TESI 40 - IL PROGRAMMA FONDAMENTALE PER LA SINISTRA ALTERNATIVA torna all'indice
E' necessario un progetto di trasformazione sociale, fondato su idee-forti e su obiettivi programmatici capaci di divenire "bandiere piantate nella testa della gente". Nessuna forza può elaborarlo da sola.

Nel processo di rifondazione comunista, nel lavoro della costruzione della sinistra d'alternativa, come nel contributo che dobbiamo e possiamo dare alla crescita dei movimenti, assume un'importanza centrale la definizione di un programma fondamentale per la sinistra antagonista.
Questa esigenza nasce almeno da tre diversi fattori: le grandissime novità introdotte sul terreno economico e sociale dalla rivoluzione capitalistica e l'apertura di una seconda fase nel processo di globalizzazione; il crollo e il fallimento delle esperienze dei paesi del socialismo reale e la conseguente crisi dei progetti di trasformazione delle società fin qui conosciuti; lo sviluppo di un movimento mondiale antagonista. L'insieme di questi fattori richiede la ridefinizione di un progetto comunista e che la sinistra alternativa compia uno sforzo di elaborazione per un nuovo programma fondamentale di trasformazione che abbia la forza di innovazione e di trascinamento che ebbero i programmi nella tradizione del movimento comunista del passato, per dirla con Engels, bandiere piantate nella testa della gente. Questo è un lavoro di lunga durata, che non può essere prodotto da una forza sola ne' tanto meno nel chiuso di un ufficio studi. Richiede un continua interlocuzione con i movimenti, con le insorgenze politiche e sociali, con le molteplicità delle forze anticapitaliste disponibili a porsi su questo terreno di ricerca, in una dimensione internazionale a partire dal quadro europeo.
Si tratta quindi di un percorso che è tanta parte del progetto della Rifondazione Comunista e che intendiamo compiere non in solitudine, ragionando attorno ad alcuni temi essenziali.

TESI 41 - I CARATTERI ESSENZIALI DELLA RICERCA PROGRAMMATICA torna all'indice
Le forme della proprietà, ma anche e soprattutto la nuova alienazione del lavoro. Una critica radicale al produttivismo e allo "sviluppismo" che hanno caratterizzato il movimento operaio. L'assunzione della contraddizione di genere. Il superamento definitivo dell'economicismo.

Ci riferiamo in modo particolare a un modo di concepire la rivoluzione nei rapporti di produzione che non solo ponga in modo rinnovato la questione della proprietà, la cui composizione ha subito rilevanti modificazioni a seguito della ristrutturazione capitalistica, ma soprattutto i temi della critica e della modificazione dei processi del lavoro reali in ogni ambito della società; della contestazione della gerarchizzazione sociale che si riproduce nei diversi processi produttivi; delle nuove forme con cui si presenta l'alienazione. Significa portare fino in fondo la critica alla concezione produttivista e sviluppista che pure hanno animato grande parte della storia e delle esperienze del movimento operaio, elevando a valore irrinunciabile e costitutivo della cultura della trasformazione la difesa e la valorizzazione dell'ambiente e quindi un senso del limite sia dal punto di vista ecologico che sociale e relazionale. Significa ripensare radicalmente il nesso tra produzione e riproduzione. Significa quindi porre, anche per l'azione immediata, il problema del superamento del pensiero economicista, di un punto di vista prevalentemente redistributivo delle risorse, ponendo concretamente il problema del cosa e del per chi produrre contemporaneamente a quello del come; ponendo così le basi per un'unità, tra le tradizionali figure sociali e quelle create dal processo di ristrutturazione capitalistica.
Ci riferiamo all'imperativo di porre l'individuo concreto, cioè sociale e sessuato, e i suoi diritti lungo l'intero arco della sua vita, al centro di un processo di trasformazione. Significa portare a fondo la critica a organizzazioni sociali fondate sul patriarcato e sul familismo, qualsiasi siano le loro diversità e origini specifiche, per introdurre e praticare la democrazia di genere in ogni aspetto regolativo della vita sociale. Significa riconsiderare la dialettica fra comunità e individuo, fra stato e cittadino senza alienare i diritti di alcuno. Significa andare ben oltre le forme di stato sociale o socialista fin qui conosciute, attraverso un'individuazione e una risposta ai problemi dell'individuo sociale e sessuato, che presuppone la sua partecipazione e il suo protagonismo.
Ci riferiamo quindi alle necessità di riconsiderare l'idea stessa di potere e conseguentemente di democrazia, concependo il primo né come punto di partenza né come punto d'arrivo per il rivoluzionamento dei rapporti sociali e di produzione, ma come importante punto di snodo di un processo di democratizzazione della vita quotidiana che comporta un'articolazione delle forme di potere stesso e una generalizzazione delle forme di autogestione, di controllo, di partecipazione. Significa riproporre - alla luce delle sconfitte patite nell'esperienza di organizzazione statuale del movimento operaio, ma anche sulla base di recenti esperienze positive anche se limitate - il tema della democrazia diretta, di una sua coniugazione sempre più intensa e avanzata con le forme della democrazia delegata, superando così la contraddizione tra una teoria che affermava l'estinzione dello stato e una pratica che lo rafforzava nelle forme peggiori. Significa maturare un'idea più complessa della democrazia che assuma il genere come elemento costituente e la pluralità culturale come valore. Significa creare comunità, cioè riempire le forme di democrazia di concreta costruzione di legami sociali fra diversi. Significa perciò concepire l'azione politica come la ricerca costante di congiunzione tra i mezzi e i fini, non solo nel senso di negare che i secondi possano giustificare i primi, ma che questi, per essere credibili e per suscitare consenso e partecipazione, devono contenere in nuce i fini che dichiarano.
Ci riferiamo, per concludere questa esemplificazione ad una concezione della pace fondata su un idea di comunità universale che trascenda i confini, le culture, i generi, le condizioni materiali.

TESI 42 - LA PIATTAFORMA DI OPPOSIZIONE ALLE DESTRE torna all'indice
Nel nostro programma elettorale, sono definite le "proposte di legislatura" per una battaglia efficace contro le destre. Naturalmente, con gli aggiornamenti e gli arricchimenti necessari.

Tra il lavoro per la definizione di un programma fondamentale e l'iniziativa politica e sociale di oggi per un'efficace opposizione al governo delle destre e per procedere nella costruzione della sinistra di alternativa e di una sinistra plurale, per contribuire alla crescita dei movimenti, vi deve essere un nesso preciso, sia nella individuazione degli obiettivi che nelle modalità di portarli avanti e nelle concrete esperienze di lotta
In questo senso ribadiamo la validità e l'attualità dell'impianto di programma che abbiamo presentato in occasione delle elezioni del 13 maggio 2001 - la cui dimensione temporale vuole coprire l'attuale legislatura da poco iniziata - che abbiamo discusso e deciso con il contributo di personalità e forze anche esterne al nostro partito. Naturalmente i rilevanti fatti avvenuti dalle elezioni ad oggi, gli atti concreti compiuti dal governo e le riflessioni che hanno suscitato nel movimento e nel campo della sinistra di alternativa ci impongono arricchimenti, aggiornamenti e sottolineature a quell'impianto. Le destre non hanno vinto le elezioni fondandosi su uno schieramento sociale pienamente formato e coeso, ma certamente si propongono ora di costruirlo, sfruttando appieno l'arma del governo.
Il nostro obiettivo è di giungere alla costruzione di una piattaforma di opposizione al governo delle destre, che diventi un punto di elaborazione e di incontro di movimenti, organizzazioni sociali e politiche e che si proponga di sottrarre consenso al governo delle destre che è forte ma tutt'altro che invincibile. Questo richiede il rovesciamento della logica del centro-sinistra e della sinistra moderata della subordinazione al primato della competitività.

TESI 43 - L'OPPOSIZIONE ALLA GUERRA torna all'indice
Prioritaria, in questa fase, è la lotta contro la guerra e contro la partecipazione italiana ad essa. Che è legata a parole d'ordine chiare: scioglimento della Nato, radicale riforma e rilancio dell'Onu, smantellamento degli arsenali nucleari, composizione della crisi mediorientale ("due popoli, due stati")

Oggi assume un ruolo determinante l'opposizione alla guerra, sia per l'immediata cessazione di quella in corso in Afghanistan e della partecipazione ad essa del nostro paese, sia per impedire che il ricorso all'intervento armato si stabilizzi come normale strumento di gestione della crisi del processo di globalizzazione. Il che comporta lavorare per la ricostruzione del patto tra le nazioni che costituì l'ONU a partire dalla radicale riforma di quest'ultima; lo scioglimento della Nato; lo smantellamento degli armamenti nucleari e di tutti gli strumenti per lo sterminio di massa; la composizione pacifica dei punti di crisi a livello mondiale, a partire dal conflitto israeliano - palestinese; l'assunzione di un ruolo politico ed economico del tutto autonomo dell'Europa, il che comporta la non partecipazione a imprese belliche, uno spostamento del peso decisionale sulle istituzioni europee elettive, come il Parlamento, nel quadro di una nuova Costituzione europea, la revisione dei trattati introducendo e praticando criteri di politica occupazionale e sociale, quindi non solo finanziaria e monetaria, la rivisitazione del tema dei diritti negativamente risolta a Nizza, una politica di solidarietà e di cooperazione su scala mondiale, di cui la cancellazione del debito dei paesi poveri e l'introduzione di una tassazione sulle transazioni di capitale (Tobin Tax) possono essere i primi significativi passi.


TESI 44 - UNA POLITICA ECONOMICA ALTERNATIVA PER IL PAESE E PER IL MEZZOGIORNO torna all'indice
Contro la recessione e i suoi effetti devastanti, è essenziale rilanciare l'intervento pubblico in economia: su beni essenziali e ambientali, come l'energia, l'acqua, la vivibilità urbana, il risanamento del territorio, il diritto all'alimentazione. In questo quadro una profonda "svolta meridionalista" e la costruzione di una "antimafia sociale".

