto, 13-16 Gennaio 2000

(...) La Sinistra riformista ha il compito difficile di costruire un progetto credibile, in grado di assicurare benessere, di accendere fiducia nelle moltitudini. Ha il compito di indicare un percorso graduale fatto di tappe successive, ma mai incerto nella direzione e nella rotta.

(...) Questi conti oggi dobbiamo farli partendo dalla globalizzazione, da quel coacervo di contraddizioni che anche mediaticamente sono stati messi in luce dall'assemblea di Seattle. Il mercato globale é da tempo una realtà: genera effetti, crea aspettative e nel contempo origina paure. I suoi potenziali vantaggi sono acquisibili solo fissando regole precise al commercio, regole e vincoli in grado di stimolare uno sviluppo rispettoso dell'ambiente, di fare adottare alle economie modelli competitivi che garantiscano standard adeguati dei diritti individuali e collettivi nel lavoro, nella cittadinanza; che inglobino un Welfare come elemento decisivo della coesione sociale. Il fallimento di Seattle non può essere subito passivamente dalla Sinistra riformista in Italia e in Europa. Un mercato senza regole produce lacerazioni e conflitti tra i Paesi e ripropone forme arcaiche di protezionismo. (...)

Seattle ci dice che siamo di fronte alla crisi drammatica delle organizzazioni regolatrici sovranazionali, quelle che si dovrebbero occupare del commercio e dell'economia; (...) sappiamo che senza regole commerciali anche il conflitto economico non limita i suoi effetti alla sfera dalla quale nasce: può sfociare in guerre, può sfociare in rotture che rimettono in discussione la stabilità ma anche le condizioni materiali di tantissime persone. La funzione degli organismi che regolano l'economia così come quelli che regolano la politica, sono decisivi, é un terreno fondamentale per la Sinistra che governa un Paese del G8, che sta in Europa, ed é un terreno sul quale dobbiamo chiedere un confronto esplicito, aperto con le altre forze socialiste di questa parte del mondo. Servono soggetti riconosciuti, regole condivise, serve un'idea dello sviluppo e un'idea del modello competitivo. (...)

Dobbiamo scegliere uno sviluppo compatibile, sapendo che questo impone scelte di campo nette, il rispetto dell'ambiente e dei diritti, l'uso della clausola sociale in forma corretta insieme a pratiche di cooperazione, perché non diventi una forma di dumping rovesciato che penalizza i Paesi più deboli, quelli che dovrebbero crescere e dovrebbero avere da quelle regole i vantaggi migliori. (...) Servono politiche economiche espansive, dopo aver costruito l'Europa della moneta, l'Europa sociale, l'Europa dall'assetto istituzionale comune deve risolvere il problema del lavoro e dell'occupazione.

(...) Bisogna aver chiaro che una Sinistra riformista che governa deve avere tra i suoi obiettivi quello di togliere allo Stato la gestione economica, ma contemporaneamente deve pretendere che la libertà di mercato venga anteposta alle privatizzazioni, per non accettare l'idea che in fondo tutto si mantiene, questa ipotesi gattopardesca dove i monopoli privati si sostituiscono a quelli pubblici non ci deve appartenere, é della Destra economica, non può essere la nostra. Una Sinistra riformista non difende campioni nazionali, veri o presunti che siano, ma pretende in Europa e nel mondo di avere criteri di reciprocità, perché un paese possa intervenire con le sue capacità finanziarie, con le sue strutture produttive anche altrove e non dover sempre ed esclusivamente essere considerato come un terreno si conquista. (...)

Quello che permette di distinguere fra flessibilità e lavoro precario, lavoro senza diritti, é proprio la possibilità di avere un accesso ai saperi, di avere un profilo alto della scuola, della formazione, di avere in questo una funzione primaria dello Stato, alla quale lo Stato non deve rinunciare mai. Le funzioni primarie di un moderno Welfare non possono separare l'idea fondamentale della promozione per i giovani e gli esclusi, e contemporaneamente il risarcimento solidale verso la popolazione più anziana, perché questo distingue ancora una volta un'idea di sinistra dai comportamenti degli altri e noi dobbiamo avere per primi chiaro il valore sociale del lavoro, un lavoro che deve avere diritti espliciti al suo interno, diritti che si devono estendere verso la cittadinanza, integrarsi con i diritti di cittadinanza. Questa dei diritti nel lavoro é la nostra radice più profonda. Facciamo attenzione, compagne e compagni: se si attenua si possono determinare processi assai pericolosi. Dobbiamo noi per primi combattere i finti modernisti, anche a sinistra, quelli che non distinguono i produttori dalle merci. Quelli che sembrano confondere la funzione del lavoro salariato da quello dei capitali, immaginando un coinvolgimento astratto e pericoloso che muta natura, funzioni e responsabilità. Il tema é in essere, a Seattle come a Torino, in questo congresso, e non lo ripropongono soltanto le cose dure della globalizzazione, lo ripropongono i referendum radicali. I radicali si propongono secondo me due obiettivi espliciti: da un lato quello di utilizzare la campagna referendaria e i quesiti come una sorta di clava su un modello istituzionale fragile e instabile. Non sto parlando, come potete ben immaginare, del referendum elettorale, ma di tutti gli altri sì. Dall'alltra parte, quei referendum, se li guardate in trasparenza, tutti, non soltanto quelli sociali, propongono un programma economico e sociale alternativo a quello che una sinistra riformista può mettere in campo. L'idea che sta alla base di quei referendum non é quella di promuovere un cambiamento della norma, ma di cancellare la norma; non c'é traccia di idea riformista, non c'é nessuno che abbia avanzato ipotesi di mutamento delle condizioni in essere, ma semplicemente viene prospettato un modello di società nella quale, senza regole -altro che libertà!- saranno i forti a prevalere sui più deboli. Sono referendum contro le persone, non contro i soggetti collettivi. La funzione dei soggetti collettivi muta dopo e di conseguenza perché persone indifese ed esposte ad un rapporto individuale e perdente nei confronti del più forte possono oggettivamente cambiare anche la qualità del loro rapporto con i soggetti che lo propongono. Il Governo ha deciso di non costituirsi presso la Corte sui quesiti referendari. Io credo che abbia fatto bene. Il Governo deve garantire lealmente l'utilizzo dello strumento, ma, girata questa pagina, il Governo deve pronunciarsi sul contenuto dei singoli e dell'insieme dei referendum. Non si tratta di rivendicare un astratto pronunciamento. No. C'é un problema delicato di coerenza tra la linea politica riformatrice di un Governo e il merito che viene lì riproposto. Serve per questo una risposta politica, netta, senza equivoci, anche laddove dovessero esistere delle contraddizioni. Permettetemi di dirvi, compagne e compagni, che trovo sorprendente il timore che molti hanno, ed é stato esplicitato anche qui, di apparire conservatori di fronte a questo elemento di novità così dirompente. Di fronte ad una iniziativa regressiva, restauratrice, non c'é il pericolo di essere conservatori. Guardiamoli negli occhi questi promotori, vediamo qual é l'intenzione di chi li affianca e li asseconda. C'é traccia di volontà riformatrice? Vi dice nulla la scelta di Confindustria? Vi dice nulla la decisione dei rappresentanti delle grandi imprese di mettere in campo quello che può diventare un diversivo a fronte della loro incapacità di costruire un assetto produttivo che abbia come fondamento la qualità e che gli permetta di competere anche nel nuovo mercato dell'Euro? (...)

 

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