Berlusconi
e la bancarotta del liberalismo
Una sintetica riflessione sull’attuale
fase politica, caratterizzata da un imbarbarimento del dibattito dentro e
fuori la maggioranza governativa, un arretramento ulteriore sul piano etico;
il tutto dentro un declino della leadership di Berlusoni (di Giovanni Russo
Spena). Reds – Luglio 2010
“Socialismo
o barbarie”, scrisse Rosa Luxemburg, indicando militarismo ed espansione
imperialista come campi interni ai processi di valorizzazione del capitale.
Credo che l’evocazione luxemburghiana possa essere da noi tradotta,
molto più modestamente, come «necessità dell’alternativa
o putrescenza» della nostra stessa formazione sociale di fronte ad
un tornante storico importante e torbido, segnato dal rapido decomporsi
e declinare dell’impero berlusconiano; i cui colpi di coda saranno
ceramente velenosissimi e pericolosissimi soprattutto per il lavoro e per
la Costituzione, al di là degli esiti temporali della compagine governativa.
Più che mai ora vanno respinte le sirene suadenti, le trappole delle
«unità nazionali e delle larghe intese», dietro le quali
emergono le logiche mercantili della Marcegaglia ed il fascismo aziendale
di Marchionne (ha ragione Cremaschi). E’ tempo, più che mai,
di una densa criticità anticapitalista; non massimalista o parolaia,
ma molto netta, radicale, senza vuote affabulazioni populiste. Declina,
infatti, forse con tempi troppo lenti e tentazioni di stampo fascistico,
un sistema di potere che ha mutilato la stessa tenuta democratica del Paese,
mettendone allo scoperto, come in una impietosa narrazione antropologica,
un conservatorismo storicamente non rielaborato.
La caduta della Prima Repubblica, di cui non siamo nostalgici, ma in cui
comunque sopravviveva il dibattito politico basato su partiti di massa,
ha condotto all’autorappresentazione, nel governo del Paese, dei poteri
finanziari e confindustriali e alla «democrazia governante»
(contrapposta alla democrazia organizzata e conflittuale dell’impianto
costituzionale), voluta anche da tanta parte del centrosinistra che ha aperto
la strada al tentativo presidenzialista di Berlusconi ed allo svuotamento
del parlamento e delle assemblee elettive. Diciamo a Veltroni e a tanti
altri che insistere nell’errore del maggioritario bipolare è
solo una coazione a ripetere, un suicidio per la sinistra. E non dimentichiamo
il ruolo politico dell’intreccio inestricabile tra economia legale
ed illegale che è, oggi, finalmente, sulle prime pagine dei giornali.
Il berlusconismo nasce così, riciclando il denaro sporco delle mafie
e costruendo un nuovo saldo equilibrio politico con la borghesia mafiosa.
A cui egli ha saputo sommare l’etnocentrismo leghista ed il razzismo
istituzionale. Ciò ha prodotto la trasformazione, in tanta parte
del proletariato, della coscienza di classe in coscienza di luogo, in ricerca
del “capro espiatorio” nel migrante.
Oggi, di questo sistema di potere, sovversivo rispetto alla stessa legalità
liberale, Berlusconi, che ne è stato costruttore, è anche
ostaggio, un animale ferito, impazzito e, quindi, feroce. Il nostro uomo
mugugna, blandisce, minaccia, si dibatte pericolosamente contro il lavoro,
lo stato sociale, la Costituzione. Ma il suo declino, al di là dei
tempi del governo, è segnato, perché non è solo personale;
esso allude alla bancarotta del liberalismo. Un liberalismo che è
stato declinato come un insieme perverso ed indistinto di licenze e di impunità.
Licenze e impunità che coincidono con la negazione della trasparenza,
della iniziativa politica aperta, dei diritti universali, del sistema delle
garanzie. Viene negata la libertà come paradigma fondativo del contratto
sociale, dello spirito laico e repubblicano.
Berlusconi si dice continuamente promotore di libertà; ma, in realtà,
in un rovesciamento del punto di vista, la sua libertà è libertà
di sfruttamento, di delinquere, di essere mafioso senza essere intercettato.
Per un paradosso, libertà significa, per lui, il suo contrario e
cioè “segreto”: segreto di Stato, segreto istituzionale,
segreto nel ricollegare poteri economici attraverso il cemento di nuove
logge massoniche. Libertà diventa costruzione di un reticolo diffuso
di sovversivismo antirepubblicano.
Maroni e Tremonti fanno finta di non capire e il Partito Democratico non
ha compreso che siamo ben oltre i vecchi rapporti fra mafia e politica perché
le mafie sono all’interno del processo contemporaneo di accumulazione
capitalistica e ispirano, nello stesso tempo, il meccanismo della cosiddetta
“antipolitica” berlusconiana.
Sconfiggere, dunque, questo sistema di potere è il fine politico
attuale. Questo è il livello alto della sfida oggi; bisogna esserne
coscienti. Restare ingabbiati nelle retoriche giaculatorie del nostro spaesamento,
continuando a piangerci addosso, ci fa apparire più simili ai protagonisti
del “deserto dei Tartari” che a critici radicali di un sistema
di potere che è entrato in crisi e che vogliamo sovvertire. E’
l’analisi della realtà che ci spinge a riprende l’iniziativa:
Pomigliano, Melfi, l’acqua bene comune, le lotte dei precari, dei
senza casa, dei terremotati, degli insegnanti: costruire i nessi del nuovo
blocco sociale è il bandolo della matassa.