Bilancio della lotta contro
la finanziaria dell'autunno 1994.
Presentiamo
qui due documenti di bilancio della lotta di questo autunno contro la finanziaria.
Il primo illustra in termini semplici che cosa si é ottenuto con la lotta
e che cosa é riuscito invece a passare dell'attacco del governo Berlusconi
ai diritti dei lavoratori. Il secondo é una valutazione più politica
di quel che é accaduto negli ultimi tre mesi dell'anno. Dell'Associazione
Cultura Popolare. Dicembre 1994.
LA LOTTA CONTRO LA FINANZIARIA. BILANCIO DELLA LOTTA
Il movimento di
massa che si é sviluppato contro la finanziaria ha bloccato l'offensiva
del governo di destra. Lo scontro però é stato semplicemente rimandato.
Le masse nella lotta contro la finanziaria
Le masse hanno
compreso subito la posta in gioco e sin dal principio hanno dato vita a manifestazioni
"spontanee" (cioé organizzate da strutture di base). La partecipazione
alle iniziative sindacali é sempre stata elevatissima ed é inutile
che qui riportiamo episodi e manifestazioni che tutti abbiamo vissuto in prima
persona. La disponibità alla lotta é stata enorme.
Vi sono fabbriche che su questa vertenza hanno perso più di cinque giornate
di sciopero. Gli scioperi hanno avuto spesso un carattere radicale, sostenuto
o coperto da pezzi della burocrazia sindacale. Ad esempio era normale il blocco
di strade ed autostrade quando una fabbrica, una zona o una città scendevano
in sciopero. Per tutta la durata della lotta non c'é stato giorno che
passasse senza che una qualche parte del Nord fosse paralizzata. Ultimo dato
da segnalare, e che deve aver preoccupato assai i padroni, é che il movimento
non ha mostrato cedimenti o indizi di chine discendenti.
Le masse operaie, memori delle ultime svendite sindacali, hanno visto prima
con diffidenza l'azione della burocrazia e poi con crescente, e un po' incredula,
fiducia. La determinazione di cui la burocrazia dava mostra ha a sua volta aumentato
le energie e la determinazione dei manifestanti. In soli due mesi la burocrazia,
é inutile negarlo, ha riguadagnato una credibilità di massa. Questa
gli servirà sicuramente per battersi contro i cosiddetti "referendum
antisindacali", che la burocrazia vede con somma preoccupazione. Eloquente
la pubblicità che la CGIL pubblica sulle pagine dei giornali: "Ieri
contro la finanziaria, oggi contro i referendum antisindacali".
Al successo del legame burocrazia-masse ha contribuito anche l'impostazione
data alla vertenza: per la prima volta da anni si combatteva per contenuti assolutamente
chiari a tutti, obiettivi concreti, senza la fumosità degli scioperi
generali "per l'occupazione". La conclusione della vertenza é
stata vista con soddisfazione dalla stragrande maggioranza dei lavoratori (che
però non si rendono conto che lo scontro é rimandato, e non alle
calende greche) che hanno avuto la sensazione che dopo anni di indietreggiamenti
si può ricominciare a vincere, anche se in realtà l'accordo non
sancisce alcuna conquista ed anzi pone ipoteche sulla trattativa che si dovrebbe
aprire nei prossimi mesi.
Perché la burocrazia sindacale ha reagito all'attacco governativo
Molti in Italia
si sono stupiti della tenuta della burocrazia sindacale. Perché ha agito
più duramente del solito? Si può facilmente comprendere per quanto
riguarda la CGIL, che ha una forte base operaia cui deve rendere conto. Ma la
CISL? E la UIL? Non abbiamo assistito questa volta ai soliti balletti in cui
i tre sindacati, attraverso le dichiarazioni pubbliche dei propri esponenti,
fecevano a gara per mostrarsi i più ragionevoli, responsabili e destri.
In fondo ai governi Amato e Ciampi i burocrati avevano concesso molto di più
della recente partita sulle pensioni (basti pensare all'eliminazione della scala
mobile). Come mai questa volta hanno reagito?
