Le tasse in Italia: chi le paga e quanto
Lavoratori dipendenti, imprenditori e lavoratori autonomi, pensionati. Analisi su com'è ripartita la pressione fiscale. (Di Gianpaolo Patta, da Liberazione) . Reds – Ottobre 2009.


In genere si parla del fisco in relazione al suo peso sul Pil o sul lavoro. Conoscere in maniera chiara e immediatamente comprensibile quante tasse paga ognuna delle tre grandi categorie di contribuenti: dipendenti, imprenditori-autonomi e pensionati è impresa invece molto complessa.
Uno degli aspetti principali del patto sociale e costituzionale: l'equità fiscale, è mimetizzato. Non sfugge che questo oscuramento costituisce un problema per la qualità della democrazia.

Recentemente il Ministero del Tesoro ha pubblicato per l'anno 2006 dati più dettagliati sui redditi dichiarati e sull'Irpef pagata dai dipendenti e dai pensionati. Sottraendo questa parte di Irpef dal totale di quella pagata si possono calcolare redditi e imposte degli imprenditori e autonomi. Possiamo usare quindi quell'anno, il 2006, per cercare di capire il mistero di quanto pagano lavoratori, padroni e pensionati.

Pressione fiscale e Irpef
Primo aspetto: la pressione fiscale media in relazione al Pil.
Il Pil era 1479,981 miliardi. Le imposte ammontarono a 624 mld di cui 220 mld di indirette, 213 mld dirette, 189 mld di contributi effettivi e figurativi e 0,2 mld in conto capitale. Le imposte pesavano quindi per il 42,1 % del Pil.
Qui cominciano i problemi, perché nel Pil l'Istat calcola una quota di economia sommersa che nel 2006 stimava in 250 miliardi.
Il Pil dell'economia legale, quella su cui si pagano le tasse dirette e i contributi, diventa 1230 miliardi e la pressione fiscale cresce al 50,7%. Una pressione fiscale di livello nord europeo (senza i benefici del sistema sociale svedese o danese). Nei confronti internazionali questo dato è importante perché l'Italia ha il primato del lavoro in nero e questo significa una pressione fiscale maggiore sulle persone che pagano rispetto a quella di altri Paesi.

Secondo aspetto: per calcolare quanto pagano i tre gruppi sociali presi in considerazione occorre ricordare che le imposte dirette non si pagano solo sui redditi da pensione o generati nella produzione ma sul complesso dei redditi individuali (terreni, immobili, pensioni di varia natura, interessi, lavoro dipendente o autonomo, ecc…).
I redditi generati nella produzione secondo l'Istat nel 2006, compreso sempre il nero, ammontavano a 608 miliardi di redditi da lavoro dipendente, 293 miliardi da lavoro autonomo e 102 miliardi da capitale (soprattutto dividendi e interessi). Secondo i dati desunti dalle dichiarazioni fiscali, invece, i redditi da lavoro indipendente erano solo 110 miliardi. Incrociando le valutazioni dell'Istat con le dichiarazioni emerge un "nero" del 10% nelle dichiarazioni dei dipendenti (sempre fatte dai loro datori di lavoro) e il dato che il reddito attribuito dall'Istat a piccoli padroni, quelli che occupano fino a 5 dipendenti, o autonomi era il 266% del reddito da questi effettivamente dichiarato al fisco (cioè due volte e mezzo).

Passando dai redditi primari generati dalla produzione a tutti i redditi che ogni contribuente è tenuto a dichiarare (a parte 14,2 milioni di lavoratori dipendenti e pensionati che vivono esclusivamente dei redditi da pensione e da lavoro):
- i redditi complessivi ai fini Irpef sono stati circa 741 miliardi, di questi 422 mld sono stati dichiarati dai contribuenti con un reddito prevalente da lavoro dipendente, 246 mld da quelli con reddito prevalente da pensione e 72 mld da quelli per i quali prevale una attività economica. Pensionati e lavoratori dipendenti dichiarano il 91,5% dei redditi complessivi ai fini Irpef!
-l'Irpef netta ammontava a 146 mld, comprese le addizionali comunali e regionali. I lavoratori dipendenti ne hanno pagati 88,5, i pensionati 44,5. Per differenza dal totale deduciamo che appena 13 mld sono stati pagati dagli indipendenti. Prima conclusione: l'Irpef è pagata per il 60,6% dai dipendenti, per il 30,4% dai pensionati e per il 9% da imprenditori e autonomi.

A proposito di contributi
Affrontiamo ora un altro grande capitolo: i contributi; dei quali, per inciso, ritengo sbagliata l'omologazione alle tasse, in quanto li considero una forma di ripartizione solidaristica dei redditi tra generazioni o se preferiamo la forma di risparmio più conveniente tra quelle offerte dal mercato.
Considerato che sono comunque inclusi nelle imposte, è interessante notare che (basandoci ancora sui dati Istat relativi al 2006) i contributi sociali ammontavano a 189 mld, di cui 165 mld (87,3%) versati dai lavoratori dipendenti e 23 mld (12,1%) dagli indipendenti. Gli indipendenti versano 3 punti percentuali in più rispetto all'Irpef perché ai soli fini contributivi sono definiti per decreto dei redditi annuali minimi per ogni categoria sociale e quindi è obbligatorio, ai fini del riconoscimento, un versamento minimo per ogni giornata lavorativa.
La somma del gettito di Irpef e contributi è 344 mld. I lavoratori dipendenti hanno pagato 263,5 mld (76,5%), gli indipendenti 36 mld (10,4%) e i pensionati (che ovviamente non versano contributi) hanno pagato solo l'Irpef e quindi 44,5 mld (12,9%).

