Stralci dell'intervento
di Massimo D'Alema
1°
CONGRESSO DEI DEMOCRATICI DI SINISTRA
Torino-Lingotto,
13-16 Gennaio 2000
(...)
Portare a compimento in questa legislatura alcune delle scelte fondamentali necessarie per completare la transizione del Paese nel campo delle riforme sociali. Riforme che stanno procedendo e che ci consegneranno alla fine un'Italia completamente diversa rispetto all'Italia dell'inizio degli anni '90. Stiamo completando le riforme della pubblica amministrazione nel senso dell'efficienza della responsabilità e del federalismo; le riforme dell'assistenza e dello stato sociale, la grande riforma della scuola. Entriamo nella fase di attuazione della riforma della sanità pubblica e stiamo portando avanti una trasformazione del sistema fiscale italiano che segna un mutamento di portata storica. Il Governo ha anche il compito di garantire lo svolgimento di elezioni regionali, per la prima volta con l'elezione popolare diretta del presidente della regione. Elezioni che assumono un valore costituente nella costruzione di un nuovo Stato democratico. Abbiamo anche il compito di garantire lo svolgimento dei referendum e - se come io spero - vi sarà fra questi un referendum elettorale, sarà prioritario fare in modo che, prima della fine della legislatura, il Paese possa avere una nuova legge elettorale. Anche questo Ë il senso della sfida che rilanciamo alle forze dell'opposizione: realizzare due fondamentali riforme costituzionali oltre a quelle sulle quali abbiamo già convenuto. Una riforma che dia una cornice costituzionale nuova a quel federalismo a costituzione invariata che stiamo costruendo attraverso scelte coraggiose, di cui l'ultima in ordine di tempo é il federalismo fiscale. E' una rivoluzione perchÈ non soltanto le regioni vivranno di risorse proprie e non di soldi trasferiti ma da qui ai prossimi tre anni non ci sarà vincolo di destinazione e potranno decidere cosa farne, passando dal decentramento amministrativo all'auto governo. Bisogna dare una nuova cornice costituzionale a queste riforme pena il rischio di un assetto squilibrato ed esposto alle mutevoli volontà politiche.
Occorre riformare poi la forma di governo anche perché un governo centrale debole é un rischio per l'unità del paese nel momento in cui Regioni e città eleggeranno i loro governanti direttamente. Vi sono regioni italiane che hanno pi abitanti di diversi stati europei e questo sistema ha bisogno di un governo ufficiale forte e stabile. Un interlocutore necessario, garanzia di quella solidarietà nazionale che vogliamo organizzare su basi nuove e non liquidare. Io sono del tutto favorevole alla proposta fatta da Veltroni di una forma di governo fondata sulla scelta popolare di un primo ministro come capo della sua maggioranza. (...) Per raggiungere questi obiettivi occorre coesione, slancio politico dell'intera alleanza; delle forze che sono al Governo e dell'insieme delle forze del centro sinistra con le quali vogliamo mantenere un dialogo in vista di una ricomposizione piena. (penso ai Socialisti italiani e ai Repubblicani) o in vista di un rapporto meno conflittuale possibile, di una convergenza su scelte pure in una distinzione strategica (penso al rapporto con Rifondazione Comunista).
(...)