Ciò é accaduto per due ragioni che sono venute a convergere. La
prima: un riflesso di autodifesa burocratica. In Italia il sindacato ha sempre
fondato tutto (non solo negli ultimi tre anni) sulla concertazione. I peggiori
accordi sono accettabili agli occhi dei burocrati se si situano all'interno
di un quadro di norme che garantiscano comunque alla burocrazia sindacale un
ruolo di negoziazione, cioé una ragione d'esistenza. Questa finanziaria,
per come é stato gestito il rapporto coi sindacati, non aveva solo come
obiettivo il taglio delle pensioni, ma anche la rottura della concertazione
con la burocrazia sindacale. Una volta che il governo si é deciso, forte
dell'appoggio Confindustriale, a lanciare il suo attacco, lo ha fatto, ovviamente,
con il proprio stile e perseguendo i propri fini strategici. Questo governo
non vuole nella società un contropotere, seppur incredibilmente burocratizzato,
che possa limitarne le manovre. Per questo ha tentato un scontro tatcheriano
con le burocrazie sindacali. Nella prima tornata di trattative non ha concesso
nemmeno le bricioline che avrebbero evitato ai burocrati di fare completamente
la figura degli scemi. La burocrazia ha sentito dunque messa in discussione
la propria ragion d'essere ed ha reagito innanzitutto per salvare se stessa.
La seconda ragione é che la burocrazia ha verificato alla base una fortissima
spinta alla lotta e si é resa conto che se non avesse ingaggiato una
battaglia dura avrebbe perso fette notevoli di consenso di massa. La prima e
la seconda ragione sono in effetti intrecciate: é chiaro che un sindacato
che perde potere di mobilitazione e consenso, perde anche capacità di
contrattazione e credibilità verso la controparte.
Le ragioni della tattica sindacale
Queste due ragioni
non sono comunque sufficienti a spiegare la dinamica della burocrazia. Vi sono
stati infatti innumerevoli episodi nella storia, anche italiana, che dimostrano
che la burocrazia preferisce il suicidio, anche come ceto, ad uno scontro troppo
duro, ad una precipitazione della lotta sociale che non riuscirebbe a controllare.
Quindi come spiegare la relativa determinazione della burocrazia? Analizziamo
la tattica da questa utilizzata per portare avanti la vertenza.
Si é trattato di una tattica tesa a colpire il governo senza far troppi
danni alla borghesia. Particolarmente significativa l'assemlea dei delegati
metalmeccanici all'inizio della vertenza quando la burocrazia si oppose alla
mozione presentata da un operaio che chiedeva il blocco degli straordinari in
tutta la categoria. Questa misura, in una fase di ripresa economica come quella
che stiamo attraversando, avrebbe gravemente colpito la borghesia e l'avrebbe
ridotta a ben più miti consigli.
La burocrazia ha scelto invece di non colpire la borghesia nel suo insieme,
ma solo il governo, con una serie di iniziative che avevano un valore politico
dimostrativo, evitando invece azioni che turbassero seriamente l'andamento dei
profitti. Per questo non si sono toccati gli straordinari. Per questo i due
scioperi generali e la manifestazione nazionale sono stati convocati a larga
distanza di tempo: per rispettare il codice di autoregolamentazione; violarlo
avrebbe costituito un messaggio troppo allarmante nei confronti della borghesia
(sarebbe stato perfettamente compreso invece da masse che consideravano che
il governo avesse violato ben altre regole).
La tattica su descritta ha contribuito ad allungare i tempi della soluzione
della lotta e a far sì che il suo esito finale fosse in qualche modo
posticipato.
Tutto si basava sulla tesi secondo la quale la borghesia é un'altra cosa
dal governo Berlusconi. In effetti i due soggetti non si vogliono molto bene,
il problema però é che proprio sulla finanziaria coincidevano
perfettamente!
Alla burocrazia comunque non importava e la ragione é tutta politica:
la borghesia andava trattata bene perché é con il sostegno di
questa che gli interlocutori politici della burocrazia sindacale (PDS, PPI...)
vogliono creare una alternativa politica al governo Berlusconi. Esclusivamente
contro il quale si é concentratata l'azione sindacale. Alla burocrazia
mancano completamente all'interno del governo interlocutori politici, ipotesi
politiche da sostenere, che sono invece collocate all'opposizione. La burocrazia
scommette su queste ultime forze e non é minimamente preoccupata di indebolire
questo governo. Anzi. Non é preoccupata "per la tenuta delle istituzioni"
perché spera esistano alternative al governo Berlusconi in questo stesso
Parlamento.
