Critica all'ordine del giorno di maggioranza della DN di novembre.
La Direzione Nazionale del partito dell'11 novembre 2000 ha discusso della tattica elettorale, per il definitivo varo della quale si dovrà attendere il CPN di gennaio. Ne sono emerse due ordini del giorno, uno di maggioranza e uno di minoranza. Di seguito trovate una analisi critica del documento di maggioranza e da altra parte una analisi critica del documento di minoranza scritte dal collettivo redazionale di REDS e che indicano la nostra posizione sulla questione delle alleanze elettorali. REDS. Novembre 2000.


Nel documento di maggioranza troviamo una analisi corretta della fase, le conclusioni però, sono assolutamente contraddittorie con le premesse.

Esordisce con: "Si conferma la crisi strategica del centrosinistra". E prosegue: "La logica dell'alternanza ha portato progressivamente su questioni cruciali, quali quelle sociali, ad una sostanziale omologazione del centrosinistra al centro destra."

Condividiamo anche il pezzo sull'Europa, che se non altro, rappresenta una posizione più accettabile rispetto a quella passata del Prc quando, durante l'appoggio al governo Prodi, il partito aveva votato tutte le finanziarie per "andare in Europa", contribuendo così alla formazione dell'Europa sotto i dettami di Maastricht:

"Abbiamo contestato il carattere monetaristico, tecnocratico e liberista che ha segnato fin qui questo processo, e di cui va cambiato il segno [...] la carta dei diritti è subalterna ai trattati di Maastricht, rende perciò subalterni e aleatori gli stessi diritti riconosciuti, consegna centralità alla proprietà e alla sussidiarietà. [...] Siamo impegnati per un processo di costituzione sociale europea, che leghi diritti individuali e collettivi in una nuova stagione progressiva".

Siamo anche d'accordo nel legare l'esigenza di una rottura del centrosinistra facendosi portatori di una proposta di "unità della sinistra", con la costruzione di una sinistra di alternativa a partire dai movimenti. Il primo obiettivo è necessario per dare una prospettiva di governo, magari lontana, che si contrapponga all'attuale dicotomia centrodestra/centrosinistra. Il secondo per costruire il polo radicale che si candidi ad esercitare un'egemonia su questo schieramento possibile, e che in ogni caso porti avanti il proprio progetto.

Poi però cominciano le affermazioni poco chiare:

"La nostra proposta per la costruzione di una sinistra plurale, che propone la rottura della gabbia del centrosinistra e il superamento della sua impostazione politico culturale, è stata fin qui rifiutata dallo stesso".

La proposta di rottura del centrosinistra avanzata nella Direzione Nazionale precedente (vedi I dieci giorni in cui eravamo d'accordo con Bertinotti) era assolutamente giusta. E' una impostazione da difendere. In pratica si dice alla sinistra governativa: noi siamo disponibili ad una alleanza con voi che tenga conto delle diversità, ma dovete rompere politicamente con il centro politico e in secondo luogo dobbiamo metterci d'accordo su un programma più avanzato. E' una politica giusta perché ci permette di mantenere la nostra totale autonomia di critica (ed eventualmente di presenza elettorale), ed allo stesso tempo di offrire una prospettiva concreta, o che appaia tale alla massa elettorale che vota DS e verdi, massa che potrebbe trovare cinico un atteggiamento del partito che si mostrasse indifferente al problema delle alleanze necessarie per sconfiggere le destre. Queste stesse masse invece hanno la possibilità che comprendano una posizione che dica: "anche noi siamo preoccupatissimi di queste destre, ma esattamente per questo pensiamo che sia controproducente incoraggiare l'esistenza di due poli che si assomigliano in tutto, per questo siamo contro il centrosinistra; ma assolutamente a favore dell'unità delle forze di sinistra". E' come dire: "sì, noi ci presentiamo da soli, ma già da oggi saremmo felici di presentarci insieme a voi, DS e Verdi, a queste precise condizioni. Non ci interessa invece l'alleanza coi Dini, i Mastella e i Rutelli."

