Lo scambio epistolare tra
Falce e Martello e Proposta.
Lo
scambio di lettere tra le due aree che hanno preceduto la rottura di progetto
Comunista. Aprile 2001.
Rispetto alla rottura determinatasi all'interno di Progetto Comunista tra Falce e Martello e Proposta, ci siamo già espressi il mese scorso con un commento. Aggiungiamo a titolo di documentazione questi altri materiali, precedenti la rottura. Proseguiamo cioé nel compito che ci siamo prefissi di mettere a disposizione della base ogni genere di documentazione ufficiale riguardante il dibattito interno al partito. Faremmo lo stesso anche con altre aree se avessero una esistenza meno clandestina. La clandestinità delle aree è già di per sé un fatto gravemente antidemocratico, come in altre occasioni abbiamo avuto modo di argomentare. Ed è a totale carico delle stesse, dato che oggi nel PRC l'organizzazione in aree è "legale".
Contrariamente a quanto hanno fatto e continuano a fare queste due aree nei nostri confronti, pubblicizziamo i siti rispettivi in modo che ognuno possa formarsi la propria opinione:
Falce e Martello:
http://www.marxismo.net
Proposta: http://www.geocities.com/CapitolHill/Lobby/3545/proposta.html
(questo sito in realtà non è aggiornato da tempo per cui consigliamo:
http://members.xoom.it/progettocomu/home.htm che formalmente
è il sito di Progetto Comunista della Sicilia, ma esprime il punto di
vista di Proposta, e tra i siti non ufficiali di questa, è il più
aggiornato)
(lettera di Proposta a Falce e Martello)
Ai compagni del CPN aderenti alla associazione Falcemartello
Roma, 16 settembre '99
Cari/e compagni/e, ci rivolgiamo a voi con questa lettera perché riteniamo ormai inderogabile una chiarificazione definitiva sul vostro atteggiamento verso Progetto Comunista.
Dopo l'assemblea nazionale di Bellaria che ha deciso a stragrande maggioranza (con la vostra astensione) di costituire l'area in forma organizzata, il vostro atteggiamento ci è parso di sostanziale ostilità e rifiuto rispetto a questa decisione.
Il compagno Bellotti in particolare ha rifiutato di firmare la dichiarazione sottoscritta dagli altri nove compagni della Direzione nazionale eletti sulla base della Seconda mozione, che annunciava al partito - e come logico anche ai "media" - la decisione di costituire l'area organizzata.
Nelle successive riunioni regionali laziale e lombarda avete non solo indicato il vostro dissenso sulla scelta fatta a Bellaria (cosa ovviamente legittima, anche se ci sembra esprimere più una opposizione che l'astensione dubbiosa che avete preferito adottare in sede di Assemblea nazionale) ma siete anche apparsi rimettere in questione la decisione.
Ora, come argomentato chiaramente nel corso dell'Assemblea nazionale costitutiva, non esiste ovviamente nessun obbligo per cui l'insieme dei/delle compagni/e che hanno partecipato (con un ruolo attivo) alla battaglia della mozione di minoranza al congresso debbano oggi aderire a Progetto Comunista. Certamente esso esprime la continuità della mozione congressuale in termini sia politici (dato che su esso di basa) che organizzativi (visto che è stato costituito su decisione a larga maggioranza di una assemblea costituita sulla base dei/delle delegati/e al congresso nazionale). Tuttavia non c'è alcun automatismo e ognuno è ovviamente libero/a di unirsi all'area organizzata (tendenza) oppure no: senza che quest'ultima scelta rappresenti una rottura di rapporti e di unità d'azione sui terreni possibili. Quello che invece è inaccettabile è la pretesa di mettere in questione il diritto democratico, sancito a larga maggioranza a Bellaria, alla costituzione e al funzionamento effettivo dell'area da parte di quei/quelle compagni/e che si riconoscono in tale scelta.
E' un principio democratico elementare che una minoranza non possa bloccare le libere scelte di una maggioranza. Se ritiene si può ad esse adeguare oppure può rifiutarle, ma altro no. La scelta è solo vostra. Potete accettare la decisione di Bellaria e aderire a Progetto Comunista così come si sta configurando, quindi accettando le regole proprie di una tendenza, secondo le migliori tradizioni leniniste, cioè non centralismo ma certo discussione e azione convergente salvo "eccezioni". E' chiaro che in questo caso appare assolutamente necessaria una vostra esplicitazione pubblica di questa scelta, in primo luogo con la adesione del compagno Bellotti alla dichiarazione degli altri nove compagni della Direzione. Se invece ritenete, come pare, che le differenze politiche e organizzative esistenti siano tali da precludere tale scelta chiara, allora ne prenderemo atto senza che ciò significhi che non continueremo a discutere e a convergere sui terreni su cui esisterà accordo tra noi. Quello che invece è inaccettabile è un atteggiamento ambiguo e contraddittorio, un essere fuori cercando di apparire dentro, un utilizzare i vantaggi di partecipare formalmente a Progetto Comunista senza assumersi alcun onere, con l'obiettivo in realtà di demolire la decisione di Bellaria.