Se ne deduce che quando si discuterà della riforma delle pensioni, se
ciò dovesse avvenire con un governo all'interno del quale dovessero trovarsi
interlocutori politici dei sindacati (PPI, PDS...), questa stessa burocrazia
sarebbe capacissima di firmare un accordo con contenuti del tutto simili a quelli
contro i quali ha lanciato tanti strali.
Dinamica della vertenza
Il movimento é
stato forte fin dal principio, ma é divenuto via via più pericoloso
per la borghesia ed il governo. Per due ragioni. Primo: la sua forza, durata
tenuta. Le burocrazie sembravano determinate a portare a casa risultati utili
e del resto le masse non avrebbero perdonato passi indietro. Il contenuto della
vertenza era troppo conosciuto dagli operai inoltre, per spacciare come vittoria
un accordo pasticciato.
Secondo: il convergere della protesta studentesca, degli universitari prima
e poi dei medi. Si é realizzata una saldatura come non accadeva da tempo
tra operai e studenti. Il governo Berlusconi aveva infatti attaccato gli universitari
con l'aumento indiscriminato delle tasse e si accinge a farlo coi medi con la
riforma D'Onofrio. La protesta studentesca ha mostrato una volontà di
lotta molto vasta e radicale, anche se ha pesato enormemente l'assenza pressoché
totale di strumenti di organizzazione (per quanto riguarda gli studenti italiani
non é una novità). La polizia ha rispolverato le vecchie forme
di repressione, che nei confronti degli studenti non si applicavano da anni:
cariche indiscriminate e sloggiamenti di occupazioni. Ma non sono servite granché.
Le mobilitazioni operaie e studentesche si sono a loro volta combinate con una
crescente debolezza del governo. Di questa debolezza non vi era traccia all'inizio
della vertenza, ma anche grazie alla discesa in campo delle masse, tutta una
serie di forze hanno dovuto ridefinirsi, e a volte accentuare le proprie ragioni
di scontro con l'esecutivo, che appariva sempre più impopolare. Nel corso
dei due mesi di lotta si é in questo modo accresciuto il distacco della
Lega Nord dall'area di governo e la magistratura ha tentato un nuovo affondo
contro Berlusconi, inviandogli un avviso di garanzia.
La settimana prima dell'accordo é stata caratterizzata dalla quasi certezza
che il governo sarebbe caduto e il ceto politico faceva piani su piani per studiare
possibili alternative. Del resto anche la manifestazione di Roma e quelle successive
si andavano sempre più caratterizzando negli slogan e negli striscioni
verso il "Berlusconi se ne deve andare", quando all'inizio molto era
puntato semplicemente sul no al taglio delle pensioni. In effetti la caduta
di Berlusconi era un obiettivo a quel punto assolutamente alla portata. Ma...
A questo punto però é mancata l'iniziativa politica da parte della
sinistra. Il PDS, a mano a mano che si facevano più consistenti le ipotesi
di costruzione sulla base dell'attuale Parlamento di un'alternativa a Berlusconi
che potesse comprenderlo, é passato dalla parola d'ordine della lotta
contro "la finanziaria iniquia" al "prima lo stralcio sulle pensioni
poi votiamo subito la la finanziaria". La verifica della tenuta del governo,
e quindi le eventuali dimissioni di Berlusconi, si dovevano rimandare a gennaio
" quando le acque si saranno calmate", come ha detto il segretario
del PDS D'Alema. Il perché di questo atteggiamento, identico a quello
del PPI, é semplice: da un lato si voleva dar prova di affidabilità
alla borghesia mostrando di tenere nella massima considerazione le compatibilità
di sistema (la finanziaria) dall'altra si voleva togliere il movimento di massa
dallo scenario della crisi.
A questo punto per Berlusconi arrivare all'accordo significava al tempo stesso
salvarsi (anche se momentaneamente) e disinnescare il movimento di massa. Da
qui il paradosso del rafforzamento del governo proprio quando ha perso. Ha accettato
lo stralcio, rimandando l'attacco contro il sistema pensionistico ad un momento
in cui l'esecutivo fosse più forte.