Noi - care compagne e cari compagni - stiamo cambiando l'Italia ed il ruolo dell'Italia nell'Europa e nel mondo. Io vorrei che ne avessimo coscienza, vorrei che ne avessimo la percezione. Anche nei passaggi pi difficili, pi drammatici e pi controversi l'Italia é stato un paese che ha avuto un proprio profilo, che ha avuto la capacità di proiettare la sua azione e i suoi valori al di fuori dei suoi confini. E' stato così anche nella esperienza terribile della guerra nel Kosovo. Resta una ferita questa non solo tra di noi ma nella coscienza di ciascuno di noi. Vi assicuro che non si tratta di una responsabilità semplice ma resta in me la convinzione che la forza é stata usata per affermare i diritti delle persone. (...) È forte l'argomento per cui se si decide che si puÚ usare la forza per difendere i diritti umani bisogna farlo sempre ed ovunque. E' un argomento assolutamente incontrovertibile ma il fatto che non si riesca a farlo sempre e ovunque non Ë una buona ragione, neppure dal punto di vista etico, per non farlo quando lo si può fare per affermare la dignità calpestata ed offesa delle persone. (...) Nella costruzione - che sarà controversa e difficile - di un ordine internazionale basato su valori condivisi, noi siamo impegnati a fare in modo che la globalizzazione sia progresso globale, e cioè più libertà, più democrazia, difesa più intransigente dei diritti dell'uomo, maggiori opportunità di benessere, di lavoro e di crescita. Questa é la grande sfida della Sinistra, ma é la sfida delle nazioni civili; e noi ci siamo, siamo tra queste: con un ruolo importante, con molte attese ed un grande rispetto.
(...) Le riforme sono una lotta democratica. Noi ci possiamo compiacere del grande fatto storico, della grande conquista di civiltà, rappresentato dall'aver dato una spallata all'evasione fiscale. E' davvero ingenuo, però non capire che ci sono molti italiani che non si compiacciono affatto di questo, e che contro questo sono disposti a combattere. Noi ci possiamo compiacere, come ci siamo compiaciuti, del fatto che il centrosinistra ha posto fine alla catena vergognosa dei condoni e ha cominciato ad abbattere le costruzioni abusive o della lotta contro l'evasione contributiva o contro il lavoro nero. Ma queste sono grandi riforme che suscitano resistenze, che mobilitano forze contrarie e se non sappiamo mobilitare un campo di forze a favore, saremo sconfitti. Ma per mobilitare le forze a favore bisogna, innanzitutto, avere coscienza di ciò che il centrosinistra sta facendo nella società italiana. Quella vecchia Italia - quella del debito e della lira debole, quella dell'illegalità diffusa e della rendita, degli alti tassi di interesse e dei BOT, cioé un blocco sociale di massa, non una piccola oligarchia - quella vecchia Italia non aveva futuro e soprattutto non avrebbe offerto alcun futuro alle nuove generazione. (...)
Noi abbiamo anche lavorato per sostenere la capacità di innovazione delle imprese italiane e molto pi dobbiamo fare in questa direzione. Io credo che le imprese italiane abbiamo le risorse di lavoro e di intelligenza, di capacità imprenditoriale per competere. Noi siamo in grado di competere e siamo nelle condizioni nei prossimi mesi di essere tra i paesi protagonisti di una grande rispesa europea. (...)
Una delle ragioni della sconfitta della sinistra in Europa di fronte all'ondata neoliberista fu il fatto che il blocco sociale sostenitore del Welfare State era via via divenuto un blocco minoritario incalzato dal basso dalle donne e dai giovani,e cioé gli esclusi, e dall'alto, dai piccoli imprenditori, dai professionisti, dai lavoratori più qualificati, e cioé quelli che sentivano nello stato sociale, nelle sue protezioni, una palla al piede rispetto alla libera manifestazione delle loro qualità individuali (...) noi stiamo disegnando un nuovo stato sociale; stiamo promuovendo una correzione che significa contenimento della spesa previdenziale e aumento della spesa sociale per la inclusione e la difesa dei ceti più deboli.
(...) In questa Europa che si é rimessa in cammino vogliamo esserci anche noi e ci possiamo essere anche noi. Altri paesi dispongono di grandi risorse. La Francia dispone della forza delle sue grandi imprese, del suo apparato pubblico efficiente. La Gran Bretagna dispone della forza della sua finanza e quella del suo mercato. La Germania, appesantita dalle mancate riforme, appare tuttavia come un paese che ha un tale potenziale produttivo, finanziario, che se rimette in moto questa macchina così potente - ed é questo lo sforzo in cui é impegnata la socialdemocrazia tedesca - saprà ben presto tornare a correre e trascinare tanta parte dell'Europa. Anche noi vogliamo esserci. (...)
