La borghesia si prepara
a cambiare cavallo.
L'editoriale di Panebianco sul Corriere
della Sera del 3 ottobre 1999 significativo del cambiamento di umore delle classi
dominanti riguardo al governo D'Alema. REDS. Ottobre 1999.
Riportiamo brani dell'editoriale di Angelo Panebianco, uno dei principali editorialisti del Corriere della Sera, perché é sintomatico della nuova fase che attraversa la borghesia nell'approccio alla sfera del politico. C'é stata una fase in cui la borghesia ha dovuto contare sul centrosinistra perché c'erano tali tagli da fare che solo un governo che comprendesse le espressioni politiche del movimento operaio avrebbe potuto garantire l'assenza di conflittualità sociale. Ora però che il lavoro sporco é fatto, la borghesia vuole di più ed é seccata che una sinistra legata comunque al sindacato non possa concedere molto e in fretta. La borghesia del resto ha sempre mal tollerato Berlusconi sia perché ha interessi personali e dunque non potrebbe tutelare gli interessi generali della sua classe, sia perché aveva un modo di fare "eversivo" nei confronti delle istituzioni dello stato, che per la borghesia sono garanzia di equità tra le diverse frazioni ed interessi che la dividono. Dalla primavera dunque é cominciata una luna di miele tra borghesia e Berlusconi per varie ragioni. La prima é che una dopo l'altra sono tramontate le ipotesi di formare un raggruppamento politico alternativo a Forza Italia (l'ultima speranza era rappresentata dall'UDR di Cossiga, ma ha fatto una brutta fine). La seconda é che Berlusconi ha assunto un profilo di moderazione, cioé ha messo in primo piano gli interessi della sua classe prima di quelli del suo partito, appoggiando dunque il centro-sinistra nelle azioni che questo compiva "per il bene del Paese", cioé della classe dominante. Ma per avere la piena fiducia della sua classe, Berlusconi deve fare ancora qualche passettino: come si vedrà in questo articolo, le riserve non sono finite. Il segnale é però chiaro: la borghesia soddisfatta dei servizi resi dai partiti del movimento operaio si prepara a sostenere il Polo, se continuerà "a fare il bravo".
brani di
BERLUSCONI, IL LATO DEBOLE DI UN LEADER FORTE
3 Ottobre 1999 di
Angelo Panebianco pubblicato dal Corriere della Sera
Quando una forza
politica appare in crescita, per i risultati di varie tornate elettorali, e
tale la danno i sondaggi nonché l'opinione di tutti gli osservatori attenti,
ciò di sicuro accade per gli errori degli avversari ma anche per l'abilità
di chi la guida. Berlusconi è, in questa fase, con il vento politico
in poppa. Chi pone l'orecchio al terreno sente quel caratteristico brontolio
sordo che preannuncia spostamenti del tipo bandwagoning (la spinta a saltare
sul carro del vincitore): quello stesso tipo di spostamenti che, nella precedente
fase politica, ha premiato la sinistra. E' difficile negare che il leader di
Forza Italia, con le sue scelte degli
ultimi anni, abbia fatto molto per mettere il partito che guida, e lo schieramento
che capeggia, sulla strada che, presumibilmente, li condurrà al successo.
Bisogna dire che Berlusconi appare come uno dei pochi politici italiani capaci di "apprendere dai propri errori". Negli ultimi anni, infatti, egli si è messo d'impegno per correggere alcuni degli errori commessi nella primissima fase del suo ingresso in politica. Soprattutto, ha operato caparbiamente per collocarsi al centro, non solo per fare di Forza Italia una formazione di centro (il che in politica non basta), ma anche perché fosse riconosciuta dai più come tale. Ha smussato certi estremismi originari di tipo "ultra-reaganiano", si è liberato dell'ingombrante presenza politica degli avvocati Fininvest, ha stabilito rispettabilissime alleanze internazionali confluendo nell'ultra-rispettabile Ppe, il Partito Popolare europeo, dove siederà accanto al Gotha del centro- destra europeo. Ha fatto infine impegnative scelte politiche "centriste", da opposizione responsabile: ha sostenuto i governi di centro-sinistra sulle scelte dell'Albania, dell'allargamento della Nato, e del Kosovo, ha eletto, insieme alla maggioranza, il presidente della Repubblica, ha votato nel Parlamento europeo per Prodi presidente della Commissione. Ha insomma sistematicamente assunto, senza mai sbagliare un colpo, una postura "moderata". E i frutti si sono visti: i moderati italiani lo hanno ormai riconosciuto come il proprio principale punto di riferimento politico.