A parte le considerazioni di merito sull'accordo dunque, per il movimento di
massa non si tratta oggettivamente di una vittoria piena perché ad un
certo punto della vertenza la posta in gioco non erano più le pensioni,
ma la sopravvivenza stessa del governo. Nell'ultima settimana, quella decisiva,
proprio quando la vertenza poteva avere un esito positivo dal punto di vista
politico (la caduta di Berlusconi operata dal movimento di massa) lo ha avuto
invece sul piano puramente sindacale (lo stralcio delle pensioni). L'esito puramente
sindacale di uno scontro politico avrà però delle conseguenze
politiche.
Se Berlusconi cadrà lo farà non sull'onda di un movimento di massa,
su un argomento popolare come quello delle pensioni, ma per opera di una "congiura
di palazzo". Sarà facile in quel caso a Berlusconi far la parte
della vittima del ceto politico o del perseguitato della magistratura. Sicuramente
sarà una immagine migliore rispetto a quella del signor tagliapensioni
che nessuno gli avrebbe più tolto se fosse caduto sul terreno della finanziaria.
Se si fosse andati alle elezioni anticipate queste sarebbero state segnate dal
clima riacceso dallo scontro tra le classi. Ora invece l'eventuale caduta a
freddo del governo avrà anche un pessimo effetto sulla coscienza di milioni
di lavoratori che hanno lottato e che rimarranno convinti che é solo
all'interno delle "istituzioni" e del ceto politico che si possono
determinare o sconfiggere i governi. La chiusura sindacale della vicenda inoltre
ha lasciato gli studenti spiazzati ed improvvisamente isolati e da ciò
ne deriverà sicuramente già dai prossimi giorni un forte riflusso.
L'esito puramente sindacale di questo scontro politico non lo si può
addebitare alle burocrazie sindacali dunque, ma a quelle della sinistra politica,
PDS in primo luogo.
La sinistra e la vertenza
Del ruolo negativo
giocato dai dirigenti del PDS nella conclusione della vertenza si é già
detto. é chiaro che il disegno, favorito dal PDS, di far cadere a freddo
il governo (cioé non sull'onda della mobilitazione di massa) fa parte
di quel progetto che la borghesia persegue da due o tre anni di formazione di
una propria rappresentanza politica, ovviamento di centro. L'assenza dalla scena
delle masse evidentemente contribuisce a dar gambe a questa prospettiva, all'interno
della quale comunque lo stesso PDS, suo malgrado partito del movimento operaio,
verrà tenuto ai margini (il che non vuol dire necessariamente fuori dal
governo, almeno all'inizio). Sul perché il PDS favorisca questa prospettiva
sarà oggetto di un'altra analisi.
Vale qui la pena sottolineare soltanto come la tensione verso l'abbraccio coi
popolari abbia portato il PDS a grossi errori di valutazione anche riguardo
ai risultati del primo turno di amministrative svoltesi durante la vertenza.
I dirigenti del PDS, e con loro tutti i mass media, si sono sperticati nel sottolineare
il successo delle alleanze di centro sinistra PDS-PPI. In realtà in quelle
elezioni un solo dato appare omogeneo: la sinistra, insieme o divisa, avanza
ovunque al Nord e al Centro, dove le lotte sono state più forti. Si tratta
di aumenti in alcuni casi spettacolari e che riguardano sia il PDS che il PRC.
é evidente che all'origine di questo successo non vi sono formule elettorali,
ma il riflesso (immediato, grazie alla grande mobilità dell'elettorato
negli ultimi due anni) della lotta contro la finanziaria. Le masse in movimento,
che lottano, che hanno fiducia in se stesse, votano, nonostante tutto, a sinistra.
Rifondazione Comunista ha avuto posizioni corrette: ha chiesto le dimissioni
immediate di Berlusconi per esempio (ma non le elezioni anticipate immediate),
ha presentato interpellanze contro le violenze di polizia, ha sempre sostenuto
le richieste del movimento. Le cose che questo partito ha fatto durante la vertenza
sono state generalmente giuste, il problema é ciò che non ha fatto.
Rifondazione non ha dato vita ad alcuna iniziativa politica autonoma di rilievo
al di fuori dell'attività parlamentare, nemmeno a livello propagandistico.