Il profilarsi di una profonda recessione economica - anche in Italia tutte le previsioni di crescita sono state riviste al ribasso - rende ancora più acuto lo scontro sulla politica economica e sulla questione sociale. All'affacciarsi nella politica economica degli USA di un Keynesismo di guerra non corrisponde analoga scelta da parte dei paesi europei e anche della stessa Italia, dove pure il peculiare schieramento delle destre prova a intrecciare alla linea più nettamente liberista tentativi di politiche economiche e sociali più populiste e nazionali. Alle une e alle altre dobbiamo rispondere con la nostra proposta di rilancio di un nuovo intervento pubblico nell'economia indirizzato verso settori e produzioni alternative a quelle praticate dal mercato e dalla produzione di guerra. A cominciare dalle scelte energetiche alternative tanto più urgenti in considerazione dell'aggravarsi delle crisi climatiche nel mondo, verso la definizione di un'economia entro la quale ambiente e persone non siano vincoli di cui sbarazzarsi ma un valore. A tale fine riteniamo necessaria ed urgente la messa in discussione del patto di stabilità a livello europeo. La globalizzazione non solo tende ad aumentare il divario tra il Sud e le altre zone dell'Italia e dell'Europa ma, intervenendo in una situazione già di degrado, porta il disagio sociale e le concrete condizioni di vita nel Mezzogiorno del paese a livelli insopportabili, contribuendo nel contempo a rafforzare poteri mafiosi e pratiche clientelari. L'impulso alle privatizzazioni e alla deregolamentazione del mercato del lavoro, l'estendersi di forme molteplici di lavoro flessibile e precarizzato in un contesto che permane di alta disoccupazione strutturale, unitamente alla forte crisi produttiva che ha spazzato via i pochi poli dell'industria senza aver determinato alternative occupazionali nel terziario, delineano un quadro sociale e democratico - come confermano i risultati delle ultime elezioni politiche nelle regioni meridionali e lo stesso recente voto siciliano - davvero allarmante. Nel vuoto di un tessuto produttivo autentico e vitale e di una rappresentanza politica e sociale organizzata cresce l'individualismo e si ripropongono forme - per quanto rinnovate - (nella modalità e nella quantità delle risorse disponibili) di scambio politico clientelare e un nuovo legame tra politica e accumulazione criminale. Anche nei confronti del Mezzogiorno convivono nelle classi dirigenti due diversi, anche se complementari, orientamenti. Da un lato la tendenza di fondo ad assegnare al Sud nuovamente una funzione dipendente nel quadro di uno sviluppo duale (coessenziale ad un modello sociale sempre più centrato sulla precarietà e sulla flessibilità selvaggia del mercato del lavoro), finalizzato alla ristrutturazione economica del Nord per la quale si drenano risorse finanziarie e umane. Dall'altro una linea più nazionale e populista che guarda al Mezzogiorno come area più tradizionale di consenso per politiche di deficit spending di destra tra flussi finanziari europei per le grandi opere e perfino investimenti produttivi nel settore militare. Una variante meno aridamente liberista ma egualmente modernamente centrata sull'idea di un territorio povero per qualità sociale e civiltà. Un'area in cui intorno ai nuovi flussi distorti di spesa si salda un nuovo sistema di potere intrecciato al sistema politico e al potere criminale. Per questo la mafia non si configura come un elemento di arretratezza ma come fattore organico e dinamico del processo di modernizzazione capitalistica del mezzogiorno. Le mafie sono forti perché continuano a controllare il territorio e l'economia e operano in collusione con un sistema di imprese che occulta le proprie responsabilità. Anzi, i processi di precarizzazione del lavoro, la politica delle grandi opere e di cementificazione selvaggia, favoriscono una nuova espansione mafiosa. Va quindi contrastato ogni legame tra la politica e quella borghesia mafiosa fatta di imprenditori, professionisti, uomini della cultura e della finanza, che costituiscono un ponte tra il sistema di potere e gli interessi delle cosche. Contro questa nuova conformazione del fenomeno mafioso vanno superati i limiti di un'antimafia che si muova solo sul terreno etico o sulla delega alla magistratura, per dare vita alla stagione dell'antimafia sociale.
In questo quadro è necessario imporre, con la rivendicazione di un nuovo modello di sviluppo (rivendicazione che incorpori necessariamente un legame rinnovato tra lotte sociali e lotte ai poteri criminali) una svolta meridionalista che indirizzi l'intervento pubblico in direzione di un allargamento e di una qualificazione della base produttiva al fine di creare al Sud le condizioni di uno sviluppo duraturo fondato sulla formazione, la ricerca, l'innovazione, attrezzando una economia capace di competere in direzione dell'Europa sulla qualità anziché sul basso costo del lavoro e aperta alla cooperazione con tutti i paesi che si affacciano nel Mediterraneo. Uno sviluppo in cui la valorizzazione dell'ambiente e delle risorse umane e culturali orientino - in alternativa alle opere cementificatrici e speculative - politiche di risanamento dei grandi cicli ambientali, di riassetto dei centri storici delle città e dei territori, di opere di risanamento del clima e di lotta agli inquinamenti, di recupero dal dissesto idrogeologico ripristinando gli equilibri naturali. Occorre garantire il carattere pubblico, qualificato e facilmente accessibile di tutti i beni comuni: acqua, energia, cibo, ambiente. Occorre garantire il diritto all'alimentazione e alla sovranità alimentare invertendo la crescente separazione tra produzioni alimentari e territorio di riferimento, che insieme all'industrializzazione del processo produttivo ha portato degrado dei territori e insicurezza alimentare. Il produttivismo chimico e ora genetico, degrada l'ambiente e non porta a soluzione i problemi della fame. E' necessario indirizzare le politiche e i sostegni verso la qualità dei prodotti, la possibilità per tutti di accedervi e verso l'impiego del lavoro, anche guardando a una agricoltura con funzione di presidio e valorizzazione del territorio. Servono perciò piani di accesso e di uso appropriato dell'acqua, di diritto all'alimentazione, di risanamento idrico e delle reti, di risparmio energetico, di uso delle fonti alternative pulite, di ottimizzazione ambientale nella transizione con l'uso del metano invece di combustibili maggiormente inquinanti e a maggiore impatto serra, il mantenimento pubblico dell'ENEL, bloccando nuovi siti privati.

TESI 45 - LA LOTTA PER IL LAVORO, I NUOVI BISOGNI, I DIRITTI torna all'indice
Le nostre proposte di fase: innalzamento dei minimi di pensione, protezione integrale dei salari dall'inflazione, introduzione delle 35 ore settimanali di lavoro, salario sociale ai disoccupati di lunga durata. Contro un mercato che discrimina donne, giovani, migranti.

La scelta di costruire una proposta alternativa di politica economica a partire dai bisogni reali di chi sta peggio, viene ulteriormente confermata sia per l'aggravarsi di quelle condizioni, sia per la crescita dei nuovi fermenti e movimenti nel quadro sociale, a partire dall'entrata sulla scena di una nuova generazione di lavoratrici e lavoratori.
Per questo la questione del lavoro diventa ancora più cruciale in tutti i suoi aspetti.
L'elevamento dei redditi da lavoro dipendente e da pensione, oltre che naturalmente l'innalzamento dei minimi di queste ultime a un milione di lire al mese, e la protezione integrale dall'inflazione contro la diminuzione del loro valore reale - problemi che nel nostro paese, anche rispetto al contesto europeo, assumono aspetti di particolare gravità - ; la redistribuzione del lavoro attraverso la riduzione d'orario, come prima indispensabile misura per l'occupazione e per il miglioramento della qualità della vita, a cominciare dalle 35 ore settimanali a parità di retribuzione, con la modifica del rapporto tra tempi di vita e tempi di lavoro, nonché la riforma dei tempi delle città, secondo le proposte che ci vengono dalla cultura delle donne; la costruzione di una griglia universale di diritti per riunificare il frammentato mondo del lavoro, contro il moltiplicarsi delle figure atipiche e l'attacco allo statuto dei diritti dei lavoratori; l'erogazione di un salario sociale ai disoccupati di lunga durata, per metterli in condizione di sopravvivere senza ricatti e di evitare il "lavoro qualunque"; un incremento dell'occupazione femminile, che ridisegni complessivamente diritti e garanzie a partire dalla differenza e dalle specificità di genere, contro la ripresa di tematiche familiste e di esclusione, sono alcuni degli obiettivi immediati e terreni di iniziative politiche e sociali. La loro affermazione passa attraverso una intransigente opposizione all'organico disegno di definitiva liberalizzazione e privatizzazione del mercato del lavoro contenuto nel "Libro bianco" del governo e nei disegni di legge che ne derivano.
In questa nuova situazione internazionale e di fronte alle iniziative xenofobe e razziste condotte direttamente dal Governo e dalle destre anche con iniziative legislative, assume un particolare valore la tutela dei diritti dei cittadini immigrati, come quelli al lavoro, alla cittadinanza, alla partecipazione ad ogni forma della vita democratica tra cui quello di eleggere e essere eletti.

TESI 46 - UN NUOVO SPAZIO PUBBLICO torna all'indice
L'attacco al Welfare chiede risposte non solo difensive. E' necessario costruire un controllo sociale sui servizi e coniugare l'univeralità dei diritti con la risposta alle esigenze dell'individuo concreto. Varare la Tobin Tax e una riforma progressiva del fisco. Rilanciare la scuola pubblica, gratuita e repubblicana.

Il presente attacco al welfare state va fronteggiato non solo sul fronte, peraltro assolutamente indispensabile, della resistenza e della difesa dello spazio pubblico, ma affrontando la sfida dell'innovazione e cioè coniugando i principi di gratuità e di universalità con la qualità e la capacità di rispondere all'esigenza dell'individuo concreto. E questo per potersi realizzare richiede un protagonismo dei cittadini ed una democratizzazione delle strutture predisposte all'erogazione e alla gestione dei servizi.
Nello stesso tempo sottolinea - anche di fronte ad un'ulteriore aumento delle ingiustizie provocate dal governo di centro-destra preoccupato di garantire sotto ogni aspetto l'immunità della proprietà - l'urgenza di una riforma fiscale che riequilibri i rapporti tra redditi da lavoro e da capitale e colpisca questi ultimi in ogni loro forma, anche attraverso l'introduzione in ambito nazionale di tassazioni sulle transizioni di capitali sul modello della Tobin Tax.
L'accellerazione dello smantellamento della scuola pubblica e la logica privatistica, classista, clericale e aziendalistica che caratterizza le proposte del governo Berlusconi ci chiamano ad un salto di qualità. Contro questo progetto riproponiamo la necessità di una scuola pubblica, gratuita e repubblicana, come perno di un sistema formativo che accompagni i cittadini per l'intero arco della vita.
Contemporaneamente, e in stretta connessione con quest'ultimo obiettivo, va perseguito quello di una informazione, di un'industria culturale e dello spettacolo, multiculturali e libere dal monopolio privato quanto dalla lottizzazione e dai conformismi partitici e burocratici del settore pubblico. Per questo ci impegniamo a contrastare in tutte le sedi i meccanismi legislativi, istituzionali e strutturali che muovono nella direzione contraria e a sostenere invece tutte le forme di mobilitazione delle forze che lavorano per mantenere spazi plurali e molteplici entro le realtà e le strutture esistenti.

