Intervento sul programma elettorale della minoranza del PRC.
Considerazioni sulla sintesi del programma alternativo proposto dalla minoranza del PRC alla Direzione Nazionale del 29 marzo 2001. REDS. Aprile 2001.


La Direzione Nazionale del 29 marzo ha varato a maggioranza una "bozza" di programma elettorale che si propone di discutere con le altre realtà politiche, sociali, ecc. La minoranza di Progetto Comunista ha contrapposto una propria "sintesi" di programma elettorale e che riproduciamo qui di seguito. Abbiamo sottoposto il programma del partito ad una seria indagine critica che offriamo ai lettori (Sul programma del partito), che potranno liberamente intervenire sull'insieme del documento o su parti di esso. Qui sotto riportiamo un breve intervento sul programma alternativo scritto dalla minoranza interna.

 

La minoranza interna del PRC ha criticato il programma elettorale del partito accusandolo di non arrivare ad essere nemmeno un programma minimo di stampo socialdemocratico e rivendicando il metodo del programma transitorio. Prima di accennare brevemente al testo dunque, una piccola premessa.

Programma massimo e programma minimo

La socialdemocrazia classica (quella del primo ventennio del secolo scorso) soleva suddividere i propri proponimenti in due parti: il programma minimo e il programma massimo. Nella prima parte vi erano una serie di richieste di carattere riformista assai compatibili con il sistema dominante, nella seconda parte invece si trovava il libro dei sogni: socialismo, abolizione della proprietà privata, ecc. Tra le due parti non vi era molta relazione per cui restava abbastanza oscuro come dalla prima si potesse passare alla seconda. E in effetti la politica pratica della socialdemocrazia era concentrata sulla prima parte e la seconda serviva per quelli che venivano chiamati i "discorsi della domenica". L'ala più radicale del PS italiano era chiamata per l'appunto "massimalista" (in polemica con la gestione riformista del partito, e della sua componente parlamentare): essa aderiva alla "seconda parte" del programma socialista, quella, per l'appunto "massima". Si erano così specializzati in discorsi terribilmente radicali, ma privi di qualsiasi conseguenza pratica. Durante il biennio rosso gli esponenti di questa corrente andavano davanti alle fabbriche occupate e, arrabbiatissimi, gridavano che si doveva fare la rivoluzione, e non accordarsi coi liberali come facevano i riformisti; gli operai applaudivano, poi l'oratore massimalista se ne andava, e gli operai si guardavano in faccia e si domandavano: beh, e ora che facciamo? Il massimalista si dimenticava regolarmente di suggerire le conseguenze pratiche del suo radicalismo verbale. Riformisti e massimalisti, dunque, costituivano due lati della stessa medaglia: i primi puntavano con la loro "concretezza" a riforme minime e inoffensive interne al sistema e dunque non combinavano nulla, dato che le riforme, senza mettere in gioco le masse e dunque gli equilibri del sistema, non si ottengono, i secondi puntavano direttamente al socialismo senza parole d'ordine intermedie, e, allo stesso modo, non combinavano nulla. Abbiamo semplificato molto, ma per una analisi più dettagliata si vedano gli atti costitutivi del PCdI sulla nostra rivista, dato che il partito comunista nacque proprio per superare questa dicotomia.

In generale il nascente comunismo, applicava un metodo ben differente. I bolscevichi criticavano aspramente la divisione tra programma minimo e massimo. Avevano un obiettivo: la presa del potere e una serie di parole d'ordine che avevano un solo scopo, mobilitare le masse. I punti degli scritti che erano rivolti alle grandi masse non avevano per fine dimostrare una qualche superiore capacità dei comunisti a governare la Russia, ma erano calibrati sui sentimenti e i bisogni delle masse, e selezionati in base alle necessità e alle possibilità che avevano di muoverle, accrescere la loro coscienza, il loro grado di organizzazone, mettere in crisi l'apparato dello stato. Più tardi Trotsky dette un nome a questo metodo utilizzando il termine "transitorio". Le parole d'ordine transitorie, il programma transitorio, ecc. sta ad indicare una serie di punti programmatici che costituiscono un "ponte" tra la realtà attuale e l'avvento del socialismo. Trotsky scrisse anche un testo, al quale i trotskisti fanno spesso riferimento, e che si chiama "Il programma di transizione", ma che in realtà serve assai poco a comprendere il metodo che sopra abbiamo descritto. Quel testo appartiene molto di più alla tipologia dei "Manifesti", dei documenti di identità delle organizzazioni politiche.