Il PRC grazie alla sua presenza sindacale e territoriale sarebbe stato ad esempio
in grado di spingere per aggregazioni di delegati dal basso, di promuovere coordinamenti,
assemblee, di approfittare per creare legami e prese di posizione radicali,
utili per gli scontri che ci saranno tra non molto. Un limite delle mobilitazioni
di questo autunno rispetto a quelle di due anni fa infatti é stata l'assenza
di momenti di autoorganizzazione. Il PRC si é invece appiattito pressoché
totalmente sul gruppo dirigente della CGIL. Al massimo ci si é spinti
a consigliare i lavoratori di tenere "gli occhi aperti"...
FINANZIARIA 1995: COSA È CAMBIATO E COSA È RIMASTO
Che cos'é e da dove nasce la cosiddetta finanziaria
Ogni anno il Governo
decide la quota di soldi che vuole investire nel Paese. In base a tale quota,
che può essere o meno rispondente alle reali esigenze dello Stato, decide
di elargire fondi o effettuare dei tagli per mantenere il tetto stabilito. La
finanziaria deve poi essere approvata dal Parlamento divenendo così una
vera e propria legge.
Quest'anno la cifra che il Governo aveva deciso di risparmiare era di L.27.000
miliardi. Per riuscire ad ottenere un simile risparmio aveva stabilito di attaccare
principalmente il sistema previdenziale e quello sanitario. Tra i tagli complessivi
che erano previsti dalla Finanziaria, infatti, il 40% sarebbe derivato dalle
pensioni (11.000 miliardi). I tagli alla spesa sanitaria venivano stabiliti
intorno ai 6.500 miliardi.
La motivazione "ufficiale" che era stata data per giustificare i tagli
era che l'Italia si doveva allineare con gli altri paesi della CEE, ma il nostro
Paese utilizza già, per la sicurezza sociale, il 24% delle spese interne
lorde, cioé la stessa percentuale degli altri paesi europei, per cui
questa legge avrebbe implicato una riduzione anzichè un allineamento.
L'evasione contributiva
L'evasione contributiva
per il solo 1993, si stima intorno ai 40.000 miliardi. 1800 ispettori hanno
controllato, nel 1993, 90.500 aziende su 2.000.000 scoprendo un'evasione di
2.127 miliardi. Ci si chiede come mai sono state ispezionate solo 90.500 aziende
dal momento che la sola quota di evasione contributiva del 1993 basterebbe a
recuperare il cosiddetto deficit dell'INPS.
Recuperando la mancata contribuzione e separando come previsto dalla Legge 88/89,
mai applicata effettivamente, PREVIDENZA da ASSISTENZA l'INPS potrebbe andare
avanti ancora per 30 anni.
PENSIONI
In seguito alle
numerose manifestazioni di lotta che hanno visto protagonisti, negli ultimi
mesi, milioni di lavoratrici e lavoratori, il Governo si è visto costretto
a scorporare dalla finanziaria ciò che concerne i tagli alle pensioni.
L'attacco al sistema pensionistico (il 30 giugno 1995 è la scadenza prevista)
é stato comunque solo rimandato, come spieghiamo più avanti.
Cosa prevedeva la proposta originaria del governo?
La scala mobile sulle pensioni era stata cancellata salvo che per le pensioni
minime, le quali, essendo già da fame, non incidono sul bilancio dello
Stato.
Per le pensioni normali era previsto, invece, un adeguamento in base all'inflazione
programmata. Per il 1995 era stato stabilito un adeguamento, per tutte le pensioni,
all'inflazione reale. In che modo e cosa sarebbe successo dopo il '95 non era
stato chiarito.
Era stato innalzato il tetto dell'età pensionabile a 65 anni per gli
uomini ed a 60 per le donne.
Era stato mantenuto il diritto ad andare in pensione a coloro che, pur non avendo
l'età pensionabile, avevano comunque raggiunto i 35 anni di servizio.
Ciò comportava però una riduzione del 3% per ogni anno mancante
al raggiungimento dell'età minima pensionabile.
Quest'ultimo meccanismo non era nuovo in quanto, con la precedente finanziaria,
il Governo Ciampi, di concerto con le organizzazioni sindacali confederali,
aveva sancito, per i dipendenti statali, una penalizzazione del 2% per ogni
anno mancante ai 35 anni di contributi. E' chiaro che, una volta introdotto
questo principio per un settore, risulta molto semplice allargarlo agli altri.