Ci permettiamo di aggiungere che molti momenti dell'esperienza nella fase di preparazione del congresso, il congresso stesso e dopo di esso, ci portano a un giudizio non positivo del vostro approccio alla questione dei rapporti con il resto della mozione di minoranza congressuale.
Proprio perché vogliamo mantenere rapporti politici sereni e produttivi per tutti, nel rispetto della libera battaglia politica di ciascuno per convincere della giustezza delle proprie posizioni, vi chiediamo oggi chiarezza e rispetto delle nostre scelte democratiche.
saluti comunisti,
Franco Grisolia,
Marco Ferrando, Luigi Izzo, Vito Bisceglie, Anna Ceprano, Michele Terra, Ivana
Aglietti, Francesco Ricci, Matteo Malerba
(lettera di Falce e Martello a Proposta)
Milano, 22 settembre '99
Care/i compagne/i
Vi scriviamo in risposta alla vostra lettera del 16 settembre scorso. Pare evidentemente che molte cose, per quanto dette e ripetute più volte, fatichino ad essere comprese. Accogliamo quindi con piacere questa occasione per una "chiarificazione definitiva", nella speranza che possa essere utile a tutti i compagni.
Il nostro atteggiamento rispetto a quello espresso a Bellaria non è da allora cambiato, né a parole né nei fatti. Lo riassumiamo brevemente. Abbiamo deciso di aderire al Progetto, nonostante le diverse opinioni che manteniamo su una serie di argomenti sia politici (vedi gli emendamenti del congresso), sia organizzativi, che abbiamo tentato di riassumere nel contributo presentato a Bellaria. Questo, e nessun altro, era il senso della nostra astensione a Bellaria: un'adesione che non vuole nascondere i punti di differenza, e che è motivata da due motivi:
1. Il Progetto è l'ambito di discussione e iniziativa più ampio e rappresentativo della sinistra.
2. Le nostre differenze, per quanto significative, ci pare possano essere affrontate con un ulteriore dibattito e nello sviluppo delle comuni battaglie nel partito durante il prossimo periodo.
Quindi non ci sogniamo, né ci siamo mai sognati di "bloccare le libere scelte della maggioranza". Tuttavia, ci pare importante sottolineare un punto di carattere generale. Data la natura del Progetto, crediamo che sarebbe sbagliato pretendere una disciplina imperativa dai compagni che lo sostengono. Non pretendiamo che tutti i compagni, ad es. aderiscano rigidamente alla linea sindacale proposta nel documento del congresso, così come non pretendiamo che in occasione di una votazione in un organismo di partito tutti i compagni che aderiscono al Progetto votino per forza in maniera uniforme; Anzi, per quanto è a nostra conoscenza, in più occasioni sia nazionali che locali si è verificato l'opposto, anche su temi importanti, e questo non ha dato luogo né a richieste di "chiarimenti definitivi", né ad accuse di "ambiguità e contraddittorietà". Su questo punto, del resto, abbiamo più volte discusso anche in pubbliche riunioni, alle quali diversi di voi hanno partecipato. Vorremmo capire se la vostra lettera significa che su questo argomento avete cambiato parere.
Attendiamo d'altra parte di sapere quando e come avremmo tentato di "bloccare le libere scelte della maggioranza", soprattutto considerato che in questi mesi parole e proposte se ne sono sentite tante, ma iniziative se ne sono viste molte di meno.
Nella vostra lettera si cita un solo episodio specifico, e cioè quello della dichiarazione pubblica di costituzione del Progetto. Per quanto secondario, l'episodio ci pare istruttivo e crediamo che meriti una breve analisi. Nella vostra lettera le cose sono presentate però in modo leggermente diverso da quanto avvenuto in realtà. Scrivete infatti che la dichiarazione "annunciava al partito - e come logico anche ai "media" - la decisione di costituire l'area organizzata". In realtà la dichiarazione era stata unicamente presentata come destinata ai giornali. Non c'è affatto stata una "presentazione" al partito: non una dichiarazione nel Cpn, non un passaggio preventivo limitato a "Liberazione, e neppure la nostra iniziativa del foglio, che è ancora di là da venire.
La differenza ci pare non trascurabile. Il nostro partito è stato duramente ferito dall'uso dei media come strumento di lotta interna durante la polemica Bertinotti-Cossutta; i militanti sono, a ragione, sospettosi verso chiunque utilizzi questi metodi. Non è la stessa cosa rivolgersi alla stampa borghese per tentare di pubblicizzare iniziative di massa (es. una vertenza sindacale, una mobilitazione, ecc.) che non invece farne (peraltro senza grandi esiti, come è ovvio) strumenti di battaglia interna. Ci pare che sottovalutiate gravemente questo aspetto, che riguarda i metodi e lo stile con il quale condurre la nostra battaglia. D'altra parte, ci pare che di tutte le iniziative delle quali parlate, le uniche che trovano pronta realizzazione sono quelle riguardanti i media, le richieste di candidature nelle liste del partito e di posti nelle segreterie. Forse la nostra opposizione alla "politica dell'immagine" richiede qualche approfondimentoÖ
Per questi motivi il compagno Bellotti ha ritenuto di non firmare la dichiarazione per i giornali e ha proposto di rinunciarvi. In ogni caso se ritenete che vi siano dubbi al riguardo non abbiamo nessun problema a dare un'adesione pubblica al progetto. La sede più opportuna ci pare sia il Foglio, di prossima pubblicazione.
