Dopo le amministrative 2011:Vendola ci prova.
In un'intervista al Corriere della Sera Vendola dice esplicitamente qual'è il suo progetto staregico: "anch'io voglio allargare all'Udc e so che il vecchio welfare non regge ". La reazione di Fava di Sel e un commento di un nostro collaboratore (Domenico Castrovinci del Prc). Reds – Giugno 2011.


L'intervista al Corriere del 8 giugno 2011
Vendola, che insegnamento dovrebbe trarre il centrosinistra dal voto?
«Alle Amministrative ha vinto una spinta anti-oligarchica, che si era già affacciata nello straordinario processo democratico delle primarie e ha restituito vitalità e anima alla proposta politica del centrosinistra. E ha perso il politicismo che domina soprattutto nei palazzi».

A che cosa si riferisce?
«A quei ragionamenti astratti sulle formule magiche della vittoria: si vince al centro, il moderatismo è la chiave di volta, ecc. Ciascuno di noi dovrebbe cimentarsi con il futuro invece che con il passato. Lo dico con affetto ai leader del Pd: c'è qualcosa di stantio, c'è puzza di naftalina nell'uso disinvolto delle etichette ideologiche con cui reciprocamente ci chiamiamo... Radicale, riformista, moderato... Rompiamo con il retaggio delle nostre biografie e mettiamoci tutti quanti in mare aperto, a guardare la scena nuova della politica perché c'è una scena nuova della società».

Vendola, pare di capire che lei stia prefigurando la nascita di nuova sinistra tutta unita.
«Io non ho ricette già pronte, però dico con umiltà ai miei compagni, a quelli del Pd, e a tutti gli alleati: prendiamo il coraggio di affrontare l'inadeguatezza della forma partito, andiamo in campo aperto. E questo vale per tutti, a cominciare dal mio movimento, Sel: al congresso fondativo abbiamo detto che il nostro obiettivo non era tanto far nascere un partito quanto riaprire una partita. Noi non dobbiamo recuperare lo spazio residuo che fu della sinistra radicale. Sarebbe come scrivere vecchi copioni: il nostro compito invece è quello di rimescolare le carte insieme a tanti altri e altre».

Ma crede veramente che Bersani e il Pd accetteranno la sua proposta?

«Nel Pd si è aperta una discussione molto interessante. Bettini propone la creazione di un nuovo soggetto unitario. Latorre invita noi e il Pd a essere i cofondatori di un nuovo partito. Il presidente della Toscana Rossi ipotizza una lista unitaria di Sel, Idv e Pd. Sono tutti ragionamenti incoraggianti. Finalmente c'è un'altra idea della politica. Nel cantiere dell'alternativa non distribuiamo le magliette con i colori delle squadre, ma apriamo piuttosto le porte anche a tanti altri che non vengono dai partiti e che portano, competenze, esperienze di vita, ricchezza di cultura. E in quel cantiere, insieme agli altri, proviamo a farci le domande giuste e a darci le risposte giuste: non è forse questo il programma dell'alternativa?».

Insomma, secondo lei il Pd, Sel, i partiti del centrosinistra sono pronti sul serio a compiere questo passo.
«Perché no? È accaduto che parte rilevante della cultura riformista italiana e del Pd, che aveva militato nella trincea dell'energia nucleare, abbia rapidamente ripiegato le proprie bandiere, è accaduta la stessa cosa sul tema dell'acqua di cui molti propugnavano la privatizzazione. E non voglio fare un discorso provocatorio: anche la sinistra radicale deve accorgersi, per esempio, che non si può tenere in piedi il vecchio welfare. Oggi siamo tutti quanti chiamati a metterci in gioco».

Intanto nei palazzi c'è chi prepara una riforma elettorale che possa piacere anche al terzo polo...
«Non ho difficoltà a discutere le regole del gioco con tutti, però evitiamo di incartarci».

E le primarie? Bisogna accelerare, secondo lei?
«Dovremmo concepirle come il catalizzatore di una formidabile mobilitazione delle idee, sapendo che chi le vince ha come compito primario (se posso usare questo bisticcio di parole) quello dell'allargamento della coalizione».

Ma potrebbe mai svolgere questo compito lei, il leader di Sel?
«Io nella mia modesta esperienza ho governato facendo dell'ascolto della proposta dei centristi un mio dover essere quotidiano e oggi ho un rapporto molto buono con l'Udc nel Consiglio regionale della Puglia. Faccio un altro esempio: Pisapia che chiede a Tabacci di entrare in giunta. Mi pare emblematico del fatto che se si libera il campo da argomenti speciosi e pregiudiziali possiamo tutti impegnarci per lo stesso obiettivo».

