Le ragioni della crisi
di progetto Comunista.
Qualche
commento dopo l'"espulsione" di Falce e Martello da Progetto comunista.
REDS. Marzo 2001.
vai alla lettera di Progetto Comunista
vai alla risposta di Falce
e Martello
La vicenda può essere così riassunta (per leggere le versioni
dei protagonisti si veda i link ai documenti di cui sopra). Progetto Comunista
era l'area organizzata che all'indomani dell'ultimo congresso del PRC ha riunito
molti della mozione 2, la mozione risultata di minoranza e che conduceva una
critica "di sinistra" alla maggioranza bertinottiana. All'interno
di un'area che alla base era estremamente composita vi erano ai vertici a dettarne
la linea due settori: i compagni che fanno riferimento alla rivista Proposta
e quelli che fanno riferimento alla rivista Falce e Martello. I primi più
numerosi dei secondi, specie negli organismi dirigenti del partito. Dopo una
difficoltosa convivenza, nell'ultimo Comitato Politico Federale ognuno dei due
settori ha presentato documenti separati (vedi il documento
di Proposta e il documento
di Falce e Martello). A seguito di ciò la maggioranza di Progetto
Comunista, cioé Proposta, ha decretato l'espulsione nei fatti dei compagni
di Falce e Martello, o, volendo utilizzare la loro terminologia, "ha preso
atto" della loro separazione.
Di seguito alcuni commenti sulle modalità della rottura, poi sui contenuti, infine alcune considerazioni generali sulla "mozione 2". Naturalmente non si tratta di commenti neutrali. I redattori di REDS hanno votato all'ultimo congresso la mozione 2, ma non hanno poi partecipato all'esperienza di Progetto Comunista perché sin dalla fase congressuale ci erano piaciute assai poco la modalità di fare opposizione e la pratica politica (che ci pareva differisse troppo poco da quella della maggioranza) delle sue componenti organizzate (Proposta e Falce e Martello).
Il modo in cui Proposta ha proceduto all'allontanamento dei compagni di Falce e Martello è senz'altro difficilmente sostenibile. Proviamo ad immaginare se il partito applicasse nei confronti dei compagni di Proposta le stesse modalità che essi hanno riservato ai compagni di Falce e Martello. Le occasioni non mancherebbero certamente. Quante volte Proposta si è differenziata anche pubblicamente dalla maggioranza del partito? Proviamo allora ad immaginare una situazione in cui Bertinotti manda a Ferrando una lettera in cui "prende atto" che è fuori dal partito, senza dargli nemmeno la possibilità di difendersi. Non si tratta di eventualità remota. Ricordiamo molto nitidamente l'epoca in cui (erano i primi anni di esistenza del PRC) ai compagni critici non veniva rinnovata la tessera: in questo modo si evitavano fastidiose espulsioni, e "si prendeva atto" che si erano tolti dalle scatole.
Si potrebbe controbattere che il caso è completamente differente: qui si tratta non di espulsione dal partito, ma di espulsione da una corrente. Non siamo affatto d'accordo. Se la minoranza interna si batte (o dovrebbe battersi) per un partito che, anche sul piano della democrazia interna, sia più avanzato, ebbene il funzionamento interno di un'area di minoranza deve essere testimonianza vivente di questo modo diverso di intendere la democrazia interna. I suoi dirigenti devono essere nella condizione di dire: questo partito funziona male, guardate invece la vita interna della nostra area: non è forse un buon esempio di come tutto il partito dovrebbe funzionare?
Sappiamo che i compagni di Proposta potrebbero addurre un argomento più di sostanza: che i compagni di Falce e Martello in nessun momento si sarebbero impegnati nella costruzione di Progetto Comunista, limitandosi a presentarsi coi loro dirigenti nelle occasioni di dibattito per far propaganda delle loro posizioni e vendere la loro stampa. Se pure così fosse, si deve riconoscere che anche Proposta ha agito con gli stessi fini. Si è potuta permettere una presenza propagandistica più discreta per la semplice ragione che aveva già, in mano, il totale controllo dell'area. Nell'area c'era semplicemente una lotta ai vertici tra due componenti, una di maggioranza e l'altra di minoranza, per l'egemonia.
La lettera aperta dei compagni di Falce e Martello dunque, sul piano formale, ci pare ineccepibile.