Il fine della rottura del centrosinistra è ed era dunque di somma importanza, ma il nostro partito non ha fatto nulla per renderla credibile. Se si decide sul serio di rompere la gabbia del centrosinistra allora è tassativamente vietato presentarcisi insieme, per la semplicissima ragione che in questo modo si dimostra nei fatti come non vi sia altra strada che quella della alleanza con il centro. Noi dobbiamo porre una novità nel dibattito della sinistra italiana, che non è una novità nel resto del mondo: la sinistra deve fare a mano della borghesia e dei suoi partiti. Sappiamo molto bene che i DS (come il PCI prima) non ne vogliono sentir parlare: non dobbiamo però convincere Veltroni, ma mettere un cuneo nel loro elettorato: ogni elettore DS e verde deve sapere, nel momento in cui il PRC si presenterà da solo, che il PRC avrebbe voluto allearsi con il loro partito, se quello non avesse preferito i De Mita e i Parisi. Diversamente, DS e Verdi, sapendo che alla fine non pagheranno alcun prezzo, persisteranno nella tradizione storica della sinistra italiana di accordi con i partiti della borghesia, avendo buon gioco nel dimostrare al proprio elettorato che "purtroppo" non vi sono alternative: anche Rifondazione l'ha capito, vedete che si è alleata con noi?

Nell'ordine del giorno della maggioranza dopo aver caratterizzato così duramente la politica del centrosinistra con un vero e proprio salto logico si afferma:

"La eventuale 'non belligeranza', quale tattica elettorale autonomamente praticata dal PRC, è pensata in questa logica di investimento sulla prospettiva". Quale prospettiva? Non è spiegato.

Il documento prosegue affermando che il confronto con il centrosinistra proseguirà su battaglie per i diritti civili, la finanziaria e la nuova legge elettorale. Poi insiste ancora in un altro passaggio (lasciando così ampiamente intendere che questo è il nodo della trattativa) su una nuova legge elettorale "che garantisca rappresentanza e governabilità, come il referendum ha proposto alle forze politiche."

In effetti, leggendo i giornali e sentendo i TG è questo il messaggio che passa: Rifondazione vuole la nuova legge elettorale e allora forse farà l'accordo. Questo messaggio denuncia chiaramente che si ignora lo stato della gente che guarda alla politica con un misto di rabbia e indifferenza, e che potrebbe essere potenziale nostra elettrice se mandassimo segnali di ben altra qualità. E' una impostazione che si colloca tutta sul politico. Una persona "normale", che non sa molto di politica e che la segue distrattamente si dirà: "ecco i soliti, la loro principale preoccupazione è non sparire dal parlamento". Esattamente l'opposto dell'immagine che dobbiamo trasmettere che è di centralità dei bisogni popolari e di radicalità nell'esigerli. Un ragionamento del tipo: "sì è vero, noi vogliamo assicurarci una rappresentanza in parlamento proprio in nome di quei bisogni" appare un po' troppo furbesco ai più, anche perché la storia della nostra rappresentanza parlamentare non ha dato di sé una immagine, diciamo così, per essere buoni, indimenticabile: i bisogni se li è dimenticati un paio di volte uscendo in maggioranza dal partito per difendere prima Dini e poi Prodi. Perché le masse possano percepire come utile una battaglia di questo tipo, di difesa di spazi istituzionali, devono aver fatto esperienza concreta di questa indispensabilità. Un discorso tutto centrato sui nostri bisogni appare a chiunque non sia iscritto al nostro partito, come dettato da truce interesse di bottega. Non stiamo discutendo della necessità di una nuova legge elettorale (non però, per piacere, per "assicurare la governabilità"!!! come si legge nel documento) ma individuare questo terreno, come quello di "scambio" con il centrosinistra. Se vogliamo sul serio rompere il centrosinistra, questo, in quanto tale, non deve essere più un nostro interlocutore, e dobbiamo chiamare fuori invece la socialdemocrazia e i verdi, formulando proposte che servano a creare contraddizioni tra i loro vertici e la loro base.