Speriamo con queste poche righe di aver chiarito ogni possibile dubbio sull'episodio. Per il resto, le accuse di ambiguità, boicottaggio, giudizi "non positivi" sul nostro approccio ai rapporti con il resto della mozione, sono talmente vaghe e prive di seri riscontri da rendere impossibile una risposta.
Come voi, crediamo sinceramente nel "rispetto della libera battaglia politica di ciascuno per convincere della giustezza delle proprie posizioni". Proprio perché ci crediamo, e crediamo che anche per voi questa non sia solo una bella frase, ci domandiamo e vi domandiamo se la vostra lettera non significhi che in realtà questo rispetto è messo in discussione all'interno del "Progetto comunista". Noi speriamo caldamente che non lo sia, né oggi né in futuro.
Attendiamo risposta, soprattutto nei fatti.
Saluti comunisti
Claudio Bellotti, Gabriele Donato, Alessandro Giardiello, Giuseppe Letizia, Jacopo Renda
P. S. Vi segnaliamo
un'imprecisione nell'intestazione della vostra lettera. Non esiste infatti alcuna
"associazione" denominata FalceMartello, ma esclusivamente una rivista
alla quale collaborano, fra gli altri, i firmatari di questa lettera.
(lettera di Proposta a Falce e Martello)
Risposta ai compagni Bellotti, Donato, Giardiello, Letizia, Renda, del Cpn del Prc, collaboratori della rivista FalceMartello
20/10/99
Cari compagni, la vostra lettera del 22 settembre in risposta alla nostra del 16/9 ci pare non sciogliere ancora il nodo del problema del vostro rapporto con Progetto Comunista come tendenza organizzata. Ci pare anzi che essa (con notevole abilità di stile e linguaggio, vogliamo riconoscere) giri intorno ai problemi invece di affrontarli direttamente e dare risposte chiare.
Ribadiamo ancora quanto già detto. Progetto Comunista ha deciso di strutturarsi in area organizzata ("tendenza" nei classici termini leninisti). Una "tendenza" per sua definizione non implica una disciplina d'azione e di voto (di norma proprie di una "frazione", sempre per riferimento alla tradizione leninista). Tuttavia essa implica - sulla base di una comune piattaforma generale (pur con le possibili divergenze su questioni specifiche anche importanti) una discussione comune, un rispetto delle posizioni che esprimono l'opinione della maggioranza dei/lle suoi/e componenti, una tendenziale convergenza (salvo "eccezione") nell'azione. Tentare di accreditarci un'altra concezione attribuendoci la pretesa di una "disciplina imperativa" significa stravolgere quanto da noi affermato. Tuttavia se quegli elementi minimi di relazione che fanno sì che una tendenza sia tale non sono accettati nei fatti, allora il problema esiste. Detto in altri termini: se concepiamo ovviamente una tendenza in termini anche di pluralismo interno, non ha invece senso l'esistenza nel suo seno di una "opposizione". Il diritto di opposizione è ovviamente elemento centrale nella democrazia di un partito proletario, ma appunto di un partito, non di una tendenza che ne costituisce una parte che si autorganizza proprio in funzione del suo dissenso o "opposizione" nei confronti della linea maggioritaria nel partito o in polemica con altre tendenze.
È su questo che permane tutta la vostra ambiguità, certo non risolta dalla lettera. Ambiguità che si è espressa in molti modi nel periodo precedente e nel corso del congresso. Dalla iniziale affermata ostilità al progetto della tendenza, alle difficoltà di relazioni con gli altri compagni/e in una situazione centrale come quella di Roma; alla non preannunciata dichiarazione di differenziazione sulla elezione della segreteria nazionale al CPN che ha seguito il congresso (precisiamo, a scanso di equivoci che non contestiamo certo il diritto di avere una opinione diversa su questa questione ma contestiamo il fatto che, dopo che una posizione pubblica era stata presa sulla base della opinione della stragrande maggioranza dei/lle compagni/e del CPN, voi abbiate ritenuto di adottare e proclamare una posizione totalmente diversa senza neanche informare il resto dei/lle compagni/e).
In questo quadro si inserisce l'episodio della mancata firma del compagni Bellotti alla dichiarazione pubblica di costituzione dell'area organizzata. Ci sembra strano, ma emblematico del vostro atteggiamento, che voi possiate definire "secondario" questo episodio. Si trattava infatti della proclamazione pubblica della nascita dell'area, sulla base del mandato dell'assemblea di Bellaria. Ci meraviglia anche la confusione che voi intrattenete sulle modalità di presentazione della dichiarazione. Essa è stata in primo luogo consegnata alla segreteria del partito e successivamente (anche se in tempi rapidi) consegnata alla stampa. Che "Liberazione" non l'abbia pubblicata rientra nella "normalità" di un comportamento scorretto e reticente nei nostri confronti, certo non nuovo. Ma proprio rispetto alla questione della consegna alla stampa si evidenzia una divergenza che noi siamo lungi dal sottovalutare. Voi scrivete testualmente "il nostro partito è stato duramente ferito dall'uso dei media come strumento di lotta interna durante la polemica Bertinotti-Cossutta." No compagni, non ci siamo! Il "nostro" partito è stato sì "duramente ferito", ma da oltre due anni di politica di collaborazione di classe col governo confindustriale di Prodi.