Per questo noi dobbiamo liberare risorse e liberare la società. Mi ha fatto piacere che Cofferati abbia sottolineato il valore del nesso tra liberalizzazione e privatizzazione. Sergio Cofferati viene indicato a torto da taluno come l'espressione di un'anima conservatrice della sinistra. Io sfido a trovare nella sinistra europea un leader sindacale che dice che bisogna fare le privatizzazioni e che dice giustamente che le privatizzazioni debbano accompagnarsi all'apertura di nuovi mercati.
(...) Vedete, io sono contro i referendum sociali e sinceramente ho già avuto modo di esprimere questa mia opinione andando a discuterne a Radio Radicale. Mi sembrava il modo più giusto, più diretto e meno demonizzante. Io sono contro quei referendum non perché li ritengo una minaccia ad un vecchio ordine che vogliamo difendere ma perché li ritengo un intralcio sulla via della modernizzazione e del cambiamento del Paese. Rischiano di spingere l'Italia indietro, non avanti, perché non si riforma con l'accetta referendaria. Non voglio neppure parlare del Referendum sulla sanità; il Servizio Sanitario Nazionale non é un'assicurazione.
E' un complesso di aziende, istituzioni al servizio dei cittadini e se viene meno la certezza del finanziamento si chiudono gli ospedali, non si fanno le tac e nessuna assicurazione privata può sostituire tutto questo. E' una autentica insensatezza. Non voglio poi parlare di un referendum di altro segno che vuole cancellare la legge sulla immigrazione e cioé uno degli atti di civiltà e di riformismo più importanti di questi anni, lasciandoci privi degli strumenti per governare questo grande capitolo. In un paese che ha bisogno di giovani e di immigrati si cavalca la paura e l'egoismo. Anche i referendum sul lavoro producono un effetto negativo e contrario. Vedete, voi ricorderete quell'appassionata discussione al congresso di Roma fra Sergio Cofferati e il sottoscritto (chiamo discussioni e non scontro il confronto delle opinioni che dopo producono dei cambiamenti). Vi informo che dopo quella discussione a proposito del rapporto tra flessibilità e diritti, il centro sinistra al governo del paese ha promosso il lavoro part time, a tempo determinato, il lavoro interinale, e il sindacato ha fatto i contratti di emersione e ha concordato con il governo le nuove forme di recupero del lavoro nero attraverso la flessibilità contrattuale e quindi con una grande apertura. La cosa che colpisce di più, vorrei dirlo ai dirigenti di Confindustria, é che lo stesso giorno in cui essi dichiarano che bisogna votare sì ai referendum per ottenere flessibilità, l'Ufficio Studi di Confindustria ci informa che nell'ultimo anno si sono creati quasi 300 mila nuovi posti di lavoro e l'80 per cento sono posti di lavoro flessibili, creati grazie alle riforme che abbiamo prodotto insieme in questi anni. Noi siamo pronti a discutere e a regolare questi processi anche in modo più avanzato. E' del tutto illusorio, invece, pensare che deregolando si favorirà il lavoro flessibile. Non é così, perché la sfida é convincere i giovani e i lavoratori che si può avere un contratto part time, o a tempo determinato senza rinunciare ai loro diritti. Se invece il messaggio sarà che quel tipo di lavoro é una giungla senza regole, ognuno cercherà solo e soltanto un posto fisso.