Veniamo al merito della scissione. A noi pare che il suo contenuto politico sia realmente poco consistente. Ma vorremmo andare anche un po' più a monte. A noi pare che le differenziazioni tra Falce e Martello e Proposta sulla tattica elettorale che il PRC avrebbe dovuto seguire, non giustificassero la presentazione di due documenti alternativi al Comitato Politico Federale. Sia ben chiaro: sappiamo bene che queste due componenti hanno culture politiche diverse, ma il terreno che hanno scelto da un lato Falce e Martello per promuovere un altro documento nel CPN, e dall'altro Proposta per espellere Falce e Martello, sia stato quello meno indicato per far intendere la diversità dei due approcci. I due documenti del CPN differiscono di ben poca cosa, nella sostanza, sulla questione del dispositivo elettorale:
Proposta dice (grassetto nostro):
" [è necessaria] la presentazione dei candidati comunisti, sia sul livello proporzionale, sia sul livello maggioritario e alla Camera e al Senato, in aperta contrapposizione ai candidati di CD e CS. Ciò significa una presenza alternativa di candidati comunisti nei collegi di fronte ad ogni candidato di centro, sia esso di centro borghese tradizionale, sia esso espressione della maggioranza dell'apparato DS. Eccezioni possono essere realizzate in collegi a massimo rischio solo di fronte a candidati riconoscibili della sinistra critica e del movimento operaio, ovviamente privi di incarichi di governo. Ma sempre all'interno di un quadro complessivo di contrapposizione chiara e netta ai due poli borghesi di alternanza e proprio nel segno della rottura col centro."
e Falce e Martello (grassetto nostro):
"[la tattica elettorale deve consistere nel] presentarsi nel proporzionale alla Camera. Nell'uninominale, tanto alla Camera che al Senato, presentare un candidato comunista in tutti quei collegi nei quali l'Ulivo presenta candidati del centro borghese (popolari, diniani, democratici, Udeur, Sdi); lo stesso valga per i Verdi, che stanno oggi ripercorrendo la parabola dei radicali. Desistere unilateralmente in tutti quei collegi nei quali si presentano candidati dei Ds, mantenendo nella campagna elettorale un'assoluta indipendenza politica e programmatica e una piena libertà di critica nei loro confronti. Escludere da ogni desistenza l'ala organicamente borghese dei Ds, espressasi nel congresso del Lingotto con la mozione in appoggio al referendum radicale sull'art. 18 dello Statuto dei lavoratori."
Come si vede la differenza è minima: tutti e due sono contro la non belligeranza, tutti e due sono per la presentazione del PRC ovunque nell'uninominale, ma Falce e Martello esclude la destra DS, mentre Proposta anche il centro DS (e salverebbe solo la sinistra DS senza incarichi di governo, dunque escluderebbe Salvi).
Noi pensiamo che entrambe le posizioni non solo siano simili, ma anche similmente sbagliate, e per di più largamente incomprensibili ai più. Se infatti avessero detto semplicemente: "il prc si deve presentare ovunque", la posizione sarebbe stata da molti contestabile, ma facilmente spiegabile. Poniamo l'ipotesi che sul serio il partito avesse scelto la linea Proposta/Falce e Martello: si sarebbe dovuto aprire un dibattito di lana caprina all'interno del partito, su quale candidato appartenesse o no alla destra DS o alla sinistra DS. Visto che nei DS le correnti non sono poi così rigidamente definite, dato che c'è un mucchio di gente che preferisce non schierarsi in maniera netta, e tra questi ci sono parecchi candidati, al momento di decidere per chi "non belligerare" come si sarebbe dovuto agire? Tutto il partito avrebbe dovuto organizzare una serie di "processi" e di forsennate ricerche sulle dichiarazioni di quel certo candidato e la sua collocazione politica nella burocrazia DS. Per "destra DS" Falce e Martello sembra alludere (visto che fa riferimento al Congresso del Lingotto) a Salvati e De Benedetti, ma Petruccioli come lo consideriamo? Anche lui ha aperto parecchio sull'art.18, ma non si è dichiarato in tal senso al Lingotto. Come potremmo spiegare seriamente che Salvati no, ma Petruccioli sì? Quanto alla "sinistra DS" che Proposta sembra voler salvare: Salvi no, ma un suo seguace che non ha responsabilità di governo, sì? Quali membri della sinistra DS verrebbero "salvati" e chi no?