Il vostro moralismo sulla questione dell'utilizzo dei media (che solo voi potete artatamente definire "politica dell'immagine") appare stupefacente, ma si lega a tutta un'immaginaria serie di regole sui rapporti nel movimento operaio per noi molto lontana dal marxismo rivoluzionario. Si prenda come uno solo dei molti esempi possibili la critica che il giornale di cui siete "collaboratori" espresse contro le posizioni avanzate dagli scriventi al momento della nascita del governo Prodi quando contro la nostra valutazione del carattere pienamente borghese del governo voi affermavate testualmente che "la contraddizione di classe passa all'interno del governo" data la presenza del PDS (col che dovremmo logicamente concludere che data l'assunzione della presidenza del consiglio da parte del segretario del PDS stesso la contraddizione si è - almeno in parte - risoltaÖ a vantaggio della classe operaia??!!). Del resto che queste questioni siano pienamente vigenti si esprime proprio, a nostro giudizio, nel vostro emendamento al documento congressuale sulla questione del PDS il cui scopo era di eliminare la concezione leninista sul PDS come "partito operaio-borghese".
Ci sia permesso, per ritornare all'argomento di partenza, aggiungere che appare veramente stupefacente che i "collaboratori" di una pubblicazione che si richiama al trotskismo cerchino di utilizzare contro di noi (e Progetto Comunista) quel moralismo fasullo che fu utilizzato dagli stalinisti contro Trotsky. Nel 1929, infatti, quando Trotsky all'inizio del suo esilio pubblicò sulla stampa borghese (dal "New York Times" al "Daily Express") degli articoli sulle polemiche all'interno del movimento comunista (in una epoca in cui egli e suoi compagni si consideravano ancora opposizione di sinistra all'interno dei vari PC e dell'Internazionale) gli stalinisti montarono una campagna internazionale sui "metodi inaccettabili" di Trotsky per il suo utilizzo della stampa borghese per polemiche interne ai comunisti, quindi con argomenti simili ai vostri. (Si veda - tra gli altri - "Il profeta esiliato. Trotsky 1929-1940" di Isaac Deutscher o "Storia del Partito Comunista vol II "Gli inizi della clandestinità" di Spriano. Quest'ultimo riferisce anche del voto di condanna "morale" per Trotsky che fu chiesto ai militanti comunisti confinati nell'isola di Ponza. Il risultato fu di 102 favorevoli alla condanna e 38 contrari. Dove si sarebbe schierato, sulla base dei vostri argomenti, l'ipotetico "collaboratore" di "Falcemartello" lì presente?). Quindi non sottovalutiamo per niente le divergenze "di metodo e di stile con il quale condurre la nostra battaglia", come voi scrivete. Solo che noi rivendichiamo il nostro metodo: non mascherare le divergenze ed utilizzare senza false paure o moralismo ogni possibilità per far conoscere il più largamente possibile (con l'eccezione delle sole questioni che pongano problemi di "sicurezza") le nostre posizioni e le nostre proposte. E sapete bene che anche i proletari di avanguardia leggono i giornali borghesi o ascoltano la televisione. Utilizziamo un metodo sempre rivendicato dal marxismo rivoluzionario, anche quando ci si riferiva (Trotsky ë29) al partito che aveva alle sue spalle la direzione della rivoluzione russa e non - come il "nostro" - ilÖ voto a favore del pacchetto Treu!!
Il senso delle differenze ci appare quindi chiaro. Quello che riteniamo è che esse esprimano una distanza politica nel merito e nel metodo. E che su quest'ultimo terreno ci sia a volte da parte vostra una strumentalità che colpisce. Cosa che risulta anche da alcuni passi della vostra lettera che banalizzano la battaglia che con fatica Progetto Comunista cerca di costruire, riducendola a "i media, le richieste di candidature nelle liste del partito o di posti nelle segreterie". Ben altro sta cercando di sviluppare Progetto Comunista. Ma anche sui terreni da voi citati, con un atteggiamento di apparente spregio, l'impegno dell'Area ha una valenza politica. Si può naturalmente valutare le opportunità tattiche, ma certamente anche queste questioni rientrano nell'ambito di una battaglia politica. Infatti voi ben sapete che nei casi più importanti (si prenda appunto ad esempio l'elezione della segreteria nazionale) Progetto Comunista ha fatto battaglia sapendo in anticipo che non vi erano spazi di successo concreto, allo scopo di difendere la "pari dignità" e l'internità della nostra area al partito contro un antidemocratico atteggiamento di "marginalizzazione" che in realtà tendeva a danneggiare la mozione proprio nel suo ruolo palese di alternativa di direzione. C'è poi da dire che su questo terreno esiste da parte vostra un atteggiamento che è improntato a quello che ci appare un inaccettabile "doppio binario". Infatti voi avete argomentato contro la presenza nelle segreterie, nazionali e locali, in nome di una pretesa questione di metodo, però questo "metodo" deve valere per tutti salvo che per iÖ collaboratori di Falcemartello. Infatti nella federazione di Frosinone il compagno che la mozione ha scelto per rappresentarla nella segreteria è appunto un sostenitore del vostro giornale, scelto giustamente dagli altri compagni (senza alcun settarismo, benché sia, a quanto sappiamo, l'unico in quella situazione) perché considerato il più indicato a tale ruolo. Perché in questo caso non vale la questione di metodo?