Ordine del giorno della maggioranza: "Dalle valutazioni che autonomamente Rifondazione comunista trarrà rispetto a questi elementi, nella loro connessione con la prospettiva e la nostra proposta della sinistra plurale, deriverà il nostro orientamento finale nella tattica elettorale."

La nostra tattica elettorale, in una logica di contrattazione, è lasciata dunque nell'indeterminatezza. E' un pessimo segnale che si lancia verso l'esterno e anche dentro al partito. Finché non sapremo sul serio se ci sarà accordo più o meno mascherato, oppure no, cosa possono dire i militanti che nei posti di lavoro devono difendere le posizioni del partito?

"Fermo restando l'assunto che nessun accordo politico è possibile tra il PRC e centrosinistra per le prossime elezioni nazionali, e che, stante l'attuale legge elettorale, Rifondazione comunista sarà presente con il proprio simbolo comunque, nel proporzionale alla camera e in tutti i collegi senatoriali, il CPN di gennaio sancirà le scelte definitive e le indicazioni per la campagna elettorale che costituiranno l'impostazione politica del partito e la sua piattaforma programmatica".

Ecco un vero e proprio concentrato di messaggi trasversali. No, non ci piace proprio questo metodo. Non dobbiamo inviare messaggi ad esclusivo beneficio dei soli ceti politici. La frase " stante l'attuale legge elettorale" è stata pensata esclusivamente per Veltroni e Rutelli; si dice: "cari miei, noi l'accordo con voi possiamo anche farlo, ma attenzione però, solo se cambiate la legge elettorale, altrimenti, vedete? Abbiamo già votato questa mozione che ci vincola". Domandiamo: che senso ha dire che lottiamo per la rottura del centrosinistra quando siamo disposti a mercanteggiare in buona sostanza solo sulla legge elettorale? Se si vuole operare una rottura, ci si dovrà pur dotare degli strumenti necessari per realizzarla! Quali sono quelli proposti dalla maggioranza? Ma ci pare davvero che un tema come quello della legge elettorale possa appassionare i giovani, muovere gli operai, spostare gente dall'astensionismo al PRC? Non ci piace questo doppio linguaggio, non ci piace che si scriva "nessun accordo politico" quando i concretissimi termini di questi accordi sono decifrabili solo dagli addetti ai lavori.

Ma facciamo finta di non saper leggere i messaggi trasversali. Pensiamo davvero che la tattica elettorale proposta e cioè "presentiamoci ovunque ma non nel maggioritario alla camera", abbia una qualche possibilità di essere compresa a livello d massa? Non scherziamo. E' una tattica che scontenta tutti. I più moderati che temono fortemente la destra e sono favorevoli all'unione di tutti contro Berlusconi diranno: ecco, si presentano al senato e così indeboliscono le possibilità dei candidati del centrosinistra di essere eletti. Quelli più arrabbiati col centrosinistra diranno: "eccoli lì, parlano parlano ma poi una mano, non presentandosi al maggioritario gliela danno". In poche parole è una tattica che non capta i voti di nessuno: né dell'elettorato antisistema, né di quello un po' più moderato. Non lancia messaggi chiari e univoci.

Da un partito comunista ci aspettiamo ben altri ordini del giorno, centrati non sulle preoccupazioni circa il numero di deputati eletti, ma su come trarre giovamento, ai fini della crescita di una alternativa radicale, dalla crisi senza precedenti della socialdemocrazia. Abbiamo sognato una mozione della Direzione Nazionale che dicesse: "sinistra, basta con questo centro con cui si devono mediare i diritti delle donne, dei lavoratori, dei giovani, vi offriamo una alleanza di governo basata su risposte concrete ai bisogni di tutti i settori oppressi della società. Dite che così si perde? Ma così perderete comunque trascinando la sinistra nell'inerzia e nella vergogna. Non ci state? Peccato, se preferite l'alleanza strategica con il centro, siamo costretti a presentarci da soli, ovunque, perché per noi la politica ha un valore alto che prescinde anche dalla conquista di una poltrona parlamentare." Poi ci siamo svegliati, e abbiamo scritto questo articolo.