E
il giugno nero arrivò!
Come era nelle
previsioni, il vento di destra soffia in Europa e in Italia; la sinistra fuori
anche da Strasburgo. Urge un nuovo progetto a sinistra, con tanta umiltà
e rituffarsi nel conflitto, lavorando accanto agli oppressi. (Di Maurizio
Attanasi) . Reds – Giugno 2009.
Il quadro
Le elezioni europee appena svoltesi ci hanno dato il chiaro messaggio che
di questa Europa i cittadini del vecchio continente non sanno cosa farsene.
Il forte l’astensionismo in tutto il continente (42,85), in aumento
nel nostro paese, stà chiaramente ad indicare che questo tipo di Europa
non piace. Bruxelles e i suoi organismi sono visti o come orpelli del vero
potere decisionale o come centri di burocrazie lontane dagli interessi dei
cittadini e dei lavoratori europei.
Chi vince poi in tutta Europa è la destra: quella che crede di più
agli stati nazione che alla sovrastruttura europea, quella da sempre più
lontana dal processo di creazione di un’entità politica dopo
quella monetaria.
Perdono in Europa i socialisti (con poche eccezioni come la Grecia) dai laburisti
di Brown in Gran Bretagna ai socialisti di Zapatero al governo in Spagna,
ai francesi ancora in crisi di risultati dopo l’avvento del ciclone
Sarkozy.
Poche eccezioni in un parlamento quello di Strasburgo che si sposta a destra;
come quella dei Verdi francesi che rappresentano una delle poche note positive
di questa consultazione continentale.
Complessivamente l’europarlamento risulta decisamente più spostato
a destra con il raggruppamento della sinistra (GUE) che passa da 41 deputati
a 34, i socialisti scendono da 217 a 183, mentre, a mero titolo esemplificativo,
il ppe (partito popolare europeo) tocca i 264 seggi, i liberali 84 e le destre
28.
E in Italia?
I risultati e le dinamiche che hanno agitato il continente hanno interagito
con le particolarità nostrane, essendo cadute queste elezioni in concomitanza
con quelle amministrative.
In termini percentuali le forze di destra che oggi sono al governo sono al
47,7% (considerando pdl, lega e l’alleanza arlecchino di Lombardo) e
ottiene 38 eurodeputati; cinque anni fa gli euro-onorevoli del centro destra
erano stati 30 e in percentuale il dato era del 38,4 (sommando i voti delle
allora forze che oggi compongono pdl o che si sono disperse nel raggruppamento
di Lombardo-Storace-Pensionati).
Alle politiche, di appena un anno fa, Berlusconi e soci avevano ottenuto (prendendo
come risultato la camera) il 46,7% (in questo caso il dato si riferisce ai
soli tre gruppi pdl-lega-mpa).
Sostanzialmente il centro destra è cresciuto rispetto alle Europee,
ma è rimasto stabile rispetto alle politiche; possiamo parlare, al
limite di un riposizionamento delle forze con un leggero calo del pdl e un
successo senza dubbio della lega che aumenta del 2 % i propri voti; se consideriamo
che la lega non è votata uniformemente su tutto il territorio nazionale
il 10,2 % del carroccio ha un valore ancora più pesante. Segue in questo
le affermazioni di altre formazioni che in Europa attuano la stessa politica
xenofoba e antieuropeistea.
Sicuramente, anche di fronte ai sorrisoni stile Fininvest all’interno
del governo ci sarà una sorta di resa dei conti, in previsione delle
regionali che ci saranno il prossimo anno, del problema Sicilia che dovrà
essere risolto dai leader nazionali e soprattutto in funzione del pdl, che
ad un anno dalla sua nascita mostra pericolosi segni di instabilità
per il futuro (ci sono state numerose polemiche e accuse incrociate in seno
al pdl sul disimpegno per le europee di parecchi notabili).
Le opposizioni.
Il Pd perde anche di fronte all’arretramento di Berlusconi:
perde quasi il 5 % e tre deputati rispetto alle precedenti europee (dove il
dato era dei due partiti pre fusione) e perde ben il 7 % rispetto ai dati
della camera di un anno fa.
Senza spendere molte parole su questa formazione ormai indiscutibilmente centrista,
si deve notare che la cura Franceschini (che del precedente segretario era
il vice) non ha portato i frutti sperati, tanto insieme al disastro delle
amministrative, ha fatto ipotizzare a qualcuno il ritorno del leader Massimo
D’alema nel tentativo di resuscitare un partito, che appare sena un
progetto e senza un’anima.