Si tratta di criteri astrusi e inapplicabili. E profondamente diseducativi. Infatti se tale tattica venisse adottata dal partito si farebbe intendere alle larghe masse che il problema non è la socialdemocrazia nel suo insieme, ma solo le sue correnti più moderate (solo la "destra" secondo Falce e Martello, e la "destra" e il "centro" secondo Proposta). E dunque si alimenterebbero illusioni verso quei settori. Inoltre la militanza del PRC sarebbe impegnata in una discussione tutta politicista e personalista, poiché dovrebbe far dipendere la desistenza dai discorsi pronunciati da Tizio o Caio in un certo congresso o in questa o quella intervista. Del resto non si vede perché uno che secondo Proposta si candiderebbe "all'interno di un quadro complessivo di contrapposizione chiara e netta ai due poli borghesi di alternanza e proprio nel segno della rottura col centro" dovrebbe presentarsi con l'Ulivo.
In realtà ambedue i gruppi, pur definendosi "trotskisti" rifiutano una delle tattiche fondamentali del trotskismo (e che non è affatto una invenzione del trotskismo ma dei primi congressi dell'Internazionale Comunista): la tattica del fronte unico. Questa tattica comporta che i comunisti non rinuncino mai a proporre pubblicamente alla socialdemocrazia (ma non al centro borghese) terreni di unità di azione, anche elettorale, a certe condizioni, e che solo dopo il suo rifiuto si procederebbe a presentarsi da soli. L'appello deve essere fatto alla socialdemocrazia nel suo insieme, perché, sebbene ci si indirizzi formalmente ai vertici, data la natura pubblica di questo appello, ci si rivolgerebbe in realtà alla loro base (militante ed elettorale). Per questo non avrebbe alcun senso una politica tesa a separare la burocrazia "buona" dei DS da quella "cattiva". La burocrazia è tutta uguale e le differenze interne si spiegano in gran parte con un gioco delle parti. A noi ciò che interessa sono le masse che quella burocrazia (tutta) influenza. L'applicazione di questa tattica alle attuali circostanze avrebbe richiesto un appello pubblico da parte del PRC ai DS per un accordo della sinistra, senza il centro, e al rifiuto (oggi certo) dei DS, la presentazione in ogni collegio dei candidati comunisti o nostri alleati. Eppure questa tattica è definita dai compagni di Falce e Martello, nella loro lettera aperta, "ridicola", mentre invece ritengono molto ragionevole andare a spiegare agli operai che il PRC presenterebbe dei candidati alternativi solo a quei DS che hanno pronunciato un certo discorso in quel tal congresso, congresso che è stato ignorato o che per lo meno è stato dimenticato dalla gran parte delle persone, a parte i militanti di Falce e Martello.
Ma torniamo alla scissione. Come mai differenze così trascurabili hanno prodotto una scissione?
Come spesso accade nella storia della sinistra, le differenze di impostazione politica spesso coprono lotte per l'egemonia che non significano solo egemonia di certe idee, ma di determinati gruppi di persone. Sospettiamo molto maliziosamente, ma assai realisticamente, che i compagni di Proposta, visto l'approssimarsi del congresso, abbiano pensato di poter affrontare quella scadenza gestendo "finalmente" in proprio la mozione di minoranza, senza "rompicoglioni". Dentro Progetto Comunista, oggi, Proposta non ha più "concorrenti". Chissà che cose superlative, ora, ci farà vedere.
Questa storia dunque, di per sé, non è edificante. Abbiamo passato del resto troppi anni nella sinistra della sinistra per meravigliarci o affliggerci per episodi di questo tenore in misura superiore a quanto già lo siamo per fatti ben più gravi. Come al solito però, a qualche considerazione conclusiva non rinunciamo.
La mozione 2 aveva raccolto un notevolissimo scontento nel partito. Un potenziale che ha largamente disperso in questi ultimi due anni. Avrebbe potuto divenire il canale privilegiato attraverso cui la base faceva sentire la propria voce, anche se magari non nel forma cristallina e pura che i compagni con un infallibile programma rivoluzionario infilato nelle tasche avrebbero desiderato. Ma si è limitata ad una continua riproposizione nelle istanze dirigenti di innumerevoli conte e mozioni alternative senza essere nella pratica (cioé nella vita dei circoli e, fuori dal partito, nei movimenti e nei sindacati) testimonianza viva di un modo nuovo di intendere la politica. La crisi della mozione 2 è parte integrante della più generale crisi del partito.