Ecco, ci pare che tutto si tenga. Esistono da parte vostra grandi differenze di merito e di metodo (appena indicate con qualche esempio in questa lettera) con la piattaforma di Progetto e con quelle che consideriamo le coerenti posizioni marxiste rivoluzionarie. A questo si accompagna un atteggiamento che tenta di ingigantire problemi di "metodo" (a valenza variabile come nel caso delle segreterie) allo scopo di costruire più su questo che sul terreno del confronto politico l'attenzione verso la vostra "non associazione". Insomma un'ottica che ci pare più da "entrismo settario" che da battaglia politica di corrente per cercare di guadagnare egemonia su specifiche posizioni all'interno di Progetto Comunista. Tutto ciò rende complicato e difficile a nostro giudizio il rapporto con voi.
Speriamo che la nostra attività futura come area programmatica permetta di superare o sminuire l'importanza se non delle differenze di merito e di metodo politico di quelle di metodo di azione e di rapporto nel quadro del libero e democratico dibattito e della comune fraterna costruzione di Progetto Comunista.
Ivana Aglietti, Vito Bisceglie, Anna Ceprano, Marco Ferrando, Franco Grisolia, Luigi Izzo, Matteo Malerba, Francesco Ricci, Michele Terra
(lettera di Falce e Martello a Proposta)
Lettera aperta ai/alle compagni/e Aglietti, Bisceglie, Ceprano, Ferrando, Grisolia, Izzo, Malerba, Ricci, Terra
Care/i compagne/i
Avremmo preferito che questo dibattito si sviluppasse per altre vie e con altre modalità. Nella nostra precedente lettera vi invitavamo a risponderci soprattutto con i fatti, cioè nella pratica politica che meglio di qualsiasi scambio epistolare può a nostro avviso, aiutare a chiarificare le nostre divergenze e magari anche a fare dei passi avanti, nell'elaborazione e nell'azione.
Avete scelto un'altra strada, e naturalmente non intendiamo sottrarci al confronto sul terreno che voi avete scelto. Consideriamo quindi positiva la vostra proposta di rendere pubblica questa corrispondenza, e vi preghiamo di far circolare anche questa nostra ulteriore lettera.
Prima però di rispondere ai temi politici che voi sollevate, è necessario sgombrare il campo da alcuni equivoci che, se non chiariti, possono creare un clima veramente inaccettabile nel nostro dibattito.
In primo luogo ci domadiamo con quale fondamento ci accusate di "ingigantire problemi di metodo allo scopo di costruire più su questo che sul terreno del confronto politico l'attenzione verso di noi". In fin dei conti siete stati voi ad avviare questa polemica, incentrandola precisamente su problemi "di metodo", che sono al centro della vostra prima lettera. Non abbiamo mai nascosto le nostre diverse opinioni in merito ad argomenti che riteniamo fondamentali, quali la tattica sindacale, l'analisi del centrosinistra e dei Ds, le prospettive generali della nostra epoca, ecc, e abbiamo sempre fatto tutto quanto era nelle nostre capacità per rendere queste discussioni il più possibile chiare e produttive, a prescindere dalle diverse opinioni espresse, e soprattutto per rendere sempre chiari gli aspetti politici delle nostre divergenze. Tale era il senso degli emendamenti da noi sottoscritti nel congresso nazionale e del materiale scritto che abbiamo prodotto e messo in circolazione. La vostra accusa è del tutto pretestuosa e priva di riscontri.
Il senso della vostra seconda lettera ci pare chiaramente espresso laddove ci dite che in Progetto comunista, in quanto "tendenza" noi non dovremmo avere diritto di cittadinanza: "Non ha senso in una tendenza l'esistenza di una "opposizione""Ö siete veramente convinti di quanto avete scritto, compagni? Se lo siete, vi suggeriamo una migliore formulazione in questi termini: "In Progetto comunista può stare chiunque abbia votato la seconda mozione, a patto che non si metta in discussione l'egemonia dell'associazione Proposta sulla tendenza". Quando avete proposto la costituzione del Progetto, avete fatto appello a tutti i compagni della seconda mozione: era forse un mistero che fra questi vi erano posizioni diverse, fra cui le nostre? La vostra logica è scorretta da cima a fondo. Se domani le vostre posizioni risultassero essere in minoranza all'interno della tendenza dovremmo concluderne che dovete andarvene dalla tendenza stessa? Noi pensiamo di no, ma questa è la conclusione a cui si giunge dalle vostre premesse.
