Movimento
5 Stelle: cerchiamo di capire
Le
amministrative l'hanno confermato. Il sistema della Seconda repubblica è
in dissoluzione. L'astensionismo dà la misura del divario tra istituzioni
e cittadini e, stando ai dati, il Movimento 5 stelle è quello che meglio
interpreta questa crisi del quadro politico. (di Tonino Bucci). Reds –
Giugno 2012.
La
crisi del sistema politico e l'analogia col '92-'93
Nel '92 entrava in crisi la Prima Repubblica.
Da lì a un paio d'anni più tardi non sarebbe rimasto in piedi
neppure uno dei partiti che avevano segnato la vita pubblica del paese dal
dopoguerra in poi. Scompaiono la Dc e il Psi, il Pci si è sciolto
nel Pds, l'Msi cambia nome e diventa An.
Il settanta per cento dei professionisti della politica, tutti uomini di
potere navigati, ne vengono estromessi. Nel primo anno della legislatura
iniziata nel '92 le richieste di autorizzazione a procedere contro parlamentari
ammontano a ben 540. Nuove forze politiche faranno irruzione sulla scena,
partiti con caratteristiche che sino ad allora non si erano mai viste. Le
principali novità si registrano nella destra, più attenta
a cogliere nell'aria il passaggio di egemonia che si sta consumando. È
strabiliante il boom elettorale della Lega Nord, che alle politiche del
'92 ottiene il 23 per cento in Lombardia, il 18 per cento in Veneto, il
15 per cento in Piemonte. Un partito a base territoriale, in grado di esprimere
istanze materiali (la piccola impresa, la provincia produttiva), in sintonia
con un certo senso comune xenofobo e razzista, con una identità fortemente
incentrata sul localismo. E poi Forza Italia, il partito di plastica, il
partito-azienda di un imprenditore self made man che coniuga egoismo proprietario
e strategia comunicativa. Diventerà in breve il referente di poteri
vecchi e nuovi. La Seconda repubblica nasce con il baricentro in due nuovi
partiti che con quelli precedenti, quelli che avevano scritto la Costituzione,
non hanno più nulla in comune. Ad essi si aggiungerà An, erede
del vecchio Msi nato e cresciuto fuori dell'arco costituzionale. Anche oggi,
come nel '92-'93, il sistema politico italiano si sta disarticolando. Gli
schieramenti che hanno caratterizzato la Seconda Repubblica sono in via
di scomposizione e, al loro interno, i partiti che fino a pochi mesi fa
erano i protagonisti della scena, oggi perdono quota. I casi più
eclatanti riguardano il centrodestra: alle amministrative sia il Pdl sia
la Lega hanno subìto un tracollo. Ma c'è di più. Hanno
perso di significato anche gli schemi e le linee di frattura che agivano
nella Seconda repubblica. Oggi, per esempio, non ha più senso parlare
di competizione tra berlusconismo e antiberlusconismo e persino il bipolarismo
maggioritario che ha governato l'Italia per vent'anni è in fase di
declino. Si intravedono, invece, altre frontiere possibili di antagonismo
nello spazio della politica: quella tra i partiti che sostengono il governo
Monti e i partiti che vi si oppongono, per esempio, o tra quelli che aderiscono
alla linea dell'Ue e della Bce e quelli che invece la contestano, o ancora
tra i partiti ritenuti interni al sistema e chi si chiama fuori. A seconda
della linea di divisione dello spazio pubblico che di volta in volta prevarrà,
si costruiranno fronti variabili di forze politiche in competizione reciproca.
I rapporti di egemonia che si instaureranno da qui alle prossime elezioni
politiche dipenderanno molto da quale questione – o campo di questioni
– si imporranno nell'agenda pubblica. A seconda se avrà più
importanza la questione sociale o la critica al sistema istituzionale, la
crisi economica o la contestazione ai partiti, vedremo nascere fronti variabili
tra loro antagonisti.