TESI 47 - LA DIFESA E L'INNOVAZIONE DELLA DEMOCRAZIA torna all'indice
La democrazia va difesa dagli attacchi e dalle aggressioni crescenti: ci opponiamo, per esempio, ad ogni ulteriore manipolazione della carta costituzionale. Ma occorrono anche pratiche innovative: come per esempio quella del "bilancio partecipato" proposto da Porto Alegre.

La crisi della democrazia è ulteriormente acuita - per i motivi già detti - della guerra e dal varo della cosiddetta riforma federalista, appunto dall'alto e dal basso. La Costituzione repubblicana ha già subito una pesante manomissione con la modifica del Titolo quinto, e si impone a tutte le forze democratiche l'integrale difesa dei suoi principi di fondo e delle altre sue parti. La crisi della democrazia, accentuata anche dall'attuale legge elettorale che mette in crisi persino il ruolo del Parlamento nazionale quale sede della rappresentanza politica, non può essere affrontata solo - per quanto ciò sia necessario - con la difesa delle istituzioni rappresentative o con la riproposizione dei principi proporzionalisti. L'importante tema della sicurezza dei cittadini che viene strumentalizzato in termini di ordine pubblico, diventa, in questa fase, l'alibi per riproporre logiche emergenziali e restringere gli spazi di libertà. La difesa dei diritti fondamentali e delle garanzie individuali si conferma quindi essere elemento fondante una battaglia strategica per la democrazia e connesso alla costruzione di una identità comunista rinnovata. La stessa violenta aggressione all'indipendenza della magistratura praticata dalle destre, nonché la prevaricazione dei poteri del governo su quelli del Parlamento, ripongono al centro la necessità della salvaguardia del principio della netta distinzione tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario dello stato. Tuttavia il puro ribadimento di questi principi liberali non è sufficiente. E' per tanto necessario coniugare da subito forme di democrazia diretta con quelle della democrazia delegata - nel pieno rispetto dei diritti universali dei soggetti concreti, sociali e sessuati - costruendo e sperimentando organismi che esaltino, a partire dal livello locale, la diretta partecipazione dei cittadini; questo valorizzando esperienze che ci vengono da altri paesi, come quelle del "bilancio partecipato" nella municipalità di Porto Alegre.

TESI 48 - PERCHE' UN PARTITO COMUNISTA E' NECESSARIO torna all'indice
Solo una forza comunista organizzata, è in grado di attraversare, con un progetto unitario, i diversi terreni e le molteplici contraddizioni che attivano oggi i soggetti della trasformazione. E solo un partito comunista può cominciare a pensare la transizione

L'identità comunista viene oggi declinata in molte forme. Può vivere nei movimenti, ispirare autonome imprese dell'informazione, animare minoranze interne a formazioni politiche di natura socialdemocratica o socialista, esprimersi in gruppi indipendenti di ricerca teorica o sociale. E può perfino esser vissuta come scelta puramente morale, una sorta di "foro interiore", o intellettuale. Tra queste opzioni, noi abbiamo scelto per l'oggi e per il domani, quella del Partito, all'interno di un progetto di rifondazione, sulla base di una rinnovata persuasione politica generale.
Una forza politica comunista è oggi necessaria per una ragione essenziale: perché è in grado di attraversare con un progetto unitario di lotta tutte le contraddizioni e i terreni che rendono possibile la costruzione e l'attivazione dei soggetti della trasformazione. Le diverse sfere dell'iniziativa - il conflitto sociale, la protesta civile, l'interpretazione dei processi economici e sociali, l'elaborazione culturale, la rappresentanza istituzionale - tendono a restare tanto separate quanto incomunicanti: il Partito è un luogo nel quale si possono produrre una ricomposizione, una proposta generale, un progetto. Ma è anche uno strumento attivo di democrazia: una sede di partecipazione alla vita politica a disposizione di tutti coloro che non hanno scelto la politica come mestiere. In questo senso, il Partito comunista moderno non può che essere di massa: comunità autonoma di donne e di uomini che vogliono agire per trasformare l'esistente. Per questo il Partito che abbiamo cercato di costruire, in questi anni, colloca la propria soggettività nel contesto delle contraddizioni sociali, di classe, culturali, civili, istituzionali. Cerca di radicarsi nei luoghi di lavoro, tra i lavoratori dipendenti, nelle fabbriche, nel mondo della scuola e della ricerca, tra gli inoccupati e i senzalavoro, tra i migranti. Si articola sul territorio. Riconosce l'antagonismo di classe e quello di genere. Promuove la democrazia interna. Si dota di strumenti di formazione a autoformazione. Tutto questo con la consapevolezza piena della funzione che può e deve svolgere, ma anche del suo limite "naturale". Sa cioè di essere necessario, ma non sufficiente: la costruzione dell'alternativa è un processo articolato e plurale che si sostanzia di una molteplicità di forme di organizzazione, aggregazione, associazione, attività volontarie. Ciascuna di queste forme può svolgere, di volta in volta, una rilevante funzione politica autonoma.
Insomma, a differenza del partito di tipo tradizionale, Rifondazione Comunista sa che l'iniziativa politica e sociale non può essere svolta solo dai suoi militanti e da quelli di organizzazioni collaterali, ed è piuttosto svolta da una costellazione di individui e di associazioni con cui il partito deve entrare in rapporto di scambio e comunicazione senza prefiggersi lo scopo dell'assorbimento o dell'integrazione subalterna.
Un secondo elemento che caratterizza la necessità di un partito comunista è quello di porre l'obiettivo della trasformazione, cioè della costruzione di una società contraddistinta da un nuovo modo di produzione e da istituti democratici qualitativamente superiori a quelli storicamente sperimentati. Essa si prospetta oggi come una costruzione profondamente diversa sia dall'idea insurrezionalista della presa del potere, sia dall'ipotesi strategica riformista (una sequenza di riforme di struttura e di conquiste legislative): in larga misura, va reinventata, sperimentata, verificata nella pratica, in un processo che sarà giocoforza complesso ed originale e che non si lascia certo scrivere a tavolino. Noi, oggi, possiamo soltanto prefigurare una transizione che, per un verso, si avvale di strumenti peculiari della storia del movimento operaio (dall'attivazione del conflitto sociale e territoriale alla "pratica dell'obiettivo"), per l'altro verso, si fonda su una dialettica permanente tra rappresentanza istituzionale e forme di autogoverno, tra poteri centrali e contropoteri diffusi, tra partiti e movimenti. Non ci sarà "la" rottura, ci saranno molti e diversi momenti di rottura. Non ci sarà, forse, "la" sintesi, ma momenti significativi di ricomposizione e unificazione. In un processo di questa natura e portata, il Partito ci pare uno strumento non unico ma certo indispensabile.
Crediamo, infine, che solo sulla base di una concezione del partito come quella qui tratteggiata possa essere costruita un'idea (ed una pratica) d'una società comunista effettivamente democratica. Ad un partito inteso come unico soggetto, come unico detentore della "verità" corrisponde necessariamente una società gestita (illusoriamente) dal centro, verticistica, rigida e burocratizzata, incapace di dinamismo e di adattamento ai mutamenti storici. Ad un partito inteso come agente, necessario ma non unico, della trasformazione, può corrispondere, invece, una società pluralista e democratica, capace di autocorrezione e di durata.

TESI 49 - PER UN BILANCIO DEI DIECI ANNI DI RIFONDAZIONE COMUNISTA torna all'indice
Il Prc ha vinto la battaglia della sopravvivenza e della vitalità politica. Ora serve un salto di qualità, un'innovazione forte che metta al centro del nostro lavoro il tema della rifondazione.

Dal 1991 ad oggi, Rifondazione comunista ha vinto almeno due scommesse: quella della sopravvivenza, del primum vivere e quella, altrettanto importante, della vitalità. Passando attraverso crisi, interne ed esterne, anche drammatiche, il Prc è riuscito cioè ad affermare la propria funzione attiva nella società italiana, sfuggendo a quel destino minoritario e testimoniale che tante volte gli era stato predetto. Questo è stato possibile grazie all'impegno, alla dedizione, alla costanza, alla generosità di migliaia e migliaia di compagni e compagne che nel corso di questi dieci anni hanno concretamente costruito il partito e posto le basi materiali per un processo di rifondazione comunista. Qualsiasi bilancio autocritico del nostro lavoro non può che muovere da questi dati reali, che sono tutto fuorché scontati. Grazie a questa impostazione, nella nascita e nella crescita del movimento antiglobalizzazione, così come nelle giornate di Genova, il ruolo del Prc è risultato evidente, riconoscibile, riconosciuto.
Ora, è tempo di tentare un salto di qualità, nella nostra iniziativa come nella nostra fisionomia politica e strategica. Rifondazione comunista è nata, a Rimini, come uno scatto necessario d'identità: un grande No alla liquidazione del Pci, di una storia, di ogni istanza anticapitalista organizzata. Sin dall'inizio, con la rinnovata partecipazione di molti compagni e compagne e la confluenza di Dp, ne è emersa una natura plurale, che è diventata una nostra peculiarità. Da qui, la vivacità e, talora, anche la ricchezza del suo dibattito, ma anche la sua scarsa compattezza culturale e il suo debole senso di appartenenza. L'identità del Prc è cresciuta e si è via via verificata nel fuoco delle scelte politiche e sociali del momento: una necessità ma anche un limite. Così, le due scissioni subite hanno avuto come propria ragione scatenante non una divergenza strategica dichiarata (e come tale riconosciuta e dibattuta), ma una sia pure rilevantissima questione di tattica e collocazione parlamentare. Nella rottura più grave, quella con i Comunisti Italiani, è emerso quell'intreccio di ortodossia, continuismo e moderatismo che negava in radice la necessità della rifondazione: per un verso, il comunismo come richiamo all'ortodossia e orizzonte lontano, per l'altro verso, il "qui e ora" del realismo politico e istituzionale, dove le alleanze e gli schieramenti precedono e predeterminano ogni battaglia sui contenuti. Proprio questa circostanza ha reso evidente un limite profondo nella capacità di innovazione e rifondazione. Superare questi limiti, per costruire processualmente una cultura politica comunista all'altezza delle sfide di oggi, significa porre al centro delle nostre attenzioni il nodo della rifondazione.