L'innalzamento dell'età pensionabile era già stata decisa dai
precedenti governi, Berlusconi voleva accellerare l'arrivo a tale traguardo.
Era stato introdotto il rinvio di un anno per le pensioni di anzianità.
Coloro che avevano maturato i contributi nel 1994 avrebbero dovuto aspettare
un anno per poter andare in pensione. Il blocco dei pensionamenti per il 1995
non valeva per i dipendenti delle poste e della RAI.
Era stato ridotto il coefficiente di rendimento. Dal 1996 per coloro che avevano
più di 15 anni di anzianità, il coefficiente di rendimento passava
dal 2 all'1.75% . Ciò avrebbe significato, a parità di anzianità
lavorativa, pensioni molto più basse delle precedenti.
Cosa é rimasto inserito sulle pensioni nella finanziaria 1995 in seguito
alle modifiche della Camera ed all'accordo con i sindacati?
L'età pensionabile sale di un anno ogni 18 mesi. Da gennaio a giugno
di quest'anno gli uomini possono andare in pensione a 61 anni e le donne a 56,
da luglio gli uomini a 62 e le donne a 57.
I pensionamenti anticipati sono bloccati fino a giugno 1995, data in cui è
prevista la "riforma".
I coefficienti di rendimento vengono uniformati (tranne per alcune categorie
privilegiate) al 2% annuo nel 1995.
La scala mobile continuerà ad essere calcolata sull'inflazione reale
(anziché su quella programmata come era la proposta iniziale), ma verrà
corrisposta il primo gennaio dell'anno successivo anzichè a novembre.
L'ultima rata di perequazione d'annata verrà pagata ad ottobre del 1995.
SANITà
I tagli previsti
dalla finanziaria ammontavano a 6.500 miliardi e tali sono rimasti.
Sono state ridotte le fasce d'età per coloro che hanno diritto all'esenzione
dei tickets.
Verranno chiusi tutti gli ospedali con meno di 120 posti letto al fine, secondo
il Governo, di razionalizzare le piccole strutture considerate poco economiche.
I piccoli ospedali, in genere sono quelli che funzionano meglio offrendo al
paziente un miglior servizio. Tali strutture saranno preda delle cliniche private
in quanto la sanità pubblica sarà sempre più in declino.
Le Regioni che decideranno di non chiudere alcune strutture con meno di 120
posti letto, subiranno una riduzione fino al 30% dei finanziamenti. Gli attuali
dipendenti degli ospedali da chiudere saranno posti in mobilità
Con un'emendamento della maggioranza sono stati aboliti i tickets (previsti
in precedenza dalla finanziaria '95) sui ricoveri e sul pronto soccorso.
Verrà effettuato un blocco delle assunzioni per il primo semestre '95,
mentre nel secondo semestre si potrà procedere ad una assunzione parziale
(notevolmente inferiore al fabbisogno reale). In questo modo aumenterà
lo sfruttamento dei lavoratori già inseriti nell'organico affidando loro
dei carichi di lavoro notevolmente superiori a quanto finora previsto dalla
legge.
Pubblico impiego
La finanziaria
'95 non tocca molto il pubblico impiego in quanto è già stato
pesantemente attaccato in precedenza.
E' previsto un aumento dei carichi di lavoro per questa categoria, anche perché
ci sarà un blocco delle assunzioni fino a tutto il Giugno '95.
Sarà introdotto il sistema della timbratura del cartellino. Sarà
spezzata la giornata lavorativa introducendo anche il lavoro pomeridiano, senza
però trovare soluzioni per la pausa del pranzo. In molti casi mancano
mense o self-service.
scheda 1
NATURA DEL GOVERNO BERLUSCONI
Il gruppo politico
che regge questo governo, oggi sostanzialmente ridotto ad Alleanza Nazionale
e Forza Italia, é un governo borghese che non gode dei favori della grande
borghesia. E ciò per varie ragioni.