Noi non abbiamo mai nascosto di condurre una lotta per cambiare la linea attuale della sinistra del Prc su una serie di temi fondamentali, e anche per creare una pratica più avanzata di intervento politico. Lo abbiamo detto e scritto numerose volte. Diteci perché non è legittimo fare questa battaglia nel Progetto comunista. Diteci dov'è lo scandalo. Non è forse vero che l'associazione di cui ci pare che sette o otto di voi facciano parte ha condotto e conduce una battaglia per far prevalere le proprie concezioni politiche e organizzative all'interno della sinistra e del partito in generale? Per molti di voi Progetto comunista dovrebbe diventare una versione allargata dell'associazione Proposta. Noi non ci sognamo di contestare questo, semplicemente ci pare di avere il diritto di non essere d'accordo senza per questo dover abbandonare quest'area, e di dire apertamente che nel documento del 4° congresso e nella tendenza che lo ha espresso, assieme a tante cose importanti e fondamentali che condividiamo, ve ne sono altre che non condividiamo e che riteniamo che se non superate possono costituire un limite invalicabile (se non oggi in futuro) allo sviluppo delle posizioni rivoluzionarie nel Prc e nel movimento operaio in generale.
Ci pare che intratteniate anche una certa confusione sui cosiddetti aspetti "di metodo". Innanzitutto, permetteteci di annoiarvi ancora per poche righe con la controversa questione della "presentazione" del Progetto. Pare difficile orientarsi persino sui fatti puri e semplici. Infatti nella prima lettera dite che si annunciava "al partito" la formazione del Progetto comunista; nella seconda scrivete che è stata consegnata "alla segreteria del partito" e successivamente alla stampa. Infine sul no. 1 del "Bollettino" il testo viene presentato come "dichiarazione al CPN", il che, ci spiace dirlo, costituisce una pura e semplice falsità in quanto al CPN non è stata presentata alcuna dichiarazione, né scritta, né negli interventi. La realtà è che ci si è limitati consegnare la dichiarazione alla compagna Mascia e a cercare di dare pubblicità sulla stampa alla nostra iniziativa, senza preoccuparsi del resto.
Ci si risponde citando Trotsky. Ma siete veramente certi di quello che scrivete? O forse la furia della polemica vi ha un po' preso la mano? I marxisti, da Marx fino allo stesso Trotsky, hanno deciso di utilizzare o meno i canali offerti dalla stampa borghese (così come altri terreni, es. i tribunali, ecc.) in base a valutazioni concrete della situazione, dei pro e dei contro. Vi pare serio paragonare la nostra situazione attuale a quella di Trotsky nel 1929, espulso dal partito, espulso dal suo paese, esiliato in Turchia senza mezzi di sostentamento, tagliato fuori da quasi tutti i contatti con i suoi stessi sostenitori, per non parlare dell'insieme del movimento comunista, oggetto di una campagna mondiale di calunnie senza precedenti? E lasciamo stare il fatto che Trotsky criticava il Pcus e noi critichiamo Bertinotti. Con tutta la stima che possiamo provare per voi, non pensiamo che nella sinistra del Prc si stia esprimendo alcun Trotsky, almeno per ora.
Nei limiti delle nostre capacità, abbiamo sempre tentato di far conoscere nel partito e nella sua sinistra il patrimonio della tradizione teorica e politica del marxismo. Lo facciamo con pubblicazioni, con incontri, con tutti i mezzi a nostra disposizione; speriamo che questi nostri sforzi (che vogliamo incrementare nel prossimo futuro) ci autorizzino a darvi un sommesso consiglio: le analogie e i precedenti storici sono importanti, ma vanno trattati con la dovuta cautela, senza tentare di applicare "regole", "definizioni" e, appunto, precedenti storici, a situazioni completamente diverse fra loro, tagliando con l'accetta i paragoni e le analogie allo scopo di rafforzare la propria polemica con il nome di qualche autorità. Se non si sta attenti su questo terreno, si corre il rischio che anziché guidare i compagni più giovani alla conoscenza delle migliori tradizioni rivoluzionarie, li si introduca a una sorta di "catechismo" tipico di tanti gruppi dalle inconfondibili caratteristiche settarie.
Nella vostra lettera toccate anche il tema dei Ds, che non abbiamo lo spazio per approfondire qui e per il quale rimandiamo al materiale da noi proposto in passato (emendamenti al documento congressuale e articoli vari). Alcune osservazioni però dobbiamo farle. Il problema qui non è affatto di "definizioni", come voi scrivete. Il problema è che la posizione da voi difesa ed espressa nel documento congressuale si sta dimostrando sempre più inadatta a spiegare gli sviluppi odierni. Risulta ormai chiaro (a noi lo era già da tempo) che il centrosinistra e la collaborazione coi Ds non sono affatto una "scelta strategica" del grande capitale, che questa coalizione di governo sta sopravvivendo a se stessa, e che questo porterà nuovi e importanti sviluppi sulla scena politica, sia per quello che riguarda il governo (possibile ritorno delle destre, manovre centriste di varia natura), sia nel movimento operaio (rottura Cisl-Cgil, rottura della maggioranza congressuale della Cgil, sviluppo della sinistra Ds, ecc.). Lo diciamo chiaramente: la posizione assunta nel 4° congresso deve essere ridiscussa e cambiata, pena la nostra assoluta incapacità di comprendere gli sviluppi odierni e futuri, e soprattutto di intervenirvi.