(...) Vedete, c'é un'altra ragione per cui questi referendum sono un intralcio. Lo voglio dire con molta forza e lo voglio dire con spirito amichevole agli imprenditori italiani: questi referendum mettono un cuneo tra le forze del lavoro, dell'impresa e dell'intelligenza. Invece noi, il governo di centro sinistra, abbiamo bisogno che l'impresa, il lavoro, l'intelligenza, collaborino per avere un paese pi moderno e pi competitivo. Per cui noi saremo presenti in questa campagna con questi argomenti che sono argomenti a sostegno del rinnovamento del Paese e non di difesa di una vecchia Italia.
Ci saremo con l'iniziativa politica e legislativa per cercare di evitare ciò che si potrà evitare; ci saremo con la richiesta di un "no" su ciò che non si potrà evitare. E badate, quel "no" ai referendum sociali sarà tanto meno conservatore quanto più si accompagnerà a un forte e chiaro "sì" all'innovazione politica ed elettorale. Proprio in quanto riformisti noi diciamo "no" alla cancellazione dei diritti ma "sì" a un sistema politico più forte e in grado di fare le riforme. (...)
Ora voglio dire alcune cose su di noi, con eguale franchezza e con grande spirito unitario. Noi siamo, come ha detto Walter, un partito del socialismo europeo. Questo non é un tratto accessorio ma il cuore della nostra identità. Nel socialismo europeo e nell'Internazionale Socialista abbiamo ritrovato le ragioni forti del nostro essere sinistra dopo una crisi drammatica, dopo una transizione dolorosa e coraggiosa. Socialismo europeo, Internazionale Socialista non sono un luogo della certezza, un luogo di dogmi e ricette da imparare e da applicare. Sono un campo di forze impegnate in uno sforzo straordinario di innovazione politica e culturale. E noi partecipiamo con loroa questo sforzo; con loro perché - vedete - io non riesco a concepire la sinistra al di fuori di questa dimensione dell'Europa e del mondo. (...) E' l'ancoraggio di alcuni valori fondamentali; la democrazia, il lavoro, quel nesso tra democrazia politica, libertà politica ed eguaglianza che é stato il tratto distintivo del socialismo democratico in contrapposizione con l'esperienza totalitaria del comunismo. Erano loro la parte della sinistra che aveva ragione - non c'é niente da fare - questa é la lezione della storia e i meriti del Partito Comunista Italiano sono stati su alcune grandi questioni più vicini a loro che ai comunisti. Questa é la verità ma questo non cancella che quella esperienza ha tenuto vivi gli ideali della sinistra mentre altrove sono crollati nell'infamia della dittatura e dell'oppressione dell'uomo sull'uomo.
Questo approdo non significa che noi non siamo impegnati sulla nuova frontiera dell'innovazione, del dialogo. Siamo stati noi ad invitare a Firenze il Presidente degli Stati Uniti insieme ai principali leaders del socialismo europeo. E loro ci sono anche venuti in considerazione del fatto che questo Paese, questo gruppo dirigente, hanno saputo farsi ascoltare. Badate io voglio dire esplicitamente che cosa ci siamo sforzati di fare, quale é stato il nostro impegno, l'impegno mio nel rapporto con altri capi di Stato e di governo e l'impegno di Walter nell'Internazionale Socialista. Noi abbiamo lavorato per l'unità del socialismo europeo, così come nel congresso dell'Internazionale Socialista abbiamo lavorato per trovare un terreno di impegno comune che potesse coinvolgere Tony Blair e Lionel Jospin e le nostre proposte hanno avuto un peso importante nel creare le condizioni di un esito unitario di quel congresso. Allo stesso modo la mia preoccupazione é stata quella che nel dialogo con gli americani ci fossero anche i socialisti francesi perché non mi interessa una terza via che divide il socialismo. Mi interessa che il Socialismo europeo unito si confronti con gli altri per cercare nuove frontiere.
(...) Io non ho mai condiviso un'idea dell'Ulivo come luogo in cui svaniva la sinistra italiana ma l'ho sempre pensato come il luogo in cui noi ed altre forti e orgogliose identità potevano lavorare, incontrarsi e costruire insieme qualcosa di più avanzato e importante.