TESI 50 - ESSERE COMUNISTI, OGGI torna all'indice
L'identità comunista si declina, per un verso, come critica radicale del modo di produzione capitalistico, per l'altro verso come persuasione del suo superamento, verso la costruzione di una società fondata sulla volontà delle donne e degli uomini, e liberata dal profitto come motore dello sviluppo.

In questi anni, una intensissima campagna ideologica ha cercato di demolire il comunismo come valore e proposta attuale. Mentre la vulgata della "fine della storia" tendeva a delegittimare ogni istanza (e speranza) di mutamento dell'esistente, si "riscriveva" in questa luce l'intera vicenda novecentesca. In parallelo, l'anticomunismo tornava ad essere un segno distintivo delle classi dirigenti: sia nelle forme e nei linguaggi "viscerali" di Berlusconi sia con modalità apparentemente più contenute ("il comunismo è incompatibile con la libertà"). La resistenza, anche culturale, a questa campagna era e resta un atto della rifondazione comunista.
L'identità comunista nel tempo della globalizzazione si declina, per un verso, come critica radicale del modo di produzione capitalistico, e per l'altro verso, come convinzione politica che è possibile la costruzione di una società nella quale lo sviluppo economico, le relazioni sociali, la vita concreta delle persone sono determinate dalla volontà organizzata delle donne e degli uomini, invece che dal profitto, dallo sfruttamento, dall'alienazione della forma di merce.
Questa identità non nasce dalla pura ripulsa morale dell'esistente, e nemmeno soltanto dal rifiuto soggettivo delle innumerevoli ingiustizie che caratterizzano il mondo: si fonda sull'analisi di classe della società, delle soggettività che la pervadono, degli antagonismi "irriducibili" che la caratterizzano.
Centrale, proprio in quest'ottica, è il conflitto tra capitale e lavoro: non ci potrà essere alcun superamento del capitalismo, cioè della logica del mercato e dell'impresa, sè non ci sarà l'abolizione del lavoro salariato e la liberazione del lavoro. In questo senso, la nostra identità comunista resta imprescindibilmente connessa alla contraddizione di classe. Ma non è vero, di per se, che liberando se stessi gli operai liberano l'intera umanità. Il nuovo mondo che vogliamo costruire è un mondo dal quale sono bandite tutte le forme di discriminazione e di oppressione che il capitalismo globale eredita, aggrava e riproduce: quelle che vengono praticate in base al genere, all'origine geografica ed "etnica", alla generazione, all'orientamento sessuale, così come lo sfruttamento illimitato delle risorse e della natura. Dunque, senza un nuovo movimento operaio che unifichi dialetticamente le diverse soggettività antagoniste che il capitale determina oggi, non c'è liberazione umana.
Non c'è liberazione umana che possa prescindere dalla contraddizione di genere. Il femminismo ha prodotto in Italia, a partire dalla fine degli anni '60 una vera rivoluzione sociale, culturale e politica, costringendo uomini e donne a misurarsi con la questione di genere. Rifondazione comunista è chiamata a conoscere, ri-conoscere, approfondire e fare suo il pensiero femminista come parte ineludibile della rifondazione. Nello stesso senso, l'assunzione dell'ambientalismo è una scelta di fondo. Non si tratta di cercare una qualche forma di compatibilità tra sviluppo e ambiente. Non è neanche sufficiente un'altra idea di sviluppo. Serve, invece, una vera e propria alternativa di economia e di società che si sostanzia nella promozione di un ripristino e di un equilibrio dei grandi cicli ambientali, nella demercificazione dei beni ambientali comuni e collettivi (acqua, aria, energia e territorio), nella riterritorializzazione, nella riqualificazione del lavoro nella produzione di ambiente.

TESI 51 - I COMUNISTI E L'OTTOBRE torna all'indice (approvata dal Comitato Politico Nazionale)
La Rivoluzione d'Ottobre resta uno spartiacque del XX secolo, primo straordinario esempio contemporaneo di "scalata al cielo". Dal successivo fallimento del "socialismo reale" non derivano "pentitismi" di sorta, ma la necessità della rifondazione comunista.

Il movimento comunista, nella sua ispirazione sostanziale, ha alle spalle una storia lunga, anzi secolare, che per molti aspetti coincide con i tanti tentativi di liberazione umana che l'hanno percorsa, con le molte "scalate al cielo" che sono state sperimentate da milioni di esseri umani. In questa molteplicità di riferimenti, la Rivoluzione d'Ottobre mantiene un valore peculiare: essa è stata uno spartiacque del XX secolo. Ha consacrato il valore della soggettività organizzata, e del suo ruolo: primo straordinario esempio del "si, se puede". Ha modificato in profondità gli equilibri del mondo, rompendo il monopolio planetario del mercato capitalistico e influenzando l'intero corso rivoluzionario del '900, fino alle liberazioni anticoloniali. Ha costretto le classi dominanti dell'occidente capitalistico a compromessi significativi con il movimento operaio. Ha contribuito in termini decisivi alla sconfitta del nazifascismo.
Questi indiscutibili meriti politici e storici non hanno impedito il profondo processo involutivo e degenerativo delle società postirivoluzionarie, che è stato tra le cause principali della loro sconfitta. Al di là del necessario bilancio storico, politico e ideale che è ancora largamente da compiere, in un lavoro di ricerca collettiva, è proprio dalla dialettica tra la validità dell'ottobre e il fallimento dei tentativi di transizione che emerge la necessità strategica della rifondazione di un pensiero, di una pratica e di una politica comunista. Questo ci pone il tema della definizione di un'identità comunista complessa anche dal punto di vista storico-metodologico: una via originale, capace di continua innovazione, non di semplice aggiornamento, senza che questo significhi desertificazione della memoria. Capace di imparare dai suoi errori. Capace di critica (e anche rifiuto) radicale del passato, non di formali autocritiche e non di pentitismi, senza che questo alluda a fughe opportunistiche dal peso e dalla responsabilità della propria storia

TESI 52 - DOPO L'89 (approvata dal Comitato Politico Nazionale) torna all'indice
Il ritorno a Marx, da disincrostare dai troppi marxismi. La lezione rivoluzionaria di Antonio Gramsci. L'eredità del '900, secolo degli operai e delle donne. Sono le coordinate essenziali di un'identità radicale e rinnovata

Negli ultimi decenni del '900, ma soprattutto dopo l'89, il movimento comunista ha subìto la sua crisi più drammatica: contro di esso (e contro ogni istanza organizzata di tipo anticapitalistico), si è sviluppata un'offensiva organica e imponente, tesa alla sua totale delegittimazione. La risposta dei partiti comunisti è stata, in molti casi, di due tipi: o un'innovazione che assumeva la necessità della sconfitta e il punto di vista dell'avversario, spesso anche attraverso mutamenti nominalistici, o un arroccamento neo-ortodosso e neo-dottrinario. La sorte politica dei comunisti ha rischiato di essere stretta tra le due alternative, egualmente perdenti, del revisionismo moderato e del conservatorismo dogmatico, o paradogmatico.
In questo quadro, Rifondazione comunista, come del resto altri partiti comunisti e movimenti rivoluzionari, si è sforzata di mettere in campo un'ipotesi autonoma: coniugare innovazione e radicalità, apertura culturale e ottica rivoluzionaria. In altre epoche, questo tentativo si è chiamato uscita da sinistra dallo stalinismo e dalla forma ossificata assunta dal marxismo-leninismo. Un cimento del quale dobbiamo quantomeno definire le coordinate essenziali.
1. IL RITORNO A MARX. La lezione imprescindibile della ricerca marxiana, soprattutto delle opere della maturità (conosciute solo nel nostro secolo), è la sua capacità di lettura, dal punto di vista del metodo e dei paradigmi teorici, delle contraddizioni del capitalismo maturo. E' la categoria della rottura rivoluzionaria, intesa come superamento dei meccanismi di sfruttamento e di alienazione che presiedono al modo di produzione capitalistico. E' la centralità della persona reale rispetto al cittadino astratto. Non si tratta, naturalmente, di dar vita a una qualche forma di scolastica: si tratta, al contrario, di tornare ad assumere Marx come riferimento essenziale, "disincrostandolo" dai marxismi che sono stati edificati nel '900.
2. LA LEZIONE DI ANTONIO GRAMSCI. Nella determinazione storica del comunismo italiano, della sua originalità e relativa autonomia, il contributo gramsciano appare di straordinaria attualità. Non soltanto per l'analisi concreta che ci fornisce della società italiana , ricchissima di sollecitazioni non interamente esplorate, non soltanto per la "guida" che ci prospetta sui temi del rapporto tra politica e cultura (e tra etica e politica), ma per l'idea di rivoluzione che ne è alla base, che nega in radice l'autonomia del Politico. La rivoluzione non come pura conquista del potere politico, o delle leve di governo, ma come processo di rivoluzionamento che coinvolge l'insieme delle relazioni sociali e della loro qualità. La rivoluzione come lunga marcia, costruzione di "casematte", trasformazione e autotrasformazione.
3. L'EREDITA' DEL '900. Rispetto al secolo che ci è alle spalle, i nuovi comunisti assumono una continuità, e una eredità, peculiari: quella lotta rivoluzionaria per la modernità, per l'emancipazione e liberazione umana, che oggi è soggetta ad un blocco ed, anzi, ad una vera e propria involuzione. Al centro di questa lotta, vi sono stati il movimento operaio e le sue organizzazioni, la lotta per il riscatto delle classi subalterne, con i suoi tentativi di "scalata al cielo" e la sua straordinaria sequenza di battaglie sociali, politiche e rivendicative. Ma essenziale è stata la lotta contro il patriarcato: la rivoluzione femminile ha prospettato non semplicemente una nuova soggettività o nuovi diritti, ma la trasformazione delle relazioni tra i generi, che mette in causa la famiglia come costruzione storico-sociale destinata a riprodurre la divisione sessuale dei ruoli. Così come è stata ed è costitutiva di un'identità moderna l'assunzione della nozione di limite: la critica, cioè, di una concezione (e di una pratica) che identificano lo sviluppo con la crescita quantitativa e il progresso con lo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali. Definire con rigore l'intreccio dialettico, non sommatorio, tra questi protagonisti della modernità - il lavoro, il genere, l'ambiente - significa, appunto, definire in positivo l'eredità con il '900.

