Il
Mattarellum non è migliore del Porcellum
L'iniziativa
referendaria volta ad abolire la legge elettorale non è utile a ridare
un volto democratico alle prossime votazioni. Solo il proporzionale può
essere uno strumento reale per dare rappresentanza a tutti i settori di popolo.
(di Gianluigi Pegolo - da Liberazione del 3 settembre 2011). Reds –settembre
2011.
L’iniziativa referendaria, tesa a modificare l’attuale legge
elettorale, promossa inizialmente dal settore veltroniano del Pd e oggi
sostenuta anche da altri esponenti di quel partito fra cui Prodi, oltre
che da Sel e dall’IdV, è non solo discutibile dal punto di
vista tecnico-giuridico, ma rappresenta una scelta regressiva compiuta in
nome d’interessi di parte che non porta alcun contributo positivo
per correggere le storture e le iniquità dell’attuale sistema
elettorale.
Com’è noto, attraverso i quesiti referendari depositati, si
punta a sostituire l’attuale sistema elettorale (il cosiddetto “Porcellum”)
con il vecchio “Mattarellum”. In sostanza, al posto dell’attuale
maggioritario di coalizione con un premio di maggioranza al 55%, si punta
a ripristinare il sistema che prevedeva che il 75% dei seggi fossero attribuiti
attraverso il maggioritario uninominale a turno unico, ripartendo il restante
25% secondo un criterio proporzionale fra le liste che avessero raccolto
almeno il 4% dei voti.
L’argomento utilizzato dai promotori dell’iniziativa è
che questo referendum costringerebbe il Parlamento a modificare la legge
elettorale attualmente in vigore.
La prima obiezione che si può fare è che se questo è
l’intento, lo strumento utilizzato presenta limiti evidenti dal punto
di vista del rispetto della giurisprudenza della Corte costituzionale in
materia di referendum, giacché presuppone che la soppressione dell’attuale
legge elettorale implichi l’automatico ripristino di quella precedente,
incorrendo così nel rischio concreto che i quesiti referendari non
siano accolti. E’ però del tutto evidente che dietro a simili
argomenti si cela in realtà un disegno teso alla ridefinizione delle
regole elettorali al fine di determinare una modifica, oltre che degli equilibri
politici, della natura stessa del sistema istituzionale.
Vale allora la pena di entrare nel merito delle differenze e delle analogie
dei due sistemi elettorali, considerando preliminarmente il “Porcellum”.
L’attuale sistema elettorale è sicuramente aberrante, basti
considerare che una coalizione con una maggioranza relativa può,
anche con un solo voto di scarto rispetto a un’altra, accaparrarsi
la maggioranza del 55% dei seggi parlamentari. Il vulnus al principio democratico
è evidentissimo giacché in tal modo si stravolge completamente
il reale peso elettorale degli schieramenti. Peraltro, è con questo
sistema che il centro-destra con una semplice maggioranza relativa ha potuto
governare finora indisturbato.
Va anche detto che questa abnormità dal punto di vista politico-istituzionale
non ha suscitato particolare indignazione nel centro-sinistra almeno fino
alla sconfitta del 2008.
Più frequentemente, invece, la critica si è incentrata sulla
scarsa garanzia di stabilità che questo sistema offre in virtù
del fatto che i diversi meccanismi previsti per Camera e Senato rendono
incerta la conquista di una maggioranza omogenea nei due rami del Parlamento.
O, ancora, sull’utilizzo delle liste bloccate che privano il cittadino
elettore della possibilità di influire sulla designazione degli eletti.
Che questo sistema debba essere cambiato è quindi necessario, ma
l’iniziativa referendaria in corso propone una soluzione altrettanto
disastrosa.
In primo luogo, il “Mattarellum” non risolve il problema della
governabilità, come vorrebbero i sostenitori del referendum. È
sufficiente, infatti, che si presentino tre poli, anziché due, e
non è più scontato l’ottenimento della maggioranza assoluta
dei parlamentari da parte di una coalizione.
Ma veniamo alle questioni più rilevanti. La prima è che questo
sistema, come l’altro, resta maggioritario e che quindi stravolge
il principio democratico della rappresentanza. Quel 25% di proporzionale,
oltretutto vincolato al superamento del 4%, addolcisce appena la durezza
di un meccanismo che resta feroce nei confronti delle minoranze che non
si accodano ai principali schieramenti.
Ma non si tratta solo di questo.
Come nel caso del “Porcellum”, il “Mattarellum”
promuove la trasformazione in senso bipolare del sistema politico istituzionale
costringendo agli apparentamenti forzosi. In questo modo alimenta il trasformismo
costringendo ad alleanze innaturali senza per questo superare la frammentazione
politica, che puntualmente e spesso in modo ancora più esasperato
si riproduce all’indomani del voto. Peraltro, l’essere il sistema
imperniato sui collegi uninominali non solo consente forti rendite di posizione
a formazioni con base localistica, ma alimenta il proliferare di un notabilato
locale che agisce come elemento di ulteriore dissolvenza dei partiti, accentuandone
la trasformazione nel senso di federazioni di comitati elettorali.
L’alternativa proposta non si annuncia quindi migliore del sistema
in vigore; essa è invece funzionale al disegno politico di alcune
forze che sperano dalla sua introduzione di trarne vantaggi. Ciò
vale per i settori del Pd che con più convinzione assumono il modello
bipolare e il superamento del sistema tradizionale dei partiti, ma non è
un caso che si stia allargando nel Pd l’area delle adesioni, al punto
che è incerto se alla fine l’intero gruppo dirigente appoggerà
la proposta. La cosa non stupisce più di tanto se si considera che
la proposta di legge elettorale all’“ungherese” presentata
qualche tempo fa dal Pd non si differenzia molto dal “Mattarellum”,
se si esclude l’utilizzo del doppio turno nella competizione nei collegi
e l’introduzione di un piccolissimo diritto di tribuna.
Ma la ricerca del vantaggio particolare è anche la motivazione di
forze come Sel che spera in tal modo di acquisire definitivamente le primarie
di coalizione, essenziali per giovarsi del ruolo trainante del suo leader.
Operazione che dimostra una notevole disinvoltura sul piano politico, considerando
il fatto che questa formazione politica ha sempre rivendicato (almeno a
parole) la propria fedeltà al proporzionale. A quel proporzionale
che costituisce - io credo - l’unico modello sostenibile e non solo
perché strettamente connesso all’ispirazione della nostra Costituzione,
non solo perché più democratico, ma anche più credibile,
alla luce dei fallimenti conclamati delle avventure maggioritarie che dagli
inizi degli anni ’90 si sono susseguite.
E’ per queste ragioni che i quesiti referendari proposti da Passigli
e sostenuti da autorevoli costituzionalisti, a suo tempo presentati, che
avevano l’obiettivo di ripristinare nel paese un sistema elettorale
proporzionale, erano l’unica risposta credibile alla crisi delle istituzioni
e del sistema politico. L’errore commesso da Passigli che, cedendo
alle pressioni provenienti dal Pd, ha fatto naufragare l’iniziativa,
è ora ancora più evidente nel momento in cui le componenti
maggioritarie del suo stesso partito sono passate all’offensiva. Anche
per questa ragione è bene che la battaglia per il proporzionale resti
in campo e che si ricostruisca un fronte a suo sostegno.