Tutta questa premessa per dire che il documento di maggioranza del PRC non ha molto a che vedere con il programma minimo di stampo socialdemocratico, ci pare fuorviante e poco utile questo parallelo. Anche perché scommettiamo che assai pochi, tra gli stessi che muovono questa critica, abbiano mai letto un classico "programma minimo" socialdemocratico. Il testo della minoranza del resto ci pare abbia poco a che vedere con il metodo delle rivendicazioni transitorie, per ragioni che più sotto spiegheremo, e proprio nulla, per fortuna, con il Programma di Transizione, ottimo testo, ma che non si proponeva certo come programma elettorale.

Il testo di Progetto Comunista

Il documento ha vari aspetti positivi. Il primo è che, sul terreno delle rivendicazioni di classe, è molto più chiaro di quello della maggioranza. Ha il coraggio di dire chiaramente alcune cose. Per esempio "la trasformazione di tutti i contratti atipici e particolari in contratti a tempo pieno e indeterminato: la battaglia per l'abolizione del 'pacchetto Treu' va assunta, in questo senso, come battaglia centrale del partito". Questa impostazione non solo ci pare giusta, ma effettivamente diviene di fondamentale importanza per avvicinare settori di giovani che non vedono di fronte a sé la possibilità di un minimo di certezza lavorativa. E, per essere efficace, deve proprio essere esposta nei termini radicali che sono suggeriti nel documento della minoranza.

Altri elementi esposti nel documento dovrebbero essere utilizzati per cominciare un dibattito nel partito, senza settarismi: ad esempio, sull'abolizione del segreto bancario.

Il testo della minoranza è chiaro ed agile, e pensiamo che anche quello della maggioranza avrebbe dovuto assumere questo stile (e questa dimensione). Inoltre ci è sembrato di percepire un certo sforzo di argomentare in maniera concreta alcune petizioni di principio, sforzo non sempre riuscito ma che apprezziamo.

Detto ciò ci soffermeremo maggiormente sui limiti del documento, esattamente come abbiamo fatto con quello della maggioranza, non perché siamo equidistanti tra i due, ma perché ce lo possiamo permettere per aver pubblicato per intero i due documenti, dunque chi vuole se li vada a leggere: qui sarebbe ridondante se ripetessimo concetti e frasi che condividiamo di un documento o dell'altro.

Problemi di dottrina

Uno dei problemi maggiori della minoranza interna al nostro partito è la maggior propensione a fare dottrina un po' astratta, invece che ad esprimersi in maniera concreta. Per esempio quasi metà del documento insiste sul concetto del "controllo dei lavoratori", obiettivo sul quale, atrattamente, anche noi concordiamo, ma: cosa c'entra con le elezioni del 13 maggio 2001? Ce lo immaginiamo un nostro segretario che andasse in TV con questa parola d'ordine? Risulterebbe ridicolo o semplicemente non sarebbe compreso da parte degli stessi lavoratori, a parte i militanti di Progetto Comunista. Le parole d'ordine elettorali devono assolutamente tener conto del livello di coscienza medio dei lavoratori, senza adeguarvisi, certo, ma senza scappare chilometri innanzi; possono anche non essere condivise, ma devono essere capite, non possiamo parlare un'altra lingua. La parola d'ordine del controllo operaio agitato negli anni venti, era compresa da settori di massa che avevano fatto esperienza concreta, seppur per brevi periodi, di questo "controllo": durante l'occupazione delle fabbriche durante il biennio rosso in Italia, ad esempio. Ma oggi la maggioranza dei lavoratori fa fatica a vivere l'esperienza concreta di un semplice sciopero. La parola d'ordine è così astratta, oggi, che lo stesso documento della minornaza non riesce in alcun modo ad articolarlo in maniera concreta. Quando ne parla lo collega all'abolizione del segreto bancario: ma tra le due cose non vi è relazione. L'abolizione del segreto bancario è una parola d'ordine democratica, nel senso che, teoricamente, puo' interessare tutti ed essere realizzata senza controllo dei soli lavoratori. Del resto perché i giochi delle banche dovrebbero essere sottoposti al controllo dei soli operai? E' un diritto di cittadinanza: riguarda anche gli studenti, i giovani, le donne, gli immigrati, i pensionati, i consumatori. L'astrattezza della parola d'ordine (come parola d'ordine elettorale) è aggravata dal fatto che manca il soggetto concreto di questo controllo. Sono le RSU? Forse, se queste fossero centralizzate, ma se avvenisse il miracolo della loro centralizzazione, dovrebbero prioritariamente rivendicare ben altre cose, come il controllo sul collocamento. Oppure il controllo dovrebbe essere affidato, come dicevano i rivoluzionari ottanta anni fa, ai partiti e ai sindacati operai, ma è ben difficile che possa chiedere questo Progetto Comunista/Proposta, visto che per essa quei soggetti sono "agenti della borghesia nel movimento operaio". E così il "controllo operaio" chiesto dalla minoranza interna rimane appeso per aria, senza che nessuno riesca a capire di che si tratti. Un esempio. Il documento afferma: "I comunisti non possono allora allinearsi al tradizionale coro lamentoso chiedendo ad uno Stato borghese dichiaratamente impotente la lotta all'evasione fiscale.... della borghesia. E' necessario porre nel movimento operaio la rivendicazione del controllo dei lavoratori sul fisco." Bello, ma come si realizza in concreto, anche se avessimo la bacchetta magica?