Il successo del M5S e l'invenzione di un nuovo spazio politico
Prendiamo l'esempio del M5S. L'impressione è che non si tratti di
un fenomeno di superficie, bensì di un movimento che si sta manifestando
dopo un periodo più o meno lungo di incubazione nella società
italiana. Il che non significa che si possa fin d'ora prevedere se sarà
un fenomeno politico di lunga durata. Non è affatto scontato. Dipende
da come il movimento di Grillo reagirà alla prova dei governi locali,
se saprà selezionare un nuovo gruppo dirigente, se riuscirà
a costruire un rapporto nuovo tra amministratori e cittadini non più
fondato sulla delega. Se e come il M5S si strutturerà come forza
politica nazionale è ancora un'incognita. Al momento sembra di poter
dire che il M5S è il sintomo di una crisi di sistema. Fatte salve
le debite distinzioni, oggi i grillini interpretano la crisi del sistema
politico esattamente come seppero fare Forza Italia di Berlusconi e la Lega
Nord nel '92-'93. All'epoca la nascita fulminea del partito berlusconiano
e la crescita elettorale del Carroccio rappresentarono la risposta più
efficace al vuoto politico che si era prodotto con Tangentopoli. Anche lo
scenario nel quale cresce il Movimento 5 stelle presenta al suo interno
spazi vuoti. A destra come a sinistra. Sul versante della prima, i soggetti
che fino a poco tempo fa dominavano – Lega e Pdl, per l'appunto –
diventano oggi minoritari e periferici, mentre sul versante opposto il fronte
della sinistra di alternativa, comunista e antagonista, è frammentato,
senza peso politico. Dell'uno e dell'altro vuoto il M5S dimostra di saper
approfittare, occupandone i rispettivi spazi. Dai primi dati disponibili
sui flussi di voto tra il primo e il secondo turno per Parma, ad esempio,
il neosindaco Pizzarotti avrebbe raccolto consensi da tutto l'arco politico.
E, in effetti, il M5S si candida a poter pescare in bacini elettorali fra
loro anche molto eterogenei, tra gli elettori delusi di Pdl e Lega, ma anche
nel voto di protesta e giovanile. Ma non è del tutto esatto spiegare
il terremoto politico in atto come fosse un sistema idraulico di spazi che
si svuotano e si riempiono a seconda delle alterne fortune. Il M5S non si
è limitato a un'operazione di semplice eclettismo, sommando a caso
temi diversi, presi secondo le convenienze un po' a destra, un po' a sinistra.
Al contrario, i candidati grillini ripetono spesso che il proprio movimento
non è «né di destra né di sinistra» e che
la chiave del successo ottenuto starebbe nell'avere inventato un «nuovo»
spazio politico. In un certo senso è vero, gli spazi politici non
si “trovano” bell'e pronti, ma si costruiscono, si inventano.
Come? Nella società italiana hanno preso corpo negli ultimi anni
una serie di domande sociali inascoltate che il sistema istituzionale della
Seconda repubblica non è stato in grado di soddisfare in modo “differenziale",
ognuna separatamente dalle altre. Il risultato è che quelle domande
si sono accumulate. Non a caso, il livello dell'investimento collettivo
nella politica e nei partiti non è mai stato così basso e
che il divario tra popolo e sistema istituzionale si è talmente allargato
da non poter essere riassorbito nelle formule del passato. Il M5S ha saputo
rappresentare questa nuova frontiera tra “popolo” e “potere”
e aggregare tra loro le tante domande finora inascoltate dai partiti in
un'unica domanda di antagonismo.
«Né di destra né di sinistra»
Destra e sinistra, «le ha già travolte la fine della prima
repubblica. I partiti di oggi sono degli ibridi tremendi, centrodestra,
centrosinistra, dentro c'è di tutto. Le distinzioni astratte non
servono più. L'ideologia è finita, restano le idee».
Parole del sindaco Pizzarotti. Lo slogan “né di destra né
di sinistra” è il più gettonato dai grillini. Eppure
non si può liquidare del tutto come qualunquismo o come indecisione
sulle scelte di fondo. Di fatto l'alternativa destra/sinistra esiste, eccome.