A beneficare di questo calo è Di Pietro, che con il
suo partito è il vero vincitore di questa tornata passando dal 2,1
all’8% e da 2 a 7 europarlamentari. Rispetto alle politiche ha quasi
raddoppiato (alla camera aveva ottenuto il 4,4%). Successo che ha spinto il
creatore e leader dell'Idv ad affermare che questo si candida ad essere non
solo un partito di opposizione, ma un vero e proprio partito di alternativa
con un programma e un simbolo (senza la scritta "Di Pietro") significanti
di questo nuovo corso. Vedremo!
Anche all’Udc l’Europa porta bene: aumenta sia
rispetto alle precedenti europee (pur mantenendo lo stesso numero di parlamentari
porta a Strasburgo il neo cristiano Allam) sia alle politiche di quasi un
punto. Per Casini è la prova che il bipartitismo è morto e che
il suo progetto per un nuovo partito (l’ennesimo) deve andare avanti!
Altre forze politiche sono rimaste fuori dall’europarlamento.
Una premessa: le forze politiche di cui sopra sono state le paladine dell'inserimento
della soglia di sbarramento del 4%, che ha determinato una situazione in cui
più di due milioni e mezzo di votanti si sono trovati a non avere una
rappresentanza politica in parlamento. L'intento, neanche tanto nascosto,
era quello di tenere forze più o meno alternative fuori dalla rappresentanza
istituzionale; come abbiamo gia detto altre volte, tenere fuori dalle istituzioni
delle forze politiche significa privarle di visibilità e di fondi!
La sinistra si presentava divisa: da una parte l’alleanza
tra Rifondazione, Comunisti italiani, Socialismo
2000 e una lista di consumatori; dall'altra il raggruppamento Sinistra
e libertà in cui confluivano Verdi, Sinistra
democratica, il movimento di Nichi Vendola e uno
dei tanti eredi della diaspora socialista; inoltre il Partito comunista dei
lavoratori, unica delle tre formazioni di provenienza Rifondazione a presentarsi
alle europee, anche se non in tutte le circoscrizioni. Il dato anche se con
impercettibili differenze è stato negativo.
Alla vigilia si sapeva che le prime due avrebbero avuto non pochi problemi
a raggiungere il quorum e in questo senso c’era stata anche una mobilitazione
del Manifesto per una presentazione alle elezioni in forma unitaria. Ma non
è stato possibile raggiungere un accordo.
A posteriori si può affermare che, alla luce dei risultati ottenuti
dalle due formazioni, e vista la soglia di sbarramento, le difficoltà
di comunicare con l’elettorato, gli altri due grossi competitor con
cui dovevano fare i conti, forse, in questo caso particolare, una unità
di azione non sarebbe stata così sbagliata.
Le forze di cui sopra si proponevano come alternative al Pd, alla sua sinistra,
portatrici di valori e battaglie condivise, con i propri potenziali eletti
seduti nei banche degli stessi gruppi parlamentari europei.
Il 6,5% raccolto da rifondazione-comunisti italiani (3,4) e sinistra e libertà
(3,1) avrebbero consentito di superare agevolmente la soglia di sbarramento,
di avere un maggior appeal verso elettori indecisi del pd, o verso tanti compagni
che poi hanno preferito rimanere a casa!
Forse si sarebbe compiuto un passo verso una rielaborazione della sconfitta
delle politiche e verso un nuovo e credibile progetto di sinistra alternativo
al Pd.
Forse i socialisti di Nencini non ci sarebbero stati, ma come si dice in questi
casi il gioco valeva la candela.
Il 6,5% sarebbe stato un segnale incoraggiante se consideriamo che il triste
Arcobaleno di un anno fa aveva raccolto quasi la meta dei voti.
Relativamente al Partito comunista dei lavoratori (pcl),
in questo caso il raffronto va fatto con le elezioni politiche dello scorso
anno: il consenso che il pcl riuscì ad attrarre va dai 180 (0,55%)
ai 208 mila voti (0,57) nelle due camere in tutta Italia . In questa tornata
europea ha ottenuto 166.317 voti con lo 0,54 % (fonte ministero dell’interno)
presentandosi non in tutte le circoscrizioni. Parlare di crescita anche se
in un contesto di forte astensione, come fanno i suoi dirigenti, sembra troppo
tenendo presente che movimenti vicini al pcl (come sinistra critica, che lo
scorso anno, si era presentata alle politiche, o il partito di alternativa
comunista, presente in questa tornata in alcune amministrative) non si sono
presentati e quindi il bacino elettorale del pcl poteva essere esteso agli
elettori di queste due forze politiche.