HANNO SOTTOSCRITTO LE TESI 51-52:
BERTINOTTI, CRIPPA, FERRERO, FRALEONE, ZUCCHERINI, BELLUCCI, CACCIARI, CAMMARDELLA, CAPRILI, CERBONE, DE CRISTOFARO, DE SIMONE TITTI, DEIANA, EMPRIN , FORGIONE, GAGLIARDI, GIANNI, GIORDANO, LOCATELLI, MAITAN, MALABARBA, MANTOVANI RAMON, MASCIA, MASELLI, MIGLIORE, MUSACCHIO, NARDINI, NESCI, NOCERA, PAPANDREA, RICCI MARIO, RUSSO FRANCO, RUSSO SPENA, SENTINELLI, SIMONETTI, TURIGLIATTO, VACCARGIU, VENDOLA, VINCI, VINTI, ACERBO, ACETO, AITA, ALASIA, ALBONETTI, ALFONZI, ALLOCCA, ALTAVILLA, AMATO, ANTONAZ,ANTONIELLA, ARMENI,ATTILIANI, AURORA, AZZALIN, BALDI, BARACCO, BARASSI, BARBAGELATA, BARONTI, BARZAGHI, BELLOFIORE, BENVEGNU', BERLINGUER, BERTOLO, BERTORELLO, BOGHETTA, BONADONNA, BONATO, BONFORTE, BONOMETTI, BORDO, BOZZI, BRISTOT, BUTTIGNON, CAMPANILE, CANTONI, CAPELLI, CARDONE, CARRAZZA, CARTA, CARTOCCI, CASATI GIOVANNA, CATALANO, CATANIA, CHECCHI, CIMMINO, CO', COGODI, COLZANI, COMMODARI, CONFALONIERI, CONSOLO, CONTI, COSIMI, D'ACUNTO, D'AIMMO, D'ALESSANDRO, D'ANGELI, DANINI, D'AVOSSA, DE CESARIS, DE PALMA, DE SANTIS, DE SIMONE PAOLO, DI GIOIA, DI SABATO, DONDA, DUCCINI, FABIANI, FANTOZZI, FASOLI, FAZZESE, FERRARA, FERRARI GIANLUCA, FERRARI SAVERIO, FERRETTI, FIRENZE, FONDELLI, FRATOIANNI, FRENDA, GABRIELE, GALLO, GELMINI, GIORGI, GITTO, GRANOCCHIA, GROSSO, GUGLIELMI, JERVOLINO, JORFIDA, LIBERA, LINGUITI, LOMBARDI ALDO, LOMBARDI ANGELA, LOMBARDI MIRKO, LOMBARDI ROBERTO, LONGO, LOSAPPIO, LUNIAN, MAJORANA, MALENTACCHI, MALINCONICO, MAMMARELLA, MANGIA, MARAGLINO, MARAIA, MARCHETTINI, MARCONE, MARCONI, MAROTTA ANGELO, MAROTTA ANTONIO, MARTINO, MELIS, MENCARELLI, MERLINI, MILANI, MINISCI, MITA, MONTANILE, MONTECCHIANI, MORANDI, MORDENTI, MORETTI, MORINI, MOSCATO, MOZZETTA, MUGNAI, MULLIRI, MURA, NICOTRA, NIERI, NINCHERI, NUCERA, OREFICE, PALOZZA, PAOLINO, PASI, PATRITO, PECORINI, PEDUZZI, PERUGIA, PESACANE, PETTENO',PIERINI, PIETRANGELI,PIOMBO, PLATANIA, POETA, POSELLI, POZZOBON, PRANDINI, PRIMAVERA, PUCCI ROBERTO, RAZZANI, RICCI ANDREA, RIGACCI, RIVELLI, RIVERA, ROSSI, SANSOE', SANTORUM, SARDONE, SAVELLI, SCIANCATI, SCREPANTI, SEMERARO, SGHERRI, SIMEONE, SIRONI, SPECCHIO, SPERANDIO, SPERANZA, STUFARA, TANARA, TANGOLO, TAVELLA,TETTAMANTI TORRICELLI, TOSI, TRIA, TRIBI, TRIVELLIZZI, TRONI, TROTTA, TROVATO, TRUFFA, VALENTI, VALPIANA, VIANI, VLACCI, VOCCOLI, VOZA.

TESI 53 - COMUNISMO CONTRO STALINISMO torna all'indice
Il progetto della rifondazione comunista implica una rottura radicale con lo stalinismo. Non soltanto come esperienza storica, ma come paradigma della rivoluzione, concezione della politica, funzione del partito.

Il progetto della rifondazione comunista, di un'identità comunista adeguata al XXI secolo, implica una rottura radicale con lo stalinismo. Non proponiamo qui un'operazione di bilancio storico, ben altrimenti impegnativa, ma di verità politica e di identità teorica: la separazione dallo stalinismo è anche e soprattutto la messa in causa di un paradigma della transizione, di una concezione della politica, di una funzione del partito. Nel comunismo italiano, la rottura è avvenuta, prevalentemente, in nome dei diritti della persona e della necessità della democrazia rappresentativa: nel nuovo movimento comunista queste ragioni devono essere sviluppate fino in fondo, in nome della società nuova da costruire, della liberazione del lavoro, del rifiuto della separatezza tra cittadino e Stato, della rivoluzione come indivisibile fenomeno mondiale. In questo senso si può essere portatori e portatrici credibili di un'ipotesi rivoluzionaria e comunista solo in quanto essa si definisce in radicale discontinuità rispetto all'esperienza del "socialismo realizzato".
In questa eredità negativa, individuiamo, prima di tutto, l'idea di un "campo socialista" - campo statuale - al quale sacrificare, o subordinare, gli interessi strategici del movimento operaio mondiale: una distorsione di prospettiva improponibile, anche e soprattutto per il futuro. In secondo luogo, l'ossificazione dogmatica della teoria (che ha travolto le esperienze più avanzate del marxismo critico novecentesco e ridotto il cosiddetto "marxismo-leninismo" a un'ortodossia ecclesiale): un sostituto autoritario e inefficace dell'analisi dei processi reali, della metodologia dell'inchiesta, della verifica. Infine, e sopratutto, la riduzione del socialismo alla pura dimensione della conquista del potere politico e istituzionale, esterna ai luoghi del lavoro e della produzione (e più in generale ai rapporti sociali), coerente con un'ipotesi di gigantismo industrialista forzosamente guidato dall'alto: ma, così come la conquista del potere può generare dal suo stesso seno nuove e pesanti oppressioni, il produttivismo economicista non libera il lavoro e non crea una nuova qualità della vita In questo senso, lo stalinismo è anche stato un modello di sviluppo subalterno all'idea di crescita quantitativa. E' da questo deficit - non dal surplus - di socialismo che sono derivate la concezione (e la pratica) totalizzante e dispotica del Partito, l'arbitrio incontrollabile del leader, la cancellazione di ogni istanza democratica di base nell'organizzazione e nella società, la fine della libertà sindacale, la riduzione degli individui e delle persone ad appendici insignificanti della politica.

TESI 54 - IL COMUNISMO, OGGI torna all'indice
Dalla riflessione problematica sulla nostra storia alle istanze del popolo antiglobalizzazione: il comunismo come percorso della liberazione. Meta "ragionevole" della storia

Come è definibile, oggi, la prospettiva del comunismo, alla luce dell'eredità e dei fallimenti del '900? Se sono corrette le analisi fin qui svolte, diviene sempre più evidente l'infondatezza di ogni teoria delle "due tappe" o dei due stadi - il socialismo prima, incentrato sulla nazionalizzazione o pubblicizzazione delle principali forze produttive, il comunismo, da riservare ad un lontano futuro. Ciò non significa, s'intende, che una prospettiva rivoluzionaria e comunista sia dietro l'angolo, o che essa possa fare a meno della gradualità necessaria. Significa che essa non può separarsi, dal punto di vista politico e strategico, dalle lotte concrete del presente: che si pone, insomma, rispetto ad esse in termini di immanenza, piuttosto che di trascendenza o di lontano orizzonte. Non è certo casuale lo slogan assunto dal "popolo di Seattle": l'istanza di un altro mondo possibile deriva in realtà dalla natura radicale del movimento contro la globalizzazione neoliberista. Esso, a partire dal disagio soggettivo, o da battaglie determinate contro le multinazionali o lo strapotere dei marchi, va giocoforza, perfino al di là dei propri livelli di consapevolezza, alla radice di processi reali che, a loro volta, vedono rapidamente consumarsi gli spazi intermedi della tattica, delle mediazioni, degli obiettivi di "riforma". Da questo punto di vista, il comunismo può essere riproposto, anche e soprattutto alle nuove generazioni, come percorso di liberazione per il quale vale la pena impegnarsi.
Dal punto di vista generale, quel che resta di intatto valore attuale, è l'idea della costruzione di una società "nella quale il libero sviluppo di ciascuno è la condizione del libero sviluppo di tutti": non, dunque, semplicemente una società "più giusta" o "più equa", cioè più attenta ad una redistribuzione più egualitaria delle risorse e dei diritti reali, ma una società liberata dal vincolo dell'autovalorizzazione del capitale come motore essenziale della sua crescita e della sua dinamica. Dove, dunque, la soggettività organizzata delle donne e degli uomini, non la logica del mercato e dell'impresa capitalistica, possa razionalmente decidere il proprio destino. Dove la dialettica tra istituzioni collettive e autogoverno di massa, tra poteri centrali e contropoteri diffusi, si fa permanente. Dove la libertà della persona - la sua irriducibile singolarità - si realizza attraverso la crescita progressiva dell'individuo sociale preconizzato da Marx: non un atomo solitario, in competizione permanente con i suoi simili, non l'appendice subalterna di una mega o microstruttura (Stato, Fabbrica, Partito o Famiglia che sia), ma individuo ricco di bisogni e di saperi che cresce in quanto coopera, confligge e comunica con l'Altro da sé.