Le imposte indirette, invece...
Di difficile attribuzione alle categorie sociali considerate la rispettiva quota di imposte indirette.
Quelle sui prodotti, (escludendo quindi Ici, Irap e imposta sul registro, ecc...) ammontavano sempre nell'anno preso in esame, il 2006, a circa 160 miliardi.

Per calcolare la parte attribuibile a ciascuno dei tre gruppi sociali, occorre valutare la quantità dei loro consumi effettivi sulla base dei redditi reali netti e non del solo dichiarato, meno la quota di reddito risparmiata. Qui vengono in aiuto i dati che Banca d'Italia pubblica nell'indagine sulla ricchezza delle famiglie italiane, che sono il vero attore della spesa. Possiamo stabilirne una distribuzione proporzionale al reddito percepito dalle diverse categorie sociali, anche se tutti convengono che gli autonomi hanno una maggiore capacità di risparmio (37% dei redditi secondo Banca d'Italia, contro il 20 dei pensionati e il 25 dei dipendenti) e che gli indipendenti scaricano parte dell'Iva.

Secondo questa indagine i 10,8 milioni di famiglie con a capo un lavoratore dipendente nel 2006 hanno consumato 275,7 mld, i 9,23 milioni di famiglie con a capo un pensionato o ritirato dal lavoro 179 mld e i 2,8 milioni di famiglie con a capo un imprenditore o un autonomo 86 mld. Proporzionalmente a questa suddivisione dei consumi, soprassedendo sul fatto che gli autonomi non pagano una parte dell'Iva (auto, attrezzature, ecc.), si può stimare che le imposte siano così distribuite: lavoratori dipendenti 81,6 mld, pensionati 52,8 mld, imprenditori e autonomi 25,6 miliardi.

Tirando un po' le somme
A questo punto possiamo calcolare la reale pressione fiscale e contributiva sulle persone fisiche. Sul dichiarato: prelievo complessivo (Irpef, contributi e imposte indirette): lavoratori dipendenti 345 mld; pensionati 97,3; indipendenti 61,6 mld.
Eppure gli indipendenti secondo Banca d'Italia possedevano nel 2006 un reddito familiare superiore del 44% a quello dei dipendenti, un reddito individuale superiore del 48%, una ricchezza mediana superiore del 79% (quella finanziaria superiore del 200%). Il 22% degli indipendenti possiede patrimoni di oltre 500 mila euro contro il 7,4% dei dipendenti (quasi tutti dirigenti). E si potrebbe continuare.
Le restanti principali imposte sono l'Ires, l'Irap, l'Ici, le tasse sostitutive su dividendi e interessi. L'Ires insiste sulle società di capitali e non sulle persone fisiche, l'Irap origina, e corrisponde come gettito, ai contributi sanitari - principalmente dei lavoratori dipendenti e fino al 1996 valutati come prelievo sui loro redditi - trasformati con destrezza in imposta indiretta. Le imposte sostitutive sul capitale (dividendi, interessi, ecc...) sono prevalentemente tasse sui conti correnti (tassati al 27%) che posseggono l'89% delle famiglie e sugli interessi del debito pubblico che (tolto l'80% di essi in possesso di soggetti esteri e di banche) sono prevalentemente in possesso di pensionati e dipendenti. L'Ici nel 2006 era pagata anche sulla prima casa e quindi incideva su tutte le categorie sociali.

In conclusione: lavoratori e pensionati pagano circa il 90% delle tasse. Secondo l'Istat i redditi da lavoro dipendente lordi erano invece solo il 60% dei redditi primari e il margine operativo netto, cioè l'altro reddito primario da cui originano tutti i redditi da capitale (gli interessi, le rendite, i dividendi e gli utili) era il 40% dei redditi primari. Con una tassazione meramente proporzionale il gettito dovrebbe rispecchiare queste proporzioni. In osservanza del dettato Costituzionale che invece prevede la progressività, i redditi da capitale dovrebbero pagare oltre il 50% delle imposte essendo questi redditi concentrati nel 12,3% delle famiglie.

In Italia quindi lavoratori e pensionati mantegono la vita sociale e pubblica del Paese e non riescono a risparmiare e spesso si indebitano. L'altra classe sociale lucra i benefici pubblici e intanto accumula patrimoni. Patrimoni che non sono neanche tassati.

Gli operai che votano Lega perché pensano che le loro tasse vadano a Roma non si accorgono che i soldi che Roma ruba dalle loro tasche li mette in quelle di padroni e padroncini. Converrà che tornino a chiedersi chi mangia alle loro spalle (sia nato sopra o sotto il Po poco cambia).
Uscendo dalle medie che oscurano i reali rapporti di classe, la pressione fiscale sui redditi dei dipendenti, compresa la parte in nero, è del 56,7%, quella sugli imprenditori del 15,4%. Meditate, gente, meditate.