Prima di tutto i borghesi si conoscono fin troppo bene e dunque diffidano gli
uni degli altri. Sanno che un grande capitalista collocato ai vertici dello
stato utilizzerebbe quel potere anche per favorire i propri interessi a scapito
degli altri capitalisti. Questa considerazione ha ancora maggior peso se si
tiene presente la fase che stiamo attraversando di potenziale forte concorrenza
in settori sino ad ora esclusi dal mercato (previdenza privata, servizi, ecc.),
concorrenza che é pesantemente condizionata dagli apparati statali (vedi
vicenda dei telefonini). Anche per questo motivo la borghesia preferisce che
sia un corpo di politici professionisti, o borghesi di secondo piano, a gestire
gli interessi collettivi della loro classe.
Seconda ragione: il monopolio dei mezzi di informazione tv (tre reti private
più le due e mezza statali) crea fastidio alla borghesia che amerebbe
un maggior pluralismo. Naturalmente é ovvio che cosa la borghesia intenda
per pluralismo (o libertà di stampa e consimili): una libertà
tutta interna alla propria classe. I mezzi d'informazione distribuiti a diversi
capitalisti permetterebbero loro di evitare che uno primeggi sugli altri o promuova
campagne di stampa contro gli interessi di questo o quel capitalista.
Terza ragione. AN non piace alla grande borghesia per un vizio che loro chiamano
"statalismo": l'attaccamento cioé per le grandi proprietà
statali e le poltrone che ne derivano. In un momento in cui la borghesia considera
fondamentali le privatizzazioni (ricordiamoci che nel famoso pasto a base di
fagioli di Agnelli, De Benedetti e compagnia con Berlusconi, si é fatto
pressioni per tagliare le pensioni ma anche per aprire la corsa alle privatizzazioni)
una forza "statalista", neanche tanto pentita, non offre molte garanzie.
Quarta ragione: la scarsa stabilità della maggioranza. I capitalisti
sono arrivati alla conclusione che se i tassi di interesse non diminuiscono
la responsabilità é di un governo che gode di scarsa credibilità
interna ed internazionale a causa dell'alto grado di litigiosità interna.
Per tutte queste ragioni la grande borghesia non appoggia Berlusconi. Lo dimostrano
i velenosi articoli della Stampa e del Corriere della Sera (proprietà
Agnelli) e della Repubblica (De Benedetti), qualche articolo del Sole 24 Ore
(Confindustria) e del Mondo Economico (Confindustria). Del resto Berlusconi,
che non deve certo la sua ascesa all'aristocrazia del capitale italiano, non
ha fatto nulla per ingraziarsela.
Anche provvedimenti che gli erano stati sollecitati apertamente (Agnelli sul
modello della Francia gli aveva chiesto iniziative statali per favorire l'acquisto
di automobili da parte dei cittadini) sono stati negati.
Ma allora chi rappresenta questo governo?
Rappresenta semplicemente una opzione politica borghese che oggi é minoritaria
(ma domani potrebbe non esserlo) tra la borghesia e che é potuta giungere
al governo grazie alla perdita dei punti di riferimento politici tradizionali
che le varie classi sociali si erano dati negli ultimi cinquanta anni.
Scheda 2
LA CONFINDUSTRIA E l'ACCORDO
La Borsa non ha
reagito all'accordo. Segno dell'operare di due considerazioni contrapposte:
bene per la riguadagnata pace sociale, male perché i lavoratori non sono
stati sconfitti (cosa che avrebbe fatto aumentare di molto le quotazioni).
La Confindustria é stata l'unico soggetto sociale ad essere scontento
dello stralcio, e sicuramente ciò avrà ulteriormente indebolito
la considerazione che la grande borghesia ha verso Berlusconi. In fondo i capitalisti
avevano ottenuto molto di più con Ciampi ed Amato con il beneplacido
di PDS e sindacati. Berlusconi ha però sacrificato per il momento gli
interessi della sua classe per far guadagnare stabilità al proprio esecutivo,
tenendo anche conto della dichiarata parzialità dell'appoggio confindustriale.
La finanziaria é stata infatti l'unico terreno sul quale si é
manifestato da parte della grande borghesia sostegno al governo Berlusconi.
Si trattava di far fronte comune contro i lavoratori. Sin da settembre la Confindustria
aveva sentito incertezza nel governo e per evitare che ne scaturisse una finanziaria
troppo morbida verso i lavoratori, aveva messo in campo ogni genere di pressioni
perché la manovra fosse stile lacrime e sangue. Con l'accordo non é
la Confindustria ad aver fatto un passo indietro, é stato Berlusconi,
dunque la Confindustria é prontissima a riprendere lo scontro al più
presto.