Tutto bene (per Berlusconi) dunque? Non tutto. Qualche conto importante continua a non tornare. Una volta riconosciuto il rapporto che esiste fra i successi di Berlusconi e i suoi meriti, compreso il fatto che egli, un tempo chiarissimamente digiuno di politica, ha imparato eccome, quasi dando l'impressione di essersi sottoposto a una sorta di auto-formazione permanente, bisogna dire che resta un problema, il solito, sempre lo stesso. So bene che i seguaci del Polo, tutte le volte che sentono parlare del conflitto di interessi, mettono, figurativamente parlando, la mano alla pistola. E tuttavia sul conflitto di interessi dobbiamo porci due domande. E' stato usato strumentalmente dalla sinistra? Esiste realmente? La risposta è sì a tutte e due le domande. E' certo che la sinistra ne ha fatto un uso così strumentale da sfiorare, talora, il ridicolo: lo ha agitato quando Berlusconi era al governo, lo ha lasciato cadere ufficialmente quando Berlusconi è passato all'opposizione, pensando così di poterlo manovrare e ricattare, ha di nuovo cominciato ad agitarlo quando Berlusconi ha iniziato la sua rimonta.
Ma detto tutto questo sul pessimo uso che ne ha fatto la sinistra, resta il problema. A sentire Berlusconi è semplicemente risolvibile con la legge approvata dalla Camera (su suggerimento dei "saggi" a suo tempo nominati) e poi lasciata giacere al Senato per volontà, pare, del centro-sinistra.Se Berlusconi fosse alla testa di un gruppo che producesse computer, autovetture o saponette , quella soluzione potrebbe, forse, essere sufficiente. Ma le televisioni sono un'altra cosa, sono una "merce" ad altissimo tasso di "politicità". E' questo il problema che, ogniqualvolta se ne parla, Berlusconi dà l'impressione di sottovalutare.
Questo specifico conflitto di interessi ha effetti diversi (ma in entrambi i casi negativi per il gioco democratico) quando Berlusconi è all'opposizione e quando è al governo. Quando è all'opposizione i suoi interessi diventano, almeno potenzialmente, uno strumento di ricatto e di intimidazione contro di lui, e per conseguenza contro l'intera opposizione, nelle mani del governo e della maggioranza. A torto o a ragione, si è avuta spesso in questi anni l'impressione che tale elemento entrasse in qualche modo, e in vari modi, nel rapporto maggioranza/opposizione. Magari non è stato così e, tuttavia, la semplice sensazione che lo sia stato ha introdotto un pesante elemento di distorsione nel gioco democratico. Quel conflitto, poi, opera in tutt'altro modo quando Berlusconi va al governo. E qui entrano in gioco le televisioni.
Quando Berlusconi è all'opposizione si realizza un qualche tipo di equilibrio fra gli strumenti di informazione del governo e quelli dell'opposizione. La Rai (con concessioni "consociative" all'opposizione) è nelle mani del governo, le reti Fininvest (ancora, con concessioni all'altra parte) sono a disposizione dell'opposizione. E', diciamocelo, un equilibrio viziato, almeno per chi pensa che il sistema di comunicazione televisivo ideale dovrebbe essere affidato al solo mercato, e sottratto il più possibile sia al controllo del governo che a quello dell'opposizione. Ma, purtuttavia, di un equilibrio si tratta.
Quando però Berlusconi va al governo l'equilibrio si spezza. L'elettorato di sinistra, che va all'opposizione, ha la non infondata impressione di essere interamente "circondato": quasi il cento per cento del potere televisivo (calcolato in reti nazionali) va, almeno sulla carta, a concentrarsi nelle stesse mani. E, dal suo punto di vista, giustamente, l'elettore di sinistra sente questa situazione come simile a quella dei tempi di Bernabei, quando a comandare in televisione era la sola Dc.
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Al di là
delle battute, però, il problema esiste, non è solo un'invenzione
dei suoi avversari, e, sottovalutandolo, Berlusconi commetterebbe un fatale
errore.