TESI 55 - LA DEMOCRAZIA COME STRATEGIA torna all'indice
La democrazia non è uno strumento, ma è un valore in sé: una strategia di società organicamente plurale. Un'idea di potere, e di non separazione tra mezzi e fini.

All'interrogativo classico sulla democrazia - se essa sia uno strumento o un fine - oggi siamo in grado di rispondere positivamente: la democrazia come fine è un dato fondante della nostra identità attuale e, insieme, una strategia. Se è vero che essa non si esaurisce affatto nelle sue espressioni e modalità liberali - o in quello schema di rappresentanza per altro oggi sostanzialmente ripudiato dalle classi dominanti - è vero anche che il superamento di questi limiti deve essere proposto oltre, al di là non al di qua dell'orizzonte borghese. I momenti più bui della nostra storia ci offrono, in questo senso, indicazioni molto chiare, anche per ciò che concerne il funzionamento delle organizzazioni politiche, e di un Partito comunista: quando e se si oscura la vita democratica interna, è la proposta politica in quanto tale che perde forza e credibilità.
Si ripropone anche qui il tema del rapporto tra mezzi e fini: contrariamente al luogo comune di origine machiavelliana, che ha profondamente influenzato tutta la politica e tutta la sinistra italiana, oggi non possiamo che rifiutare l'idea di una separazione organica tra la "meta finale dei nostri sforzi" e gli strumenti attraverso i quali raggiungerla. Non si tratta di un imperativo morale, ma di una scelta di coerenza politica e di laicità: bruciare nel presente le proprie identità e certezze strategiche, fino al punto da rovesciarle nel nome di un obiettivo finale metastorico, sottintende in realtà un'alienazione di tipo religioso. E implica, nei fatti, il passaggio ad una pratica politica iperrealistica e moderata come spesso è avvenuto.
Dal punto di vista del contenuto, la democrazia si pone oggi come scelta e pratica del pluralismo politico, culturale, associativo. Plurale è la nostra concezione della sinistra: e rifiutiamo radicalmente lo schema storico del partito unico, che tanti guasti ha prodotto nelle società postrivoluzionarie. Plurale è la nostra concezione dell'alternativa e del suo farsi: anche e sopratutto nel senso qualitativo del termine, cioè della sua capacità di costruire dialoghi, relazioni, luoghi di incontro efficaci tra culture diverse - tesi non solo alla costruzione dei conflitti e alla rappresentanza dei soggetti, ma alla definizione di nuovi legami sociali . Plurale è l'orizzonte politico che accompagna il percorso della transizione: dove si tratta di mettere davvero in discussione, insieme ai rapporti di sfruttamento, le gerarchie tra dominanti e dominati, tra ideatori ed esecutori, tra capi e subalterni. In breve: siamo al nodo del potere, da reimpostare radicalmente rispetto ai suoi tradizionali statuti. In una prospettiva di transizione, la conquista del potere politico centrale resta, certo, un passaggio ineludibile,: non, tuttavia, come un punto di partenza dal quale avviare il mutamento dei rapporti economici e sociali, ma come la tappa pur rilevante di un percorso di trasformazione politica e sociale più ricco e articolato. Come una rottura che definisce, contestualmente un terreno di lotta più favorevole, gli strumenti del proprio controllo sociale, la possibilità della propria estinzione. In questo senso, il comunismo è anche un'idea radicale di democrazia.

TESI 56 - L'AUTORIFORMA DEL PARTITO torna all'indice (approvata dal Comitato Politico Nazionale)
Il Prc affronta i nuovi impegnativi compiti di fase con una struttura inadeguata e in seria difficoltà. Ineludibile è il nodo dell'autoriforma, non solo per fermare la tendenza alla contrazione degli iscritti ma per costruire una organizzazione comunista all'altezza dei compiti di questa fase.

All'interno di questo processo politico e culturale di rifondazione dell'ipotesi comunista si pone con estrema necessità il nodo dell'autoriforma del partito. Questo problema è reso ancor più urgente dal cambio di fase politica rappresentato dal riemergere del conflitto sociale e dai nuovi compiti che ne nascono.
Punto fermo della nostra prospettiva è la costruzione di un partito comunista di massa con l'ambizione della rifondazione di un pensiero e di una pratica comunista. Un partito che prefiguri nella sua vita reale e quotidiana quella società di "liberi ed uguali" a cui alludiamo quando parliamo di comunismo. Un partito che sappia costruire una critica teorica e pratica dell'esistente, una politica non separata dai contenuti, una partecipazione non delegata, un rapporto reale con la società capace di suscitare movimenti e lotte per la trasformazione, di costruire forti relazioni con e tra i soggetti oggi aggrediti dalla modernizzazione e globalizzazione capitalistica, di lavorare alla costruzione di una ampia ed articolata sinistra di alternativa.
Rispetto a questo nostro progetto, del punto di vista della filosofia e della pratica organizzativa, il nostro partito soffre, da sempre, di seri limiti strutturali, che sono stati per altro ampiamente analizzati nel corso della conferenza di Chianciano. Ma, soprattutto, subisce una contraddizione apparsa fin qui insormontabile dovuta oltre che a difficoltà oggettive anche alle nostre incapacità a dar vita in questi anni ad un partito con reali caratteristiche di massa: quella tra un'architettura mutuata dalla tradizione del Pci e funzionale ad un partito in grado, fra l'altro, di disporre di un alto numero di funzionari a tempo pieno, e la realtà del corpo politico di Rifondazione comunista, fatto in misura preponderante di lavoro volontario, militanza mobile, collaborazione occasionale. Non siamo riusciti in nessun momento, anche per il ritmo convulso assunto da una politica sempre più "veloce" (e sempre più incentrata sulle continue scadenze elettorali), a sperimentare dentro questo modello correzioni significative o forme davvero innovative, anche per quanto riguarda il superamento del carattere monosessuato e "biancocentrico" del partito.
Ora, però, non è possibile rinviare ulteriormente, quantomeno, l'avvio di una discussione seria. In larga parte del territorio nazionale, il partito appare in seria difficoltà: spesso appesantito nella sua capacità di proiezione esterna, di radicamento sociale, di allargamento dei consensi; spesso scosso da divisioni, lacerazioni, personalismi; spesso, ancora, segmentato in comparti tra loro non comunicanti. Non è esente da queste contraddizioni neppure la vita del partito ai suoi livelli nazionali e centrali. Va posto in questo ambito anche il nodo di come rendere effettiva la partecipazione del corpo del partito alla formazione delle decisioni politiche. Ad un partito più vivo e partecipato, in grado soprattutto di estendere i propri legami sociali, non può corrispondere un funzionamento che nei fatti riproponga forme di direzione di tipo verticistico. Il solo nudo dato di un turn-over di iscritti oramai endemico, che riguarda decine di migliaia di compagne e compagni "perduti" per strada, merita di essere oggetto di una riflessione organica e non aggiuntiva. Come pure la singolare contraddizione tra l'aumento della corrente di simpatia verso il partito - in particolare delle giovani generazioni - e la riduzione degli iscritti avvenuta negli ultimi anni.
Abbiamo quindi la necessità, soprattutto in questa fase in cui i segnali di disgelo sociale sono cresciuti in modo esponenziale fino a determinare la nascita del movimento, di ridefinire le nostre capacità organizzative e di direzione politica unitaria a tutti i livelli (dalla costruzione del lavoro sociale al tesseramento alla diffusione di Liberazione) all'interno di un indispensabile processo di autoriforma del partito che ne aumenti le capacità attrattive e aggregative, a partire dai circoli che rappresentano lo snodo fondamentale da cui costruire la nostra iniziativa politica.

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TESI 57 - PER COSTRUIRE RELAZIONI SOCIALI torna all'indice
Centro di questo salto di qualità è il passaggio da una forza politica identitaria, quale è ancora troppo spesso il Prc, a un partito che costruisce conflitto e relazioni sociali.

In primo luogo vi è la necessità di spostare il baricentro del partito dagli aspetti identitari e propagandistici alla capacità di costruire azione politica, relazioni con altri soggetti dell'alternativa, organizzazione di lotte, legami sociali, cultura critica.
Il passaggio da un partito che ha al centro la difesa della sua identità ad un partito che mette al centro la capacità di costruire relazioni e organizzazione sociale è anche il passaggio dalla fase della resistenza ad una fase in cui il fermento sociale deve essere capito, valorizzato, supportato anche nell'organizzazione. Nella fase della sconfitta sovente eravamo soli - o quasi - a difendere la necessità dell'alternativa; oggi vi sono con ogni evidenza altri soggetti che - in diverse forme - si muovono sullo stesso terreno. L'acquisizione del fatto che siamo indispensabili ma non sufficienti ci chiede quindi una capacità di apertura verso l'esterno adottando il metodo dell'inchiesta come dato permanente dell'azione del nostro partito. Ribadire la nostra identità comunista non deve rappresentare il fine della nostra esistenza come partito ma il presupposto che ci permette di agire politicamente alla costruzione di una sinistra di alternativa sul piano sociale, culturale, politico. Questa modifica di impostazione deve riguardare il modo di funzionamento del partito a tutti i livelli, del circolo, della federazione, della direzione nazionale, contribuire a definire le priorità sul terreno organizzativo e i criteri nella selezione dei gruppi dirigenti.
In questa prospettiva il militante di rifondazione comunista ha, insieme alla funzione di diffondere la linea del partito - e proprio per poterlo fare al meglio -, quella di tradurre e connettere tra loro linguaggi e culture inevitabilmente eterogenei: deve reinventare una capacità di connessione orizzontale tra le diverse esperienze di massa e, su questa base, una capacità di far convergere queste esperienze nella contestazione dei luoghi centrali e decentrati del potere.