Prima o poi arriva sempre il momento in cui bisogna decidersi se mettere
prima il mercato o il pubblico, le merci o i beni comuni, il lavoro o l'impresa,
i pensionati o i proprietari di rendite. Semmai, le categorie destra e sinistra
sono state svuotate nella pratica politica, da partiti sempre più
omologati nei programmi e nelle idee. A giudicare dai valori il M5S non
ha pregiudiziali verso i temi di sinistra: l'ecologismo, le battaglie contro
gli inceneritori e a difesa dell'acqua pubblica, la questione morale, la
trasparenza nella gestione della cosa pubblica, la critica ai poteri forti
– solo per citarne alcuni – non sono temi di destra e tantomeno
del berlusconismo o della destra tecnocratica. Nelle prime indiscrezioni
su chi farà parte della giunta a Parma sono usciti fuori i nomi di
Paolo Berdini per il ruolo di assessore all'urbanistica («ha studiato
e combattuto il consumo del suolo», dice Pizzarotti) e quello di Loretta
Napoleoni per l'assessorato all'economia partecipata - personalità
appartenenti all'orizzonte culturale della sinistra. E se proprio si deve
stabilire una genealogia del personale politico del M5S si trovano molte
più parentele con la sinistra che non con la destra. Lo stesso Pizzarotti
ha ammesso di aver votato in passato anche per Rifondazione, «a destra
no, mai».
«Riprendiamoci il paese»
E' uno degli slogan più ripetuti in campagna elettorale dallo stesso
Grillo. Nei suoi discorsi pubblici («non chiamateli comizi»)
il leader e proprietario del marchio del movimento parla di «rivoluzione
disordinata», di «rivoluzione culturale». Se la prende
con la democrazia rappresentativa, definisce il parlamento una «istituzione
superata», dice che è insensato che un migliaio di parlamentari
nominati da cinque segretari di partito gestiscano tutto il potere e che
l'intera popolazione sia tagliata fuori. E' per questo che la preoccupazione
principale dei sindaci del M5S riguarda molto più il criterio con
cui sceglieranno gli assessori che non i singoli nomi. «Lo capite
che le cose qui sono cambiate? Da oggi si condivide tutto. Come abbiamo
sempre promesso», dice sempre Pizzarotti. Anche a Comacchio il neosindaco
grillino Marco Fabbri è impegnato nelle selezioni per formare la
giunta. «Punteremo sicuramente ai giovani - dice - perché i
miei assessori dovranno dedicarsi ad amministrare Comacchio a mille euro
al mese e non potranno effettuare altre attività». Il cuore
del messaggio politico è la critica all'affarismo, ai partiti, indicati
nel loro complesso come un sistema di occupazione e di gestione del potere.
Senza fare distinzioni. Ciò che viene messo in discussione è
il meccanismo della delega, il limite di una democrazia che non riesce a
rappresentare, il divario tra amministratori e cittadini, il conflitto di
interessi di governanti e governati. Ma se il punto di partenza è
chiaro - il rifiuto della democrazia delegata e della distinzione tra eletto
ed elettore - ancora tutto da scoprire è il “metodo" per
arrivare all'obiettivo di una condivisione del governo della cosa pubblica.
Non è un caso che in questi giorni i neosindaci del M5S ripetano,
come in un leit motiv, di essere semplici portavoce, che nel modo di amministrare
dovrà cambiare tutto e che ogni decisione dovrà essere presa
in una consultazione permanente dei cittadini. Del resto, il M5S è
un movimento dalla struttura leggera. A Parma, per esempio, gli iscritti
non vanno oltre i cinquecento, non c'è una sede, alla bisogna ci
si appoggia a un appartamento prestato dall'amico. «Nella scelta delle
candidature in Comune Grillo non mette bocca - dice una neoconsigliere eletta
a Parma - si limita a controllare che i certificati penali siano puliti,
il resto lo decide l'assemblea sulla base delle competenze». Il guaio,
però, è che per rendere la politica alla portata di tutti
mancano le procedure, le esperienze, le regole, che sono ancora tutte da
inventare. Per il momento, come va ripetendo Pizzarotti, ci si affida al
web. Si punta a fare di internet il luogo di un'assemblea permanente destinata
a prendere decisioni su qualunque materia, anche su chi ha più titoli
per far parte di una giunta. «Possiamo prendere quasi tutte le decisioni
all'unanimità, se lavoriamo per il bene della città».
I pirati in Germania ci stanno già provando. E, in fondo, qualcosa
del genere la pensava anche il vecchio Lenin quando auspicava che pure la
cuoca avrebbe imparato come dirigere lo Stato.