Anche in questo caso non si capisce perché non si sia proceduto ad
una presentazione unitaria delle liste che si considerano alla sinistra di
rifondazione. Sinistra Critica, il pcl e il Partito di alternativa comunista
avrebbero dovuto potuto e dovuto presentarsi insieme, perché hanno
una storia comune, un patrimonio comune e che dovrebbe misurarsi con l’elettorato
per vedere quale effettivamente sia il bacino elettorale a sinistra di rifondazione
(alle politiche si attestava intorno all’1% con due formazioni oggi
è sceso all’ 0,54).
Ma l’analisi delle sole europee non è esaustivo per la comprensione
delle dinamiche politiche italiane se si trascura di vedere più da
vicino anche i risultati delle amministrative.
In questo caso la vittoria del centro destra è ancora più netta.
Riportando i dati schematici presi dal Corriere della Sera del 10 giugno le
amministrazioni del centro sinistra erano 50 quelle del centro destra 9; ora
prima dello svolgimento dei 22 ballottaggi ed essendo state istituite 3 nuove
provincie quelle del centro sinistra al primo turno sono 14 mentre ne vanno
ben 26 al centro destra.
In Lombardia tutte le province sono al centro destra, solo Milano va al ballottaggio!
Il dato è preoccupante, se aggiungiamo che in questi casi , in numerose
alleanze del centro sinistra erano presenti sia rifondazione che il Pdci!
In queste amministrative poi si sono presentati tutti e tre i partiti alla
sinistra del prc, ma anche in questo caso i risultati sono stati modesti.
Lo stesso Pdac , sul proprio sito in una analisi del voto afferma che “…
che Alternativa Comunista, nella modestia delle sue forze (siamo tra i
pochi a non fare pericolosi giochi di fantasia coi numeri), ha partecipato
alle amministrative: per propagandare un programma rivoluzionario, per raccogliere
nuove energie militanti attorno all'unico progetto che -a fronte della crisi
storica del riformismo- appare realistico per quanto difficile e lungo: la
costruzione di quel partito comunista non riformista che ancora manca, in
Italia e in Europa”.
Anche Sinistra critica giudica in maniera realitistica la modestia dei propri
risultati laddove questo partito si è presentato. Uno dei casi senza
dubbio più interessanti era la provincia di Milano dove il candidato
sindaco Piero Maestri, era un ex consigliere provinciale che aveva lasciato
il Prc e la giunta di centro sinistra di Penati prima che a pochi mesi dalle
elezioni si giungesse ad una rottura tra il partito di Ferrero e la giunta
del presidente sceriffo. Anche qui si sono presentati ben in tre a sinistra
del pd: Rifondazione con i Comunisti italiani e una lista civica, sinistra
critica con Maestri e anche il Pcl. Anche in questa occasione ci sfuggono
i motivi per cui non si sia arrivati ad una candidatura e ad un progetto comune.
Restano i dati amari da commentare:
il prc passa al 2,31 dal 6,7 ; il pdci arriva al 1,09 ( alle precedenti aveva
il 2,6%), mentre la lista civica ha ottenuto lo 0,26 % .
Sinistra critica ottiene lo 0,4 % con 5.772 mentre il Pcl prende 5824 voti
(0,4%). Per questi due voti il dato più vicino da raffrontare è
la precedente tornata delle politiche di un anno fa dove nella provincia di
Milano (che allora comprendeva la neo- costituita Monza) prendevano entrambe
tra gli ottomila e novemila voti. Anche in questo caso sottraendo gli ipotetici
voti di Monza (il Pcl nelle provinciali brianzole ha preso circa 2700 voti,
Sinistra critica non era presente) il dato è di tenuta se non di leggera
flessione.
Secondo Maestri “il nostro elettorato "potenziale", e
parte di quello "reale" dello scorso anno, abbia ritenuto poco utile
il voto a Sinistra critica. Parlo di utilità perché alla fine
è la principale motivazione del voto per molte/i. Utilità rispetto
alla possibilità di essere eletti. Utilità elettorale, quindi:
e noi non siamo sembrati esserlo. Per questo molte/i hanno deciso di continuare
a votare Prc e dintorni, altre/i si sono astenute/i.”