TESI 58 - PER VALORIZZARE IL "SAPER FARE" torna all'indice
Costruire un partito aperto, comunitario, fattivo: che valorizza il "saper fare", non solo il "saper dire"

Un secondo elemento riguarda la costruzione di un partito come organizzazione collettiva, che superi una certa tendenza alla discussione politica generica ma individui con chiarezza le responsabilità e valorizzi davvero il "saper fare" dei propri aderenti, le diverse competenze, le capacità di ciascuno di diventare punto di riferimento politico nel proprio luogo di lavoro, o nel proprio ambito territoriale. In misura parziale, la ormai quasi decennale esperienza delle feste di "Liberazione" è la dimostrazione concreta che questa modalità non solo è possibile, ma esiste e si dispiega in contesti considerati a torto "minori": il fatto è che in questo tipo di appuntamenti, il nostro Partito si presenta nel suo volto aperto, comunitario, fattivo. Luogo d'incontro con gli altri, spazio extramercantile, sede di lavoro militante e collettivo non centrato solo sugli organigrammi. La valorizzazione del saper fare, delle intellettualità diffuse nei diversi campi del sapere, delle conoscenze e delle capacità concrete dei compagni e delle compagne è un punto decisivo per una riforma della militanza politica. Ad oggi come partito intercettiamo solo una minima parte delle forze disponibili ad un impegno e addirittura non riusciamo ad utilizzare nemmeno le competenze dei compagni e delle compagne iscritte. Troppo spesso pochi fanno tutto e molti non fanno nulla. A tal fine il lavoro di inchiesta deve anche essere un lavoro rivolto all'interno del partito, per capire le potenzialità ed ampliare le forme in cui è possibile esprimere una militanza comunista che rispetti le attitudini e i tempi dei militanti, che modifichi l'organizzazione del lavoro politico per poterlo ridistribuire e potenziare.
Occorre inoltre cogliere l'enorme potenzialità che da Seattle al movimento zapatista al controvertice di Genova hanno dimostrato i nuovi strumenti dell'informatica e della comunicazione ai fini della diffusione del movimento, della circolazione delle idee, della controinformazione e del passaggio dalla conoscenza all'azione. Si tratta di valorizzare l'uso di questi strumenti costruendo anche all'interno del partito una diffusione circolare delle informazioni, l'interazione tra le diverse istanze del partito, tra i circoli e i militanti, favorendo così il coinvolgimento di ogni iscritto e la messa a frutto delle conoscenze e capacità di ognuno.

TESI 59 - PER MODIFICARE L'ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO POLITICO torna all'indice
Cominciare a discutere, al centro come nelle federazioni, modalità che siano capaci di superare la "verticalità" gerarchico-burocratica, gli eccessi di individualismo, le separazione incomunicanti di ruoli. Senza ricette precostituite, ma con la voglia di sperimentare.

La valorizzazione del saper fare ci chiama ad una modifica dell'organizzazione del lavoro del partito a tutti i livelli. Da un certo punto di vista, il nostro partito soffre di un limite idealistico: tende a viversi come puro produttore di idee e proposte politiche, e non affronta quasi mai, i problemi legati alla propria realtà e costituzione materiale. Viceversa, la sua metodologia resta affidata a un modello gerarchico-burocratico puramente "verticale", sostanzialmente privo di verifiche e, quindi, anche di capacità tanto di sperimentazione quanto di correzione. La costruzione di una organizzazione del lavoro in cui il prodotto del partito non sia solo la discussione interna ma anche - soprattutto - la capacità di proiezione esterna ci chiede di lavorare per obiettivi, di saper costruire un coinvolgimento più largo dei dirigenti e degli iscritti, di saper mettere in discussione la divisione del lavoro tra dirigenti e diretti anche all'interno del partito. Occorre superare una situazione in cui vi è una sostanziale inesistenza nella discussione del partito di ogni riflessione su se stesso come struttura di lavoro, nonché di momenti organizzati di verifica e bilancio del lavoro svolto.
La messa in discussione delle forme gerarchiche di organizzazione del lavoro, la tendenziale separazione tra incarichi di direzione politica e incarichi di rappresentanza istituzionale e l'introduzione del criterio della verifica come fatto normale e fisiologico nella costruzione dei gruppi dirigenti, possono costituire anche gli elementi per superare positivamente un eccesso di personalismo e di attenzione alla propria "carriera individuale" che costituisce un fattore di inquinamento della vita interna del partito. Questo dato, che è indubbiamente un segnale del più generale processo di crisi della politica, in cui il riconoscimento pubblico del proprio ruolo, l'assunzione di incarichi "importanti", la sottolineatura delle gerarchie sono elementi costitutivi; queste dinamiche non sono estranee alla vita del partito e debbono essere affrontate e discusse. Occorre superare le strutture gerarchiche troppo rigide e dare più spazio all'informalità non codificata delle relazioni tra le persone. Si apre qui un terreno di sperimentazione come scelta non solo utile ma obbligata. Non ci sono formule da proporre ma esperienze da praticare, da discutere criticamente per arrivare - dentro questo percorso - a costruire una diversa organizzazione del lavoro. Per favorire questo processo è necessario che la questione della formazione politica dei compagni e delle compagne assuma un ruolo ben maggiore di quello che ha avuto sin'ora nella vita del partito.

TESI 60 - PER RADICARE IL PARTITO NELLA SOCIETA' torna all'indice
Al centro del nostro impegno, c'è il radicamento del Prc nei luoghi di lavoro e di studio, nei territori, nelle situazioni di conflitto maturo.

Nell'ambito di un allargamento della presenza organizzata del partito, si deve porre la priorità politica del radicamento del partito sui luoghi di lavoro, di studio. Proprio la necessità di superare gli elementi testimoniali ci chiede di rafforzare fortemente, superando remore ingiustificate, la presenza del partito li dove è necessario fare inchiesta, costruire relazioni sociali e conflitto. Un partito che non si percepisca solo come rappresentante delle classi subalterne nelle istituzioni ma come strumento impegnato nella costruzione di una soggettività conflittuale delle medesime non può che porre il problema del proprio radicamento sociale al centro delle proprie attenzioni e a tal fine impegnare energie e risorse, selezionare quadri.
Un partito che manifesta il suo impegno a dialogare, senza nessuna presunzione di primato, convinto del proprio progetto ma che misura le proprie proposte con verifiche sociali concrete, consapevole che la propria crescita è connessa allo sviluppo del protagonismo e dell'autorganizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori, dei soggetti sociali e dei movimenti.
Un partito capace quindi di operare al fine di ricostruire i luoghi del conflitto sociale, attivare le diverse sensibilità e i diversi soggetti sociali della lotta anticapitalista, contribuire con i protagonisti delle battaglie sociali e politiche a individuare i propri alleati e gli avversari contro cui combattere. Un partito impegnato a tessere la rete degli strumenti di lotta unitari e la convergenza dei diversi movimenti in una comune prospettiva di alternativa, nel quadro delineato della ricostruzione dei soggetti della trasformazione, di un nuovo movimento operaio.
Anche per questo occorre superare una certa separatezza nella costruzione dei percorsi di militanza e dei gruppi dirigenti in cui alcuni si occupano stabilmente del funzionamento del partito e altri del lavoro politico all'esterno. Rompere questa divisioni di ruoli - a tutti i livelli - è la condizione per costruire un partito effettivamente radicato nel sociale.

TESI 61 - PER COSTRUIRE UN CONFRONTO POLITICO TRASPARENTE torna all'indice
Il centralismo democratico non è una modalità auspicabile. Come non lo è un regime correntizio. La scelta "giusta", per il Prc, è, da un lato, il potenziamento del suo ricco pluralismo interno, dall'altro, la piena democratizzazione della sua vita interna.

E' poi necessario riflettere sulle forme di organizzazione del dibattito interno. Rifondazione comunista non ha mai praticato il centralismo democratico: una modalità di vita interna che non solo non è "realistica", nell'era della comunicazione globale, ma che certamente confligge con le istanze diffuse di democrazia e l'esistenza di sensibilità, culture politiche, tendenze politico-culturali radicate da sempre nel Prc.
Fermo restando che, in un libero dibattito interno quale vogliamo sviluppare, siano le compagne e i compagni stessi a poter scegliere, di volta in volta in funzione delle caratteristiche della discussione in atto e della dialettica che si produce nella riflessione del partito, la forma concreta con cui manifestare convergenze e divergenze, tuttavia riteniamo che l'alternativa al centralismo democratico non sia un regime correntizio, che tende a cristallizzare il confronto interno, inibisce la volontà dei singoli, precostituisce sistemi di pensiero "organico" anche la dove non è necessario.
La scelta che noi riteniamo preferibile si basa su due cardini: da un lato, il forte e convinto potenziamento del pluralismo interno, come ricerca storica e teorica, lavoro di elaborazione, confronto libero sui temi cruciali che costituiscono a tutt'oggi in larga misura il terreno della rifondazione; dall'altro, l'avvio di una campagna di democratizzazione interna. Nel ridefinire gli ambiti della sovranità - i ruoli dei circoli e delle federazioni, la funzione delle strutture nazionali, il rapporto tra nazionale e locale - essa deve contestualmente ridelineare le priorità politico-organizzative: valorizzando anche e soprattutto nel partito la costruzione diretta dell'iniziativa politica e sociale, l'espressione diretta dei soggetti sociali, la promozione di movimento e di vertenze sul territorio. Fatto salvo ovviamente il rispetto delle opzioni politiche espresse nelle diverse sedi congressuali e in quelle in cui si definiscono gli orientamenti politici, nessun quadro del Prc dovrebbe essere costretto, nei fatti, a scelte preventive di schieramento interno, per essere riconosciuto come tale, così come nessun militante dovrebbe, all'opposto, rivendicare un'appartenenza, o una sub-appartenenza, come ragione sufficiente per un ingresso negli organismi dirigenti: ecco un criterio relativamente semplice, seppur costantemente disatteso, che potrebbe produrre un salto di qualità nella vita del partito.