Il seminario di Bellaria aveva al centro due temi: la guerra in Jugoslavia e la questione della organizzazione dell'area. Su questo secondo tema ci siamo sentiti in dovere di intervenire, sia a voce che per scritto, proprio perché crediamo che la lotta che tutti vogliamo condurre e conduciamo debba estendersi, radicarsi e uscire dalla sua fase embrionale. Questo, del resto, era il senso degli interventi dei compagni Grisolia e Ferrando. "Uscire dalla fase della battaglia puramente istituzionale", per usare le parole di Grisolia in quella occasione. E su questo, cari compagni, vi chiediamo in tutta chiarezza: cosa è stato fatto dopo Bellaria per passare dalle parole ai fatti? La risposta, ahinoi, è chiara: voi non avete fatto niente, avete completamente abdicato da un terreno che pure tutti riconosciamo come decisivo. E non ci si venga a dire che la colpa è di chi "blocca le libere scelte della maggioranza".
Avete una maggioranza assoluta e quasi schiacciante in tutti gli ambiti nazionali del Progetto (DN, CPN), niente e nessuno vi impedisce di sviluppare proposte, ragionamenti, analisi, passi organizzativi da compiere per aiutare i compagni a sviluppare localmente e nazionalmente il proprio intervento.
Non solo siete venuti meno ai vostri compiti, avete fatto di peggio, boicottando con una vera e propria congiura del silenzio uno dei pochi terreni aperti di intervento collegati alla sinistra del Prc. Ci riferiamo al lavoro di costruzione e radicamento dei Comitati in difesa della scuola pubblica (proposta avanzata nel documento congressuale), che dopo un lungo e faticoso periodo di lavoro sta cominciando a prendere uno sviluppo significativo, toccando una ventina di realtà locali, e che comincia a sviluppare una capacità di mobilitazione fra gli studenti. Non è un mistero per nessuno che questa iniziativa ha avuto origine per impulso dato dai sostenitori di FalceMartello, ma non cerchiamo in questo nessuna primogenitura e nessun monopolio, al contrario, vedremmo con grande favore che altri compagni giovani del Progetto si accostassero a questo importante campo d'intervento.
O pensate veramente che una forza rivoluzionaria si possa radicare seguendo suggerimenti distribuiti via e-mail dal compagno dell'Esecutivo Giovani sul fatto che nel movimento studentesco dobbiamo "sviluppare l'impostazione "transitoria" contenuta nel nostro documento congressuale, indicare dei temi e delle parole d'ordine di fondo da articolare"?
Scusateci compagni per la franchezza: è fin troppo evidente l'analogia con quei dirigenti dei giovani comunisti che dalla sede delle federazioni telefonano agli attivisti per invitarli a partecipare a mobilitazioni più o meno immaginarie. Quanto tempo deve ancora passare perché si capisca che il programma più corretto, la posizione più rivoluzionaria, necessitano di gambe per camminare, cioè di compagne e compagni che tentino di tradurli in pratica, di trasformarli in proposte di organizzazione e mobilitazione? Il compito di un gruppo dirigente è anche quello di aiutare a formare questi compagni, di dare loro strumenti politici e organizzativi.
Anche sul terreno sindacale vediamo ripetersi gli stessi limiti che nel partito: battaglie di documenti, di mozioni, di ordini del giorno, ma poco o nulla viene fatto per spingere i compagni a orientarsi nelle fabbriche, alla base sindacale, all'intervento come delegati, ecc. Il documento presentato all'assemblea nazionale di Alternativa è senz'altro valido, ma non può bastare.
Ci pare che anche qui l'origine del problema sia da ricercarsi nella vostra grave sottovalutazione del lavoro di radicamento, a favore di una unità spesso fittizia e formale della nostra area. Se per non litigare con nessuno si sviluppa nel documento congressuale una posizione "algebrica", cioè confusa, è ovvio che al momento di tradurla in pratica non si riesca a mobilitare i compagni. La vostra proposta dei "comitati per la costituente del sindacato di classe" contenuta nel documento fa parte precisamente di questa categoria. E non a caso, ci risulta che nessuno in giro per l'Italia l'ha messa in pratica. Se credete veramente che quelle siano proposte praticabili, perché non le mettete in pratica voi per primi? In fin dei conti l'esperienza è sempre migliore di qualsiasi dibattito.
La realtà è che voi vi comportate da gruppo dirigente solo ed esclusivamente in funzione delle scadenze degli organismi di partito, e questo oggi non è sufficiente.
Oggi si apre un nuovo fronte decisivo nella lotta sindacale, quello legato ai referendum dei radicali. Su questo tema si può polarizzare lo scontro politico in tutto il paese, e questo processo pare già iniziato in questi giorni. È necessario che la sinistra del Prc faccia la sua parte in questa battaglia, non solo attraverso l'intervento dei singoli compagni impegnati nel sindacato. Comitati di varia natura sorgono ovunque contro i referendum: è necessario che dal gruppo dirigente nazionale escano non solo vaghe indicazioni generiche, ma proposte precise, operative, materiale di propaganda, punti di riferimento per entrare in questo scontro decisivo con una linea corretta, che non ci faccia sparire nel magma dei mille comitati che stanno sorgendo, ma che al tempo stesso ci faccia sfruttare fino in fondo questa grandiosa opportunità di allargare l'area del nostro intervento sia nel partito che nel sindacato e nei posti di lavoro.