Vendola, per caso vuole rubare il mestiere a D'Alema e allargare lei all'Udc?
«Non mi permetto di rubare il mestiere. Dico solo che mi sento in gioco e spero che tutti quanti si sentano in gioco... alla pari».

La reazione di Claudio Fava riportata sul sito di Sel
L’intervista di Nichi Vendola al Corriere della Sera propone un punto di partenza sostanziale e assolutamente condiviso (“mettersi tutti in gioco…”) ma suggerisce un cambio sostanziale di rotta sul quale sarà bene discutere tra noi, a cominciare dall’assemblea nazionale del 18 giugno.

Il primo punto è la retrocessione di SEL a un “movimento”, se la giornalista riporta correttamente le parole di Nichi. Nel nostro congresso fondativo di ottobre (fondativo di un nuovo partito) abbiamo spiegato che la forma partito, così come ci viene consegnata dalle esperienze del secolo scorso, ci appare oggi inadeguata e insufficiente.
Va ripensata, migliorata, superata in avanti. Ma chiudere SEL nell’astrattezza di un movimento è una soluzione riduttiva.
Vogliamo sperimentare forme nuove di organizzazione, di partecipazione, di democrazia – ci siamo detti a Firenze – lavorando alla costruzione di un partito che non sia il nostro punto di arrivo. Dev’essere uno strumento, una comunità aperta alla vita reale, insomma il lievito per costruire, con altre forze, con altre storie, un’alternativa nel paese.
Derubricare SEL a movimento, rinunciando anche a sperimentare il suo potenziale di innovazione politica, non è il cammino che ci eravamo dati.

Il secondo punto, più di merito, riguarda la prospettiva indicata da Nichi e riassunta nel titolo dell’articolo: noi e il PD in un nuovo soggetto. Non mi sembra questa la nostra ambizione.
Superare i vecchi soggetti politici del centrosinistra in un cantiere che apra, in Italia e altrove, a una cultura e a una pratica politica di segno radicalmente nuovo è cosa ben diversa dalla fusione fredda tra noi e il partito di Bersani. Fondersi al PD oggi significa solo aggiungere una corrente di sinistra, organizzata e legittimata, al patchwork irrisolto che è stata fino ad ora l’esperienza dei Democratici. Peraltro in questi tre anni i risultati elettorali e politici hanno bocciato senza rimedio l’idea veltroniana di un partito a vocazione maggioritaria e onnivora. Noi e il PD insieme, anche se con un nome nuovo di zecca e quadri dirigenti rinnovati, saremmo figli di quella proposta. Sbagliata ieri e oggi.

Mescolare non vuol dire accorpare. Vuol dire costruire a sinistra un campo nuovo di forze che vadano bel oltre l’esperienza del PD e di SEL. Vuol dire ripensare un principio di rappresentanza che oggi è irrisolto (chi rappresenta davvero, nelle istituzioni, gli operai di Mirafiori? I precari delle università? Il ceto medio impoverito e arrabbiato?).
E’ un processo che non permette accelerazioni né semplificazioni, altrimenti si riproducono gli stessi errori che i Ds e la Margherita consumarono fondando insieme il PD.
Non me ne vogliano Bettini e La Torre: il big bang non si annuncia girando un interruttore ma fabbricandone le condizioni culturali e politiche fuori dai nostri partiti ancor prima che nei nostri gruppi dirigenti. Ed essere noi e il PD cofondatori di un nuovo soggetto politico sarebbe oggi un’operazione tutta dentro il perimetro della politica più tradizionale.
Non è questa la nostra ambizione e non credo che sia questo il senso vero delle parole di Nichi, ma su questi passaggi, sdrucciolevoli se lasciati alle libere interpretazioni, è bene discutere senza l’ansia di arrivare ai titoli di coda della nostra storia. Siamo nati otto mesi fa: un po’ di strada a piedi, prima di archiviare SEL, vale ancora la pena farla.

Il nostro commento
Dopo le elezioni amministrative vi sono stati diversi pronunciamenti da parte di esponenti e partiti del centro sinistra e della sinistra. In attesa dei 4 referendum, che speriamo raggiungano il quorum (e il cui esito indurrà ulteriore elementi di riflessione), ci sembra utile fare alcune considerazioni. A partire dall’intervista di Vendola al Corriere della Sera dell’8 giugno che evidenzia una difficoltà di Sel.