TESI 62 - PER FAVORIRE L'AUTORGANIZZAZIONE DEI SOGGETTI SOCIALI torna all'indice
Un partito "costruttore di società" prevede - e valorizza - la possibilità dei soggetti sociali di organizzarsi direttamente nel partito, per esprimere la propria soggettività

Occorre approfondire la funzione del partito come "costruttore di società". La costruzione - da soli o in relazione ad altri soggetti - di nuove case del popolo, di luoghi di incontro e di confronto delle diverse soggettività sociali, deve diventare un terreno concreto di iniziativa politica.
Questo progetto è realizzabile unicamente se i Circoli, oltre ad essere l'elemento fondamentale della costruzione del partito, della sua linea e della sua iniziativa, sapranno diventare un luogo di aggregazione delle soggettività sociali culturali e politiche che sul territorio si muovono sul terreno dell'alternativa.
In questo quadro deve essere potenziata e valorizzata la possibilità per i soggetti sociali - giovani, donne, lavoratori - di organizzarsi direttamente nel partito per esprimere la propria soggettività. A partire dalla positiva esperienza dei giovani comunisti, che deve essere allargata e rafforzata, va favorita la costruzione sul territorio dei Forum delle donne, delle Consulte dei lavoratori e dei Forum dei migranti, allargando la funzione del partito rivolta alla costruzione di spazi utili all'autorganizzazione diretta dei soggetti sociali.

TESI 63 - PER RADICARE L'INTERVENTO TRA LE GIOVANI GENERAZIONI torna all'indice
La precarietà come chiave di lettura della condizione giovanile. Il ruolo dei giovani comunisti nella costruzione del movimento.

Per condurre a fondo il processo di autoriforma del partito, una forza centrale è l'attivazione delle giovani generazioni e l'assunzione di una priorità di intervento in direzione loro, sia sotto il profilo della prassi politica che attraverso la costruzione dell'organizzazione giovanile del Prc. Il paradigma della precarietà, che abbiamo definito generale nella rivoluzione neocapitalista, si applica in primo luogo proprio alla "condizione giovanile" e determina il suo ruolo materiale nel quadro dei rapporti sociali di classe.
La disoccupazione e l'inoccupazione, la svalorizzazione e l'espropriazione dei diritti e delle garanzie del lavoro, fino ad una nuova e superiore alienazione, il comando del profitto sui saperi sempre più centrali nella produzione di valore, il controllo pervasivo della vita quotidiana anche attraverso la privazione di spazi di socialità ricca, l'appropriazione capitalistica delle stesse forme di vita nel loro insieme, sono tratti caratteristici di quest'epoca del dominio del mercato: in essa, si affaccia una generazione che dal futuro, senza mutamenti, può attendersi solo una condizione peggiore, per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale, di quella che l'aveva preceduta.
In questo senso vanno letti i movimenti degli ultimi anni e mesi, che proprio nel protagonismo di giovani e giovanissimi vedono un inizio di replica conflittuale e alternativa a tale stato di cose. Il movimento presente materializza per le nuove generazioni la sola occasione per una riconquista di massa della dimensione politica, e per la sua liberazione dall'abbraccio mortale della gestione di un potere sempre più distante e nemico: "un altro mondo è possibile" è parola d'ordine che evoca in primo luogo, per queste generazioni, il tema centrale della riappropriazione del proprio futuro e d'una cittadinanza ricostruita nella partecipazione al conflitto e alla trasformazione.
I Giovani Comunisti sono stati, fin dall'inizio, uno dei soggetti politici più attivi nella costruzione, nel nostro paese, del "movimento dei movimenti", presentando così i tratti di una feconda anomalia rispetto alla storia e al panorama, fino a qualche tempo fa, delle organizzazioni giovanili comuniste e di sinistra, troppo spesso incapaci di aprirsi davvero alla ricerca di nuove prassi rivoluzionarie e di riconoscere la dimensione soggettiva del movimento reale e porsi al servizio della sua crescita.
I Giovani Comunisti non hanno cercato e trovato nelle recenti mobilitazioni solo un maggior riconoscimento: bensì e soprattutto hanno cercato e trovato una nuova fase di vita, in cui farsi attraversare dalla sperimentazione che coinvolge il corpo sociale del movimento e in cui aprirne un'altra, sul terreno dell'organizzazione non più disgiunto da quello della comune costruzione del movimento stesso. In questa direzione è andata anche la scelta di tentare un esperimento prioritario, quello definito nel "Laboratorio della disobbedienza sociale": tutt'altro dalla riproposizione di una "stretta" organizzativista su una parte del movimento e tanto più dall'annullamento del valore dell'organizzazione in un afflato spontaneista e immediatista, ma invece una sfida importante di comunicazione e confronto tra culture nella stessa intenzione di promuovere il conflitto, al contempo costruendo consenso attivo e partecipativo.
I Giovani Comunisti contribuiranno ulteriormente a questa discussione definendo il proprio autonomo profilo nella loro Conferenza Nazionale.

Hanno sottoscritto il documento:
BERTINOTTI, CRIPPA, FERRERO, FRALEONE, GRASSI, PEGOLO, ZUCCHERINI, BELLUCCI, CACCIARI, CAMMARDELLA, CANONICO, CAPPELLONI, CAPRILI, CASATI BRUNO, CERBONE, CURZI, DE CRISTOFARO, DE SIMONE TITTI, DEIANA, EMPRIN , FAVARO, FORGIONE, GAGLIARDI, GHIGLIONE, GIANNI, GIORDANO, GUAGLIARDI, LOCATELLI, MAITAN, MALABARBA, MANGIANTI, MANTOVANI RAMON, MASCIA, MASELLI, MIGLIORE, MUSACCHIO, NARDINI, NESCI, NOCERA, PAPANDREA, RICCI MARIO, RUSSO FRANCO, RUSSO SPENA, SENTINELLI, SIMONETTI, SORINI, TURIGLIATTO, VACCARGIU,VALENTINI,VENDOLA,VINCI,VINTI, ABBA', ACCARDO, ACERBO, ACETO, AITA, ALASIA, ALBONETTI, ALFONZI, ALLOCCA, ALTAVILLA, AMATO, ANTONAZ, ANTONIELLA, ARMENI, ATTILIANI, AURORA, AZZALIN, BALDI, BANDINELLI, BARACCO, BARASSI, BARBAGELATA, BARONTI, BARZAGHI, BELISARIO, BELLOFIORE, BENVEGNU', BERLINGUER, BERTOLO, BERTORELLO, BOGHETTA, BONADONNA, BONATO, BONFORTE, BONOMETTI, BORDO, BOZZI, BRACCI TORSI, BRISTOT, BURGIO, BUTTIGNON, CAMPANILE, CANCIANI, CANONICO, CANTONI, CAPACCI, CAPELLI, CARDONE, CARRAZZA, CARTA, CARTOCCI, CASATI GIOVANNA, CATALANO, CATANIA, CHECCHI, CIMASCHI, CIMMINO, CO', COGODI, COLOMBINI, COLZANI, COMMODARI,CONFALONIERI, CONSOLO, CONTI, CORRENTE, COSIMI, CRISTIANO, D'ACUNTO, D'AIMMO, D'ALESSANDRO, D'ANGELI, DANINI, D'AVOSSA, DE CESARIS, DE PALMA, DE PAOLI, DE SANTIS, DE SIMONE PAOLO, DI GIOIA, DI SABATO, DONDA, DUCCINI, FABIANI, FANTOZZI, FASOLI, FAZZESE, FERRARA, FERRARI GIANLUCA, FERRARI SAVERIO, FERRETTI, FIRENZE, FONDELLIFRATOIANNI, FRENDA, GABRIELE, GALLO, GAMBUTI, GELMINI, GIANNINI, GIAVAZZI, GIORGI, GITTO, GRANOCCHIA, GROSSO, GUGLIELMI, JERVOLINO, JORFIDA, KIWAN, LEONI, LIBERA, LICHERI, LINGUITI, LOMBARDI ALDO, LOMBARDI ANGELA, LOMBARDI MIRKO, LOMBARDI ROBERTO, LONGO, LOSAPPIO, LUCINI, LUNIAN, MACRI', MAJORANA, MALENTACCHI, MALINCONICO, MAMMARELLA, MANGIA, MARAGLINO, MARAIA, MARCHETTINI, MARCHIONI, MARCONE, MARCONI, MAROTTA ANGELO, MAROTTA ANTONIO, MARTINO, MASELLA, MELIS, MENCARELLI, MERLINI, MILANI, MINISCI, MITA, MONTANILE, MONTECCHIANI, MORANDI, MORDENTI, MORETTI, MORINI, MORO, MOSCATO, MOZZETTA, MUGNAI, MULAS, MULLIRI, MURA, NICOTRA, NIERI, NINCHERI, NOVARI, NUCERA, OKROGLIC, OREFICE, ORTU, PACE, PALOZZA, PAOLINO, PASI, PATELLI, PATRITO, PECORINI, PEDUZZI, PERUGIA, PESACANE, PESCE, PETRUCCI, PETTENO', PIERINI, PIETRANGELI, PINTUS, PIOMBO, PLATANIA, POETA, POSELLI, POZZOBON, PRANDINI, PRIMAVERA, PUCCI ALDO, PUCCI ROBERTO, RAZZANI, RICCI ANDREA, RICCIONI, RIGACCI, RIVELLI, RIVERA, ROSSI, SACCHI, SANSOE', SANTORUM, SARDONE, SAVELLI, SCIANCATI, SCONCIAFORNI, SCREPANTI, SEMERARO, SGHERRI, SIMEONE, SIMINI, SIRONI, SOBRINO, SPECCHIO, SPERANDIO, SPERANZA, STERI, STUFARA, TANARA, TANGOLO, TAVELLA, TEDDE, TETTAMANTI, TORRESAN, TORRICELLI, TOSI, TRIA, TRIBI, TRIVELLIZZI, TRONI, TROTTA, TROVATO, TRUFFA, VALENTI, VALLEISE, VALPIANA, VERZEGNASSI, VIANI, VLACCI, VOCCOLI, VOZA.