Non pensate, quindi, che quando parliamo dei rischi di omologazione della nostra area lo facciamo per spirito polemico. Tutti sappiamo che le migliori intenzioni non bastano a determinare l'esito di una lotta politica quale quella che conduciamo. Se una tendenza che vuole dirsi rivoluzionaria non si pone coscientemente l'obiettivo di intervenire fra le masse, di sviluppare i propri quadri, di svolgere un serio lavoro di formazione politica, e in definitiva limita la propria attività a polemizzare in un ambito purtroppo ristretto quale è oggi quello dei militanti attivi del Prc, si espone oggettivamente al rischio di essere assorbita da logiche che non possono essere le nostre.
La vostra posizione sulle segreterie ci preoccupa precisamente per questo motivo, non certo perché mettamo in discussione le intenzioni vostre o di altri compagni. Quello che dite in proposito ci pare scorretto e in alcuni punti non corrisponde neppure alla realtà dei fatti. In primo luogo, noi abbiamo sempre detto che la questione se partecipare o meno agli organismi esecutivi non è una questione di principio, ma da valutarsi in base a un'analisi concreta. Ci pare indiscutibile, tuttavia, che oggi nella maggioranza prevalga non l'idea di combattere la sinistra attraverso misure liberticide (con vistose eccezioni, come ad es. la Calabria), ma quella di assorbirci, di omolgarci, di selezionare compagni per gli organismi esecutivi e seppellirli in ambiti nei quali la loro azione risulti ineffice, sommergerli di lavoro dallo scarso contenuto politico, ecc. Ripetiamo, stiamo parlando di linee generali, e non mettiamo affatto in dubbio che possano esistere eccezioni. Con ammirevole istinto frazionistico, molti dirigenti locali della maggioranza dimostrano di conoscere spesso assai bene le nostre debolezze, di saper esercitare pressioni su quei compagni che più facilmente potrebbero essere sradicati dal lavoro di costruzione della sinistra, di saper puntare sulle realtà nelle quali la presenza di quadri formati è più carente, e dove quindi le pressioni possono ottenere migliori risultati.
Di fronte a questi rischi, quali sono i vantaggi? "Gestire" una parte del lavoro del partito? O magari aggiungere qualche "titolo" in più accanto al nome di un compagno quando prendiamo una posizione pubblica? Ci pare che siano vantaggi da poco, soprattutto se consideriamo che essere inseriti nella "gestione", anche a livelli esecutivi, non significa oggi (ripetiamo: oggi) poter orientare il partito in una data realtà, ad eccezione ovviamente di quelle realtà nelle quali la nostra presenza è maggioritaria e politicamente qualificata, ma significa più spesso essere trascinati su terreni a noi sfavorevoli e dover rinunciare a sviluppare quelle campagne e quegli interventi pubblici che sì contribuirebbero al nostro radicamento.
Dite che avete fatto una battaglia per la segreteria nazionale sapendo che non potevamo vincerla e che è un problema di legittimazione politica, non di posti. Siete fuori strada, cari compagni: la legittimazione l'abbiamo conquistata nel congresso con le nostre posizioni, con la nostra capacità di presentare una linea alternativa. Ma la candidatura a gruppo dirigente alternativo non la conquisteremo così, la conquisteremo nei fatti, se ne saremo capaci. E d'altra parte uno degli argomenti usati dal compagno Ferrando nel CPN seguito al congresso nazionale fu precisamente il seguente: anche se non possiamo ottenere un posto nella segreteria nazionale, dobbiamo fare questa battaglia per dare un segnale in tutte le federazioni ai compagni, che facciano altrettanto.
In quanto alla federazione di Frosinone, prima di lanciare accuse, vi preghiamo di informarvi meglio: le cose non stanno affatto nei termini in cui le avete dipinte, tanto che oggi tutta la sinistra in quella federazione ha votato contro la proposta di segreteria avanzata dalla maggioranza.
Torniamo a concludere questa nostra lettera come abbiamo concluso la prima: ci aspettiamo che facciate quanto è possibile per ricondurre questo dibattito su terreni più adeguati, il che significa agire concretamente per promuovere il confronto interno ai vari livelli e l'approfondimento sui temi politici in discussione, e che riconduciate la discussione sulle "pratiche" e sui "metodi" sul giusto terreno, cioè non quello degli scambi epistolari come questo che avete voluto inaugurare, ma cominciando finalmente a mettere in pratica (per l'appunto!) tutte quelle valide intenzioni che avete programmato e sulle quali al di là dei nostri dissensi su punti specifici, non possiamo che essere d'accordo.
Noi, per quanto sarà nelle nostre possibilità, continueremo a impegnarci in questa direzione.
Con saluti comunisti
Claudio Bellotti, Gabriele Donato, Alessandro Giardiello, Giuseppe Letizia, Jacopo Renda