In questo contesto generale ci sono state amministrazioni in cui si è
realizzata una unita più o meno totale o quasi “delle sinistre”
mi piace ricordare il comune di Casarza Ligure (in provincia di Genova) con
il 10% (lista "A Sinistra", in comune con Pcl, Prc, Pdci e sinistra
critica- fonte sito sinistra critica-)
Ma adesso la domanda drammatica di rito: Cosa fare per il futuro?
Premessa indispensabile: prima di qualsiasi progetto politico-organizzativo-istituzionale
bisogna stabilire che questo deve venire dalla base. Deve essere il corpo
militante a condividere la scelta, deve essere il corpo militante che parte
e ritorna nel territorio per realizzare quel radicamento di cui si parla quando
si perdono le elezioni. Bisogna essere nel territorio, nelle lotte presenti
in ogni città, accanto a tutti gli sfruttati di questa società
capitalistica. Bisogna essere nelle fabbriche, nelle scuole, negli uffici,
nei sindacati. Bisogna essere là dove emerge il disagio verso questa
società per intervenire sulle cause e prospettare un mondo realmente
alternativo.
Fatta questa premessa si può discutere di tutto il resto: della forma
e dei modi.
Occorre generalizzare le sollecitazioni che sono venute da Sinistra critica
per un'autocritica dei settori dirigenti di tutti i movimenti alla sinistra
del Pd. Occorrerebbe ad esempio praticare, come spesso si è detto da
queste pagine, la rotazione per evitare che determinati compagni
formino burocrazie partitiche che li allontano irrimediabilmente dalla base
dei militanti e di quelli che dovrebbero rappresentare. Basta con gli eterni
segretari e con i dirigenti buoni per ogni stagione. Dovrebbe essere motivo
di orgoglio per qualsiasi compagno quello di svolgere il compito per cui si
è stati chiamati per poi ritornare nei ranghi dopo avere istruito e
averli messi in condizione di ricoprire gli stessi incarichi in attesa di
nuove lotte e nuove sfide.
Poi pensare, in questo momento ad un unico soggetto politico, che si organizzi
in qualsiasi modo, si chiami come più è utile ma che si fissino
alcuni paletti indispensabili:
- l’alternatività al Partito democratico;
- il progetto di società alternativa a quella capitalista;
- la scelta di essere all’interno del conflitto nella società.
Fatta questa premessa tutti dovrebbero entrarci; da sinistra critica al prc,
al pdci, dal pcl a sinistra e libertà ad alternativa comunista.
Chiaramente non tutti entrerebbero perché non in molti sono disposti
a rompere con il pd, perche questo significherebbe perdere potere e poltrone
(ad esempio Vendola e, non solo, non avrebbe nessuna chances per le prossime
regionali)
Ma questo sarebbe un progetto con qualche possibilità di successo,
che indicherebbe la volontà dell’unità ma con un progetto
serio e credibile.
Sembra, invece, almeno fantasiosa l’ipotesi del manifesto e di alcuni
padri nobili (?) della sinistra che dal loro esilio discernono di una nuova
sinistra che unisca tutti dal prc ai radicali all’idv con Vendola, i
verdi e i socialisti e forse anche la sinistra (quale?) del pd.
Francamente sembra la riedizione in peggio dell’accozzaglia cha governò
con Prodi con i ben noti e tristi risultati.
La forza politica che nascerebbe dovrebbe avere la capacità di riscoprire
l’orgoglio!
L’orgoglio di essere comunisti, antagonisti, anticapitalisti, antisistema
o rivoluzionari. Ma questo orgoglio non deve essere testimoniato dal colore
di qualche bandiera o da qualche oggetto da conservare come una reliquia,
deve diventare una pratica quotidiana che ad esempio in passato di fronte
allo sbarramento elettorale voluto anche dal pd e dall’idv, avrebbe
dovuto portare i partiti della sinistra ad abbandonare tutte le giunte dove
si era in alleanza con i democratici.
La scelta per tutti di entrare in questa formazione dovrebbe portare tutti
ad evitare di nutrire vecchi rancori, smettendo di bollare tutti gli altri
di essere sempre riformisti, o centristi e di essere sempre e solo gli autentici
portatori del lume della rivoluzione.
Ultimo pensiero per convincere i marxisti rivoluzionari domatici:
Tanti anni fa un autentico rivoluzionario, che diede poi vita ad una delle
correnti più interessanti del marxismo parlò di entrismo dei
rivoluzionari nei partiti socialisti. La pratica degli anni 30 fu ripetuta
dai suoi sostenitori anche nel secondo dopoguerra.
Forse è arrivata l’ora della terzo tentativo!