Seattle, movimenti, alleanze, ecc.

I compagni di Progetto Comunista/Proposta mantengono un giudizio assai critico, a dir poco, verso il movimento Seattle. Su alcune questioni hanno pure ragione. Ma noi pensiamo che l'atteggiamento migliore non sia restarne fuori a denunciarne il carattere "riformista" (a questo proposito vedi anche I comunisti e il movimento Seattle) e ripetere, come sull'ultimo numero della rivista Proposta, che la soluzione di tutto è la Quarta Internazionale. Sarà anche così, ma la gran parte della gente non sa nemmeno che diavolo sia, questa Quarta Internazionale, e la cosa si aggrava ancor più quando i compagni di Progetto Comunista/Proposta aggiungono che la Quarta, che già ben pochi conoscono, è pure "degenerata" e che tocca "ricostruirla", e questo sarebbe addirittura il compito principale dei rivoluzionari. Noi pensiamo che il posto dei comunisti è quello delle masse che si muovono, magari confusamente, magari in maniera imperfetta, ma che creano opposizione. Da quella posizione potremo valorizzarne gli aspetti positivi e segnalarne i limiti. Definire la Tobin Tax "un pannicello caldo", come fa il documento, suona veramente sprezzante nei confronti di tutti quei militanti che invece con ATTAC stanno coordinandosi, costruendo campagne, ecc. Certo che la Tobin Tax non è la soluzione ai nostri problemi, ma, nei fatti, tale campagna ha dimostrato una forte vitalità ed ha spinto migliaia di persone ad un atteggiamento oppositivo verso l'ordine mondiale, molto di più di tante prediche astratte contro il capitalismo. Nell'atteggiamento verso i movimenti realmente esistenti, il documento della minoranza è peggio di quella della maggioranza che, seppur confusamente e a volte senza spirito critico, comunque con quei movimenti cerca di rapportarsi.

Nel documento non si dice assolutamente nulla sulla questione delle riforme scolastiche che hanno mosso centinaia di migliaia di individui, compresi alcuni militanti di Progetto Comunista, nell'ultimo anno. Di omosessuali, immigrati, giovani, donne, non troviamo letteralmente neppure una riga. Sapevamo già della diffidenza di questi compagni verso i suddetti soggetti sociali, ma di qui a cancellarli del tutto, ci pare un salto di non poco conto. In compenso viene dedicata una gran fetta del documento alle rinazionalizzazioni, a scopo, evidentemente, di polemica interna, dato che il documento della maggioranza su questo punto, come abbiamo visto, è ambiguo a dir poco.

Conclusione

E' utile che questo documento sia stato portato in votazione e diffuso nel PRC. Non condividiamo la tattica di quei settori di partito, come Bandiera Rossa, che mugugnano e poi al momento del dunque votano sempre a favore della maggioranza. E' un atteggiamento, tra le altre cose, paternalistico nei confronti della base, che ha diritto di sapere chi pensa cosa nel partito. Progetto Comunista/Proposta pur con tutti i limiti che non ci stanchiamo di sottolineare, per lo meno ci risparmia queste furbizie, e con la sua sola presenza costituisce la garanzia che per lo meno un pezzo del dibattito interno al partito esca fuori allo scoperto, visibile ai più.

Si tratta però, complessivamente, di un documento immaturo e, ci pare, scritto di fretta. Basti pensare al paragrafo internazionale dove non si fa cenno alla NATO. Ovviamente siamo convinti che i compagni di Progetto Comunista/Proposta siano a favore dell'uscita unilaterale dell'Italia dalla NATO, però non l'hanno scritto. Perché anche il documento di minoranza è, come quello di maggioranza, nato e gestito da pochi, che, essendo umani, errano, si dimenticano, hanno tremila cose da fare. Prima o poi la maggioranza e Progetto Comunista apprenderanno che avvalendosi del concorso della base, di una discussione aperta e a largo raggio, senza ansie di controllo dell'apparato del partito da un lato, e della sua minoranza dall'altro potranno ottenere risultati di livello un po' più elevato. O no?