Scheda 3
LE LORO PAURE
Un'intervista dopo l'accordo rilasciata da Mastella, Ministro del Lavoro, a La Repubblica é significativa sulle motivazioni che hanno spinto il governo alla firma dell'intesa. Riportiamo alcune frasi: "Avevo paura. Avevo sentito Maroni molto preoccupato per lo sciopero. Lui é ministro dell'Interno, una bella responsabilità. Aveva intuito il pericolo. Basta un pazzo, uno scriteriato e l'incidente é fatto. Pensate alla miscela esplosiva studenti più operai....Ho pensato a Tambroni." Tambroni era un leader democristiano che era stato eletto Presidente del Consiglio nel 1960 oltre che coi voti dei partiti di centro anche con quelli dell'MSI. Subito dopo il suo insediamento una rivolta popolare a Genova impedì lo svolgimento del Congresso MSI. Di lì a poco la polizia uccise cinque manifestanti a Reggio Emilia. Alcuni giorni dopo Tambroni fu costretto a dimettersi.
Scheda 4
LA MAGISTRATURA E LA CRISI ITALIANA
L'azione della
magistratura contro il potere politico é stato il segnale più
evidente due anni fa del vuoto di rappresentanza della borghesia da un lato
e dall'altro del vuoto di iniziativa politica da parte della sinistra.
Il fatto che la magistratura possa permettersi ancora attacchi così duri,
testimonia che quel periodo non si é ancora chiuso. L'emergere di un
nuovo ordine borghese (con un grande centro conservatore che comandi da solo,
secondo i desideri dei grossi capitalisti) dovrà essere necessariamente
accompagnato dalla normalizzazione di alcune procure, che pur essendo tutt'altro
che rivoluzionarie, sono per la borghesia fattori di destabilizzazione o di
mancato consolidamento. Nessun potere borghese, per quanto "illuminato",
potrà in Italia ad esempio prescindere dalla ricerca di un modus vivendi
con una criminalità che garantisce il controllo territoriale di ampie
zone geografiche. Dunque prima o poi qualcuno metterà mano alle procure
di Palermo e di Napoli. La stessa cosa dovrà avvenire per Milano, che
ha osato troppo anche contro la borghesia. L'addomesticamento di queste procure
sarà il segnale più eloquente che si sarà chiusa la crisi
di rappresenanza della borghesia ed un nuovo ordine sarà stato instaurato.
Scheda 5
LE ORGANIZZAZIONI EXTRACONFEDERALI
Alcune organizzazioni
sindacali extraconfederali si sono ritrovate spiazzate nel vedere CGIL CISL
e UIL all'offensiva, abituate a considerare i maggiori sindacati sdraiati su
una china degenerativa sempre più inclinata.
In realtà nella storia (anche del sindacalismo italiano) non vi é
mai stato alcun cambiamento di natura dei sindacati, la cui burocrazia semplicemente
si sposta più a sinistra o più a destra a seconda di diversi fattori,
primo tra i quali la forza del movimento di massa.
L'autorganizzazione, pur essendo sempre stata protagonista di numerevoli manifestazioni
di lotta sia organizzate che spontanee, si è trovata divisa.
La CUB ha preferito utilizzare percorsi nettamente differenti da quelli dei
confederali, organizzando manifestazioni separate e scegliendo di non aderire
alla manifestazione nazionale di Roma. Gli "autorganizzati" hanno
seguito in parte questa linea essendo però presenti, anche se con cortei
alternativi, alle principali scadenze con i lavoratori (hanno aderito alla manifestazione
di Roma).
Lo SLAI ha organizzato numerosissime manifestazioni spontanee ed ha aderito
a tutte le manifestazioni in cui, nonostante fossero state indette dai confederali,
la maggior parte dei lavoratori era presente. Ha preteso di parlare nelle manifestazioni
unitarie, a volte riuscendoci, con l'intento di disputare alla burocrazia la
direzione del movimento di massa reale. Ha disdetto a differenza della CUB e
degli "autorganizzati" (che hanno dato un giudizio nettamente negativo
dell'accordo), lo sciopero generale ritenendo che a quel punto non sarebbe stato
compreso a livello di massa.