Prima di farlo però vorrei parlare rapidamente del Pd e dell’ Idv per inquadrare meglio il ragionamento.
Il Partito Democratico, in particolare il suo leader Bersani, esce rafforzato da questa tornata amministrativa.
Più di tanti commenti vale l’esito della direzione del Pd tenutasi nei giorni scorsi che ha approvato all’unanimità la relazione del segretario.
E’ vero che analizzando attentamente il voto il risultato del Pd è buono soprattutto al Nord e negativo al Sud, così come è vero che a Milano, Napoli e Cagliari hanno vinto candidati diversi da quelli che il Pd aveva proposto. Tuttavia il Pd – nel campo del centro sinistra – si conferma come la forza di gran lunga maggioritaria e centrale. Il risultato inferiore alle aspettative sia del Terzo Polo sia dei due principali alleati del Pd (Idv e Sel) consegna una forza contrattuale ancora maggiore al Pd di Bersani.

L’Italia dei Valori non ottiene un buon risultato, cala ovunque.
Si tratta di una sonora sconfitta per Di Pietro che, tra l’altro, ha goduto di un’ampia esposizione mediatica in campagna elettorale. La vittoria di De Magistris a Napoli è stata “venduta” dal leader dell’Idv come un grande successo del suo partito. La realtà è un’altra. Il nuovo sindaco di Napoli all’ultimo congresso dell’Idv è stato l’antagonista di Di Pietro stesso. D’altra parte basta ascoltare Donadi – capogruppo alla Camera – e De Magistris, per capire che vi sono due linee politiche molto diverse tra di loro. Inoltre l’ex magistrato napoletano, con questo clamoroso successo, aumenta notevolmente la propria forza nel partito.
Il fatto che Di Pietro si sia affrettato a dire che alle primarie sosterrà Bersani indica due cose: la prima è che Di Pietro, al contario di quanto aveva detto in passato, non si candiderà (evidentemente teme un insuccesso), la seconda è che tra il Pd e Sel Di Pietro si affretta a scegliere il Pd come interlocutore preferenziale. Facendo ciò cerca di anticipare un possibile asse alternativo De Magistris – Sinistra.

Sel ottiene un buon risultato: tra il quattro e il cinque per cento. Elegge a sindaco il suo candidato alle primarie a Milano e a Cagliari. Tuttavia, soprattutto per i sondaggi che circolavano e per la enorme esposizione mediatica, il risultato che Vendola pensava di conseguire era più alto. Con un Pd rafforzato e un risultato di Sel inferiore alle aspettative, con un risultato non irrilevante della Fds e le primarie lontane nel tempo, la proposta politica del governatore pugliese è entrata in affanno. Questo traspare dall’intervista rilasciata al Corriere della Sera.
I motivi di questa difficoltà mi sembrano i seguenti. La linea perseguita da Vendola è stata quella di cercare di creare una nuova forza della sinistra. Questo progetto per concretizzarsi avrebbe bisogno di due elementi: la spaccatura del Pd e le primarie. Primarie che, attraverso la popolarità di Vendola, dovrebbero servire come grimaldello per provocare il “big bang” necessario per realizzare l’impresa.
Il problema è che il Pd non pare alla vigilia di una spaccatura e le primarie, allontanandosi nel tempo, se si terranno, rischiano di tenersi con una accresciuta forza sia politica sia di immagine di Bersani e, viceversa, con una forza diminuita del leader Sel e anche con un suo calo di immagine
Mi pare quindi che Sel anziché trovarsi di fronte alla strada della costruzione di una grande forza di sinistra, si trovi di fronte ad un bivio ben più modesto. Entrare nel Pd e – anche attraverso la popolarità di Vendola – unirsi alle componenti di sinistra interne per ricostruire una specie di correntone puntando a spostare l’asse del Pd un po’ più a sinistra (impresa fallita in questi venti anni dalla Bolognina da parte di tutti quelli che ci hanno provato).
Oppure, come mi pare sostenga Claudio Fava, rafforzare Sel e costruire un partito di sinistra, interno al centro sinistra.
Seguiremo con interesse e attenzione questo dibattito.

In questo contesto di difficoltà, si aprono importanti opportunità per un rilancio della Federazione della Sinistra. E' urgente, per questo nuovo soggetto politico, definire la sua identità, più di quanto non abbia fatto fin'ora. Essere un cartello elettorale o un ambito reale dove le varie forze politiche che la compongono possono portare le rispettive culture in un confronto fecondo? C'è chi sostiene l'inutilità del proseguire a coltivare piccoli orticelli, per passare invece al momento della generosità. Pensare e lavorare per una maggiore apertura a tutti quei soggetti che possono essere interessati alla costruzione di un'alternativa di società. Sicuramente occorre entrare nel merito dei contenuti programmatici che possono caratterizzare l'intervento politico, specie in questa fase in cui è incombente una manovra economica di 40 miliardi.
Ci sono sicuramente tutte le condizioni affinchè i militanti possano rimettersi in gioco, anche oltre i vecchi soggetti politici.

Domenico Castrovinci